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Autore: Silvie_Marie    18/04/2014    1 recensioni
Annabeth vede un'ombra che la segue; quello che non sa potrebbe costarle la vita.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRE
  Io sbuffo,non mi piace che mi si tenga all'oscuro di informazioni importanti,  anche perché William sa dell’ ombra che mi segue! Però… pensandoci bene è molto strano che non si sia preoccupato, è sempre stato così protettivo nei miei confronti…. anche troppo!!!! Improvvisamente noto che la camera perde i suoi contorni e cambia colore, diventando sempre più bianca, finché non mi ritrovo in una stanza completamente diversa  e vedo lo sguardo sollevato di William.
Ma non ero in quella inquietante casa? E come ci sono arrivata qui?
Sono veramente confusa, oltre ad avere un mal di testa molto forte.
William si alza dalla sedia dove era seduto pochi minuti prima, con il suo strano sorriso mi viene vicino,mi prende una mano e chiama l’infermiera.
Un'infermiera? Allora sono in ospedale.
È stato così terribile l'impatto?  
L'infermiera non arriva subito, così ne approfitto per parlare con William e chiarire alcuni punti.
Sospiro. «Ma.... Come mai mi trovo qui? Non eravamo … in quella casa…?»
William mi guarda confuso. Di sicuro starà pensando che sono pazza, ma io so quello che ho visto,… anche se forse era solo un sogno.  
«Annabeth sei sicura di stare bene? Non eravamo in nessuna casa. Ti ricordi tutto?»
Se il ricordare tutto comprende aver subito un incidente , rischiato di morire in un fiume gelato e essermi svegliata in una casa alquanto strana e aver scoperto che tutto ciò che ho visto è solo un sogno, beh allora sì.
Sospiro . «Sì, mi ricordo tutto e sto bene,  a parte un forte mal di testa .»
«Annabeth, vedrai che andrà tutto bene e fra pochi giorni potrai uscire da qui.  Nonostante tutto siamo stati fortunati, tu hai riportato un piccolo trauma cranico , ma poteva andare molto peggio.» cerca di consolarmi William, un gesto molto carino da parte sua, ma alquanto inutile.
Io sono confusa come non mai e ripensandoci, perché lui ha riportato solo piccole lesioni  sul viso dovute ai vetri che si sono rotti?
Quando glielo chiedo sembra spaesato, come se non riuscisse a trovare una risposta plausibile.
«Boh, credo  di essere una sorta di…. superman…. .»
Faccio un sorriso. Meno male. Nonostante tutto, noi stiamo bene ed è quello che importa, adesso come adesso.
«Vedo che non hai perso il tuo sorriso… Un buon segno, direi.»
 Continuo con un sospiro  «Che mi dici della macchina?»
 Lui abbassa lo sguardo sul pavimento macchiato.
«Ehm… Non è andata bene alla macchina… Mi è costata non so quanto… Ormai è perduta nel fiume….». «Mi dispiace. … E’ colpa mia
Mi sento in colpa. Non so perché ma sono sicura che se non fossi stata nella macchina non sarebbe successo niente.
«Annabeth, non dire sciocchezze, non è stata colpa tua. Se ci troviamo in questa situazione non è certo per colpa nostra…. E’ colpa del camion.»
 Non ha tutti i torti. Cerco di levarmi questo pensiero, quando  qualcuno apre la porta.
Entra un uomo con un completo molto elegante, un taccuino in una mano  e un’espressione di disappunto con l’infermiera che mi porge due pillole contro il mal di testa e subito dopo esce perché chiamata da un dottore.
   Io cerco di sedermi, ma non riesco. Mi gira troppo la testa per alzarmi.
L’uomo si presenta. «Io sono il detective Monrow… E devo indagare sull'incidente che la vede protagonista ... » poi si rivolge a William. «Potrebbe lasciare questa stanza?  Noi abbiamo già parlato. Non ci vorrà molto.»
Lui sospira. Sta per uscire, quando io parlo molto piano , forse stanno facendo effetto le pillole. «Detective Monrow… il mio amico William … preferisco stia qui con me .»
« Va bene… può restare.»
William si rimette  vicino alla finestra, in piedi con le braccia incrociate guardando per aria, non so esattamente che cosa.
Il detective scrive qualcosa prima di cominciare a parlare.
«Cosa si ricorda di preciso?»
Io incomincio a scorrere i miei ricordi ma  la voce tagliente del detective mi riporta alla realtà.
«Scusi, detective, ma non mi sono ancora ripresa molto bene… Comunque eravamo all'incrocio ad aspettare che il semaforo diventasse verde e quando è scattato , William è partito poi un camion ci ha preso in pieno,quindi l’urto ci ha spinti nel fiume.
La macchina stava affondando molto velocemente, William era svenuto, ma io no, anche se ho preso un forte colpo alla testa, così ho cercato di slacciare la cintura di William e dopo esserci riuscita, ho tentato di raggiungere la superficie, ma improvvisamente  ho perso i sensi e mi sono svegliata qui, in ospedale. Questo è tutto ciò che mi ricordo.»
Il detective  mi informa che qualcuno deve averci aiutato perché è arrivata una segnalazione anonima al 911, che ha permesso di prestarci soccorso.
Dopo aver detto questo il detective  mi saluta e mi chiede scusa per il disturbo.
Quindi William mi dice. «Io mi allontano per andarti a prendere un po’ d’acqua e per fare quattro passi. Qui si soffoca
In effetti ha ragione, nella stanzetta sembra non esserci aria.
E’ piccola con le pareti bianche  e delle tendine color panna, svolazzanti per via dell’aria corrente che ogni tanto entra nella stanza… peccato sia aria calda.
Mentre aspetto che William torni, sento una voce che chiede di me.  
Chiudo gli occhi. Anche se non ho  sonno.
La voce si avvicina. Spero che William arrivi con l’acqua, non so perché ma con lui mi sento sicura.
Quando apro gli occhi mi ritrovo davanti un ragazzo che conosco già.
Lui accenna  un sorriso  e mi guarda con due occhioni timidi, ma io so che in realtà non lo è.
  «Mi dispiace di averti disturbata…»
«Tranquillo, in realtà non stavo dormendo….»
«Beh, allora direi che posso presentarmi: io sono….»

Lo interrompo... rispondo io per lui «Kyle.»
   
 
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