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Autore: missimissisipi    20/04/2014    2 recensioni
Damon ed Elena non sono una normale coppia: sono terribilmente incasinati, confusionari, diametralmente opposti; uno adora il cornetto all'albicocca e l'altra quello al cioccolato. Uno è freddo e tanto Damon e lei non ricorda chi sia Niklaus Mikaelson del Whitmore, seppure Caroline insista ancora nel ricordarglielo. Eppure a Bushwick nasce tutto: fra le battute di Enzo e la birra fredda condivisa, qualcosa germoglierà.
Quante stagioni occorrono per innamorarsi?
Da inverno:“E così… Manhattan” la voce suadente di Damon risuona nelle mie orecchie, facendomi trasalire e sorridere. “La grande mela”
Non so perché gli altri guardano noi e vedano un noi, non lo so poiché, anche se lui è bello e dannato e con l’aria di uno che sta soffrendo troppo per fartelo capire, non ha fatto breccia nel mio cuore facendomi cadere ai suoi piedi. E viceversa.
E’ solo affascinante con il suo sorriso bianco e perfetto ed i capelli un po’ così, è bello con il suo accento del sud e la sua gentilezza nel prendere il solito da Teréza –che, fra l’altro, è praticamente impazzita saputo il mio trasferimento – consistente in cappuccino e cornetto all’albicocca.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Caroline Forbes, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Enzo | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Non so quando sia nata l’idea o l’ispirazione per questa cosa, fatto sta che dovevo pubblicarla perché credo che sarei, altrimenti, impazzita. Si annullano le mie capacità e descrivo stralci di vita di un’Elena non mia, di un Damon non mio perché si sono creati e scelti da soli, senza che io lo volessi. C’è una varietà di non so cosa,  c’è Elena ed i suoi sentimenti e poi ci sono solo fatti e passi e pezzi di puzzle che si devono combinare per forza. Assomiglia ad una minilong ed ha buchi più o meno volontari qua e là, è pazza e forse impossibile e a tratti la odio forte, ma questi Damon ed Elena nuotano nella mia mente da troppo, troppo tempo.

Un parere (oltre che a salvarmi) è ben accetto e (oltre che a salvarmi) mi aiuterebbe un sacco con queste paranoie/realtà all’ordine del giorno  (oltre che a salvarmi). L’unica nota che posso (devo!) fare è lo spagnolo appena accennato che so ma non ho mai studiato, trovato nei dialoghi di Elena:

 

1)      signorina, desidera qualcos’altro?

2)      Oh, no, no, santo cielo… 2$, ora sei di famiglia! […] no, ciccina, 2$, senza parlare!

3)      Ecco, tesoro, è successo qualcosa? Sei in ritardo […] e c’era anche quel ragazzo, un po’ freddo e tutto?

 

Faccio schifo nel consigliare canzoni, ma questa qui ha fatto da sottofondo nella prima metà della storia, ovvero nel V, estate e metà autunno.
https://www.youtube.com/watch?v=V1Deh6twsBM (da ascoltare, se volete)
buona lettura (non abbandonatela subito) <3


 http://i57.tinypic.com/2arwq0.gif 

V

 

I Giapponesi non dicono “ti amo”, è davvero sgarbato e un po’ rude. Loro mascherano l’amore, lo traducono diversamente dalle solite parole; loro dicono “questa notte la luna è davvero bella”.

Damon è un po’ giapponese e un po’ cinico, è freddo e distante nella sua giacca di pelle nera ed io non ho mai voluto capire se fosse innamorato di me. Non me l’ha mai detto – “sei splendida, se non è evidente” – ma sorride comunque in quel modo che solo lui sa fare e mi guarda comunque in quel modo che, giurerei, fa tanto la luna è davvero bella questa sera.

Ha sempre avuto i capelli un po’ spettinati, l’alito di albicocca quando la mattina riusciva a far colazione e gli occhi magnetici di quel colore magnifico, a metà fra il ghiaccio e l’oceano, fra qualcosa di freddo ed intoccabile e qualcosa di enormemente esteso ed impossibile da avere.

E’ stato lo sprazzo di caldo, paradossalmente, che non ho mai avuto a New York, è stato un po’ greco perché al contempo antidoto e veleno.

Non sappiamo dirci “ti amo” ma va bene comunque, amore mio, va bene comunque anche se siamo un po’ incasinati, perché siamo reali quando io di reale e concreto non ho nulla.

Enzo ci ha ritenuti due fiamme gemelle: “scherziamo?” hai detto tu, la risata persa nell’appartamento a Bushwick, io che dovevo andare via ma sono rimasta, ed ho sbagliato, ho continuato a sbagliare e tu non hai mai segnato in rosso i nostri errori, hai semplicemente detto che lo erano e hai semplicemente continuato a commetterli.

Sbuffo, sono troppo giovane per capire, troppo giovane per tutto e non ho mai vissuto per davvero perché una come me vuole emozioni forti per smuovere l’animo.

 

 

I

 

Estate

 

Malibù in confronto a New York è davvero un paragone assurdo: per me, fra  l’altro, abituata ad un cielo sempre aperto, sgombro, nessuno grattacielo a sfidare le altezze e solo sole, soltanto caldo e tepore perenne.

Caroline mi ospita nel suo bilocale a Bushwick fino a che non troverò uno spazio tutto mio, magari con una vista decente, tanto cielo, il fiume Hudson e cose del genere. Adesso mi limito ad un quartiere strano, spento, vivo ma non troppo, addormentato,  metà ispanico e metà americano.

“La caffetteria di fronte” mi spiega adesso, “è davvero il tesoro del posto, fanno dei cappuccini assurdi e non lasciarti ingannare da Teréza, mujer de Nueva Yorke

Ridacchio un po’, è sempre bionda e sempre vivace come la ricordavo un paio d’anni prima, come quando l’ho conosciuta durante lo spring break al Whitmore, quando nessuna delle due era uscita fuori perché non aveva nessuno e perché aveva degli arretrati riguardo lo studio.

Poi ha lasciato tutto, all’improvviso, di punto in bianco: Malibù non faceva per lei.

Solo qualche tempo dopo ho compreso che c’era un segreto più grande dietro la sua partenza, un segreto biondo e dagli occhi chiari.

Leigthon è tutta pepe come la mamma, ha quattro anni e vive nell’appartamento di fronte al mio assieme all’unico suo genitore, alla donna che l’ha messa al mondo e che le vuole davvero tanto bene.

“Ti ringrazio, Caroline” sorrido sulla poltrona rosso fuoco nel soggiorno, stringendo un cuscino verde in mano.

“E’ un piacere”

 

 

Due settimane e otto giorni trascorsi: Teréza mi stringe le guance quando mi vede e mi offre un cornetto al cioccolato squisito, mi dice che le ricordo sua figlia Ana Lucìa e che per questo non dovrei mai lasciare New York.

Rido sempre quando lo dice, con quel suo accento spagnolo, poi quella sibilante indimenticabile mentre chiede “sssenorita, queress algo màss?*”. Ho conosciuto i colleghi di lavoro di Caroline, mi ha raccontato del suo primo amore, il padre della piccola che non ha idea dell’esistenza di quello scricciolo, di quel cuoricino che batte forte e all’unisono con il suo.

Mi manca Malibù ma New York non è così male come sembra: c’è un takeaway cinese sulla parallela al Tereza’s(ssss) ed è la tradizione del lunedì sera, oramai. C’è Vinny ed i suoi frullati il mercoledì mattina prima di cercare lavoro come designer d’interni.

Ogni tanto ripenso al mio passato: al college avrei scelto medicina, magari, avrei conosciuto prima Caroline e avrei evitato che i miei genitori divorziassero per prendere strade opposte: uno a Malibù, l’altro nella grande mela.

 

 

“Davvero, Elena, sei un tesoro con la T maiuscola! Ti sono debitrice!”

Io e Leighton la salutiamo agitando la mano sinistra, prima di gettarci sul divano. Ricorda una lista che pare infinita di cose da fare e di cose da preparare, dove sono le medicine, i numeri di telefono principali ed i gusti di gelato biologico che la piccola può mangiare. Sorride guardandosi un’ultima volta allo specchio, le auguriamo buona fortuna e ci rilassiamo.

Chiude la porta alle sue spalle mentre noi ci dedichiamo a fatine e maghetti alle prese con il male.

“Mamma dove è andata?” la vocina di Leigh è piena di curiosità, la guardo sorridente, poi inclina lateralmente il capo.

“Mamma forse ha trovato l’amore”

“E’ andata dall’amore?”

Scuoto la testa, abbassando il volume dei cartoni animati. “Voleva trascorrere una serata con un uomo… le piace, sai?”

“E’ andata da un uomo?”

Mi mordo le labbra, mentre gli occhietti azzurri e vispi mi osservano con insistenza.

“Sai quando due persone si vogliono bene? Quando vogliono stringersi per mano e passare tanto tempo insieme?”

“Io e mamma?”

“Sì, Leigh, come tu e la mamma, ma è un sentimento diverso… un po’ come quello nei cartoni… vedi la fatina? Dice che ama il mago, che darebbe la vita per lui. E’ un po’ complicato da spiegare…”
La bambina tira su con il naso. E’ raffreddata ed è adorabile. “Tipo—tipo mamma e papà?”

Sbatto le ciglia, perplessa. “Tipo mamma e papà”

“Mamma è andata da papà?”

“Mamma forse ha trovato un altro papà. Uno migliore del primo”

“Mamma è innamorata?”

Non so cosa sia l’amore ma non voglio deludere né illudere la piccola, avvolta da una coperta per via del raffreddore intenso che l’ha colpita in piena estate, in pieno agosto.

“Forse”

 

 

Il negozio di torte in cui Care lavora è vicino al palazzo a Bushwick, è ampio e colorato, le vetrate che danno sulla strada e l’insegna luminosa che rende l’atmosfera calda e adorabile. Una volta entrati è impossibile non percepire l’odore intenso di dolci ed in particolare di cioccolata, ma, quando varco io la soglia del locale, tutto ciò che noto è la mia amica bionda alle prese con due clienti che la fanno sorridere come al Whitmore, quando era spensierata e ancora giovane, senza un pancione e un uragano biondo da gestire.

“Non ci credo!” spalanca le labbra ed emette ancora quella risata gradevole, a tratti acuta e quasi coinvolgente.

Mi avvicino a passo lento, e sorrido quando lei ci nota, distanti a una decina di passi.

“Ciao Care” passo una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Siamo tornate dal parco,” esclamo, prendendo in braccio Leighton e facendola sedere sul bancone. “E abbiamo rincorso i taxi gialli come piace alla biondina qui presente. Qualche cane potrebbe aver persino abbaiato contro di noi”

“E’ stato divertentissimo!” urla lei “la prossima volta dobbiamo farlo con te” precisa puntigliosa la piccola, mettendo su un broncio quasi adorabile, quasi identico a quello della madre.

“D’accordo, d’accordo” ridacchia ancora Caroline. “Elena, voglio presentarti Enzo e Damon… ragazzi, lei è Elena”

“Piacere”

Enzo è l’uomo con cui la mia amica esce da un paio di sere, le stesse che io trascorro con la piccola, instaurando un rapporto che non credevo possibile perché da bambina ho sempre desiderato essere mamma ma con il passar del tempo ho visto il sogno trasformarsi in utopia, poi l’ho accantonato, non volendo che accadesse lo stesso riservatomi dai due genitori esemplari che ho avuto. 

“Piacere” dicono all’unisono loro, Enzo con il suo accento affascinante e Damon con un sorriso sornione sulle labbra.

“Allora” propone Caroline strofinando le sue mani “chi vuole aiutarmi a preparare una torta?”

Sbatto le ciglia ma non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione di un freddo appena accennato ma insistente che mi fa rabbrividire.

 

 

II

 

Autunno

 

“Dolcissssima!”

Saluto Teréza con un cenno della mano e mi avvicino a lei, poggiando le mani sul bancone con il registratore di cassa.

“Allora, cappuccino…”

“…Con cacao e cornetto all’albicocca, il ssolito!” termina lei al mio posto e sorrido sorpresa. Sono qui da poche settimane e lei sembra conoscermi da una vita, inclina le labbra mentre mi da lo scontrino e mi regala uno sguardo pieno d’affetto.

“3,80$, giusto?” domando io prendendo già gli spiccioli dal mio borsellino.

“Oh, no, no por dios” si affretta a rispondere, enfatizzando la risposta negativa con un movimento della mano. “”2$, ormai sei di familia**”

“Ma Teréza…”

“No, gordita, 2$, sin hablar!”

Stringo le labbra e mi affretto a darle ciò che vuole, un po’ contrariata, un po’ arrabbiata, ma riscaldata, per la prima volta a New York, da uno strano affetto verso la donna che mi considera la sua famiglia.

“Buona colazione!”

 

 

“Ho sentito che un avvocato si stabilisce qui, ha comprato lo studio legale che apparteneva ai Lockwood, nell’edificio adiacente al negozio di Vinny… pensi che avrebbe bisogno di te?”

Stringo le labbra, passando una mano fra i capelli di Leighton: “Non so, Caroline, ho una laurea in design ma New York non mi offre alcuna opportunità: presentarmi per chiedere ‘ehi, hai bisogno di una mano con l’arredamento?’ non è l’ideale”

“D’accordo” sospira, “dato che ora sei una tuttofare – e sto ovviamente parlando del babysitting e della tua abilità di cucinare pranzi squisiti- potresti farmi l’ultimo favore della vi- della giornata?”

“Quale sarebbe?”

Sorride: “Semplice, coprire il turno alla tua fantastica amica qui presente”

 

“Torte di fronte, pasticcini sulla destra e pane sulla sinistra… tutto chiaro?”

Una ragazza dai lineamenti dolci e dalla pelle ambrata mi indica i reparti dei quali Care si occupa, sorride calma mentre credo di non aver compreso quasi nulla. “Credo di sì… Bonnie, giusto?”

“Bonnie, abbiamo cenato una sera assieme, quando Care ci ha presentate”

“Bene, allora… okay, torte, pasticcini, altre cose… no?” indico i reparti con una mano.

Assottiglia gli occhi per qualche attimo, “è tutto il contrario” poi scoppia a ridere, il tempo necessario per farmi sentire un’ idiota.

“Senti, se hai bisogno puoi chiamarmi, i numeri di cellulare degli impiegati sono in quella stanza” la indica sorridendo, “ma non credo che avrai problemi”

Sospiro: “D’accordo, grazie Bonnie”

“Chi avrà problemi?”

Ci voltiamo quasi contemporaneamente verso la voce in questione, calda e, ne sono convinta, piuttosto ironica.

“Lei non ne avrà… tu stanne fuori, d’accordo?”

Alza i sopracigli e le mani, per proteggersi da Bonnie, che si sfila il grembiule e lo lascia sotto il bancone.

“Ciao, Elena… Damon

“Lunatica” la saluta lui.

“Ciao Bonnie”

Mi inumidisco le labbra con la punta della lingua e sbuffo appena, tanto per dirigere involontariamente la sua attenzione verso di me. “Desideri qualcosa?”

“Mhm, Caroline dov’è?”

“La sto sostituendo io” esclamo con una punta di acidità dovuta a non so cosa nella mia voce.

“D’accordo… non dirle che sono passato”

 

 

Il bar è distante da Bushwick di qualche isolato ed è una giornata fra donne: io, Caroline, Leighton, Bonnie.

“Lei sa tutto” continua Caroline, quando siamo sedute al tavolo con poltrone rosse in pelle, riferendosi a Bonnie.

“Su Leighton ed il padre” la piccola sta giocando con la bruna in questione, ridono e scherzano come se fossero sorelle. “Forse lo ricordi anche tu… era all’ultimo anno al Whitmore, Nik?”

Indaga con lo sguardo e la voce un po’ troppo vivace, la parlantina più rapida del solito e tamburella le dita sul tavolino.

Scuoto il capo, rispondendole negativamente.

“E’ impossibile! Niklaus, Mikaelson, l’egoista narcisista dell’ultimo anno con cui sono accidentalmente andata a letto”

Stringo le labbra, “la mia vita al college è stata terribile, con il divorzio dei miei, mio fratello che si trasferisce con mio padre a New York… nessuna protesta inutile, nessuna lezione divertente o spring break da non dimenticare”

La Primadonna sorride al cameriere che prende le nostre ordinazioni, Bonnie sorride consolatrice a me e a Caroline e lasciamo la bimba, quindi, divertirsi con il povero ragazzo con il blocchetto in mano.

 

 

“Quand’è il tuo compleanno, Lena?”

“Uhm?”

Sono seduta su uno sgabello stile anni cinquanta del negozio in cui lavorano Care e Bonnie, alzo lo sguardo dagli annunci di lavoro del giornale e lo rivolgo alla mia amica.

“Tra un po’ è il compleanno di Leighton, ho già organizzato ogni cosa… in tema di nascite, quando sei nata?”

“Ventidue giugno” affermo sorridente, “la piccola compirà cinque anni, giusto?”

Annuisce fiera, “sì, ho pensato di rimanere qui, a casa, qualche torta e qualche amico intimo… tu ci sarai?”

“Non potrei perdermi la sua festa neanche se volessi” ricambia il sorriso e continua a parlare, poggiando i gomiti sul bancone.

“Non avrai problemi di socializzazione, Bonnie ed Enzo ci saranno, si aggiungeranno Camille ed Hayley, ma manca una persona all’appello…”

Inarco le sopracciglia. “Damon,” risponde lei alla mia silenziosa domanda “Damon perché è Damon”

Sospira. “Credi che riuscirò a convincerlo se glielo domandasse la piccola?”

Alzo le spalle, “Non ho avuto modo di conoscerlo” poi passo una mano fra i capelli e lei sorride con un pizzico di malizia.

“Perché” inizia sbattendo le lunghe ciglia “ti piacerebbe farlo?”

“No!” esclamo con un tono di voce un po’ troppo alto, “non è il mio tipo… sembra un donnaiolo egoista con un accento del sud”

“E tu sei per le persone incasinate, giusto?”

Sorrido alla sua provocazione, “Parlando di accenti, è questo ciò che ti ha affascinata di Enzo?”

 

 

III

 



Inverno



 

Are we all forgotten?  dei Paper Route fa da sottofondo alla preparazione per questa serata: il locale dove Bonnie e Care lavorano, Taste&Smell, sarà chiuso dalle sette di sera in poi: forse stupido, un po’ strano e basicamente assurdo.

Ma si festeggia il compleanno di Leighton, 28 dicembre, qualche amico, la luce un po’ soffusa ed una torta di compleanno su un tavolino dei tanti, mentre il cartello “chiuso” sarà posto in bella vista sulla porta principale.

E’ freddo, molto freddo, e anche se avessi trovato un appartamento migliore e poco costoso quasi a Manhattan e un lavoro come designer di interni per un’agenzia immobiliare non mi trasferirei: troppo ghiacciato impacchettare la propria vita, troppo emotiva e sentimentale per dirlo a Caroline e alla primadonna a cui mi sono affezionata.

Bonnie controlla se ci siano candeline, io mi dedico ai cupcakes al cioccolato e mente che Leigh adora, Caroline agli invitati e un po’ tutto il resto.

“Damon ci sarà” sorride, batte le mani e Leighton applaude seguendola. Scuoto la testa, sono identiche.

“Ha detto che ha risolto il suo problema, quindi ci vediamo questa sera alle diciannove. E non ho dovuto neanche usufruire degli occhioni di mia figlia”

“Secondo me ha una famiglia alle nostre spalle. Oppure era la ragazza di turno” Bonnie prende un pacco di fiammiferi e lo apre.

“Secondo me dovresti smetterla con queste paranoie… lui è un tipo a posto, disordinato, incasinato… e suo fratello è appena tornato dal Canada!”

Il mio cellulare squilla, rifiuto la chiamata e continuo ad osservare la crema scura dei dolcetti a forma di tazza.

“Elena?”

“Nessuno in particolare” rispondo prima che possa domandare il perché del mio gesto.

Nessuno in particolare meno che mio padre.

 

 

“Ecco, gordi! E’ successo qualcosa? Sei en destiempo!***”

Ho imparato qualcosa di spagnolo grazie a Teréza e al suo considerarmi come la quarta figlia mai avuta: ogni mattina scendo da lei prima di svolgere uno dei miei mille lavori, come una tuttofare, lei mi prepara il solito senza neanche più chiedermelo e quando arrivo in ritardo si preoccupa come non so chi.

“E’ tutto okay, ieri abbiamo fatto tardi per il compleanno della piccola”

“Ah” esclama colpita e un po’ preoccupata. Arriccia il naso spostando una ciocca riccia dietro l’orecchio: ha la pelle olivastra ed i capelli scuri e folti, riccissimi dalla radice alla punta. “E c’era anche quel chico, un po’ freddo y todo?”

“Chi?”

“Damon?”

Annuisco, “c’era anche Damon”

“Ed è carino come sempre?”

“Perché lo chiedi a me?”

“Perché sembri interessata a lui”

 

 

“Quando pensavi di dirmelo?” esordisce Caroline stringendo le labbra in una striscia severa.

“Hai trovato tuo padre ma non vuoi parlargli perché sei troppo orgogliosa, io ho… l’ho saputo, l’ho sempre saputo ma addirittura… lettere, Elena? Ti ha scritto e la posta è strapiena… Perché?”

“Ho avuto paura, Caroline” mi stringo nella felpa scura e incrocio le gambe sul divano. “Ho avuto paura che potesse andar via di nuovo, che potesse avere una nuova donna ed una nuova famiglia”

“Pensi che potrebbe esserne capace?”

Scuoto la testa, “Non lo so”.

 

 

“Ciao Care, Bonnie”

“Ehi” sorrido incrociando le braccia e fermandomi a qualche decina di passi da loro.

“Qualcosa non va?” scuoto la testa sorridendo, tamburellando le dita su un tavolino distante. Accorcio lo spazio che intercorre fra me e loro e sbatto le ciglia. “E’ che… è da un po’ di tempo che volevo dirvelo…”

“Cosa? Che Damon ti interessa è ovvio!” sbuffa la bionda.

“Lasciala parlare” ride appena Bonnie. Passo le dita sulle sopracciglia, delineando il loro percorso e innervosendomi ancora di più.

“Mi trasferisco. Ho trovato un lavoro ottimo a Manhattan, sarei vicina a mio padre e Jeremy e… non so, non sarei riuscita a dirlo alla piccola”

Deglutiscono entrambe ed io un po’ mi dispiaccio, non era mia intenzione ferire nessuno ma Bushwick era temporaneo, erano sistemazioni che non reggevano ed ora che ho trovato una stabilità non vorrei perderla, l’unica cosa reale dopo tre stagioni complicate.

“D’accordo, sarai sempre la benvenuta qui da noi”

“Quando vai via?” Bonnie inclina il capo ed io la osservo: “Presto, a marzo”

“Siamo a fine gennaio…” Caroline fa qualche calcolo e conta i mesi mancanti con le dita, chiude la mano a pugno e dopo qualche attimo ne escono il pollice e l’indice.

“Nemmeno due mesi”

“Lo so, ve l’avrei detto ma come? Non sono in grado di lasciarvi andare, siete stata… la grande famiglia che non ho mai avuto”

Caroline prende un respiro profondo. “Leighton ti pregherà, lo sai, vero?”

Scarico la tensione emettendo una brevissima risata, “Certo”.

 

 

La mia festa d’addio non è stata come immaginavo: non ci sono stati discorsi strappalacrime, torte e tartine, solo una cena come tante e la piccola che è scoppiata a piangere, poi si è addormentata dopo convinzioni dette da me e che ho stentato a credere, dopo rassicurazioni e  con la testa che hanno intenerito un po’ tutti. Enzo e Caroline escono ufficialmente insieme da una settimana, anche se paiono mesi e stagioni e anni interi. Sono poggiata contro lo stipite della porta che da sulla veranda, le braccia incrociate e i capelli spettinati.

“E così… Manhattan” la voce suadente di Damon risuona nelle mie orecchie, facendomi trasalire e sorridere.

“La grande mela”

Non so perché gli altri guardano noi e vedono un noi, non lo so poichè, anche se lui è bello e dannato e con l’aria di uno che sta soffrendo troppo per fartelo capire, non ha fatto breccia nel mio cuore facendomi cadere ai suoi piedi. E viceversa.

E’ solo affascinante con il suo sorriso bianco e perfetto ed i capelli un po’ così, è bello con il suo accento del sud e la sua gentilezza nel prendere il solito da Teréza –che, fra l’altro, è praticamente impazzita saputo il mio trasferimento – consistente in cappuccino e cornetto all’albicocca. Lei ci prende gusto a vedere le nostre colazioni simili, ride un sacco e ironizza come tutti, praticamente.

“Non dimenticarti di noi di Bushwick, allora”

Aggrotto la fronte: “Non potrei mai, qui c’è… una parte di me”

“Qui c’è una parte di te” ripete con voce bassa e lo sguardo puntato in avanti, la notte che incombe su New York e una mattina che sarà calda perché il calore di Malibù sembra essere improvvisamente ritornato.

 

 

IV

 

Primavera

 

 

“Katherine delle Risorse Umane vuole vederti, Elena”

Deglutisco a vuoto perché è un male, male davvero brutto quando senti queste parole: c’è solo una ragione per cui Katherine delle risorse umane vuole vederti, ed è quella più semplice, il licenziamento.

Non so perché da un’agenzia immobiliare sia diventata giornalista in un giornale emergente, discuto del design, dell’arredamento, delle tendenze d’interni e delle stagioni. Caroline e gli altri lo sapevano – “lo sapevamo, era certo!” – me lo dicono durante la cena del venerdì sera nell’appartamento a Bushwick.

“In bocca al lupo” Camille incrocia le dita e sorride amorevolmente, inclinando le labbra all’insù e non promettendo nulla di buono.

 

 

“Quindi sei stata licenziata?”

Enzo e la sua perspicacia: non sarei di giovedì sera da loro, altrimenti, con una bottiglia di birra in mano e gli occhi lucidi per i sogni andati in frantumi.

“Non troverò mai un altro lavoro, sono passata dal nulla al tuttofare, alla designer, giornalista e credo che suicidarmi sia l’unica opzione plausibile”

“Oh, non dire così – potresti sempre sposare Damon e vivere di rendita per i seguenti sessant’anni”

Ormai Caroline (e Bonnie e Teréza e Leighton ed Enzo) ci rimpinzano di battute del genere ogni giorno, motivo per cui non ci facciamo neanche più caso e ci ridiamo su come una coppia di ex.

“Lavoro solo in un’agenzia pubblicitaria: non funzionerebbe mai, non riuscirei ad arrivare a fine mese per le troppe spese di shopping o di cornetti al cioccolato”

Spalanco la bocca, sorpresa: “Vorrai dire di quelli all’albicocca

In tutto questo, Leighton ride a crepapelle.

 

 

Da:Damon

A: Elena

Ristorante dei quartieri alti adatto per Enzo&Bionda?

 

Da: Elena

A: Damon

Little owl, Bedford Street, 90

PS. Porquè?

 

Da: Damon

A: Elena

Vuole solo fare il romantico senza darti fastidio xx

 

Da: Elena

A: Damon

D’accordo xx

 

 

“Ci siamo lasciati”

“Cosa?”

“Cosa?”

“Mamma?”

Caroline sospira: “Leigthon, perché non vai da zio Damon? E’ seduto lì che mangia la cheesecake”

“Non sono piccola per capire” ribatte lei incrociando le braccia e sbuffando rumorosamente.

Io e Bonnie sbattiamo le ciglia, completamente scandalizzate.

Come è successo?” “Cosa è successo?” esordiamo assieme mentre la piccola raggiunge Damon che la prende in braccio e lui, allora, inizia a giocarci.

“E’ stata l’altra sera, ad un ristorante a Manhattan… mi ha chiesto di sposarlo”

“Cosa?”

“Cosa?”

“Lo so! E’ stato sbagliato e terribilmente impulsivo, l’ha fatto con nonchalance ed ha detto che non ne poteva più, potevamo origliare le conversazioni fra Damon ed Elena assieme come sempre ma con l’unica differenza di avere un anello al dito… non sarebbe cambiato nulla e Leighton lo adora comunque…”

“Non potevate parlarne? Decidere che siete troppo giovani per un matrimonio?”

“Ho solo venticinque anni, Bonnie… io…”

Poi scoppia a piangere e c’è solo la cioccolata a tirarle su il morale… assieme a noi.

 

 

“Il tuo amico ha fatto una gigantesca cazzata”

“La tua amica è impazzita”

Damon mi passa la birra fredda che condividiamo seduti per terra, allo stipite della porta che da sulla veranda proprio come l’inverno passato.

“Pensi che troveranno una soluzione?”

Ride a quelle mie parole ed un impercettibile soffio d’aria fuoriesce dalle sue labbra umide.

E’ sempre sera, quasi notte, il profilo illuminato solo dalle luci di Bushwick e dalla luna oggi piena.

Decido di trascorrere la serata nel mio vecchio appartamento per stare vicino a Caroline, giù di morale, e Leighton, troppo su di morale per tanta tristezza.

“Perché la gente commette così tanti errori, Damon?”

Alza i sopraccigli, “Dipende dall’errore, raggio di sole”

“Perché” inizio divertita, “se l’errore appare giusto anche se terribilmente sbagliato, tu continueresti a commetterlo?”

Mi guarda con i suoi occhi caldi, il cielo di Malibù dentro: “Anche tutta la notte”

  
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