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Autore: _M e l_    19/04/2014    1 recensioni
Matilde è una donna un po' bruttina ed Ernesto è un uomo un po' strano, ma a chi importa?
Tutti si fermano ad osservare il loro amore e a Ernersto basta quello a riempire il suo grande cuore e a Matilde basta quello a farla sentire più bella.
E allora Matilde si mette in posa ed Ernesto la dipinge così come la vede: come una meravigliosa stella.
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Dedicata alla mia meravigliosa MeryMaria.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il pittore e la sua stella.
[1533 parole]

 

Che me ne importa a me se non son bella?
Io tengo mio marito che fa il pittore,

e mi dipingerà come una stella:
che me ne importa a me se non son bella?

 

[La moglie]

Matilde è una neonata un po' bruttina, con il viso violaceo e la testa schiacciata. Scalcia, piange e urla tra le braccia della madre come se le avesse fatto un torto a farla nascere, ma a Maria mica importa. A lei basta osservare la sua bambina un po' bruttina, con la boccuccia storta e il nasino a patata, e forse saranno le lacrime ad appannarle la vista, ma lei quella minuscola creatura un po' bruttina la vede invece assai bellina – o forse sarà semplicemente che “ogni scarrafone è bell' a mamma sua”. Maurizio però la sua emozione l'ha tutta dentro e quindi può vedere bene la figlioletta un po' bruttina e si sente anche in colpa e allora si china per darle un bacio sulla nuca spelacchiata. Anche i parenti e gli amici lo notano, mentre le fanno boccacce e le parlano con voci stridule che dovrebbero divertirla ma la spaventano solo di più, e pensano che sia normale per una appena nata e quindi rivolgono un sorriso amorevole alla neo-famiglia e fanno complimenti a Maria perché la trovano bene dopo il parto – e a lei mica importa; le basta notare che gli occhietti spaventati della piccola ritornano sempre su di lei ogni volta che un estraneo le si avvicina e sentirla tra le sue braccia rilassarsi completamente quando le sorride per rasserenarla.
Matilde a sei anni è ancora una bambina un po' bruttina, con le orecchie a sventola e lo spazio tra i denti davanti. Corre, si nasconde e vola sull'altalena come se volesse scappare dal mondo che la circonda. Dai bambini cattivi che la prendono in giro, dalla scuola, da pasta e zucca che proprio non riesce a mangiare. Ma ha Maria che ancora la vede bella la sua bambina, e a cui non importa dell'evidenza, e ha Maurizio che si prende un po' della sua pasta quando la mamma non guarda e poi le passa sottobanco una tavoletta di cioccolato, e allora ritorna un po' più felice.
A dodici anni Matilde è una ragazzina un po' bruttina, con la ciccia e l'apparecchio per i denti. Stringe i pugni, si morde le labbra e le dole la gola come se volesse urlare contro tutto e tutti. Contro Marco che la spintona e le urla dietro “faccia da patata”, contro i professori che non l'aiutano, contro Gianni che pensa di amare. E a Maria non importa, perché la sua piccolina è così bella, anche con i brufoli sul viso e gli occhiali storti, ma a Matilde sì, e allora Maurizio continua a baciarle il capo mentre piange tra le sue braccia e un po' si sente morire dentro e vorrebbe – picchiare, disintegrare, fare qualcosa – vorrebbe.
Matilde diciottenne è una ragazza bruttina, con i denti a posto e i capelli unti. Sta in silenzio, indossa larghi abiti neri e cammina a testa bassa come se volesse scomparire davanti gli occhi della gente. Agli occhi di chi la odia senza un motivo, a quelli di chi potrebbe amarla, a quelli di chi la ama già. E non c'è più Maria a cui non importa, e a Matilde ora non frega più niente, e Maurizio è così stanco e solo vorrebbe – accartocciare il mondo e ricomporlo, con tutto al posto giusto, perché c'è qualcosa di maledettamente sbagliato nel distruggere una vita e non accorgersene neanche – vorrebbe.
A ventiquattro anni Matilde è ancora una donna un po' bruttina. Ha la testa schiacciata, la bocca storta, il naso a patata, le orecchie a sventola, la ciccia e i capelli unti – e i denti a posto. Ma ride, canta e le brillano gli occhi come se avesse finalmente trovato il suo posto nel mondo. E non c'è più Maurizio che vorrebbe – vederla finalmente così felice, ringraziare chi l'ha resa così felice, essere felice con lei – vorrebbe, e a Matilde un po' importa, ma solo di questo, perché al resto davvero adesso non da più peso, ed è davvero più felice.
Matilde è una donna un po' bruttina, ma a lei mica importa. Le basta abbracciare e baciare Ernesto e sentirsi amata da lui, e forse è l'emozione a confonderla ma lei quella brutta donnina allo specchio la vede invece assai bella – o forse è semplicemente che a lui mica importa.

[Il marito]

Ernesto è un neonato strano, con il suo guardarsi sempre intorno e non concentrarsi mai su nulla. Non piange, non si smuove e non emette suono come se non volesse dare fastidio – forse perché ha capito che la sua nascita invece ha già dato molto fastidio e vuole rimediare. Ma ad Alberto mica importa, gli è bastato sapere che era vivo e neanche l'ha voluto vedere. E non importa neanche ai parenti ed amici, che l'osservano di nascosto, quasi accusandolo, mentre depositano fiori sulla bara di Michela – e chissà se a lei sarebbe importato.
Ernesto a sei anni è ancora un bambino strano, con il suo non parlare quasi mai ma voler sempre pasticciare con i colori. Sorride, non combina guai, è sempre tranquillo come se volesse chiedere scusa. A Michela, ad Alberto, al fratello che ha privato di una famiglia. E Alberto mica se ne accorge, lui che manco lo vuole vedere, e Marcello non riesce a dirgli che non è colpa sua, perché ha undici anni e un vuoto di odio nel cuore, ma a Ernesto mica importa – a lui basta amarli e non chiede nulla in cambio.
A dodici anni Ernesto è un ragazzino strano, con i suoi voti alti ma neanche una passione. Dorme, sogna e immagina come se dietro le sue palpebre ci fosse un mondo migliore ad attenderlo. Con un padre che sorride, un fratello rompiscatole, una bella ragazza – no, non una mamma, perché anche nell'irrazionalità Ernesto è razionale. E Alberto è così preso da fumo e alcool che “cazzo se ne fotte lui di quel mocciosetto?”, e Marcello non è mai a casa per dedicargli cinque minuti, e a Ernesto forse un po' importa, ma è agli altri che non importa.
Ernesto diciottenne è un ragazzo strano, con il suo grande cuore ma nessuno a cui portelo aprire. Dipinge, Ernesto, dipinge senza tregua come se volesse far defluire le sue emozioni su un pezzo di carta – e ci riesce, eccome, e tutti capiscono che quel pezzo di carta in realtà è la sua vita, anche se solo lui sa cosa esprimono il grigio e il rosso e il nero. E Marcello non li ha neanche visti, lui che è partito senza rimpianti, e Alberto lo spia dall'uscio della porta e vorrebbe – dirgli che è davvero bravo, chiedergli scusa, essere finalmente un buon padre – vorrebbe, mentre Ernesto continua a dipingere e non importarsene – perché adesso ha trovato il suo sfogo e usa i colori e riesce a rendere belle le cose brutte come faceva un tempo ad occhi chiusi.
A ventiquattro anni Ernesto è ancora un uomo strano. Si guarda sempre intorno, non parla quasi mai, pasticcia con i colori. Ma ha trovato una passione e si sente veramente bene e Marcello è tornato e gli ha chiesto scusa per tutto il dolore che gli ha causato – ed Ernesto gli ha risposto che a lui mica importava del passato. E Alberto non è più imprigionato nei condizionali perché gli si è avvicinato e l'ha abbracciato e a Ernesto è bastato, e adesso Alberto è un padre e ha un figlio eccezionale.
Ernesto è un uomo un po' strano, ma a lui mica importa. Gli basta chiudere gli occhi – mica l'ha perso questo vizio – e dipingere quel meraviglioso mondo che adesso è il suo presente e quell'amore che gli riempie il suo grande cuore. Ma Ernesto ha smesso di rendere belle le cose brutte e ha deciso di circondarsi invece solo di cose belle, come Matilde. Ed è lei che rappresenta nei suoi quadri, quella ragazzina a cui importava troppo e a cui ha insegnato a fregarsene. Quella ragazzina da cui ha imparato a parlare.

[
La moglie e il marito]

La dipinge così come la vede, con il sorriso sempre sulle labbra e i grandi occhi scuri brillare – e sono proprio quelli che l'hanno fatto innamorare, perché sono belli e sanno trasmettere e sanno capire – e Matilde dice sempre che ha il potere di rendere belle le cose brutte ed Ernesto le risponde sempre che in realtà ha smesso di farlo nel momento in cui l'ha incontrata. Ed è vero, perché lui guarda nei suoi occhi e non riesce a dirle che è brutta, e anche se nei dipinti non mancano la testa schiacciata, la bocca storta, il naso a patata, le orecchie a sventola, la ciccia e i denti a posto alle persone che li osservano mica importa. Bastano gli occhi, che sanno dire tutto quello che Ernesto invece non dice e allora tutti vanno via con qualcosa dentro e fanno i complimenti al pittore. Ma Ernesto mica li ascolta. Lui bacia Matilde e le sussurra all'orecchio che è bella – bella bella bella – e glielo ripete così tante volte che Matilde finisce per credergli, anche se mica le importava se non era bella: aveva il marito che la dipingeva come una stella.







 


Dedicato alla meravigliosa MeryMaria: prendilo come un regalo di compleanno posticipato xD Ti voglio bene <3

Cosa che non importerà a nessuno, ma la dirò lo stesso: la canzone all'inzio non so quale sia, ce la fece imparare il maestro di musica alle elementari e da allora non l'ho più dimenticata, ma non ci ha mai detto il nome xD
Detto ciò, spero che la storia sia piaciuta e che si capisca tutto - in caso contrario, non esitate a domandare :)


Ringrazio chi metterà la storia tra le seguite/preferite/ricordate, chi recensirà e chi leggerà solamente :)
Vostra,
     _M e l_

   
 
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