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Autore: MadCheshireCat    21/04/2014    1 recensioni
'Ogni tanto serve staccare dalla vita quotidiana e scappare dal grigiore della città può essere un vero toccasana, anche se alla fine si arriva a guardarsi in cagnesco per le più piccole sciocchezze, mandando a quel paese ogni desiderio di calma e pace.' AU in cui Milo decide che partire per una breve vacanza sulle rive di un lago insieme a Camus é un'idea stupenda. Purtroppo non ha tenuto conto del fatto che convivere non é sempre semplice...
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti e Buona Pasqua in ritardo! Avrei voluto postarla un po' prima, ma ero via e la wi-fi era solo un sogno lontano. Beh, a quanto pare la sottoscritta é tornata di nuovo sui toni comici che oramai la contraddistinguono (?).
Questa é la one-shot più lunga tra quelle qui pubblicate e i protagonisti sono per la...Ehm...Quante...Ah, sì, per la quarta volta Milo e Camus! Che volete farci, io ci provo ad essere varia, ma questi due si infiltrano nella mia testa più spesso di quanto non vorrei permettere. Così é la vita! 

Stavolta sono (abbastanza) certa di non essermi fatta sfuggire nessun typo, ma in caso ne vedeste, lanciatemi una trota in faccia ed indicatemi l'errore. Enjoy! ouo/

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Inspirò l’aria a pieni polmoni, lasciando che lo inebriasse per qualche secondo. Poi lo fece una seconda volta e una terza. Voleva ubriacarsi di quella freschezza che quasi aveva dimenticato e che col passare del tempo era diventata solo uno sbiadito ricordo nell’angolo più polveroso della sua memoria: come aveva potuto passare tutti quegli anni lontano da uno spettacolo simile? La frizzante brezza mattutina faceva muovere persino la sua maglietta, provocandogli dei piccoli brividi lungo la schiena mentre i capelli gli svolazzavano dietro in una scomposta massa bionda- Forse se li sarebbe dovuti pettinare quella mattina, invece che alzarsi e catapultarsi di fuori sulla veranda legnosa che dava sulla riva del lago, ma non aveva saputo resistere al richiamo della bellezza solitaria di quello specchio d’acqua sperduto in mezzo alle montagne. Desiderava ardentemente vederlo, tanto che la notte prima temeva di non riuscire a chiudere occhio tanto era eccitato all'idea di poter vedere finalmente quel luogo che oramai dimorava solo nei suoi ricordi d’infanzia.
 
Eppure eccolo là, proprio come se lo ricordava. L’acqua scura che veniva pigramente smossa dall'alito di vento che faceva muovere anche i rami degli alberi più alti, mentre con un sibilo passava attraverso le foglie, svegliando tutti gli uccelli che quella notte avevano sonnecchiato felici nei loro nidi, solo per attendere l’alba in modo da potersi buttare a capofitto nella nuova giornata. Sorrise rendendosi conto che aveva fatto così anche lui- La notte era stata solo un vago intramezzo tra l’arrivo in quella piccola casa incastrata tra gli alti fusti delle conifere e il risveglio per potersi godere un vero spettacolo naturale. La vita in città gli appariva ora così lontana, così sfocata e fastidiosa nel suo essere piena di rumori assordanti, odori molesti e colori smorti creava un’atmosfera asfissiante senza che però i cittadini se ne accorgessero, dato che alla fine ci si abitua a qualunque cosa.
 
Con un sospiro, Milo si chiese se sarebbe riuscito a ritornare alla normalità dopo questa piccola vacanza fuori programma: perché non poteva essere questa invece la sua ‘normalità’? Svegliarsi alle sette solo per vedere il sole sorgere timidamente da dietro gli alti picchi delle montagne, chiudere gli occhi solo per potersi concentrare sul giocoso cinguettio degli uccelli invece che mettersi le cuffie nelle orecchie per ignorare il mondo esterno, buttare via tutti i vestiti per poi tuffarsi nelle acque fredde, ma accoglienti del lago, nuotare fino a che le gambe non iniziavano a dare i primi segni di cedimento. Una routine diversa ogni giorno. Quello sì che suonava come un bellissimo sogno e almeno per qualche giorno poteva vivere nella fantasia, facendo finta che la grigia città fosse solo un incubo notturno che si divertiva ad infastidirlo solo per invidia della sua vita idilliaca nella natura.
 
Forse stava iniziando a pensare in maniera un po’ troppo poetica- Colpa di un certo qualcuno che gli aveva messo in valigia due o tre libri di poeti semi-sconosciuti che lui, per noia, si era messo a leggere in treno. Solo in quel momento si rese conto di essere stato fermo immobile per tutto il tempo, come immerso in un mondo tutto suo- Sarebbe potuto cadere un meteorite e lui, probabilmente, se ne sarebbe accorto solo quando l’onda d’urto lo avrebbe lanciato come un sacco di patate contro le canoe che stavano ordinatamente impilate dietro di lui. Accidente alla sua mente ed ai suoi voli pindarici, non ci si poteva fidare. A giudicare dalla pelle d’oca visibile sulle sue braccia, era stato fuori anche abbastanza, senza contare che era in boxer e maglietta a maniche corte, un vero spettacolo mattutino: nella sua mente partì un filmato, come un documentario, in cui una voce fuori campo narra con la sua voce seria e pacata ‘…ed ecco un Milo selvatico allo stato brado mentre compie il suo rituale mattutino di congelamento parziale degli arti. La ragione dietro tale comportamento è sconosciuta, ma gli scienziati credono sia provocato dalla mancanza quasi totale di attività celebrale nelle prime ore della mattina…’.
 
Non poté fare a meno di sghignazzare tra sé e sé, dicendosi che lui sarebbe stato comunque un ottimo soggetto da studiare, forse non tutte le mattine, ma a volte l’alba era il momento della giornata in cui dava il meglio di sé. L’alba e le serate brave insieme agli amici, ma quelle erano tutta un’altra storia…Una che forse non era il caso di raccontare o di ricordare in quel momento, avrebbe rovinato completamente lo stato quo appena raggiunto dalla sua testa.
 
Un leggero cigolio attirò la sua attenzione, facendolo finalmente schiodare dal posto in cui si era piazzato oramai una buona dozzina di minuti prima per potersi guardare alle spalle, catturando con la coda dell’occhio una macchia rossa che poteva significare solo una cosa. “Ben sveglio, eh. Non ti facevo tanto ghiro signor ‘Svegliarsi-alle-sei-non-è-poi-così-male’.” La sua voce era più roca di quanto pensasse, probabilmente non sarebbe dovuto stare fuori così a lungo e mezzo svestito- Ancora una volta, la voce da documentario dentro la sua testa commentò dicendo qualcosa riguardo ‘mancanza di collegamenti neuronali, altresì detti sinapsi’, ma Milo fece in modo di scacciare in fretta quel pensiero. “Svegliarsi è una cosa, alzarsi dal letto è un’altra. E tu poi? Che ci fai lì senza pantaloni e senza felpa? Forza signor ‘Non-mi-ammalo-mai’, è meglio che rientri, altrimenti dovrai trovarti un altro soprannome- Qualcosa tipo signor ‘Era meglio uscire coperto’ o ‘Mannaggia a me’-“ Subito dopo aver completato il suo primo sermone della giornata, Camus chiuse il tutto con uno sbadiglio prima di girare e tornare dentro la casetta, borbottando qualcosa riguardo la colazione non ancora pronta.
 
Rabbrividendo, il biondi si decise a muovere le gambe in modo da tornare al tepore domestico, premurandosi di chiudere la porta dietro di sé per non far entrare nessuna corrente più o meno gelida proveniente dalle montagne. “Vedo che ti sei messo il pigiama che ti ho regalato a Natale! Avevi detto che era troppo imbarazzante…” Ed effettivamente quella specie di completo rosso con una bella scritta in bianco sul petto che recitava ‘Come and dream with me’ con tanto di orsacchiotto accanto era una delle cose più strane che Milo avesse mai regalato al fidanzato, ma lui ne andava assolutamente fiero, dicendo di avere fatto la scelta migliore- Pensiero che Camus non condivideva affatto. Anzi. Fosse stato per lui avrebbe chiuso suddetto pigiama in una scatola che avrebbe poi riposto in un meandro oscuro del suo armadio. “Non farti strane idee. La notizia del viaggio è arrivata inaspettata e ho dovuto fare la valigia di fretta, ok?” Per nessun’altro motivo al mondo si sarebbe messo una cosa simile addosso. Anche se doveva ammettere che la stoffa era piuttosto morbida al tocco e teneva anche caldo di notte…Ma quell’abominio di orso proprio rovinava tutto.
 
“Uff, speravo avessi cambiato idea! Io però me la sono messa quell’orrido maglione natalizio che mi ha comprato due anni fa…” Il greco si mise a borbottare, tentando di mettersi le mani in tasca, solo per ricordarsi che era ancora in boxer e che quindi mancavano completamente qualunque tipo di tasche. Forse poteva brevettare delle mutande dotate di scompartimenti a mo’ di tasca…No, idea bislacca causata dal freddo e dalla mancanza di latte al cioccolato nello stomaco. “Te lo sei messo solo perché hai perso una scommessa con Aiolia. Ergo, sei stato costretto, quindi non conta.” Il rumore del latte che schiumava pose fine anche a quella di discussione, lasciando Milo in balia del proprio broncio e della pressante idea di non avere alcun posto in cui mettere le proprie mani- Era snervante! Doveva assolutamente vestirsi.
 
Prima di iniziare il round mattutino della variante più famosa di nascondino (altresì chiamata ‘Dove cavolo ho messo i miei vestiti ieri notte?’), il biondo decise che era il caso di apparecchiare, altrimenti Camus si sarebbe (giustamente) lamentato della sua mancanza di collaborazione durante il rituale sacro della prima colazione…Peccato che non avesse idea di dove fossero le posate, quindi dovette aprire almeno cinque o sei cassetti prima di trovare ciò che gli serviva e nel frattempo il celere francese aveva già finito di mettere giù tazzine, biscotti, cacao in polvere e pure le brioche. Ma come cavolo faceva? Avvilito di essere stato così ampiamente battuto sul tempo, si offrì di lavare il tutto dopo aver mangiato, proposta che fu felicemente accolta da Camus, il quale asserì con una certa soddisfazione che ‘era ora che ti rendessi utile’. Dannato.
 
Sotterrando l’ascia di guerra, Milo decise che si sarebbe goduto il lauto banchetto, ma non appena allungò la mano per potersi accaparrare l’ultimo croissant alla marmellata di albicocche, la sua mano strinse qualcosa di molto più caldo e molto più liscio di una brioches. “Camus. Giù le zampe dal MIO cibo.” Con un sibilo simile a quello di un gatto arrabbiato, il greco stava fissando con aria di sfida il suo fidanzato, che dal suo canto nemmeno si era smosso. “Strano Milo, non ho letto il tuo nome su questo croissant.” Senza scomporsi, il francese fissò di rimando il suo ragazzo, congelandolo sul posto con uno sguardo che non ammetteva repliche: quella morbida pasta sfoglia non sarebbe stata di nessun altro se non sua.
 
Rimasero così per qualche minuto, in un silenzioso scambio di occhiatacce e di leggeri movimenti delle mani, come se entrambi tentassero di trascinare dalla loro parte quella moderna Mela della Discordia. “Ci terrei a ricordarti una cosa.” La voce del giovane rosso di capelli interruppe il teso silenzio che aveva accompagnato la loro piccola faida, provocando un leggero sobbalzo da parte del biondo che si era concentrato tanto da essersi dimenticato che effettivamente potevano parlare. “Io ho le chiavi di casa. Posso decidere di chiuderti fuori.” Milo sentì chiaramente la sua mascella crollare almeno un metro più in basso, solo per riprendersi e ghignare furbescamente al suo fidanzato. “Andiamo, non lo faresti. Chiuderesti fuori me per una brioches?” “Se è l’ultima con la marmellata di albicocche, sì.”
 
Colpo basso, sotto la cintola. Con un guaito simile a quello di un cane bastonato, il greco si costrinse a mollare la presa, mentre un pel di carota piuttosto giulivo si gustava il suo tanto atteso premio. Mestamente, una mano si allungo per prendere ciò che rimaneva: una simil-finta merendina alla marmellata di prugne. ‘Ma chi è il folle che si mette a creare orrori simili…?’ Fu tutto ciò che riuscì a pensare il biondo mentre masticava lentamente la pasta molliccia, chiedendosi perché per una volta non potesse vincere lui. Sconfitto e pure bastonato, Milo dovette pure sparecchiare e lavare tutto, solo per crollare sfinito accanto al suo fidanzato che già leggeva sul divano da una buona mezzoretta, ancora con un sorrisetto compiaciuto sul viso.
 
“…Davvero mi chiuderesti fuori per una brioches?” La sua voce uscì talmente piccola e sottomessa che per poco Milo non si prese a schiaffi da solo: in parte era imbarazzante, ma era anche necessario per far sentire Camus un vero schifo. Osservò di sottecchi la reazione del francese, che fu limitata ad un semplice alzare lo sguardo dal libro con conseguente commento “Lo so che fai apposta a fare il cucciolo preso a calci.” Come se si fosse miracolosamente ripreso da ogni male, il greco sbuffò sonoramente incrociando braccia e gambe come se volesse improvvisamente diventare un preztel umano, borbottando a bassa voce almeno per cinque minuti prima di riuscire a dire qualcosa ad alta voce. “Dico io, ma cosa deve fare qualcuno per poter vincere con te? Sei come una stramaledetta città dalle mura inespugnabili! Non appena penso di essere raggiunto in cima alla muraglia, arriva qualcuno che mi becca e mi rispinge di sotto!”
 
“Interessante similitudine, Milo.” Dalla voce del giovane traspariva una certa nota di divertimento che fu subito colta dal biondo: per non farsi scappare l’opportunità di strappare qualcosa di più di un mezzo sorriso, allungò il braccio in modo da poterlo mettere intorno alle spalle dell’altro ragazzo, tirandoselo contro quanto bastava per far sì che i loro corpi si toccassero. “Non vuoi proprio darmi nemmeno un consiglio piccolo piccolo per poterti far finalmente capitolare?” Fece apposta a parlare giusto accanto all’orecchio del fidanzato, sperando di poter sortire un qualche tipo di effetto sull’altrimenti gelido francese che, per tutta risposta, girò pagina. “Aspetta e spera, forse ti verrà un’idea brillante per potermi finalmente sconfiggere.”
 
Tuttavia, quella risposta apparentemente distaccata non riuscì a levare il sorriso dal viso leggermente abbronzato del giovane greco, che con molta nonchalance si mise a giocherellare con una ciocca di capelli rossi, quasi fosse un gatto col gomitolo. “Sarà, ma io sono riuscito a conquistarti…” Lo disse con voce volutamente serena, quasi non fosse veramente interessato a ciò che stava effettivamente dicendo, ma notò con la coda dell’occhio che Camus non stava più guardando le pagine del libro. “…E se vogliamo essere molto, ma molto pignoli, io sono anche riuscito ad espugnarti…” Eccola lì la reazione che stava aspettando. Ci mise un attimo ad arrivare, ma prima che potesse accorgersene, il viso del francese aveva assunto una piacevole tinta rossastra che quasi faceva a gara col colore dei suoi capelli: tale cambiamento di colore fu seguito da una piccola gomitata e da un’occhiata a metà tra l’imbarazzato e l’offeso.
 
“Oooh, ma caro, che stai pensando? Io stavo parlando solo a livello mentale. Sai, quella sera che ti ho battuto a Scarabeo…” Il ghigno che era stampato sulla faccia di Milo la diceva lunga sulla veridicità di quell’ultima frase, ma nonostante ciò il giovane che ancora era color pomodoro maturo non poté fare a meno di raggomitolarsi su sé stesso, tentando di rifuggire quella così lampante ed evidente sconfitta che veniva resa ancora più bruciante da quell’espressione soddisfatta dipinta sul volto del biondo. Dannato.
 
Allungandosi verso il viso mezzo nascosto del suo fidanzato, il soddisfatto greco piantò un bacio prolungato sulla guancia bollente e rossa prima di mettersi comodo accanto a lui come se nulla fosse accaduto, sorridendogli sornione. “Allora, che si fa oggi? Io pensavo di farmi una bella nuotata nel lago, dici che posso? Non fa troppo freddo, no?” Per una volta, fu Camus a sospirare, chiudendo il libro che ancora teneva sulle gambe prima di girarsi per poter finalmente guardare Milo negli occhi: avrebbe meditato vendetta contro di lui un’altra volta. Per il momento, decise che pianificare la giornata sarebbe stata la priorità assoluta, in modo da potersi godere quei pochi giorni in paradiso che gli erano stati concessi.
  
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