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Autore: ChiaKairi    18/04/2014    7 recensioni
Jonghyun esita un po’. Vorrebbe davvero aprirsi con lui, per una volta decide di fidarsi. Però è un po’ come quando deve scrivere quel tema. La pagina bianca è più rassicurante, tanto le parole giuste sa già che non le troverà mai più.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Taemin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Halcyon.



“Le persone migliori sono quelle che arrivano nella tua vita e ti fanno vedere il sole dove una volta c’erano solo nuvole. Le persone che credono in te così fortemente, che finisci per crederci anche tu. Le persone che ti amano per quello che sei.
Le persone che capitano una volta nella vita.”
 
 
Pagina bianca, mente bianca.
“Signorino, guarda che quel tema non si scriverà da solo.”
Certo che non si scrive da solo.
Si sta scrivendo nella sua testa però.
 
“Appa… devo dirti una cosa.”
“Mh.”
“No Appa… sul serio…”
“Che c’è?”
“Ecco vedi…”
Pagina bianca.
“Mi piacciono i ragazzi.”
“In che senso?”
Scriviti da solo, dannato tema.
Ma nella sua testa c’è solo tanto bianco.
“Io… sì… credo che mi piacciano i ragazzi, cioè…”
“Non capisco.”
“Scusa papà.”
Scusa se non scriverò questo fottutissimo tema.
“Ma che diavo…“
“Papà mi piacciono i ragazzi ok? I maschi!”
 
Silenzio.
La pagina è ancora bianca. Il mondo aleggia. È quasi fermo.
 
“Oh Jonghyun…”
 
«»«»«»
 
“Jonghyun è una malattia lo sai?”
“Aish, sta’ zitto…”
“No davvero, ti sta tirando scemo.”
“Dovrebbe farsi vedere… dallo psicologo della scuola, tipo.”
“Ragazzi la finite? È che non avevo voglia, ok? Non ho dormito stanotte.”
“E che novità!”
“Non riesce manco più a dormire… questo è grave, ve lo dico io!”
“Non dormo perché non ho sonno.”
“Peccato che poi durante il giorno sei sempre distratto. Hai il testone tra le nuvole!”
“Te lo dico io dove ce l’ha il testone… e quelle non sono nuvole.”
Risate.
Anche un suo sorriso, perché no.
“Basta ragazzi, adesso mi avete rotto.”
“Lo sappiamo che ti piace la morettina della Quinta A! Smettila di negare… a noi puoi dircelo, siamo tuoi amici, no?”
Un braccio attorno alle sue spalle.
Li guarda e sorride di nuovo. Abbassa gli occhi.
“Beccato!”
“Sì va bene… come volete voi, ok?”
“Per me Jonghyun pensa tutto il giorno. Non fa che pensare! Però pensa solo a cose inutili… per questo poi lascia in bianco i temi!”
Gli lancia una penna.
“È capitato solo un volta.”
“Sono mesi che si incanta! Un minuto prima ride e scherza, quello dopo guarda fuori dalla finestra ed è tipo… bloccato!” gli tira una bottarella sul capo, Jonghyun si scosta un po’.
“Ma si può sapere a che pensi? Che hai sempre da macchinare, mh?”
Jonghyun esita.
Li guarda.
Ci pensa su un po’, mentre gli altri sbattono le palpebre e attendono un secondo, interrompendo gli scherzi e il chiacchiericcio.
“Penso che sono strano.”
Si scambiano occhiate stupite, non tanto per il contenuto della frase, ma per il modo in cui Jonghyun l’ha detto. Poi si riprendono.
“Lo sappiamo che hai la zucca piena di segatura Jonghyun, nonostante tu sia il cocco dei professori!”
“Vaffanculo io non sono il…!”
“Jonghyun sul serio, lo sappiamo che sei in crisi adolescenziale ma ci siamo passati tutti eh!”
“Ma se abbiamo la stessa età?”
“Zitto un attimo, e ascolta i più grandi.” il ragazzo gli stringe di più il braccio attorno alle spalle e si schiarisce la voce. “Qualsiasi cosa ti disturbi, non ci pensare, ok? È questo il segreto.”
“Già, non serve pensare troppo. Ci si incasina di più e basta…”
“…e si lasciano i temi in bianco.”
Jonghyun sbuffa.
“Hai capito? Mh?” guarda negli occhi castani del compagno di classe, spinge in fuori le labbra, poi sospira.
“Sì sì…”
“Perfetto! E adesso, partitella a calcetto prima che finisca l’intervallo.”
Tutti si alzano, Jonghyun li segue con calma. Odia giocare a calcetto.
“E non ci pensare, ok? Lo recuperi quel tema!”
Si mette le mani in tasca e si stringe nelle spalle, sfodera un sorriso luminoso.
“Ma certo.”
Prima di uscire dall’aula, si volta un secondo indietro a guardare la classe vuota. Sente le voci nella scuola, il fruscio vivace. Vede la luce del sole pomeridiano filtrare dalle finestre.
Osserva i banchi vuoti e le sedie sparse, gli oggetti familiari. Gli sembrano distanti.
È solo un attimo, ma Jonghyun non riesce ad impedirselo.
E pensa: ma farà bene, tutto questo ‘non pensare’?
 
«»«»«»
 
Jonghyun non si sente malato, si sente più che altro… vuoto.
A scuola è popolare, gli amici non gli mancano. Va e viene, studia, pensa. Ecco, è quell’ultimo punto che non va bene.
Mentre cammina lentamente verso casa, le mani ancora in tasca e la tracolla penzolante da una spalla ossuta, pensa a come mai il tema non si sia scritto da solo. Di solito riesce a fare tutto pur continuando a pensare, all’esterno non si intravede nulla. Mentre studia, mentre è a ginnastica, mentre mangia, non si nota il suo pensare.
O almeno, fino a qualche settimana prima non si notava.
Poi è successo qualcosa e la testa si è svuotata, si è tinta di bianco. Come quella pagina che ha consegnato oggi alla prof. Non sa perché, proprio non gli andava di mettere nero su bianco quello che gli passava per la testa. Anche se il tema era uno stupido commento ad un testo, non gli andava di sprecare energie per capire la visione del mondo di un altro.
Ha già abbastanza problemi nel comprendere la sua, di visione.
Ecco sì, forse è quello il bandolo della matassa, forse è quella la ragione di tutto il suo rimuginare. Vuole capire da quando si è messo a guardare le cose in quel modo così diverso. Da quando ha iniziato ad isolarsi nella sua testa, per guardare tutto il resto con sufficienza.
C’è un mondo dentro Jonghyun, e a volte gli batte forte il cuore.
Non lo sa, non lo sa proprio come fare uscire tutto.
Quando ci ha tentato, si è scottato così terribilmente che conserva ancora la paura.
 
«»«»«»
 
Sta ancora camminando, ha ancora le mani in tasca. La strada non la guarda. Rabbrividisce un po’ perché è quasi primavera, quasi. L’aria è ancora pungente, soprattutto la mattina presto, e in effetti è un po’ troppo presto. Ma ormai era sveglio, si è preparato e ha deciso di incamminarsi, l’uniforme larga a coprirgli il corpo snello. Si sente un po’ un bambinetto dalla faccia imberbe e dagli occhi troppo grandi, i capelli non ha mai voglia di pettinarseli, quindi Amen. Quella mattina pensa all’aria fresca e al fastidio che gli dà sulla pelle ancora abituata al tepore delle coperte. Sbuffa, quell’inverno è troppo lungo e la primavera non arriva mai.
Si annoia già, al pensiero della scuola. Non ricorda che lezione ha alla…
Si ferma. Poi si rende conto di aver fatto una cazzata, distoglie lo sguardo e si costringe a proseguire.
Guarda l’orologio.
Il suo cervello non ha registrato, allora lo guarda di nuovo.
Sei e mezza, ma che cazzo ci fa già in giro?
Inghiotte la saliva e si azzarda a guardare di nuovo.
Davanti a lui c’è una figura snella, dei capelli riccioluti che si muovono insieme al suo passo spedito. Sono quasi a scuola, la strada è praticamente deserta perché dai, chi arriva così presto?
Eppure lui è lì, e Jonghyun pensa che è davvero una strana, strana coincidenza.
Ovviamente non si può sbagliare perché l’ha guardato solo un paio di volte e da lontano, ma non se lo dimentica. Quei capelli folti e ricci, castano chiaro, la sua magrezza, le sue guance piene che salgono quando ride, mentre i suoi occhi si assottigliano.
Lo guarda mentre cammina, è pochi metri davanti a lui.
Non sa nemmeno di che classe è.
Varcano il cancello ed entrano nell’ampio cortile.
Jonghyun ci pensa su.
Quasi quasi lo segue.
 
«»«»«»
 
In fondo non è niente di importante, è solo un nuovo passatempo, un qualcosa che è solo suo. Un altro segreto, da custodire nella sua mente più bianca che mai, un pensiero che non traspare all’esterno, mentre sale le scale.
Tenta di non fare rumore, anche se è difficile perché la scuola, a parte qualche bidello, è ancora praticamente vuota. Arriva al suo piano e ha l’istinto di lasciar perdere e andare in classe, poi però alza lo sguardo e il suo cuore manca un colpo.
Dalla rampa più in alto, fa capolino il suo viso da bambino, con gli occhietti luccicanti e le piccole dita posate sul corrimano.
Jonghyun si è fermato a metà gradino e si sente un idiota.
Bestemmia in aramaico nella sua testa, poi fa per scendere due gradini, impassibile, per andarsene in classe, cosa che avrebbe dovuto fare già…
“Yah!”
Quasi si ingozza.
Alza il capo di scatto, i capelli che gli coprono la fronte per un attimo. Se li scosta con un gesto stizzito.
Il ragazzino sbatte le palpebre, appoggia il mento al corrimano e la borsa gli scivola giù dalla spalla.
“Mi stavi seguendo?”
“No.”
“Secondo me sì.”
“Ho detto di no.”
“E allora perché torni indietro?”
“Chi torna indietro?”
“Tu!” gli punta il dito.
“Ero sovrappensiero e stavo sbagliando piano, ok?”
“Nessuno si fa scale in più così per niente, anche il più stordito.”
“Yah…”
“Tu sei il tizio che mi fissava l’altro giorno in corridoio.”
“Bwo?”
“Sei uno stalker?”
“Sei impazzito?”
“Sei tu che sei fuori!” si porta un indice alla tempia e lo fa girare in movimenti circolari. Jonghyun fa cadere la borsa con un tonfo e si mette le mani sui fianchi.
“Insomma che vuoi da me? Stavo pensando ad altro e per un pelo non sbagliavo piano, che ti devo dire?”
Un attimo di silenzio. Jonghyun si sente un po’ in soggezione, si imbroncia.
Il ragazzino ride, le spalle che si alzano e si abbassano a scatti. Getta il capo all’indietro e si tiene al corrimano, dondola un po’. Jonghyun osserva il suo collo lungo e il pomo d’Adamo appena accennato, è giusto un flash incorniciato dai riccioli color bronzo ma basta perché la sua mente diventi bianchissima.
“Dovevi essere proprio perso nei tuoi pensieri se ti sei fatto ben quattro scalini in più! Che scemo!”
“Yah, ma di che classe sei? Penso di essere un tuo hyung.”
“E allora?”
“Gli onorifici non te li hanno insegnati all’asilo?”
“Quelli non si insegnano all’asilo.”
Jonghyun si spalma una mano in faccia e maledice il preciso momento in cui ha deciso di scendere dal letto quella mattina.
 
«»«»«»
 
È della Seconda C, come immaginava. È più piccolo di ben tre anni. Non ci parla spesso, a volte nemmeno ci pensa, però capita che quando non riesce più a dormire si sveglia presto e tenta di arrivare a scuola più o meno a quell’ora per vedere di beccarlo. Magari è una sua abitudine, arrivare così in anticipo, chissà. In fondo non lo conosce per niente, però nella sua testa si è già creato una sorta di identikit: gli piace mangiare, adora i videogames e le partite a calcetto nel campo vicino alla scuola, studia poco o niente ma ride sempre, anche delle cose più assurde, è goffo – di questo è certo perché l’ha osservato – ma a volte ha anche degli atteggiamenti attraenti, quelle guanciotte piene sono decisamente simpatiche. Lui non lo è però, per niente.
È un ragazzino viziato e fastidioso, che saltella in giro come una cavalletta nel prato, ha anche lo stesso fisico, con quelle gambette e braccia stecche, dopo dieci minuti che parla con lui si sente il cervello fumare da quanto lo irrita, quindi ringrazia la campanella che annuncia l’inizio delle lezioni.
Quel giorno però la campanella non arriva perché è già sera ed è ora di rientrare, quando se lo trova davanti per caso non può fare finta di non vederlo. Inchioda appena in tempo, anche se avrebbe voluto volentieri travolgerlo e basta.
“Hyung!”
“Oddio…”
“Ti va di venire con me?”
“Ma dove?”
“Vieni hyung, oggi c’è il sole, si sta bene, neh? E vieni dai…”
“Voglio andare a casa…” Jonghyun si lamenta, è venerdì ed è stanco per davvero. “Ma dove andiamo?”
“In un posto che ti piacerà, vedrai, io ormai ho capito come sei, sai hyung?” ridacchia da solo, quel monello, e gli tira la cinghia della borsa, trascinandoselo dietro.
 
«»«»«»
 
È il parchetto dietro la scuola, è quasi ora di cena e c’è solo qualche bambino che piange perché non si vuole staccare dalle altalene. Non appena le mamme riescono a convincerli, Jonghyun si ritrova davanti al silenzio.
Sente subito il cuore aumentare i battiti.
Il silenzio lo rende inquieto, se ne è accorto negli ultimi mesi. È quel qualcosa che lo costringe a pensare, è il luogo in cui non può evitare di ricordare, di rimuginare… gli ricorda l’insonnia e i brutti pensieri notturni, per questo spesso sta parecchie ore al giorno con le cuffiette nelle orecchie. A volte non serve a niente, ma almeno non si sente faccia a faccia col silenzio.
Invece ora non ha vie di fuga, passa un istante e sente di esserci già dentro. Osserva l’altalena che ancora si muove piano, si alza un alito di vento e scuote l’erba ancora raggrinzita e debole dopo l’inverno. È in maniche corte perché il sole non è ancora del tutto tramontato dietro le case, quel pomeriggio il clima è stato mite. Quasi gli sembra primavera.
Quasi.
“Jonghyun?”
Sbatte le palpebre, non gli va tanto di distogliere lo sguardo dal parchetto semideserto. È già perso nella sua mente bianca, è già lontano.
Il più piccolo gli passa davanti, camminando all’indietro. Si va a sedere su di un’altalena e sposta un po’ di sabbia con la punta del piede.
Poi lo osserva e non parla.
Jonghyun si stupisce. Per un momento si distrae, e i pensieri non sono più così assordanti.
“Oggi ho consegnato in bianco un altro tema.”
“Sei strano hyung.”
Che novità.
Jonghyun sbuffa, si va a sedere su di una panchina con le gambe aperte e le braccia stese sullo schienale freddo. La borsa cade tra la polvere, vicino a quella del ragazzino.
“Non sei mai da solo, ma sei sempre per conto tuo. Voglio dire… qui dentro.” si picchietta una tempia con l’indice. “Il mondo ti annoia così tanto?”
“Yah, Lee Taemin… che credi di saperne tu?”
“Mi hanno detto che non eri così, che sei cambiato da qualche tempo a questa parte.”
A quest’affermazione Jonghyun rizza la schiena.
“E chi te l’avrebbe detto?”
Taemin chiude le mani attorno alla catena arrugginita dell’altalena.
“Mh… non importa, quello che volevo dirti è…” si morde un labbro.
“Che succede alla tua parlantina?” Jonghyun ridacchia. È bello vederlo esitare, come quando in un’interrogazione si sa la risposta ma non si è del tutto certi, quindi si preferisce pensarci su bene prima di fare qualche figuraccia.
Taemin gonfia le guance e si dondola un po’, con la punta del piede.
“Mi piace guardarti mentre pensi, ma sono troppo curioso!” esclama poi frustrato. Jonghyun spalanca gli occhi ma non dice niente.
Si guardano.
“A cosa pensi hyung?”
“Non credi che io debba smetterla di pensare? Cioè, non pensi che mi faccia male, che sia una specie di… malattia?”
Taemin scuote il capo.
Jonghyun si sistema sulla panchina e si accarezza il mento, sorpreso. Fa spallucce.
“Mi piacciono i ragazzi.”
Taemin raddrizza la schiena, si tiene bene alle catene.
“Oh.”
“Già.”
“È a questo che pensi?”
“Quasi mai.”
“Hyung ma allora non mi hai risposto!”
Jonghyun spalanca gli occhi. Non può credere alle sue orecchie.
Con calma, si alza e raccoglie la borsa, si mette una mano in tasca e va da Taemin. Il ragazzino lo guarda alzando il capo.
“Lee Taemin, mi prendi in giro?”
“No.”
“Non te ne frega nulla di quello che ti ho appena detto?”
“No… cioè, sì! Certo che me ne frega ma… io volevo sapere a cosa pensi tutto quel tempo… e tu mi hai detto invece una cosa che credevi mi avrebbe sviato ma in realtà non l’ha fatto, e quindi io rimango con la mia curiosità!”
Lee Taemin gesticola come un forsennato, perché quando parla, che si tratti delle patatine della mensa o della pena di morte, lui è sempre dannatamente convinto.
Jonghyun si tasta una tempia, sentendola pulsare.
“Mi prendi per il culo…”
“No hyung!” si alza in piedi e Jonghyun si innervosisce nel notare che è più alto.
Se lo trova ad un palmo dal naso e ha l’istinto di scostarsi. Poi vede i suoi occhi a forma di foglia e i suoi capelli riccioluti e pensa a quanto possano essere morbidi.
Il bianco nel suo cervello scompare per un istante.
Il mondo quasi si ferma, come quell’altra volta.
“Pensi che io non possa capirti? Pensi che sia troppo piccolo? Oppure non te ne importa niente e pensi a tutt’altro? Perché tu parli sempre ma è come se non parlassi! Non parli di niente hyung, te ne rendi conto?”
Jonghyun sente quelle parole e gli si ghiaccia un attimo il sangue nelle vene. Si è ricordato di quell’altra volta in cui il mondo ha smesso di girare e sente la bruciatura scottare, quindi fa qualche passo indietro. Taemin lo guarda male, con le labbra piene semiaperte.
“Hyung…?”
“Sta’ zitto Lee Taemin.”
 
«»«»«»
 
Taemin ha imparato a non fare più domande, ha imparato a rispettare i suoi pensieri. È l’unico che non lo scrolla quando Jonghyun si perde, è l’unico che lo lascia andare via, nei momenti meno opportuni. Si sono stufati di stare al giardinetto, allora gironzolano un po’, prendono la strada più lunga per tornare a casa. Fin quando i loro stomaci non si mettono a brontolare, chiedendo insistentemente la cena, si può rimanere fuori. È qualche giorno che non piove, e Jonghyun è di buon umore. A volte ha pensato, nel suo infinito girovagare nei meandri della sua testa, che forse è meteropatico. Forse è semplicemente pazzo, perché è convinto che la pazzia uno non ce l’abbia dipinta in faccia, non da subito per lo meno. La pazzia uno la cova dentro, inconsapevolmente, negli anni. Ci si nasce, in un certo senso, poi succede qualcosa di brutto ad un certo punto nella vita ed ecco che la crosta terrestre si spezza e fa partire il terremoto, allora la pazzia sale in superficie e se ne accorgono anche gli altri. Jonghyun pensa che ci sono persone decisamente strane in giro, quelle che covano il seme della pazzia, e lui è potenzialmente uno di quelli. Non vuole arrivarci impreparato, quando il terremoto si scatenerà. Sì insomma, preferisce impazzire con la consapevolezza di essere pazzo.
Mentre fa questi giri mentali, Taemin lo osserva con una faccia da ebete e sbadiglia qualche volta, le gambe sottili penzoloni dal muretto sul quale si sono seduti.
Jonghyun storce il naso, infastidito.
Sente di aver concluso i suoi giri e allora lo guarda.
Gli tira una botta tra i capelli riccioluti.
“Ahi!”
“Maleducato…”
Taemin si imbroncia pesantemente e sul viso di Jonghyun appare un sorrisetto beffardo.
“Dì quello a cui stai pensando, Taemin.”
“Sei uno stupido idiota! Dici a me che sono maleducato perché non mi metto la mano davanti alla bocca quando sbadiglio… e tu allora? Che te ne parti per la tangente e chi sa dove cazzo vai per tutto quel tempo? E mi lasci qui come uno scemo? Mh?”
“La mano davanti alla bocca è una cosa che devi imparare, prima o poi. Inoltre non dire parolacce.”
“Le ho imparate da te!”
Jonghyun ride, gli scompiglia i capelli e Taemin se lo scrolla di dosso stizzito, borbottando uno ‘stupido…’.
Saltano giù dal muretto e riprendono a camminare.
“Guarda che nessuno ti ha invitato eh. Sei tu che ti ostini a seguirmi come un cagnolino. Se ti annoio tanto, ti puoi anche levare di torno.”
“Sì certo, così qualche giorno ti ritrovano morto stecchito perché sei finito sotto al treno mentre stavi pensando a chi sa cosa. Tra l’altro hai iniziato tu a seguirmi, ti ricordo…”
“Ancora con questa fissazione, oddio!”
“Non è una fissazione, è la verità.
“Va bene Taemin, hai ragione.”
“Vaffanculo hyung…”
“Yah!”
“Secondo me sei troppo egocentrico Jonghyun, è per questo che pensi sempre e gli altri li ascolti solo con mezzo orecchio. Non scrivi i temi perché tanto sai che i professori te la daranno vinta lo stesso.”
“Non scrivo i temi perché non ne ho voglia, ok?”
In realtà Jonghyun preferisce la pagina bianca.
Ha paura di macchiarla con qualcosa di sbagliato. Ha paura di riempirla, quella pagina.
“Cos’è, cerchi attenzioni? Sei in carenza di affetto? È per questo che eviti la gente e te ne vai in giro con quell’aria di superiorità?”
“Taemin tutte quelle ore di matematica ti hanno dato alla testa, ti fanno male sai…” se lo prende per le spalle e se lo stropiccia un po’, Taemin tenta di liberarsi ma tanto non ne è in grado.
“Sul serio hyung… me lo vuoi dire sì o no a cosa pensi?”
Jonghyun sospira e si ferma. Lo lascia andare, lo guarda per bene.
“Ma che t’importa?”
“Mi dà fastidio non saperlo! Magari sono le stesse cose che penso io hyung, capisci?”
Jonghyun esita un po’. Vorrebbe davvero aprirsi con lui, per una volta decide di fidarsi. Però è un po’ come quando deve scrivere quel tema. La pagina bianca è più rassicurante, tanto le parole giuste sa già che non le troverà mai più.
 
«»«»«»
 
“Taemin, dici che il cervello si può spegnere?”
“Mh… come quando si è in coma intendi?”
“No, non in quel senso… sai, solo spegnerlo. Farlo star zitto per un attimo.”
Taemin ha le gambe incrociate e si è seduto praticamente in braccio a Jonghyun, sul terrazzino in cima alla scuola. Il sole tramonta, è una palla rossa nel centro del cielo privo di nubi. Tira un’aria frizzante e le loro divise scolastiche hanno i colletti al vento, sono un po’ stropicciate. Jonghyun gli accarezza la cravattina, sovrappensiero. Taemin sta giocherellando col cellulare, un gioco stupido di quelli Arcade, vecchi come il cucco. Sembra concentrato.
“Tae…” lo richiama un po’, ravviandogli i riccioli sulla fronte. Il ragazzino emette un gemito sconsolato perché sullo schermo del cellulare è apparsa la scritta ‘Game Over’, allora appoggia la nuca ad una sua spalla e si gira per guardarlo, alzando gli occhi castani.
“Jonghyun comincio a capire cosa hai nella testa. Non mi fai schifo, te lo giuro.”
Quelle parole sono così inaspettate che il cuore di Jonghyun perde un battito e il ragazzo si accorge improvvisamente della sua pelle a contatto con quella del più giovane, troppo, troppo vicino. Si scosta un po’, come scottato, tenta di non irrigidirsi troppo.
“E questa da dove è uscita?”
“So che qualcuno ti ha detto che fai schifo per quello che sei, so che ti è successo qualcosa di simile. Mi dispiace che ti abbiano ferito, sai? Avrei voluto conoscerti prima che ti succedesse, per sapere com’eri quando non ti eri ancora rinchiuso nella tua testa.” Alza una mano come se niente fosse, ha un ginocchio piegato che dondola, è quasi sdraiato contro Jonghyun. Gli accarezza i capelli su di una tempia. “Ma mi piaci anche adesso hyung, stai tranquillo. Non c’è niente che non va in te, arasso?”
Sorride.
Jonghyun pensa che ha un’espressione stupida, però poi la pagina bianca si imprime di mille pensieri in un solo istante: perché gli sta dicendo questo, perché non lo lascia in pace come tutti gli altri, perché non è scappato quando gliel’ha detto, perché non ha paura della ‘malattia’… il viso di Taemin si mischia a quello di suo padre, quel viso che è da così tanto che ormai Jonghyun non vede più, perché l’uomo non parla ma pensa e basta, si è chiuso in se stesso e il figlio ha smesso di parlare anche lui, perché non fa altro che pensare a cosa pensa suo padre.
Jonghyun sbatte le palpebre e non favella, Taemin ha già capito che si sta perdendo, allora si alza un po’ per guardarlo meglio. Assume un’aria triste, ma decide di non interferire.
Aspetta.
“Taemin, tu non mi conosci.”
“Sono settimane che ti osservo. Secondo me ti conosco meglio di tutti quei tuoi amichetti che ti gironzolano attorno ogni minuto e fanno solo un gran casino.”
Taemin abbassa lo sguardo e a Jonghyun pare che le sue guance piene si stiano colorando un po’.
Lo prende per una spalla e lo guarda bene in viso, Taemin rimane un attimo stupito e i suoi occhi vagano in quelli di Jonghyun.
Poi il più grande sospira e lo lascia andare.
Taemin abbassa lo sguardo, rilassa un po’ le spalle.
“Non hai risposto alla mia domanda iniziale comunque.”
“Q-quale?”
“Dici che si può spegnere il cervello?”
“Io ci provo ogni tanto. Nel senso, anche io a volte mi chiedo che genere di persona sono, mi domando come mi vedono gli altri… anche te ad esempio, come mi vedi? Quasi non mi guardi mai, però io non me ne vado hyung, perché mi piaci e voglio sapere a cosa pensi. Però tu a me pensi mai? Nel senso, mi vedi come un compagno di scuola, uno troppo piccolo, un rompiscatole… penso a cose del genere. Però quando sono con te il cervello riesco a spegnerlo, sai… non me ne importa più molto dei problemi. Mi rilasso, quando sono con te. Al resto ci penso quando non ci sei.”
Jonghyun lo ascolta incespicare con le parole, osserva il suo pomo d’Adamo che si muove e le sopracciglia che sbattono.
Sorride, non se lo può impedire.
Pensa a Taemin e a cosa sia il suo mondo. Vorrebbe provare a capire come vede le cose lui, potrebbe essere divertente.
Esplorarsi a vicenda.
Per la prima volta, non pensa a se stesso ma a qualcun altro. Pensa a quanto gli piacerebbe provare le labbra di Taemin.
Se solo potesse spegnere il cervello, solo per un momento…
 
«»«»«»
 
Jonghyun in classe ha ritrovato la sua parlantina, si perde meno nei meandri della sua testa e i compagni non lo assillano più. La data del prossimo tema sta per arrivare, si avvicina inesorabilmente e la cosa gli mette un po’ d’ansia. Ha sempre avuto una buona penna, ma da quando gli è venuto il ‘blocco’ ha paura di non poterlo più superare, ha paura che il trauma rimarrà per sempre. Guarda un po’ più spesso suo padre ultimamente, quando è a casa la sera, viaggia di più nei suoi silenzi, ma sente che c’è qualcosa che vibra nella sua testa, come uno squillo lontano che rompe un po’ il bianco, uno schizzo di inchiostro che guizza, sì, qualcosa del genere.
È sera e sta per andare a dormire, spera di riuscirci perché il giorno dopo ha parecchie lezioni. Eppure si morde un labbro, il suo ginocchio si muove nervosamente mentre sta seduto alla scrivania, con le braccia incrociate. Fissa un punto indefinito e non riesce a liberarsi dei pensieri, un po’ si spaventa.
Ha paura di quel dannato tema, ha paura che questa volta possa fluire tutto fuori e davvero, non vuole che questo accada. Vuole che rimanga dentro, perché l’umiliazione e la paura sono solo sue, la bruciatura non si deve vedere all’esterno.
È l’insicurezza di un ragazzino infantile, si dice, è una vergogna da non mostrare.
La paura di essere rifiutati, di essere considerati ‘malati’, è una cosa che Kim Jonghyun non aveva mai sperimentato prima. Adesso aleggia nella sua testa e rende tutto bianco e gli frena la lingua.
Pensa a Taemin.
Lui ha capito tutto nonostante non gli abbia spiegato niente, quel ragazzino è un disastro a scuola eppure la sua mente bianca la legge come se fosse un libro stampato.
Jonghyun si innervosisce quando pensa a lui.
Si passa le mani sul viso e sbuffa, frustrato.
Basta, il tema si avvicina, se lo consegna ancora in bianco convocheranno i genitori e sarà un completo casino.
Deve fare qualcosa, deve almeno provarci.
Meglio che lo fa subito, così sa di che morte dovrà morire.
Prende la prima penna che trova sulla scrivania, un foglio protocollo dalla cartella e pianta la punta della penna sulla carta senza più permettersi un secondo di esitazione.
Calca come un forsennato, ha la finestra semiaperta ma suda un po’.
Non si accorge di niente, nemmeno della notte che sopraggiunge, nemmeno dell’orologio che ticchetta.
Sbatte le palpebre una volta e ha riempito l’intero foglio protocollo, non c’è più nemmeno un margine libero. La sua testa era bianca da troppo tempo, adesso è completamente sporca d’inchiostro.
Le parole sono tutte lì, belle in ordine, finalmente non è più un insieme inconsistente.
Sbatte ancora le palpebre e guarda l’orologio.
È l’una e praticamente non ci crede.
Pensa che sia la pazzia che avanza.
Forse sta arrivando, e lui nemmeno se ne è accorto.
Non sa nemmeno che cazzo ha scritto.
Prende in mano il foglio e rilegge. Lo stropiccia, poi lo stende di nuovo.
Si mette le mani nei capelli.
Piange per qualche minuto.
 
«»«»«»
 
“Taemin…”
“Cazzo hyung sono le… Santo Dio sono le due di nott-“
“Scusa scusa, ascoltami un attimo.”
Fruscii di coperte.
“Ho… ho scritto una cosa.”
Si sente stupido. Ancora non ci crede.
“Bwo?”
“Ho scritto una cosa Tae.”
“M-ma, ma come… quando!”
“Adesso. Mi… mi sono sfogato. Credo.” Jonghyun tira su un attimo col naso. È ancora un po’ scosso, un po’ stranito.
“Cazzo hyung, leggimela!”
“N-non so se… sai, la butterò via.”
“Non ci provare!! Giuro che…” Taemin abbassa la voce, perché anche in casa sua dormono tutti. “Giuro che se lo fai ti ammazzo.”
Jonghyun sorride.
“La leggo una volta sola, ok? Solo questa volta… perché se non lo faccio, se non ti uso come testimone, domani mattina mi sembrerà di essermi sognato tutto e sarò punto e a capo.”
“Ok.”
“Bene.”
Jonghyun prende un respiro profondo.
Di nuovo il cuore che batte forte mentre legge, a bassa voce. Un altro battito di ciglia ed è già tutto finito.
Il silenzio è assoluto.
“Taemin?”
“Tu sei pazzo hyung.”
Jonghyun sorride.
“Lo sapevo.”
Accartoccia per bene il foglio e lo getta via.
 
«»«»«»
 
Suona la campanella di fine lezioni, si sente stranamente sollevato.
Il tema l’ha consegnato e la pagina non è bianca. È una bella sensazione.
Gli sembra che la sua testa sia più leggera, più ordinata.
Quelle cose che ha scritto la notte scorsa non erano per Taemin, erano per se stesso. Avrebbe voluto farle leggere a suo padre ma non lo farà mai, ormai sono perdute, andate. Però sono servite.
Ha pensato che deve provare ad accettarsi.
Ha pensato che forse ha pensato troppo.
Vuole provare a fare come Taemin e spegnere un po’ il cervello, almeno quando sta con lui.
Potrebbe essere divertente.
Se lo trova in corridoio, è corso per sentire come è andato il tema. Jonghyun gli risponde con un sorriso e si mette le mani in tasca. Se ne vanno al loro solito posto, sul terrazzo sopra la scuola. Guardano un po’ gli ultimi studenti che escono dall’edificio, appoggiati alla balaustra.
C’è vento.
È quasi primavera.
Quasi.
“Mi è piaciuta davvero quella cosa che hai scritto l’altra notte. Ma spero che tu non abbia scritto niente del genere alla professoressa!”
Ridono.
“No, o davvero scoprirebbe che sono pazzo… ho risposto alle domande da bravo bambino.”
Taemin sorride sornione.
“Taemin, grazie per essere stato a sentire anche quando non dicevo nulla.”
“Figurati, è questo che fanno gli amici no? E poi te l’ho detto, ero curioso.”
“Ti incuriosisco?”
“Sono sempre stato curioso di natura, non darti troppe arie adesso.”
Jonghyun gli dà uno spintone, il ragazzo è così magrolino che quasi cade di lato. Jonghyun lo tiene per la giacchetta della divisa e lo rimette al suo posto senza nemmeno guardare.
Non riesce a smettere di sorridere.
“Mi faccio ancora schifo, sai? Anche per il modo in cui mi capita di pensare a te.”
“Tu non fai schifo hyung, sei solo un po’ strano.”
“Questo lo so.”
“Ma chi non lo è a questo mondo!”
Taemin allarga le braccia come uno che la sa lunga e cammina all’indietro, sorridente.
Jonghyun lo segue, come attirato da una calamita.
Si mette una mano in tasca.
“Sai, pensavo così tanto perché c’era un pensiero che mi sfuggiva. Quello che mi serviva per riempire la pagina, capisci? Avevo paura di trovarlo.”
“Che pensiero è hyung?”
Si fermano in mezzo al terrazzo, Taemin si scosta un ricciolo ribelle dagli occhi con una mano e Jonghyun segue il movimento.
“Non importa più adesso. Quel pensiero… l’ho trovato.”
Jonghyun si avventura oltre i limiti del suo mondo ed entra in quello di Taemin, assaggiando le sue labbra ad occhi chiusi.
 
 
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Ecco la mia seconda storia per il fantastico workshop di Shiny_A_plus:
 http://www.asianfanfics.com/story/view/602008/writing-down-the-bones-writers-contest-open-shinee-workshop-writing-you-competition-writingcontest-shop
Se vi va di supportarmi, date un'occhiata alla versione inglese che partecipa al workshop. La trovate qui:
http://www.asianfanfics.com/story/view/715404/halcyon-jongtae

Sì, il titolo è ispirato dalla fantastica Ellie Goulding. Halcyon significa semplicemente 'tranquillo'.
Un ringraziamento alla mia amica di università. Ilaria, sei sempre d'ispirazione ;)

Grazie a tutti i pazzi folli che decideranno di leggere questa OS e di lasciare una recensione!! Vi adoro, come sempre ^^ 
PS. Sto scrivendo. If you know what I mean.
I'm writing something new.
Stay tuned.

Chiara!
 
 
 
  
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