Videogiochi > Final Fantasy IX
Ricorda la storia  |      
Autore: whitemushroom    22/04/2014    7 recensioni
Pensieri malinconici di un angelo della morte prima che inizi la guerra. Il cammino davanti a lui sembra piuttosto evidente, la strada che ha scelto ormai è sgombra da ostacoli e deve solo percorrerla, eppure ciò che manca a Kuja è proprio il sorriso che qualcun altro sembra invece portare sempre così. Una storia breve riflettere ed amare prima che gli ingranaggi inizino a muoversi.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gidan Tribal, Kuja
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Non un Jenoma - e altri racconti.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ridere

L’odore era pungente. Il caffè al massimo discreto. Mise la tazza da una parte, agitando il cucchiaino d’argento più per abitudine che non per mescolare davvero lo zucchero.
Quella sera Toleno era molto silenziosa, e poca gente si sedeva ai tavolini di quel piccolo locale costruito sui giardini dei quartieri meridionali della città; tutta la gente che contava –ovvero quasi la metà degli abitanti- avrebbe dato tutte le proprie ricchezze per non mancare al grande evento. Tutti erano partiti, chi in carrozza, chi in aereonave, diretti verso la torre di cristallo che illuminava la via, il simbolo della potenza di Alexandria dove tra cinque giorni anche il più semplice contadino avrebbe gridato di gioia per il sedicesimo compleanno della principessa Garnet Til Alexandros.
Anche lui ci sarebbe andato. Ed avrebbe festeggiato a modo suo.
Gli avevano detto che i primi cinque giorni del mese in quel locale si esibivano dei moguri molto bravi, una compagnia che girava il mondo raccogliendo canzoni e musiche tra le più svariate. Il suono delle loro piccole dita sui tasti dell’organetto ancora rimbombava nel retro della sua testa, ma aveva abbandonato il percorso delle note da un po’. Sufficienti, appena degni della sua attenzione.
Quando avrebbe preso le loro anime non si sarebbe nemmeno accorto della differenza.
“Desidera qualcos’altro, signore?”.
Kuja non rispose, ma si limitò ad appoggiare una moneta d’argento sul tavolo condita con un’occhiata che avrebbe fatto girare la cameriera a largo almeno per le prossime due ore.
La popolazione di Gaya era più che sufficiente: aveva calcolato la capienza dell’Invincible almeno trenta volte, e sarebbe stata in grado di contenere oltre dieci milioni di anime anche ammettendo di catturare tutti gli eidolon dispersi sulla faccia del pianeta, anche ammettendo di riuscire ad incatenare la leggendaria forza di Alexander a sé ed alla nave. Non sarebbe stato necessario sterminare l’intera popolazione del mondo per portare a termine il suo piano, poteva permettersi di lasciare in vita qualcuno. I libri di storia erano abbastanza chiari sull’argomento: gli abitanti di quel pianeta tendevano ovviamente a far scendere in battaglia i soldati, ma le vittime maggiori avvenivano sempre nelle fasce più basse della popolazione. Il che era un bene: l’odore della gente inferiore proprio non lo poteva soffrire.
Qualche milione di contadini in meno e Gaya avrebbe respirato un po’. Su questo tutti i draghi erano perfettamente d’accordo.
Però non aveva mai sentito dire di grandi pittori morti in guerra. O scrittori. O attori. Si era documentato sul problema piuttosto a lungo, accettando persino di trascorrere oltre quattro ore nello studio del dottor Tot per avere conferma dei suoi sospetti: gli abitanti del Continente della Nebbia, in presenza di calamità, tendevano a salvaguardare tutti coloro che esprimevano una qualsiasi forma d’arte, e queste persone riuscivano sempre a trovarsi lontano dalle zone dei massacri. Non aveva ben chiaro il processo nei dettagli, ma forse era un intrinseco meccanismo di sopravvivenza degli elementi migliori di una specie –una cosa che non si era mai verificata nelle guerre di Tera, visto che gli abitanti del pianeta della luna rossa non avevano idea di cosa fosse l’arte.
Sarebbe stata una disgrazia distruggere tutte le cose belle che Gaya aveva da offrire. Questo Garland non lo avrebbe mai capito, né Kuja aveva perso un solo attimo del suo tempo per provare ad argomentare la sua idea. Una creatura priva di anima non poteva capire il fascino dei colori caldi o freddi disposti con cura su una semplice tela, o l’armonia che le potevano offrire le parole di una poesia. Aveva sempre trovato le lettere affascinanti come note, il modo in cui salivano e scendevano sulla carta e dentro l’anima.
Coloro che potevano creare cose simili erano speciali. Non sapeva come riuscissero ad avere quelle capacità, ma erano speciali. E le cose speciali non dovevano essere perse per riportare in vita stupidi Jenoma che non avevano combattuto nemmeno un secondo per avere la loro libertà e che avrebbero colonizzato Gaya trasformandola in un luogo rosso ed inospitale come Tera.
La libertà aveva un profumo tutto suo, ed iniziava finalmente a sentirlo nell’aria.
Un vociare confuso lo richiamò dai suoi pensieri. Sotto di lui, dove i tavolini spuntavano tra un cespuglio e l’altro del giardino, entrarono cinque persone dagli abiti dimessi, alquanto fuori posto in quel locale così distinto. I pochi avventori sollevarono lo sguardo dalle loro bevande soltanto per un secondo, poi tornarono a bere, leggere o chiacchierare come se nulla fosse mentre un giovane cameriere faceva accomodare i nuovi arrivati ad un tavolo e prendeva le ordinazioni. Parlavano uno sull’altro, coprendo persino la musica, ma Kuja si sporse in avanti per sentire il loro profumo. Raccontava di aria, di cielo e di mare.
Raccontava di storie che dovevano essere narrate.
Soprattutto uno.
Rimase a osservarlo mentre faceva il verso di uno dei suoi compagni, che per tutta risposta prese un bicchiere d’acqua e glielo versò sulla testa. Lui provò ad evitarlo, ma la ragazza del gruppo gli tirò la coda all’improvviso e lo fece finire gambe all’aria oltre un cespuglio mentre una signora vestita in modo elegante abbandonò il tavolo accanto al loro per sedersi dall’altra parte del giardino. La figura bionda riemerse pieno di ramoscelli, e tutto il gruppo rise.
Era una risata diversa da quelle a cui era abituato, e si sporse per sentirla meglio, quasi come una melodia nuova.
Non era sommessa o forzata, non si nascondeva dietro una mano. Sin da quando aveva mosso i primi passi tra i nobili di Toleno ed Alexandria aveva imparato a sorridere e far sorridere, tutto con grazia. Gli umani dicevano che adoravano divertirsi, ma anche nelle feste mascheravano il loro umore dietro un trucco impenetrabile e dei visi immobili. Non era stato troppo difficile mescolarsi a loro: non aveva mai riso, ma sapeva fingere piuttosto bene. I sorrisi e le occhiate erano una danza divertente, ma quella risata era … altro.
Sembrava un delicato gioco di echi. Si propagava da una persona all’altra, fin sulla bocca della ragazza dai capelli verdastri all’uomo con la benda sull’occhio. Ma tutto iniziava da lui, dalla figura dagli occhi azzurri e la coda gialla che non era cambiato nemmeno un istante dal giorno in cui si erano separati, oltre dieci anni prima.
A parte che adesso rideva, ovviamente.
“Davvero … davvero meraviglioso …”
Quella gente era felice.
Non perché avessero un motivo, o almeno non uno che riuscisse a vedere in quel momento. Erano felici perché lui era lì, per i suoi stupidi gesti. Bastava che aprisse bocca, dicesse una parola, una qualunque, e tutto cambiava. Nella lieve penombra del giardino era come se si fossero accese delle piccole luci colorate.
Gli venne in mente l’immagine della regina Brahne, del suo doppio mento quando apriva e chiudeva la bocca deforme per ridere a qualche frase di spirito. Non avrebbe mai avuto il coraggio di chiamarla gioia, non aveva nemmeno una goccia di quello strano calore che si creava quando lui parlava. Avrebbe potuto ripetere le sue battute per ore, ma qualcosa gli diceva che non sarebbe mai riuscito ad ottenere lo stesso risultato, come uno strano potere che gli sfuggiva nonostante fosse più vicino che mai al suo obiettivo.
Chissà cosa provava lui in quel momento. Cosa provava nel trasformare in questo modo le persone che lo circondavano e renderle affini a se stesso, cosa bruciava nel petto di quell’angelo incompleto nel mescolarsi a coloro che era stato teoricamente creato per distruggere; che sapore avesse quella felicità che a lui non sarebbe mai potuta appartenere.
“Signore, una partita a carte?”
Kuja guardò la figura che gli era venuto accanto mentre era immerso nei suoi pensieri, un ragazzo dai capelli rossi e con più cicatrici di quante ne avesse viste persino nei membri della milizia reale. Era una delle persone che ridevano fino ad un attimo prima, ma che vicino a lui scomparivano come piccole lucciole davanti alla luna. Girò subito la testa. L’odore di quel ragazzo non era dei migliori. “Lascia perdere …” mormorò, tornando sullo sguardo a ciò che gli interessava “… per stasera considerami solo uno spettatore”.
Non avrebbe mai immaginato di vedere una commedia simile prima dell’inizio del conflitto. Se non fosse sembrato terribilmente ridicolo avrebbe persino battuto le mani a quel piccolo attore improvvisato che aveva scambiato il palcoscenico per il suo vero mondo. Lui aveva gioia e sapeva offrire dei sorrisi veri, e la gente che toccava rideva, rideva e rideva. Non gli sarebbe dispiaciuto poter dire la stessa cosa di se stesso, ma aveva intrapreso una strada che non gli permetteva distrazioni.
Si alzò, lanciando un’ultima occhiata alla strana compagnia, e tutti avevano abbandonato il tavolo per avvicinarsi agli altri avventori per giocare a carte. Lui era il più affabile di tutti mentre sfidava i nobili e contemporaneamente alleggeriva le loro borse con quella bella coda gialla che era il suo personale marchio a fuoco.
“… solo uno spettatore” sussurrò prima di andarsene.
Doveva scoprire che nome si era scelto.

________________________________________________________________________________________________________________________________________

In realtà questa storia non era affatto nella mia tabella di marcia, e si vede anche dal modo un po' pesante di come è scritta (o almeno a me così sembra). Mi serve per introdurre alcuni concetti che potrebbero comparire più avanti in questa lunga serie di one-shot ed allo stesso tempo che sarebbero risultati troppo pesanti nei capitoli a seguire, dove vorrei attenermi ferreamente alle vicende senza fare troppi salti pindarici o andare fuori tema. Spero che piaccia e grazie ancora per avermi seguita.
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy IX / Vai alla pagina dell'autore: whitemushroom