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Autore: tp naori    18/04/2014    1 recensioni
piccolo spiarietto, di una storia che sto finendo di scrivere. parla un'po della mia infanzia, e vuole essere solo un qualcosa di breve, forse non è un capolavoro. ma spero che vi piaccia.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una casa sull’albero, cinque ragazzi al suo interno. L’esoscheletro di legno, sorgeva sui rami bassi e nodosi di quell’albero dal tronco robusto.

Era solo quattro pareti, una stanza, con un tetto sopra. Ma per loro cinque, era magnifica. La più bella villa, coi alti soffitti e affreschi alle pareti. Nulla poteva, con la bellezza della casa sull’albero. Soprattutto quando si è bambini, soprattutto quando si hanno dodici anni.

L’aria scossa da una musica ricorrente taatatataaataaah; battaglie Pokemon.

“io mando il mio Dragonair, al livello quarantadue” sogghigno Frank, pensava di poter battermi.

“ah bhè, io mando Lugia al quaranta” bofonchiai avevo la mia arma segreta.

Era il nostro torneo privato, senza iscrizione, e senza tassa d’ingresso. Di premi, ce ne era solo per il primo; ovvero, la gloria di aver battuto gli altri.

Si usavano Pokemon, ad livelli uguali. Le regole, le facevamo al momento. Per evenienza dunque.

“ohooho bella mossa, ma vediamo se resisti a questo..” e giù a premere pulsanti, divertiti da quel gioco.

Lo amavamo, anzi lo idolatrammo dovunque. Fieri passeggiavamo per le strade della nostra città, consci d’aver le squadre più forti. Anche perche passavamo pomeriggi interi, ad allenare i nostri amati Pokemon. E se caso mai, uno di questi non ci piaceva, o non era come lo desideravamo noi. Ce li si scambiava gioiosamente, anche perche alcuni di questi si evolvono con lo scambio.

C’era anche questa regola non detta, che bisognava dare in scambio Pokemon, che fossero ad un livello accettabile. Non puoi avere un Alakazam al livello sedici e ridicolo!.

Per intenderci, c’erano questi scambi di favore non detti, o non cantati hai quattro venti. Era un modo come tanti, per dimostrarsi affetto.

Ma in campo, bhè non ci andavamo troppo sul sottile. Spremevamo al meglio ogni Pokemon, finché uno di noi vinceva o perdeva. Se vincevamo esultavamo, manco avessimo vinto una medaglia alle olimpiadi. Se perdevamo, bhè rimanevamo mogi per tutto il giorno.

Fortuna vuole, che battei Frank come niente. Il mio Lugia era abbastanza forte, soprattutto se gli si insegna Bora.

“bella battaglia..devo ancora allenare i miei, almeno farlo evolvere” si congratulo con me Frank, chino sul suo Game Boy.

“se vuoi te lo scambio io un Dragonite” intervenne John, stravaccato sul pouf gigante rosa che usavamo come poltrona.

“quello al sessanta?!” chiese Arthur “avevi promesso di darlo a me, se io ti davo un Umbreon allo stesso livello. Sai che nell’ultima settimana non ho dormito la notte, per allenare Eevee” aggiunse Arthur, il suo viso roseo e tondo era incredulo.

“si..e manterrò la mia promessa, chi razza credi che io sia. No..io ho un altro Dragonite appena evoluto” rispose John, come a voler escludere categoricamente che lui primo le manteneva le promesse e secondo, mai avrebbe scambiato il suo amato Dragonite al sessanta, senza ricevere in cambio un Pokemon che sia forte allo stesso, identico modo, o per lo meno allo stesso livello. Anche questa, ahimè era una regola non detta per quanto riguarda gli scambi.

“oh allora, ok..qualcuno vuole battersi con me? Devo livellarli parecchi” mormoro Arthur, alle volte assomigliava molto ad un bambino.

Nei modi in cui si comportava, o come ti guardava con quei suoi occhietti acquosi, al quale non si poteva dire di no.

“d’accordo, a che livello sono i tuoi” si propose Rupert, lui aveva sempre questi atteggiamenti verso gli altri. Era aperto, un amico formidabile. Io lo scambiavo, per mio fratello. Visto che ero figlio unico, e entrambi avevamo la stessa età. Era facile trovarsi cosi uniti, anche se proprio di sangue non lo eravamo.

Cosi i nostri pomeriggi passavano, e gran parte dell’estate. Giocavamo fra di noi, o alle volte esploravamo il bosco tutt’attorno alla casa, con un’amica di nome Sophie.

Solo lei, non coglieva il nostro amore passionale per quei mostri tascabili, cento e poco più.

“i miei sono al trentasei, quasi tutti” rispose Arthur, adoperandosi con un cavo per inserirlo nel suo Game Boy, l’altro capo del filo s’inserì in quello di Rupert.

Ah quanto amavamo i nostri Game Boy, il mio era di un assurdo colo giallo, quello di Rupert era di un Blu elettrico, quello di Arthur di un color giallo come il mio, e invece quello di John era di un verde scuro. Era la nostra vita, il nostro svago..

Finche non arrivo Sophie, era rimasta ha casa sua. Per delle commissioni che doveva fare con la madre. Ed ora entrava per la tenda, ricopriva l’apertura d’ingresso. Era della nostra stessa età, bionda, occhi di un azzurro pastello. Insomma una bella ragazza, e lo era per me.

Ma non so perche, gli altri. Proprio non riuscivano ha vederla, come una ragazza. Anzi, per certi modi era un maschiaccio. Perfino nel modo di vestirsi, indossava spesso jeans da maschio stinti, t-shirt di vari colori, alcune col logo della Marvel sul petto. Insomma, roba molto lontana dai fiocchi, o dai folletti e fatine dei desideri.

Sophie era uguale a noi, tranne che per una cosa.

“ancora ha giocare, con quel stupido gioco..non vi rendete conto, che ci state passando giorno e notte sopra” sbruffo stufa di non poter far qualcosa, perche noi impavidi continuavamo a giocare al nostro gioco.

“prima di tutto, non è stupido. Secondo, e estate siamo in vacanza. Cos’altro dobbiamo fare giorno e notte?” domando John, si erse in tutta la sua statura.

Perche quello, a tutti gli effetti poteva essere un affronto contro i nostri amici mostri.

“oh bhè allora poltriamo tutto il giorno, fantastico..non so perche sono venuta, potevo starmene a casa” parlo per se Sophie, chiudendosi dietro la tenda che aveva aperto prima.

Scese dall’albero, senza che nessuno la fermasse. E a passo fermo si allontano nel bosco. Sulla casa scese il silenzio. Ci guardammo tutti negli occhi, dicendoci esplicitamente che un’po, ma solo per un’po Sophie aveva ragione. Io già avevo spento il mio game boy, John, Frank, Arthur e Rupert seguirono il mio esempio.

“ah donne, lo sapete che stanno già iniziando a rovinarci” ci scherzo su John, ma era maledettamente vero.

Ah che Estate, i Pokemon persero tutto il loro fascino proprio in quei giorni. E mi dispiace, perche essi sono stati compagni di avventura unici. Ricordo ancora, le notti passate seduto, con la schiena appoggiata alla testiera del letto. Una lampadina accesa, sul comodino che faceva scarsa luce. Cosi poca, che quasi spesso giocavo rannicchiato nel cono di luce di quella misera lampadina. Eppure mi divertivo un mondo, le palestre, gli allenatori per strada, catturarne quanti più ne potevo, allenarli, sfidare la Lega, esplorare grotte e isole, sfidare ed infine catturare quelli più leggendari e rari. Non sentivo nessun dolore, ne la protesta debole del mio collo a furia di star ripiegato in avanti. Nemmeno gli occhi arrossati potevano fermarmi, infondo c’era un’avventura da vivere.

Parte fondante della mia infanzia, che forse non fu cosi tanto spensierata. Eppure, era una signor infanzia. Iddio per me lo era.

   
 
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