Libri > Le Cronache di Narnia
Ricorda la storia  |       
Autore: _joy    22/04/2014    11 recensioni
[Seguito de "Il principe e la strega - tra ciò che è giusto e ciò che vuoi"]
Hermione e Caspian si sono separati, pur con il cuore spezzato: lei è tornata sulla Terra per combattere la guerra contro Voldemort e lui è rimasto a Narnia, ad aspettarla.
Non hanno certezze, se non che vogliono stare insieme.
Ma una nuova minaccia incombe su di loro e su Narnia: chi è il nuovo nemico?
E cosa succederà a Hermione e Caspian?
"...Sì. Sì sono tornata e sì, resterò con te… e stavolta non ci sarà nessuno, nessuno, che potrà portarmi via!"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aslan, Caspian
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache della Grande Magia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Hermione si appoggiò contro lo stipite della porta, esausta.

 
Le sembrava di non dormire da secoli.
La paura, la stanchezza, il dolore le crollarono addosso come un’onda.
Voleva solo dormire…
Eppure, non riusciva a spostarsi di lì, a distogliere gli occhi da quel corpo che era stato composto sommariamente sul pavimento.
 
Gli occhi stanchi di Hermione continuavano a fissare il cadavere di Bellatrix Lestrange.
 
La strega malvagia per eccellenza, la luogotenente del Signore Oscuro, non faceva più paura nella morte.
Sembrava addirittura più piccola e insignificante.
Quasi ridicola, con quei capelli crespi e sconvolti - con le striature di bianco che erano memoria degli anni di prigionia ad Azkaban - e le vesti in disordine.
 
Accanto al suo corpo ce n’era un altro.
 
Pallido e immobile nella morte, il corpo di Voldemort faceva invece ancora paura, come se da un momento all’altro potesse spalancare gli occhi da serpente e alzarsi di scatto dal pavimento.
Buffo.
Forse perché, anche da vivo, sembrava un cadavere che camminava?
 
Hermione si riscosse quando sentì una mano posarsi lievemente sul suo braccio.
Si voltò.
«Neville» mormorò.
«Ehi, Hermione… vieni via da qui. Mangiamo qualcosa»
Anche Neville era segnato dalla battaglia.
Aveva vari tagli e graffi sul viso e sulle braccia, zoppicava vistosamente e aveva gli abiti strappati.
 
Aveva combattuto come un leone.
 
Hermione gli sorrise, colma d’orgoglio e d’affetto.
«Neville, sei stato fantastico! Questo anno a Hogwarts…»
Lui scosse il capo, timido e modesto come sempre.
«Io sono stato fantastico? E voi allora? Il trio che ha sconfitto Voldemort?»
Hermione sorrise.
«Harry ha sconfitto Voldemort, Neville»
«E tu e Ron assieme a lui, Hermione»
 
Insieme, si allontanarono da quell’aula lugubre e triste e camminarono per i corridoi della scuola, diretti verso la Sala Grande, come avevano fatto per anni, da studenti.
Ma quel giorno, anziché essere circondati da studenti chiacchieroni e professori indaffarati, attorno a loro c’erano morte, dolore e lacrime.
 
E speranza.
 
E un nuovo inizio, per tutti loro.
Hermione lo sapeva.
Ma sapeva anche che ci sarebbe voluto tempo perché il dolore si calmasse, perché il tempo lenisse le ferite di tutti coloro che, adesso, piangevano i propri cari scomparsi in quella guerra.
Affacciandosi sulla soglia della Sala Grande, Hermione vide i signori Wesley seduti vicini: Arthur teneva tra le sue una mano di Molly, entrambi fissavano – senza vederlo – il piano di legno del tavolo.
Hermione era certa che stessero pensando a Fred, scomparso quella notte.
Cercò con lo sguardo George Wesley.
Eccolo, era seduto con Percy e Lee Jordan, suo migliore amico ai tempi della scuola.
Suo e di Fred.
Entrambi gli parlavano, ma George era pallido come il fantasma di Nick-Quasi-Senza-Testa.
 
 
Ma c’era anche speranza, in quella sala.
Da soli, in un angolo, c’erano Harry Potter e Ginny Weasley, che cercavano di parlare.
Cercavano, perché ogni due minuti qualcuno correva a ringraziare ed abbracciare Harry.
Lui si schermiva, ricambiava l’abbraccio, parlava un po’.
Poi tornava a sedersi e i suoi occhi, posandosi su Ginny, si illuminavano.
Ma poi piombava lì qualcun altro, a disturbarli.
Hermione ridacchiò e Neville la guardò, perplesso.
Lei gli indicò con un cenno del capo la coppia che cercava di passare inosservata.
Anche Neville rise, quindi fece un cenno di saluto a una vecchia signora che lo indicava da un tavolo particolarmente chiassoso e nutrito.
«La nonna» sorrise Neville «Sai, ultimamente è davvero orgogliosa di me!»
«Non vedo come potrebbe non esserlo» sorrise Hermione «Vai pure da lei, io arrivo tra poco»
Neville annuì e salutò; mentre si avvicinava alla nonna quattro o cinque suoi ammiratori lo seguirono.
 
Hermione lo osservava sorridendo.
Caro Neville.
Ricordò quando, al loro primo anno, Silente lo aveva premiato con dieci punti per essersi opposto a Harry con coraggio, la notte in cui i tre amici avevano impedito a Voldemort di rubare la Pietra Filosofale. Neville non conosceva il loro piano, ma quei dieci punti avevano permesso al Grifondoro di vincere la Coppa delle Case.
Silente aveva capito il coraggio che albergava nel cuore di Neville, assieme alla sua bontà.
Silente era lì con loro, quel giorno.
 
Mosse un paio di passi e si imbatté in una pallida e ferita Lavanda Brown, che sedeva a un tavolo da sola, fissando speranzosa la schiena di Ron Weasley, poco lontano da lei.
Hermione scosse il capo e marciò verso Ron.
Gli amici che erano con lui si strinsero anche attorno a lei, facendole domande, abbracciandola.
Hermione sorrise e parlò per un po’, quindi fece un cenno garbato con il capo a Ron.
«Lavanda aspetta di parlarti, perché non vai un po’ da lei?»
Lui arrossì.
«Non…non so» balbettò, facendola ridere.
«Insomma, Ronald! Hai appena affrontato i Mangiamorte… Non avrai paura di Lavanda, vero?»
Hermione gli diede una spintarella scherzosa, poi salutò la compagna di scuola con la mano.
Prima di andare, Ron voltò il capo e per un attimo la fissò speranzoso.
«Hermione, ma tu non vieni?»
Lei sorrise e scosse il capo.
«Tra poco. Devo fare una cosa prima»
Si voltò prima che lui potesse farle altre domande.
 
Sì, c’era un pensiero fisso nella sua mente da quando si erano materializzati a Hogsmeade, sul far della sera del giorno prima.
Un pensiero che si ribellava all’urgenza della situazione.
Che non era per Voldemort, per gli Horcrux o per la sopravvivenza.
Un pensiero inopportuno, che la distraeva, che era folle da avere in quei momenti di paura e di battaglia… ma che era rimasto, vivido come non mai.
Cos’era che la tratteneva, allora?
Ora che, contro ogni pronostico, avevano vinto, avevano distrutto gli Horcrux e avevano sconfitto Voldemort, liberando il mondo magico dal suo giogo malvagio…
Perché esitava?
Era questo il momento che aveva atteso per tutto quell’anno.
La vittoria.
Perché vincere significava poter andare avanti.
Coraggio, Hermione.
 
Ma lei sapeva cosa la tratteneva.
Aveva paura.
Lei, che aveva affrontato i maghi oscuri più potenti… aveva davvero paura, ora.
Ma, tanto, non si sarebbe mai liberata da quel pensiero, lo sapeva.
Prese fiato e si voltò, marciando spedita verso le porte della Sala Grande.
Rispose ai sorrisi che riceveva ma non si fermò a parlare con nessuno.
Uscì dalla Sala e aumentò il passo, mentre incrociava i gruppi incaricati di recuperare i cadaveri nel parco.
Serrò le palpebre.
 
Non ora. Non ci pensare. Non puoi più fare nulla per loro.
 
Aumentò ancora il passo, salì le scale quasi correndo.
Corridoi, scale, passaggi segreti. Ancora scale.
Ed eccolo.
 
Il corridoio buio dove aveva avuto inizio la più folle e magica delle sue avventure a Hogwarts.
 
Sembrava essere stato miracolosamente preservato dalla battaglia: lì non c’erano echi dei disastri e delle morti che avevano devastato Hogwarts, quella notte.
«Lumos»
Hermione alzò la bacchetta sopra la sua testa ed avanzò, piano.
I suoi passi riecheggiavano nel silenzio.
 
E lo vide.
 
Il quadro che popolava i suoi sogni, ogni notte.
Si avvicinò alla tela.
 
Era cambiato ancora, dall’ultima volta che lo aveva visto… quel giorno, quando credeva che la sua vita fosse finita.
Eppure era ancora immobile.
Ma stavolta il sovrano che vi era ritratto cavalcava uno stallone dal manto scuro, veloce e imponente.
«Destriero» mormorò Hermione, suggendo con lo sguardo la bellezza e la fierezza del cavaliere.
Restò così, immobile, per lunghi minuti, quindi voltò le spalle al dipinto e avanzò verso una porta socchiusa più avanti, lungo il corridoio.
Chiuse gli occhi, prese fiato e spinse la porta.
Dentro, la attendeva una delusione enorme.
 
La stanza era vuota.
 
*
 
Hermione correva a perdifiato verso la torre dove era l’ufficio del Preside.
 
Era affannata e sudata ma, testardamente, ordinava alle sue gambe stanche di reggere ancora.
Un altro passo ancora.
Il gargoyle che proteggeva l’entrata era stato mutilato da qualche incantesimo e l’uscio era semiaperto.
«Posso?» chiese Hermione, titubante.
Quello si limitò a gemere, senza dare segno d’averla udita.
«Reparo!» ordinò lei, muovendo la bacchetta, e la pietra danneggiata si solidificò per magia.
Il gargoyle battè le palpebre.
«Grazie…grazie!»
Lei sorrise e accennò con la testa alle scale parzialmente celate dalla statua.
«Posso salire?» chiese di nuovo «So che dovrebbe dirmi di no, ma…»
«Mia cara figliola!» la statua sembrava davvero divertita «In una notte come questa le regole della Scuola sembrano avere poco senso, ti pare?»
Si scostò completamente, liberandole il passaggio.
Hermione ringraziò e mise i piedi sul primo gradino: la scala si mosse, trasportandola in alto, verso l’ingresso allo Studio del Preside di Hogwarts.
 
Quella carica era di nuovo vacante: Severus Piton - l’eroico Severus Piton, a quanto aveva scoperto Harry da pochissimo – era morto, ucciso da Voldemort poche ore prima.
Harry aveva raccontato a lei e Ron dei ricordi del loro ex insegnante di Pozioni, visti nel Pensatoio proprio in quella stanza.
Il Pensatoio, in effetti, era ancora sulla scrivania, in bella vista.
Hermione mosse un paio di passi esitanti nella stanza, guardandosi attorno.
L’impronta di Piton, di solito lugubre e tetra, non si vedeva da nessuna parte: la stanza era piena di cose, di libri, di strani strumenti.
Era calda ed accogliente, come lo era stata quando c’era ancora Silente.
Le cornici dei dipinti dei vecchi Presidi di Hogwarts erano vuote: tutti dovevano essersi spostati in altre cornici del Castello, per seguire la battaglia.
 
Al momento, solo una cornice aveva un occupante.
 
Accanto alla cornice con il nome di Silente ne era apparsa una nuova, argentata, con degli smeraldi incastonati negli angoli.
Dentro, Severus Piton dormiva con gli occhi chiusi.
Hermione lo fissò in silenzio, per un paio di minuti.
Ripensò a quanto le aveva raccontato Harry e sentì il cuore stringersi in una morsa dolorosa.
Anche Piton aveva conosciuto l’infelicità a causa dell’amore.
Ma i Presidi di Hogwarts lo avevano accettato tra loro, era chiaro.
La cornice lo testimoniava.
Ed era giusto che fosse così: Piton era un uomo di Silente, era stato dalla loro parte.
Aveva combattuto contro Voldemort.
E Hogwarts non avrebbe mai abbracciato la causa di Voldemort, che pure era stato uno degli studenti più brillanti che si erano aggirati fra le sue mura, nei secoli.
Ma nessuno, neppure il viscido Phineas Nigellus, avrebbe appoggiato la sua causa.
Neppure i Serpeverde.
Piton, certo, non lo aveva fatto.
 
«Ciao, cara!»
Una voce gentile riscosse Hermione dai suoi pensieri.
Guardò alla sua sinistra e vide una donna sorriderle benevola dalla sua cornice: Dilys Derwent, ex Guaritrice dell’Ospedale San Mungo ed ex Preside di Hogwarts.
Hermione rispose al sorriso.
«Buongiorno. Mi scusi se sono entrata senza permesso…»
La risata squillante della donna la interruppe.
«Mia cara, ma non devi scusarti! A te e ai tuoi amici va il nostro più grande ringraziamento, altroché!»
Hermione arrossì ma sorrise.
«Posso aiutarti?» chiese l’altra, premurosa.
La ragazza annuì.
«Volevo… speravo di vedere il Professor Silente, se possibile»
Dilys aggrottò la fronte, pensierosa.
«Mi sembra di averlo visto nella tela della Signora Grassa, l’ultima volta… La battaglia si è spinta fino alla Torre di Grifondoro e cercavamo tutti di correre di qua e di là per capire come stava andando… Aspetta, vado a vedere se lo trovo!»
«Oh no, la prego, non si disturbi!»
Ma Dilys era già sparita.
Hermione mosse un paio di passi per la stanza, osservando le meraviglie che vi erano custodite.
In qualsiasi altro momento ne sarebbe stata incantata, ma, di fronte agli orrori di quella notte, anche la sete di conoscenza di Hermione Granger risultava abbastanza sopita.
 
«Hermione!»
Nel sentire quella voce nota, calda e affettuosa, il cuore di Hermione fece un salto di gioia.
Si voltò verso le cornici con un sorriso luminoso.
«Professor Silente!»
«Mia cara, sono fiero di te… e anche a corto di parole adatte per ringraziarti»
Il sorriso del Preside era un ringraziamento sufficiente per lei.
«Oh, il merito è di Harry!»
Lui scosse il capo.
«Mia cara, ti sottovaluti… Ho sempre sperato – ho sempre saputo – che avresti avuto un ruolo fondamentale nel trattenere Harry dall’andare a cercare i Doni della Morte!»
«Oh, quanto a quello…» Hermione scosse il capo «Non è stato facilissimo, ma non è proprio merito mio. È stato dopo la morte di Dobby che Harry si è davvero concentrato sugli Horcrux»
«Hermione, se non fosse stato per te, Harry avrebbe potuto perdersi nella ricerca dei Doni… è una spirale di ossessione e folle desiderio in cui si sono persi in tanti. Ma sapevo che tu lo avresti mantenuto sulla via giusta… Ed è per questo che ho fatto pressione su di te perché non rimanessi a Narnia, con Caspian»
Hermione sussultò a quelle parole, dette con tanta tranquillità.
Silente sembrava rammaricato.
«Sono stato egoista… Mi sembra di citare Grindewald, quasi… “Per il bene superiore”. Ed è quanto mai ironico… Ma tu hai visto, Hermione, cosa avete dovuto passare per arrivare ad oggi…come potevo fare a meno di te? Eri un elemento chiave per il successo di Harry… Ma hai pagato con la tua felicità. Ed è colpa mia, perché non ti ho neppure spiegato come stavano le cose»
 
Silente si stava scusando con lei.
Hermione batté le palpebre, incredula.
«Professore, io… Io sapevo che non avrei potuto abbandonare Harry e Ron…»
«Ma malgrado questo, cara…» la interruppe lui «Avrei potuto esortarti a vivere il tuo amore, la tua vita! A restare a Narnia, dove eri al sicuro, dove eri felice… E invece ho fatto leva sul senso di colpa e ti ho riportata a casa. Hermione, per vincere questa guerra ho fatto cose di cui non vado fiero… e l’influenza che ho esercitato su di te è una di queste»
«Professore, io…io… L’ho deciso io, non lei…»
«Sì, certo, non volevo sminuire la tua volontà… Ma se ti avessi detto di restare a Narnia, se te lo avessi consigliato… tu cosa avresti fatto?»
«Avrei avuto comunque paura per i miei amici, per la mia famiglia» lei sostenne il suo sguardo con calma «Non dico che in questi mesi io non abbia pensato a Narnia ogni singolo giorno, ma… vivendo quello che vissuto, sapendo cosa è successo qui… No, è qui che era giusto che fossi. A fare la mia parte, per quanto piccola»
Dilys tirò su con il naso, cercando di non farsi sentire, ma Silente sorrise: un sorriso raggiante.
«Sono fiero di te, Hermione. E non sono mai stato più sincero. Ma… so che lui ti manca»
Lei annuì, con un groppo in gola.
«Professore, sono venuta… Sono venuta a cercarla perché sono salita nella stanza dove avevo trovato l’Armadio… e non c’era più!»
Hermione parlò veloce, come vergognandosi, ma Silente annuì.
«L’ho immaginato. Purtroppo, davvero l’Armadio non si trova più lì, cara. Severus lo ha spostato per precauzione, quando i Mangiamorte sono entrati nel corpo docenti di Hogwarts. Non volevamo rischiare che qualcuno di loro scoprisse Narnia!»
Lo disse con tono cupo, disgustato.
«E…» azzardò lei.
«Lo ha portato nella Stanza delle Necessità»
Hermione sbarrò gli occhi.
«No!» gridò «È bruciata! Abbiamo recuperato la tiara di Corvonero, ma… la Stanza è bruciata!»
Silente sembrava mortificato, Hermione era atterrita.
I suoi occhi si riempirono pian piano di lacrime.
«Non lo vedrò mai più…» mormorò, più a se stessa che all’ex Preside.
Dilys singhiozzò più forte.
«Hermione, mi spiace, non sai quanto…» Silente cercava di consolarla «Ma per Narnia non c’è una sola porta, non c’è mai una sola strada…»
 
Ma era troppo, per Hermione: il pianto le serrava la gola e lei si voltò e scappò via da quel nuovo, immenso dolore.




***
Buongiorno!
Eccomi qui, come promesso!
Non potevo aspettare un attimo di più, soprattutto dopo che siete stati tutti così carini con me e mi avete invogliata a postare subito la nuova storia... 
Iniziamo dunque insieme questa nuova avventura! :)

Grazie a chi è sempre con me e a chi si aggiungerà!
Buona Pasqua in ritardo e buona lettura!
Joy


Ps: Efp ha accettato un mio cambio di nickname, ma Facebook no, per cui ora qui ho un nick e su fb un altro :(
Comunque... sono sempre io!
 https://www.facebook.com/Joy10Efp

 

   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Le Cronache di Narnia / Vai alla pagina dell'autore: _joy