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Autore: Agapanto Blu    22/04/2014    9 recensioni
Quando le urla della partoriente tacquero e si alzarono quelle più fioche e infantili dei nuovi nati, nessuno gioì.
Luka dal passato misterioso, Luka che combatte, Luka con brutti e bei ricordi che Yuki non conosce più.
Com'è successo che il Duras più amato dal re dei Demoni, già marchiato del simbolo dei peccatori perché appartenente alla famiglia maledetta, abbia scelto di tradire la sua stirpe, i suoi simili, per la fonte di vita dei suoi nemici?, per una donna umana che avrebbe dovuto voler uccidere?
***
Il passato di Luka e la prima vita di Yuki con lui, o come potrebbe essere andata secondo me.
ATTENZIONE: ci sono dialoghi o descrizioni presi dal manga, non è un tentativo di plagio ma una ripresa di alcuni particolari per "avvalorare" la mia tesi. :)
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Yuki Sakurai, Zess/Luka Crosszeria
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
Capitoli:
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Capitolo VI

COME UN SOGNO SUL FARE DELL’ALBA
 
 
“…
io non ti tradirò mai.”
 
 
Yuki sollevò delicatamente il torso di Luka, stringendolo appena per le spalle, e poi lo appoggiò piano a sé, in modo che il collo del ragazzo posasse sulla sua clavicola e la sua schiena rimanesse staccata dal petto di lei abbastanza per permettere alle sue dita di lavorare. Lentamente, come se lui fosse stato fragile vetro sul punto di spezzarsi, allungò le mani da dietro sul suo petto e fece scivolare i bottoni della camicia dalle loro asole. Sorrise mesta notando che, nella fretta, Luka aveva abbottonato l’estate con l’inverno. Gli mosse piano le spalle per sfilare le maniche e il suo corpo seguì i suoi gesti senza opporre resistenza, molle e indolente come privo d’anima.
Alla luce della luna rossa, nella notte di Valpurga, le ferite cremisi a croce su quel petto candido sembravano ancora più terribili di quanto fossero davvero.
Yuki prese delle garze imbevute di una medicina disinfettante dalla ciotola sul comodino e poi iniziò a tamponare piano tutti i graffi che vedeva, senza spostarsi dalla posizione in cui era. Sentiva il respiro sottilissimo di Luka contro il suo collo, lì dove premeva il viso di lui, e contò il passare del tempo sul ritmo di questo, silenziosa. Dopo le garze, prese le bende e iniziò ad avvolgere piano il busto dello Zess nelle fasciature, fino a ricoprirlo quasi totalmente, quindi gli strinse nuovamente le spalle e lo sollevò un po’ per poter scivolare via da sotto di lui.
Si alzò dal materasso morbido e accompagnò delicatamente con le mani la discesa del corpo privo di sensi di Luka sulle lenzuola, facendogli posare con cura la testa maltrattata sul cuscino. Spostò le ciocche nere come la notte dalla sua fronte con la sola punta delle dita, per paura di disturbare quel sonno così pacifico, e poi prese altre garze e disinfettò anche le tante ferite sulla sua tempia o sul fianco del capo e i tagli e i morsi sulle labbra. Un cerchio fatto di bende avvolse anche la testa di Luka e a quel punto il pallore del suo viso già diafano di natura spiccò ancora di più nell’ombra della stanza buia, le candele della quale si erano ormai spente da tempo.
Nell’ombra ma con precisione, Yuki estrasse con cura le schegge di vetro dal palmo destro di Luka, passò della linfa di aloe sulle bruciature, incerta della validità del suo effetto su un demone, e poi bendò anche quella con cura.
Quando ebbe finito di medicare tutte le ferite del corpo di Luka, si fermò un attimo a guardarlo. Immobile e privo di sensi, inerme e solo nella notte più pericolosa dell’anno, un profugo senza padrone e senza casa che però manteneva un aspetto bellissimo, spaventoso e determinato, forte, anche nel sonno indotto dai colpi subiti. Allora si inginocchiò piano al fianco del proprio stesso letto, ora occupato dal ragazzo, e allungò le mani a stringere quella grande, bendata e abbandonata di lui, poi chinò il capo e iniziò a piangere in silenzio per le cicatrici nella sua anima che neppure lei avrebbe mai potuto curare.
 
[A te che sei l’unica al mondo,
l’unica ragione per arrivare fino in fondo
ad ogni mio respiro:
quando ti guardo
dopo un giorno pieno di parole,
senza che tu mi dica niente
tutto si fa chiaro.]
 
Luka aveva imparato nei secoli a studiare la situazione con i sensi più invisibili, prima di aprire gli occhi al suo risveglio.
Percepì un materasso sotto la propria pelle e delle lenzuola sulla sua vita; il suo corpo era nudo e gli mandava dolore da ogni centimetro di sé. Un brivido lo percorse mentre emozioni contrastanti crescevano dentro di lui.
Letto, nudità e dolore potevano voler dire una cosa sola: che era ancora con il suo master e che le immagini confuse che credeva di ricordare, rosse di fiamme e sangue, non erano altro che i rimasugli affastellati di un sogno evanescente. Una parte di lui ne era sollevata, significava che Yuki non lo aveva mai visto in quelle condizioni così misere e patetiche e che i suoi incubi non sarebbero mai stati popolati dal volto di Lucifero. Ma l’altra parte di lui era delusa, ferita. Suo malgrado, l’idea che Yuki –piccola, pura e ingenua Yuki–  si fosse preoccupata per lui a tal punto da scendere ad Infernus per cercarlo gli aveva fatto piacere, come se non fosse esattamente solo una proprietà di qualcuno ma addirittura una persona. Senza contare la soddisfazione di colpire Lucifero che aveva provato nel suo sogno…
Luka sospirò, conscio che nessun sogno aveva mai cambiato la sua situazione, e si decise ad aprire gli occhi, pronto –o quasi– ad affrontare l’ennesimo giorno di umiliazioni.
E trovò una piccola nera palla di pelo con due vispi occhi gialli e una gemma rossa in mezzo alla fronte, immobile a fissarlo.
Prima che lui potesse davvero reagire, il suo famiglio emise un fortissimo ed offesissimo fischio, quasi un richiamo, e poi gli si gettò sul viso, afferrandogli la guancia destra con le zampine e iniziando a strofinare il muso contro di essa lasciando ogni tanto qualche leccata sulla sua pelle.
Luka realizzò.
“…Sodom?!” mormorò, sgomento, ma quando allungò la mano verso il famiglio, per prenderlo, questi gli morse vigorosamente le dita e si aggrappò con più forza al suo viso, tremando per i ringhi di ammonimento più simili a gargarismi che aveva iniziato ad emettere.
“È molto arrabbiato con te.”
Lo Zess alzò lo sguardo per trovare la figura ormai nota di Yuki, fasciata in un morbido abito color lavanda, che si avvicinava con tra le mani un vassoio coperto di bende e medicazioni.
Solo allora Luka si accorse che la stanza in cui si trovava non era di pietre nere ma grigie, che le finestre ampie sulla sinistra erano trasparenti e lasciavano passare la luce calda di un sole splendente e gentile e che il letto in cui stava, sebbene a due piazze, non aveva baldacchino né tende né tantomeno corde o catene e che le coperte e i cuscini erano bianchi e freschi.
“È convinto” continuò Yuki sedendosi sul bordo del letto alla sua sinistra e posando il vassoio su un ampio comodino, “che se ti resta appiccicato, il tuo ordine di restare con me si romperà e lui potrà seguirti di nuovo. Ha detto che non ti vuole più parlare perché sei cattivo, ma secondo me ti adora.”
Luka sbatté le palpebre per un paio di volte, confuso, poi tentò di raggiungere Sodom con la mente.
Ehi?, provò.
Sodom non ci parlo con il Master!, arrivò immediata la risposta, Sodom sono arrabbiato!
Luka si sentì come cadere dall’alto quando sentì di nuovo la voce di Sodom nella testa. Era passata solo una settimana dall’ultima volta che era accaduto ma sembrava così tanto, non era mai stato separato da Sodom così a lungo e dopo essersi convinto che non avrebbe potuto vederlo mai più… Il sollievo lo travolse e, senza rendersene conto, si ritrovò a sorridere. Con entrambi gli angoli della bocca.
Sodom ho detto che sono arrabbiato!, borbottò il cucciolo, staccandosi per andare a sedersi sul suo petto e fissarlo con espressione offesa.
Luka allungò la mano e porse al piccolo drago il suo indice perché giocasse, ma Sodom incrociò le zampette e girò con testa per non guardarlo negli occhi, rifiutando quell’offerta di pace.
Mi sei mancato tantissimo, Sodom., pensò il Duras, riempiendo il pensiero di tutta la dolcezza di cui era capace. Ben poca in verità, ma per Sodom, che lo conosceva bene, era più che sufficiente.
Il piccolo drago squittì e sobbalzò, sorpreso dalla frase così esplicitamente d’affetto, e si voltò a guardare il padrone con espressione dubbiosa. Luka mosse un po’ la punta dell’indice.
Sodom si sforzò di resistere, perfino Yuki all’oscuro del loro dialogo se ne accorse, ma alla fine fu troppo per lui. Con un sonoro “Kyuuu!”, si gettò sul dito del suo master afferrandolo con le zampine e iniziando a mordicchiarlo allegramente.
Luka scoppiò a ridere, per la prima volta in vita sua, perché si sentiva bene, per davvero.
Yuki si sforzò di non ridere a sua volta mentre guardava i due giocare, come padre e figlio, e non intervenne. Lasciò che si divertissero ancora per un po’, conscia che per entrambi era stato difficile sopportare il periodo di separazione seppur breve, e solo quando Sodom si slanciò di nuovo sul viso di Luka, senza pensare troppo al colore violaceo di questo, si intromise.
La ragazza afferrò il draghetto per le ali appena in tempo prima che si schiantasse contro il naso rotto di Luka.
“Va bene,” disse, con tono che suggeriva un lieve rimprovero, “adesso però il Master deve farsi cambiare le medicazioni e poi deve riposarsi.” Sodom starnutì in segno di ribellione e Yuki lasciò la presa sulle sue ali così che potesse fluttuarle davanti al viso. “Qualcuno ha lasciato la pappa per Sodom nell’altra stanza. Che ne dici di andare a mangiare e intanto fare la guardia affinché non entri nessuno mentre il tuo Master si cura?”
Gli occhietti gialli di Sodom scintillarono e, al ritmo di “Ky-uuu! Ky-uuu! Ky-uuuuuuuuuu!” il draghetto sparì nell’anticamera.
Sia Yuki che Luka sorrisero, ma il Duras si rabbuiò quando lei prese le bende.
“Riesci a tirarti su?” gli chiese lei con calma, “O preferisci prima mangiare qualcosa?”
Luka si chiese se potesse rispondere ora che lei era la sua mistress o se dovesse attendere il permesso, perciò si ritrovò con le labbra socchiuse, sul punto di dire qualcosa, ma senza voce. Yuki lo guardò con sorpresa quando non rispose, incitandolo con lo sguardo a dire qualcosa, e lui si accorse di starla fissando in viso, così distolse d’istinto lo sguardo. Lucifero detestava che lui osasse sostenere il suo se non sotto sua esplicita richiesta, ogni volta lo accusava di avergli mancato di rispetto, perciò immaginò che anche a Yuki avrebbe dato fastidio.
La Luce del Dio si irrigidì un momento quando Luka abbassò gli occhi, intuendo la situazione. Era proprio ciò che non voleva, che il Duras cambiasse per via del Contratto tra loro. Scuotendo la testa appena un po’, si costrinse a calmarsi.
Allungò una mano e la usò per sfiorare la guancia sana di Luka, in un sottile invito a guardarla in viso, e quando lui lo fece lei gli rivolse un sorriso così dolce e luminoso da ridurre la stanza intera in ginocchio.
“Che cosa ti hanno fatto?” gli chiese, gli occhi e la voce colmi di un’emozione calda e gentile, arancione, mentre con le dita gli spostava alcune ciocche di capelli dalla fronte per vederlo meglio. “Dov’è il guerriero che conosco io? Lui era molto orgoglioso, sai? Non si piegava del tutto davanti a nessuno, nemmeno al suo master.”
Luka non era sicuro di come interpretare quelle frasi, cosa volessero suscitare in lui, ma scoprì che la sua attenzione non era tutta su esse.
Per la prima volta in vita sua si scoprì a desiderare, a desiderare davvero qualcuno, con un’intensità tale da star male. Desiderò avere la forza di togliersi quell’espressione da idiota dal viso e quella per sollevarsi sulle braccia e tornare ad essere il guerriero che lei vedeva, non lo spettro debole e patetico di se stesso; desiderò la forza di allungare una mano verso il suo viso e di avere il coraggio di sentire il calore di questo contro la propria pelle senza fuggirlo; il coraggio di avvicinare la bocca alla sua per scoprire che sapore avesse un bacio voluto, un sentimento caldo che proteggesse dall’inverno e dal ghiaccio; desiderò scoprire se la sua bocca avesse il sapore di miele e gigli e che effetto facesse ritrovarlo sulla propria con la punta della lingua.
Infine, occhi sgranati e organi congelati, desiderò con tutto se stesso di stare ancora sognando, perché altrimenti avrebbe dovuto fuggire dall’altra parte del pianeta per evitare la vergogna di aver effettivamente compiuto ognuno di quei gesti.
Le labbra di Yuki erano soffici, appena umide di saliva, al gusto di miele e giornate di sole e sogni proibiti che si avverano all’improvviso. La sua guancia era bollente, arrossata dall’imbarazzo, ma i suoi occhi grandi erano chiusi e pertanto probatori di fiducia.
Lentamente, con riluttanza, Luka si staccò da lei.
Yuki ci mise un attimo a riaprire gli occhi e il Duras trattenne il fiato fino a quel momento ma, quando le sue palpebre tremarono per sollevarsi, abbassò lo sguardo puntandolo sui propri pugni stretti sul lenzuolo.
Cos’aveva fatto?!, perché non era capace di restare al suo posto almeno una volta nella vita?!
Attese ancora, in silenzio, ma dopo alcuni minuti non riuscì più a sopportarlo e dovette dire qualcosa, altrimenti sarebbe impazzito.
“Mistress…” iniziò, ma senza sapere come continuare.
Le dita di lei tra i suoi capelli e la sua risata cristallina, anche se un po’ imbarazzata, lo sorpresero tanto da fargli alzare la testa per guardarla.
Yuki era tutta rossa, ma sorrideva.
“Immagino che a qualcuno darà fastidio,” commentò a bassa voce continuando ad accarezzargli i capelli, “ma credo che, per la prima volta in vita mia…non mi interessi affatto.”
Luka sorrise e schiuse le labbra per dire qualcosa, ma sobbalzò quando sentì un forte bussare da qualche parte nell’altra stanza, di fronte al letto, e un “Kyuuu!” d’avvertimento proveniente da un Sodom con la bocca piena.
Si irrigidì per un attimo, ma subito afferrò l’orlo della coperta e fece per alzarsi, solo per trovare la mano di Yuki sul suo braccio.
“Non ci provare!” lo riprese lei, “Sei ancora troppo debole.”
Luka era sorpreso, sconvolto quasi. Il suo master si era sempre vantato di lui, l’aveva esposto e mostrato agli altri senza permettere a nessuno –eccezion fatta per Cadenza– di averlo, ma nonostante questo non tollerava di averlo con sé quando trattava con i suoi Generali: Luka doveva essere un muto soprammobile, a malapena visibile nella penombra di un angolo della stanza, e guai se avesse attirato l’attenzione su di sé, distogliendola da lui. Yuki, invece, sembrava non curarsi degli altri, di cosa avrebbero pensato trovando un Duras nel suo letto.
Il bussare alla porta si fece risentire e di nuovo a rispondergli fu Sodom, questa volta con un ringhio davvero minaccioso, per provenire da una piccola palla di pelo nero.
Luka guardò Yuki, ma lei gli rivolse un cenno noncurante con la mano mentre cominciava ad occuparsi del contenuto del vassoio.
“Non preoccuparti.” gli disse, “È solo Takashiro, il capofamiglia Giou.” si fermò per piegare un po’ la testa all’indietro e alzare la voce, avendo cura di farsi sentire anche oltre la porta dei suoi appartamenti, “Però gli ho detto chiaramente che, a meno che ci sia un’emergenza, non lo lascerò entrare fino a quando non ti sarai totalmente ripreso.”
Il bussare alla porta cessò, ci fu una bassa risata e poi dei passi che si allontanavano.
Luka era sgomento.
“Sa che sono qui?” chiese piano.
Yuki rise, immergendo una pezzuola dentro un inquietante liquido verdastro e gelatinoso.
“Chi credi che mi abbia aiutato a metterti nel letto?” chiese, retorica, rivolgendogli un sorriso dolce, “Sei pesantuccio, sai?”
Luka ignorò la battuta.
“Credevo avessi detto che è il tuo capofamiglia…” mormorò, sempre più confuso.
Yuki scrollò le spalle, tornando a guardare la benda che lentamente assorbiva il suo intruglio verde.
“Takashiro è testardo, a volte gelido, ma molto comprensivo. Si fida di me e io mi fido di te, pertanto immagino continuerà a controllare per un po’ per essere sicuro, ma non ci starà addosso.” Yuki sorrise, mesta, mentre si allungava verso di lui per sistemargli meglio i cuscini dietro la schiena. “E poi, alla fine della storia, io sono…un qualcosa a sé. Non sono proprio né un membro della famiglia, né una Zweilt.”
Yuki si era mossa mentre parlava, si era protesa verso il comodino e aveva preso la garza, l’aveva strizzata un po’ e ora, toltasi i sandali e rimasta a piedi nudi, si era tirata a sedere sul letto con le ginocchia tra le braccia, come per proteggersi da un freddo improvviso. La benda nelle sue mani lasciò colare una goccia di liquido sulle lenzuola.
“Yuki…?” provò Luka, ma lei si affrettò a rivolgergli un sorriso mesto.
“Non è così terribile essere rinchiusa qui. Tanto, non sono mai stata libera.” provò a dire, scrollando le spalle, prima di rivolgergli uno sguardo significativo. “Ci sono cose più difficili da sopportare.”
Luka rimase in silenzio. La confessione di Yuki non arrivava così inaspettata, lui stesso aveva già intuito la tristezza profonda che la ragazza si portava dietro.
Quando Yuki parlò di nuovo, dopo un lungo momento di silenzio, lo fece a voce bassissima.
“La cosa che fa più soffrire è…” esitò, scosse la testa, guardò il demone e poi riabbassò gli occhi, incerta ed inquieta, ma alla fine riprese a parlare, “Senti… Luka… La cosa che fa più soffrire è…la solitudine.” sussurrò quella parola in un soffio, come terrorizzata dal suo suono, ma quando poi riprese a parlare fu come se avesse ormai abbattuto un argine, “Nessuno che mi guarda. Fa paura. È qualcosa di immensamente triste, qualcosa da temere.”
Luka la osservò. Il suo abito era composto da una gonna di un viola un po’ più scura coperta da una sopragonna lavanda che le saliva come corsetto fino al seno, fasciato invece da una banda nera, mentre le braccia erano nude ad eccezione di due sottili strisce di velo di nuovo color lavanda sugli avambracci. Due fiocchi neri erano acconciati come fiori e sistemati ai lati della sua testa. Sembrava così piccola e fragile in quel vestito così grande, che provò l’impulso di proteggerla nonostante non ci fossero pericoli all’orizzonte.
Lui stesso, in fondo, conosceva la sensazione, prima di incontrare Sodom, e la ricordava ancora bene. Quel vuoto nel petto, la sensazione che nulla al mondo avesse a che fare con lui perché era prigioniero di una bolla trasparente; vedere gli altri ma non poter essere visti, e sentirsi male senza che nessuno mai accorra, e avere paura del buio dietro le palpebre sapendo che nessun viso arriverà mai a spezzare quell’oscurità al chiudersi degli occhi, ed essere privati di tutti i sensi –olfatto e vista e udito ma anche gusto e tatto– senza che mai nulla possa interferire con quell’assoluto niente. Yuki aveva ragione: era qualcosa di terrificante, qualcosa da temere.
Silenzioso, allungò una mano fino alla guancia di lei e la posò a palmo aperto sul suo viso tiepido.
Non era certo di poter spazzare via tutte le paure di quella fragile ragazza, ma, in tutto il suo discorso, ce n’era una che era sicuro di poter sconfiggere.
“Io ti guardo.” mormorò scrollando le spalle, con un tono che sminuiva l’importanza intrinseca in quella frase all’apparenza totalmente disgiunta dal resto del discorso, “E ti vedo.”
Yuki sgranò gli occhi per un secondo, ma poi sorrise, di nuovo dolce, e per un attimo abbassò le palpebre e si appoggiò interamente con il viso al suo palmo. Dopo un attimo, comunque, era già inginocchiata sul letto accanto al suo fianco e brandiva minacciosamente la grossa garza ancora imbevuta di robaccia verde.
Luka si tirò indietro con una smorfia, ma la ragazza rise della sua espressione e semplicemente si avvicinò di più così che, tenendo la pezza tra indice e medio, poté iniziare a staccargli con le altre dita le bende dal capo.
Fu solo allora che il Duras realizzò di essere stato curato e che, come il petto e la testa, anche la sua mano sinistra era stata fasciata.
Mentre Yuki gli tamponava delicatamente i tagli sulla fronte, lui fissò il bendaggio in silenzio.
“Sarà furibondo…” ragionò dopo un attimo e il suo corpo rabbrividì istintivamente al pensiero di una tale furia rivolta contro di lui. Se Lucifero gli avesse mai messo le mani addosso di nuovo… Nemmeno dopo quattro secoli sotto il suo dominio, era in grano di immaginare cosa gli avrebbe fatto.
“Non è un problema tuo.”
Luka rialzò su Yuki uno sguardo stralunato quando la sentì dire una cosa simile.
“L’ho ferito io…” le ricordò.
Yuki abbassò gli occhi dal suo lavoro per puntarli nei suoi.
“Ma tu non sei più suo.” gli ricordò, con una serietà che raramente lui le aveva visto indossare, “Tu eri mio quando l’hai attaccato e sei mio tuttora. Se vuole prendersela con qualcuno, lo aspetto tranquillamente.”
Luka scosse la testa.
“Tu non sai di cosa parli…” mormorò.
Yuki, per tutta risposta, scrollò le spalle.
“Non so un sacco di cose, eppure sono qui.” replicò, “Quello che mi importa sapere ora è se e come posso liberarti dal Contratto con me senza metterti in pericolo.”
 
[A te che mi hai trovato
all’angolo coi pugni chiusi,
con le mie spalle contro il muro,
pronto a difendermi.
Con gli occhi bassi,
stavo in fila
con i disillusi:
tu mi hai raccolto come un gatto
e mi hai portato con te.]
 
La luna rossa si mostrava opaca attraverso il color borgogna del vino e il grigio traslucido dell’osso levigato, mentre il cielo di norma nero appariva ora di uno scarlatto intenso e cupo. Quando però la luna mutò in un’iride argentea piena di sfida, Lucifero fracassò il calice nel palmo della propria mano.
Schifoso bastardo…
Emise un sibilo lasciando cadere in terra le schegge e il verso fece sobbalzare Cadenza, a distanza nelle ombre della parete sinistra del salone.
In mancanza dell’oggetto diretto della sua rabbia, Satana si era gettato su chiunque gli fosse capitato a tiro e perfino il Generale si era ritrovato vittima tale furia. Fino a quando non aveva ricordato l’esistenza di qualcuno che molto più di lui avrebbe potuto attirare su di sé la collera del padrone e permettergli di sfogarsi forse anche del tutto.
Dopo lunghe e cruente ore, Luze giaceva ora immobile a terra, rannicchiato sul pavimento nel bel mezzo della sala, con gli abiti a brandelli ma ben coperto di lividi e sangue.
Lucifero ringhiò quando posò di nuovo lo sguardo su di lui.
Non riusciva a tollerare la sua vista. Era fottutamente identico a suo fratello, ma quei suoi maledettissimi occhi ametista sembravano prendersi gioco di lui, divertendosi a ricordargli che quello non era altro che una brutta copia del suo burattino proprio quando lui iniziava a dimenticare la fuga del suo gemello. Ogni volta che incrociava quelle iridi, ricordava quelle argento di Luka e la sua rabbia tornava, ancora più violenta. Luze doveva averlo intuito, perché era ormai da un paio d’ore che teneva le palpebre ostinatamente chiuse, indipendentemente da ciò che gli accadeva intorno.
Lucifero lo fissò con disgusto, le labbra arricciate e i denti scoperti. Sembrava così tanto Luka che anche lui avrebbe potuto confonderli, ma il suo schiavo non avrebbe chiuso gli occhi fino alla fine, anzi glieli avrebbe sbattuti in faccia assieme a quella sua maledetta espressione da ribelle.
“Bastardo…” sibilò tra i denti per l’ennesima volta.
Portò la mano bagnata di vino alla propria guancia destra, ma questa, anziché la pelle gonfia e traslucida, si scontrò con il freddo e rigido osso.
Nonostante il suo occhio destro fosse ancora capace di vedere, metà del viso del re dei demoni era bruciato nello scontro con Luka e così l’uomo aveva tagliato i capelli, indossato guanti per coprire le mani e ricavato da vari teschi una maschera d’ossa per nascondere la parte carbonizzata della sua faccia. Sapere di non poter guarire nessuna di quelle ferite, aumentava ancora di più la sua furia.
“Cadenza!” urlò.
Il Generale Opast si affrettò a portarsi di fronte al trono e ad inginocchiarsi davanti al re. Luze non mosse un muscolo.
Lucifero dovette ammettere che il ragazzo era più forte di quanto avesse immaginato alla sua nascita, era perfino sopravvissuto tanto quanto Luka.
Luka…
A Luka aveva dato più di quanto non avesse mai dato a nessun altro, ma forse perché nessun altro era mai stato al pari di Luka. La sua bellezza era qualcosa che trascendeva i caratteri fisici, che si palesava nella presenza e nel portamento; qualcosa che forse risiedeva nei suoi occhi, visto che Luze non sembrava possederla nonostante la sua identicità con il fratello. A vederlo così bello, Lucifero lo aveva tirato vicino a sé più di qualsiasi altro schiavo; il fatto che lui non volesse, aveva spinto il re dei demoni a sottoporlo a tante e tali sevizie sia mentali che fisiche da renderlo capace di sopportare quasi qualsiasi dolore e umiliazione senza piegarsi; scoprirlo capace di usare la magia –dote scomparsa da secoli nel clan Crosszeria– aveva spinto Satana a lasciarlo in vita pur di vedere quanto forte sarebbe diventato; e rendersi conto di quanto meravigliosamente unico fosse, gli aveva fatto commettere l’errore di marchiarlo con il proprio sangue pur di legarlo a sé. Alla fine di tutto quello, Luka si era rivelato più forte di quanto lui stesso avesse immaginato. Troppo forte.
“Sai cosa voglio.” ringhiò al rosso, “Non mi interessa come, riportalo qui.”
“Vivo?” chiese Cadenza, leggermente esitante.
“Ovviamente!” ruggì Satana, furibondo, scatenando una pioggia di fulmini all’esterno.
Cadenza si affrettò a piegare ancora di più la testa poi, più veloce che poté, si voltò ed uscì dalla stanza.
Il re dei demoni carezzò di nuovo la sua maschera d’osso.
Come per Luce del Dio, Lucifero aveva una limitazione al proprio potere: non poteva guarire le ferite infertegli da un suo simile o da un membro del suo clan. Pertanto, essendo lui uno degli angeli originari caduti dal Paradiso, aveva semplicemente dovuto prestare attenzione, le volte in cui si era unito ad una donna, a non lasciare in giro scomodi eredi che avrebbero potuto metterlo in pericolo.
E poi lui stesso aveva messo il proprio sangue nelle vene di Luka. All’epoca non aveva pensato potesse essere un problema, invece la cosa aveva reso lo Zess alla sua pari, dandogli anche facoltà di infliggergli ferite che lui non avrebbe potuto rimarginare. Per una sorta di legge del contrappasso, lui avrebbe potuto guarire tutte le ferite che gli Zweilt si erano inferti a vicenda e la Luce del Dio avrebbe potuto guarire quelle che a lui erano state imposte da Luka. Ma la Luce del Dio, per pateticamente ingenua che fosse, aveva preso il suo schiavo per sé e non avrebbe mai accettato alcuno scambio.
Non lo vorrei lo stesso!, pensò Lucifero, furioso, Lei… Lei se l’è preso… Lei deve pagare…
Sì, avrebbe fatto in modo che fosse così.
Mentalmente raggiunse Cadenza, ormai sulla soglia della porta verso il regno umano.
Portami anche la Luce del Dio, Cadenza. Portameli entrambi. Vivi.
In tutto quello, mentre Lucifero sognava ad occhi aperti le sue follie violente, Luze rimase a terra.
Quando i fulmini all’esterno si placarono un po’, lo Zess sollevò per metà le palpebre, quel tanto che gli bastava per ottenere un’immagine sfocata della stanza attorno a sé e per intuire la sagoma del re dei demoni ancora seduto sul suo trono.
Luze aveva parlato con suo fratello solo un paio di volte nella sua vita, durante alcune missioni, e non poteva dire che si conoscessero. Non sapevano nulla l’uno dell’altro e non condividevano nulla ad eccezione del sangue. Ma allora perché?, perché doveva essere lui a pagare per i peccati del suo gemello? Stava già scontando una pena per quelli del suo antenato, perché anche i suoi quando lui non aveva fatto nulla? Non conosceva suo fratello più di quanto non lo conoscesse uno qualsiasi degli altri Zess o anche dei demoni liberi! Doveva pagare al posto suo solo perché il fato aveva deciso che dovevano dividere la stessa faccia?
Spero che ti prendano, Luka., pensò richiudendo gli occhi, mentre l’indignazione e la rabbia crescevano assieme ad un potente senso di tradimento, Spero che ti prendano e che te la facciano pagare.
 
[A te io canto una canzone
perché non ho altro.
Niente di meglio da offrirti
di tutto quello che ho.
Prendi il mio tempo
e la magia
che con un solo salto
ci fa volare dentro all'aria
come bollicine.]
 
Luka aggrottò la fronte.
“Vuoi rompere il Contratto?” chiese senza capire.
Yuki lo guardò con sorpresa, ma rispose senza esitare.
“Voglio che tu sia libero. È tanto sbagliato?”
“Se scindi il Contratto, tornerà in vigore quello con Lucifero, per via del marchio di sangue.” rispose automaticamente, ma senza veramente concentrarsi su ciò che stava dicendo. Si sollevò un po’ dai cuscini, quel tanto per mettersi seduto, e strinse delicatamente con le dita il polso di Yuki per fermare il suo continuo spalmare robaccia verde sulla sua faccia. “Perché mi vuoi libero?”
La voce di Luka era seriamente curiosa, come quella di un bambino intento a chiedere perché il cielo sia blu, e per questo Yuki non poté impedirsi di scoppiare a ridere tanto forte che Sodom si affacciò alla porta, sebbene lei non se ne accorse.
Senza sapere della presenza del famiglio, Yuki sfilò la mano dalla presa di Luka e, sebbene arrossendo un po’, gli accarezzò lentamente e delicatamente il viso, fino ad arrivare a toccargli le labbra con la punta delle dita.
“Perché sei importante.” spiegò piano prima di staccarsi, “Non come schiavo, ma come persona.”
Luka stava ancora realizzando quello che Yuki gli aveva detto con tranquillità ma che per lui era incredibile, quando fu interrotto nel suo pensare da Sodom che si gettò nella stanza e, con un “Kiuuu!” che si trasformò in “Master!” a metà, atterrò sul letto mentre ancora stava mutando in forma umana.
“Master!” esclamò di nuovo, con un enorme sorriso, lanciandosi sul petto di Luka per abbracciarlo, “Il Master è felice!”
Yuki sorrise della smorfia che Luka si scappò sfuggire sotto la forza dell’abbraccio di Sodom, decisamente eccessiva per un ferito. In fondo, sapevano bene tutti e tre che il draghetto, come spesso succedeva, aveva fatto centro.
 
[A te che sei,
semplicemente sei.
Sostanza dei giorni miei,
sostanza dei giorni miei.
A te che sei il mio grande amore
ed il mio amore grande.
A te che hai preso la mia vita
e ne hai fatto molto di più.
A te che hai dato senso al tempo
senza misurarlo.
A te che sei il mio amore grande
ed il mio grande amore.]
 
Luka ringhiò.
“No!”
Yuki gli lanciò un’occhiataccia premendosi le mani sui fianchi.
“È aloe, una pianta curativa, non veleno, Luka. Non fare il bambino!”
Luka lanciò un’occhiataccia alla gelatina viscida e verde brillante, piena di filamenti di…qualcosa…e puzzolente che Yuki gli aveva piantato in mano dentro un bicchiere.
“Non ho intenzione di bere questa cosa.” ribadì, “O di mangiarla. Maledizione, non capisco nemmeno se sia solida o liquida!”
“Non devi decidere come sia, devi solo ingoiarla e poi dormire un po’.” ribatté Yuki, “E mi permetto di farti presente che Sodom fa meno capricci di te.”
Luka fissò l’espressione di superiorità che Yuki gli stava rivolgendo da ormai una decina di minuti, quindi ringhiò di nuovo.
Yuki alzò gli occhi al cielo e sbuffò sonoramente.
“Sei impossibile!” lo rimproverò voltandosi e afferrando una mantella da sopra una poltroncina. Mentre la indossava, si voltò verso di lui per guardarlo male ancora un po’. “Vedi di berla per quando sarò tornata.”
Luka quasi scattò in piedi quando collegò i suoi gesti e le sue parole.
“Dove stai andando?” chiese, dimenticando per un attimo la schifezza tra le sue mani.
Sebbene Yuki non si fosse comportata con lui come una padrona, Luka percepiva il legame tra loro. E anche se non l’avesse percepito, iniziava a temere che si sarebbe preoccupato per lei ugualmente. Ad ogni modo, sentiva una sorta di ansia mista ad una terribile sensazione d’impotenza prenderlo alla gola all’idea di lei che andava chissà dove da sola. Andiamo, a malapena era in grado di sollevare un vassoio, figurarsi difendersi da sola! Come poteva pensare di andarsene in giro senza scorta?! Luka non riusciva a concepire l’idea.
“Frena i cavalli, grande condottiero.” lo prese in giro lei, con un sorriso un po’ più dolce, mentre gli si avvicinava. Con sua enorme sorpresa, gli lasciò un bacio sulla fronte. “Vado solo al cancello per rinforzare il Kekkai, la notte di Valpurga lo ha indebolito. Resto sotto la barriera, recito due formule e torno: non mi succederà nulla.”
Luka non ne era così convinto, era inquieto, ma Yuki non lo lasciò parlare.
“A te invece succederà qualcosa di molto brutto se non berrai quella linfa prima del mio ritorno!” continuò a dirgli, con un tono scherzoso, mentre raggiungeva la porta ed usciva.
Luka si ritrovò fermo, bloccato a letto, solo con Sodom che, in forma di lupo, fissava con sospetto la roba verde nella tazza.
“Vuoi prenderla tu?” chiese il Duras sporgendogli il contenitore e lasciando che lo annusasse.
Sodom starnutì immediatamente e subito dopo scosse la testa, facendo smorfie e schioccando la lingua in segno di rifiuto assoluto per quella robaccia puzzolente.
“Concordo.” borbottò Luka, tornando a fissare l’intruglio come fosse il nemico più terribile da lui mai incontrato. Yuki doveva odiarlo più di Lucifero per torturarlo a quel modo.
A proposito di Yuki, il ragazzo tese la mente per raggiungere la sua aura. Era facile riconoscerla, era così bianca e luminosa da essere paragonabile a…un bersaglio grosso come una mucca.
Luka sospirò. Proteggerla sarebbe stato un lavoro difficile, la ragazza aveva praticamente scritto in fronte ‘Colpire qui, grazie’.
Il Duras si tendeva ad ogni aura che sentiva arrivare vicino alla Luce del Dio e si rilassava solo quando quelle passavano oltre e si allontanavano. Alla fine, Yuki arrivò alla barriera e la sua aura si illuminò ancora di più quando lei iniziò ad evocare incantesimi. Luka ringhiò fra i denti, ma sapeva che quello era il dovere di Yuki e si costrinse ad accettare la cosa. O almeno ci provò.
Sospirando, il demone rimise a fuoco la schifezza verde che Yuki sosteneva gli avrebbe fatto bene –se non l’avesse ucciso, cosa di cui lui non era poi così certo– e chiuse gli occhi. Con una smorfia, si portò il bicchiere alle labbra.
Un pensiero tagliente, come non suo, gli attraversò dolorosamente il cervello, facendogli sgranare gli occhi. Il bicchiere gli cadde dalle mani e la linfa verde si allargò sulle lenzuola quando si portò le dita alla testa ferita, che aveva iniziato a pulsare violentemente in risposta alla sensazione di pericolo.
Luka ringhiò quando capì che era stato il Contratto a portargli una percezione che Yuki non aveva decifrato, ma che lui conosceva fin troppo bene. Balzò giù dal letto di corsa, così tanto che appena fu in piedi il mondo prese a vorticargli attorno, nel momento in cui il suo cervello riconobbe la presenza dell’aura di un Opast vicino alla sua mistress.
“Sodom!” chiamò Luka.
Il lupo fu rapido a mettersi al suo fianco, lasciando che lui gli si aggrappasse alla pelliccia per non crollare a terra, e con i denti afferrò un mantello nero che la Luce del Dio aveva lasciato sul letto e lo mise sulle spalle del suo padrone per coprirne il tronco, nudo ad eccezione delle bende.
Luka si strinse addosso il tessuto senza pensare, troppo concentrato sulle due figure che ora gli interessavano: la sua padrona e il demone che la stava spiando senza che lei avesse avvertito il pericolo.
Il Duras misterioso si allontanò un po’ dalla barriera e attese. L’aura di Yuki oltrepassò il Kekkai e uscì allo scoperto.
No, stupida!
Luka ringhiò, pur sapendo che né lei né il suo cacciatore l’avrebbero sentito, e si gettò verso la finestra, aggrappato a Sodom che obbediva d’istinto ai pensieri confusi del suo padrone. Infransero il vetro, senza preoccuparsi di far accorrere chicchessia, e una volta a terra, incolumi solo grazie alla magia di Luka, iniziarono a correre.
Il Duras sentiva il corpo protestare, ma era abituato ad ignorarlo perciò continuò a correre. Cercò Yuki con la mente non appena intravide il cancello d’ingresso della Tenuta Principale, ma non fece in tempo perché l’urlo di Yuki lo distrasse.
Ruggendo quanto più forte poteva, in avvertimento, oltrepassò il Kekkai e si gettò tra gli alberi, inseguendo la voce di lei. Sodom, alle sue spalle, ululò.
Trovarono Yuki poco più avanti, in mezzo ad un cimitero senza mura costruito alla bell’e meglio sulle rocce che circondavano la Tenuta. Luka intuì che doveva trattarsi del terreno consacrato dedicato ai cadaveri degli Zweilts e delle Luci del Dio, seppelliti dove nessuno avrebbe potuto notare il ricorrere degli stessi nomi e degli stessi volti.
La Luce del Dio aveva la schiena premuta contro un’alta croce e i piedi a due palmi da terra, usava le unghie per graffiare convulsamente il polso del Duras che le stava stringendo una mano attorno al collo e si dimenava per liberarsi dell’assalitore, ma senza successo.
Luka sgranò gli occhi e Cadenza gli rivolse un sorriso soddisfatto.
Nelle iridi del rosso c’era una follia nuova, quella di un pazzo che sta per vendicarsi, e dal suo occhio nero Luka intuì che Lucifero non aveva badato troppo a chi stava colpendo mentre sfogava la sua rabbia. Chissà perché, non si sentiva per nulla in colpa all’idea del rosso che pagava per lui.
Si accovacciò e ringhiò, preparandosi ad attaccare, ma Cadenza sollevò un indice.
“Ah, ah, ah!” lo fermò, poi indicò la Luce del Dio. La lama rossa del Generale comparve nella sua mano, trasformando il gesto di indicare in una presa salda sull’elsa e facendo sì che la punta della spada graffiasse la gola di Yuki, strappandole una goccia di sangue che le rotolò giù lungo la linea sottile del collo.
Luka iniziò a vedere rosso ed era più che certo che non fosse per le ferite.
“Allontanati. Immediatamente. Da. Lei.” scandì lentamente, ma lo stesso la sua gola trasformò ogni parola in un ringhio spaventoso.
Cadenza continuò a sorridere.
“Dovresti essere contento che lui vi voglia vivi…” iniziò, poi finse di pensare, “Oh beh, forse no. Qualsiasi cosa abbia in mente per voi, sarà davvero tremenda.”
Luka si accucciò ancora di più, in una posa quasi ferina, e alcune scintille di energia viola si sprigionarono dai suoi occhi facendoli brillare minacciosamente.
Yuki riuscì a voltare la testa abbastanza per vederlo e, con sommo sgomento del ragazzo, sorrise sollevata.
Dopo mi sentirai, oh se mi sentirai!, promise il Duras mentalmente, Maledetta ragazzina stupida, ingenua e incosciente!
Cadenza fissò Yuki con più sgomento di Luka.
“Che cosa ridi?!” le strillò in faccia, scioccato e forse spaventato dalla sua calma, “Pensi che possa battermi?! Ti sbagli! Lui è solo un cane!”
La ragazza non aveva detto nulla, ma lo stesso quando tornò a guardare Cadenza questo lasciò la presa sulla sua gola per avere una mano libera e la colpì al viso con un manrovescio non appena i suoi piedi ebbero toccato terra.
Yuki, gracile e mingherlina com’era, cadde rovinosamente a terra su di un fianco, gemendo di dolore, e Luka perse definitivamente il controllo.
Approfittando del fatto che Cadenza non avesse più le mani sull’ostaggio, gli si lanciò addosso, finendo per rotolare con lui ad alcuni metri da Yuki.
Le rocce, le croci di legno che si ruppero sotto i loro pesi e i sassi li ferirono, facendo protestare il corpo già debilitato di Luka, ma quest’ultimo ignorò il dolore. Ritrovatosi a terra su fianco, notò Cadenza vicino alle sue gambe e tentò di colpirlo al viso con un calcio, ma questi riuscì a sfuggirgli e a saltare in piedi prima di lui.
Mentre Cadenza richiamava a sé la sua lama, Luka afferrò l’orecchino di Roxass. Nella furia del momento, si strappò il gioiello dall’orecchio senza curarsi di aprirlo e il lacerarsi del suo elice gli mandò al cervello una stilettata di dolore che questo ignorò bellamente.
Luka sfruttò la propria posizione in ginocchio per attaccare per primo, dal basso, mirando al ventre del Generale Opast, ma questi fu abbastanza veloce da parare l’attacco.
No, non è lui ad essere veloce., realizzò Luka continuando ad attaccare senza sosta e vedendo i propri colpi sempre parati o evitati con tranquillità, Sono io che sono lento!
Strinse i denti e costrinse il suo corpo al limite nei minuti successivi, ma le ferite e la debolezza per la settimana di digiuno negli inferi si fecero sentire e non riuscì a migliorare le proprie abilità di molto. Cadenza non ebbe alcun problema ad adattarsi al nuovo ritmo di colpi.
Luka disimpegnò la propria spada e saltò indietro, allontanandosi dal rosso e atterrando in punta di piedi su una roccia. Con un attimo di ritardo, scoprì che i vari fendenti schivati da lui e dal suo avversario avevano aperto solchi sul terreno, rialzato intere zolle di pietra e reso il cimitero come il negativo di una ragnatela spezzata. Yuki era aggrappata alla croce e una spaccatura nel suolo passava a solo due dita dai suoi piedi, ma per fortuna Sodom l’aveva raggiunta e, sebbene dall’altra parte del solco, le si era messo di fronte per proteggerla in caso i duellanti le si fossero avvicinati troppo.
Luka ansimava, mentre Cadenza era palesemente ancora nel pieno delle forze, tanto che iniziò a giocherellare con la sua spada facendola roteare con un abile gioco di polso.
Lo Zess non aveva idea di quanto tempo fosse che combatteva, ma attorno a lui si era creato un deserto di macerie, rocce e croci storte o spezzate. La polvere dovuta allo sbriciolarsi delle pietre nella lotta, ora che i due erano fermi, si posava lieve su una distruzione assolutamente tremenda e rendeva tutto di un colore a metà tra il nero e uno strano bluastro. Il cimitero appariva come fosse stato abbandonato da secoli, eppure solo poco prima era in perfette condizioni.
Sta andando troppo oltre., ragionò Luka. Non poteva vincere se nemmeno si rendeva conto di ciò che lo circondava, significava che semplicemente per mantenere quella parità faticata si stava concentrando solo ed esclusivamente su Cadenza. Rischiava addirittura di ferire Sodom o Yuki inavvertitamente e il Generale nemmeno si stava impegnando al massimo delle sue facoltà.
Lo Zess stava ancora cercando un modo per costringere il rosso alla ritirata, o per toglierlo dalla strada che avrebbe permesso ai suoi due protetti di raggiungere il Kekkai della Tenuta Principale, quando questi scomparve nel nulla. Luka si irrigidì e un secondo dopo un dolore atroce lo prese al rene destro.
“Alla fine ti ho preso…” cantilenò Cadenza nel suo orecchio, avvolgendogli il braccio libero attorno al collo per tenerlo fermo, e poi con una risata spinse ancora più in profondità la lama nella schiena del moro, facendogliene spuntare la punta dal ventre.
Luka ringhiò di dolore quando la spada lo trapassò da parte a parte e d’istinto artigliò l’avambraccio del Generale, ma questo non lo mollò nemmeno quando le sue unghie crebbero fino a trapassare carne, ossa e tendini da parte a parte. Anzi, rafforzò la presa.
“Fa’ il bravo.” gli rise Cadenza nell’orecchio, “Lucifero ha detto che ti vuole vivo, non costringermi a disobbedirgli.”
“Tanto ora ti pesta lo stesso, vero?” sibilò Luka.
A malincuore, lasciò cadere Roxass a terra per avere anche l’altra mano libera e con questa riuscì ad afferrare i capelli sulla nuca di Cadenza. Tenendo il Generale fermo a quel modo, lo colpì al naso con il retro della propria testa e questi si staccò imprecando e stringendosi una mano sul viso sanguinante.
Luka tentò di muoversi in avanti, ma tutto ciò che ottenne dal suo corpo fu un vago barcollare e, prima che potesse recuperare la propria spada, Cadenza si gettò su di lui, afferrò la sua lama e la svelse con violenza dallo squarcio nel corpo del ragazzo.
La schiena di Luka si inarcò all’indietro mentre un ruggito di dolore gli scappava dalle labbra, un attimo prima che il suo corpo perdesse definitivamente ogni rimasuglio di energie e crollasse a terra stremato.
Il mondo si allontanò all’improvviso.
I suoni divennero ovattati, confusi, e tutto attorno a lui sembrò muoversi al rallentatore. I piedi di Cadenza entrarono nella sua visuale con lentezza esasperante e allo stesso modo la sua gamba lo colpì allo stomaco. Il corpo di Luka tremò leggermente per il calcio, ma una sorta di tremolio fu tutto ciò che lo Zess percepì. Il dolore, se anche ci fu, non raggiunse il cervello, in quel momento vittima di una strana foschia. Luka sapeva che si sarebbe dovuto alzare, ma per quanto ordinasse al proprio corpo di farlo questi non rispondeva.
Sotto il suo corpo si allargò sempre più una grossa macchia rossa che raggiunse anche le dita della mano che aveva di fronte al viso. Poteva una persona perdere tanto sangue? Probabilmente no, ma lui era un demone e il dissanguamento non era una delle opzioni praticabili per la sua morte: molti Duras, soprattutto Zess, cedevano o erano costretti a cedere il proprio sangue come nutrimento ad altri, in cambio di qualcosa o come prova di fedeltà, possesso e tutte quelle cose. Anche se venivano privati del liquido fino all’ultima goccia, ne ricavavano solo una profonda debolezza che li costringeva in una sorta di sonno o coma per parecchi giorni, fino a quando il corpo non ricreava del tutto il sangue perso, ma nulla di più. Però lui non poteva permettersi di entrare in coma in quel momento.
Gli stivali neri di Cadenza si allontanarono da lui, voltandosi e puntando verso Yuki.
La ragazza nemmeno guardava il Generale, anzi si protendeva verso di lui e solo la grossa sagoma di Sodom premuta contro di lei le impediva di andargli incontro. Con un attimo di ritardo, Luka realizzò che Yuki non stava cercando di raggiungere Cadenza, ma lui.
Dannata stupida…, pensò, ma in realtà quella sua preoccupazione scaldò qualcosa dentro di lui.
Yuki era l’unica persona che si fosse mai preoccupata per lui e che si comportava da amica, era la ragazza piccola e magra che lo aiutava con Sodom, che profumava di gigli e i cui baci sapevano di miele. Ma soprattutto era la persona che lo aveva salvato da Lucifero anche rischiando se stessa in prima persona. Era la Mistress che lui aveva giurato di proteggere. E lui manteneva sempre i suoi veri giuramenti.
Con un ringhio di rabbia, spezzò la nebbia che avvolgeva i suoi sensi, recuperando la lucidità che la carenza di sangue stava creando, e puntò i palmi a terra poi, anche se dovette far appello a tutta la forza che aveva, si tirò a quattro zampe. Con il dorso della mano si pulì il sangue dalla bocca.
“Non abbiamo ancora finito…” ringhiò puntando gli occhi argento in quelli del Generale.
Cadenza, ad un passo da Yuki, lo fissò con sgomento misto a terrore, ma solo per un attimo. In un secondo fu subito accanto a Luka e iniziò a colpirlo a calci e pugni per bloccarlo a terra ed impedirgli di alzarsi.
Lo Zess portò un braccio a proteggersi lo stomaco dai calci, ma si sforzò di non cadere prono.
Se fosse finito di nuovo a terra in quel momento, lo sapeva, non si sarebbe più rialzato.
Non così!, pensò in un lampo d’orgoglio, Non come un cane!
Con un ruggito, strinse la mano che teneva sul petto a pugno, chiamò tutta la propria forza e la propria magia nel braccio e con il gomito andò incontro alla tibia di Cadenza.
Il colpo fu duro da entrambe le parti e tutti e due sibilarono per il dolore, ma ci fu un solo schiocco inquietante.
Cadenza zoppicò indietro stringendo con le mani la coscia della gamba colpita, ma Luka sibilò quando il suo braccio cadde inerte verso il terreno, con l’articolazione centrale spezzata e perciò ormai inservibile.
 
[A te che io
ti ho visto piangere nella mia mano,
fragile che potevo ucciderti
stringendoti un po’,
e poi ti ho visto
con la forza di un aeroplano
prendere in mano la tua vita
e trascinarla in salvo.]
 
Yuki si portò le mani alla bocca per soffocare un urlo quando Luka saltò di lato, per togliersi dalla posizione di svantaggio in cui era, e lei poté vedere il suo braccio penzolare in modo innaturale, inerte. Lo Zess strinse l’arto subito sotto la spalla con la mano sana e si concesse una smorfia, ma poi dovette schivare di nuovo un affondo di Cadenza. Riuscì a scampare al colpo per un soffio, però il Generale lo incalzò ancora e ancora e ancora, costringendolo a spostarsi a grandi balzi all’indietro, incapace di capire in che direzione si stesse muovendo e sempre più lontano da Sodom e Yuki.
La ragazza sobbalzò quando un colpo per poco non tranciò di netto una gamba dello Zess.
“Sodom, spostati!” supplicò quindi per l’ennesima volta, cercando di oltrepassare l’enorme lupo nero che le bloccava la strada verso i due combattenti.
L’animare ululò poi però, anziché rimandarla indietro, le morse la gonna e iniziò a tirarla con sé nella direzione opposta a quella nella quale Cadenza stava spingendo Luka.
“Sodom, no!” iniziò a dire Yuki, ma poi la vide.
Roxass giaceva inutilizzata per terra, troppo lontana perché Luka la raggiungesse e troppo pesante perché lui potesse, nelle condizioni in cui era, chiamarla a sé con la magia.
Yuki gettò un’occhiata a Luka, capace solo di schivare, quindi capì. Corse in avanti, e Sodom la lasciò andare, fino a raggiungere la spada abbandonata sulle rocce, quindi afferrò l’elsa. L’arma era veramente pesante, specialmente per lei che non aveva tutta quella forza, e le occorse un attimo per sollevarla ad un’altezza notevole.
Si voltò per lanciarla a Luka, ma lo Zess era finito a terra sulla schiena poco lontano da lei e ora Cadenza stava svellendo la propria spada dalla sua coscia, strappandogli un ringhio di dolore.
Yuki non pensò.
Non aveva mai veramente combattuto in vita sua, ma non ci fece molto caso. Corse fino ai due, alzò la spada con entrambe le mani sopra la testa e poi calò il colpo più forte che le riuscì sulle spalle di Cadenza.
Evidentemente avrebbe dovuto chiedere ad un qualche Zweilt di insegnarle la scherma, perché il rosso inarcò la schiena e gridò di dolore, ma in un attimo si voltò, gli occhi carichi di furia.
Yuki tentò di caricare un secondo colpo, ma il Generale la raggiunse allo stomaco con un pugno tanto violento da farla cadere in ginocchio, Roxass che le scivolava dalle dita mentre lei, d’istinto, portava le mani al ventre. Boccheggiò, sgomenta, e quando riuscì a riaprire gli occhi e a rialzarli, Cadenza stava per restituirle il fendente, mirando alla sua testa.
Un attimo prima che iniziasse il gesto, però, Luka riuscì a far leva sulla gamba ancora sana e saltargli sulla schiena, passandogli un braccio attorno alla gola. Il rosso fece due passi indietro prima di riuscire a divincolarsi a sufficienza per tirare una gomitata nel plesso solare di Luka, dove già stavano le ferite inflitte da Lucifero, e il moro perse la presa, crollando a terra sulla schiena.
L’Opast premette un piede sullo squarcio nella coscia dello Zess e questi dovette mordersi le labbra per non urlare mentre chiudeva gli occhi e inarcava la schiena all’indietro.
Yuki aveva ancora le braccia incrociate sullo stomaco e non riusciva a muoversi. Fissava l’espressione di dolore assoluto sul viso di Luka e all’improvviso la sua vista annebbiata passò in secondo piano.
La sentiva, la follia, premere contro i muri solidi della sua testa, gabbia per i suoi pensieri e rifugio per la sua stessa essenza. Era come una nube nera di caos e disordine, dove nulla aveva senso e lei era ancora più sola di quanto non fosse nella realtà. Una nebbia in cui l’unica cosa certa era il dolore, acuto e lacerante, terribile.
Però preferiva accogliere quel dolore, che lasciare Luka nel suo.
Chiuse gli occhi, cercò tutta la luce che trovò dentro il proprio cuore spaventato e la convogliò nelle mani che, lentamente, staccò dal proprio corpo per portare davanti a sé, con i palmi perpendicolari al terreno. Unì le punte degli indici e dei pollici e creò un triangolo, poi abbassò le dita rimanenti. Nel centro della figura convogliò tutta la magia che poté e poi pensò a Luka.
Se solo fosse stato sano, nel pieno delle sue forze, non avrebbe avuto alcun problema ad eliminare Cadenza.
Si concentrò solo su quello, non si fermò neanche un istante a pensare che lo Zess, in quanto Duras, potesse essere ferito dalla sua magia.
Luka non è un demone., le disse una voce nella sua testa, È solo un angelo nato nel posto sbagliato.
E spinse tutta la propria magia, la propria sanità mentale e la propria forza vitale verso il suo Zess dagli occhi d’argento.
Ti amo, Luka. Grazie per non avermi lasciata da sola, grazie per avermi dato un legame per cui valesse la pena di combattere. Grazie e, ti prego, perdonami perché non sarò come te.
 
[A te che mi hai insegnato i sogni
e l’arte dell’avventura.
A te che credi nel coraggio
e anche nella paura.
A te che sei la miglior cosa
che mi sia successa.
A te che cambi tutti i giorni
e resti sempre la stessa.]
 
Luka non ricordava molto, aveva solo flash frammentati di ciò che era successo.
Il momento prima era prigioniero del buio delle proprie iridi e del dolore atroce che gli arrivava da ogni centimetro del suo corpo, ma quello dopo c’era una strana luce bianca tutto attorno a lui, anche se aveva gli occhi chiusi, ed una specie di brezza fresca lavava via tutte le ferite. Quando aveva riaperto gli occhi, Yuki era immersa in una sottile luminescenza che le faceva ondeggiare i capelli e l’abito. Aveva aperto gli occhi un attimo, lo aveva guardato e gli aveva sorriso, ma con una tristezza infinita. Poi aveva rovesciato gli occhi all’indietro, era caduta sulla schiena e aveva urlato e da allora tutto era confuso nella testa dello Zess. Ricordava il corpo di lei che si inarcava, preda di spasmi che lui non poteva fermare, e la sua voce urlare per un dolore a lui sconosciuto; ricordava un proprio ringhio e poi l’espressione terrorizzata di Cadenza e Roxass vicino alla giugulare del Generale, l’uniforme del rosso zuppa di sangue prima che scomparisse, e infine alberi e alberi e alberi.
Luka non era certo di come fosse guarito o di cosa fosse successo a Cadenza, ma era conscio del peso tra le sue braccia e del paesaggio che sembrava aprirsi per lasciargli strada fino al Kekkai. Quando intravide la barriera, Luka ricordò che Yuki era preda di qualcosa di strano, che si dimenava tra le sue mani con la pelle sudata e il viso bollente distorto in una smorfia di dolore, e ricordò che senza di lei non avrebbe potuto attraversare il confine della Tenuta. Se l’avesse fatto, l’incantesimo lo avrebbe messo fuori combattimento e avrebbe fatto accorrere tutti gli Zweilt per proteggere la principessa.
Quando arrivò al Kekkai, Luka non si fermò.
Un dolore lo prese quando mise un piede sul limitare della barriera, acuto come uno spillo nel centro esatto del cranio, poi la sua testa si spense e lui si perse nel buio.
 
[A te che sei,
semplicemente sei.
Sostanza dei giorni miei,
sostanza dei sogni miei.
A te che sei,
essenzialmente sei,
sostanza dei sogni miei,
sostanza dei giorni miei.]
 
“Soffoco… Mi sento male…”
Luka sobbalzò nel sentire quella voce. Era esitante, bassa e strozzata, tremula e come incompleta perché rotta nel bel mezzo della parola, però lui la conosceva.
Yuki?!
Tentò di guardarsi attorno, ma realizzò di non sapere bene dove fosse e di non riuscire a trovare con precisione il proprio corpo.
“Ascolta…ti prego…”
Luka continuò a guardarsi attorno, sgomento, ma vedeva solo e soltanto buio e nulla di più. Non riusciva nemmeno a capire da dove provenisse la voce di Yuki, sembrava così vicina eppure così…ovunque…, e questo lo faceva impazzire perché era così sofferente che ogni parte di lui gli stava urlando di raggiungerla.
“Non ce la faccio più… Vorrei…che qualcuno mi liberasse.”
Lo Zess si sentiva impotente come mai prima di allora. Avrebbe voluto muoversi, raggiungerla, o anche solo gridarle di non fare la stupida e di aspettare, che lui l’avrebbe raggiunta prima o poi, ma non poteva fare altro che restare fermo, senza corpo, ad ascoltarla soffrire.
Qualcosa cambiò. La voce di Yuki perse il suo eco, come se dal nulla fosse passata ad un mondo di carne, e all’improvviso Luka la sentì proprio vicina, neanche gli fosse di fronte o stesse parlando direttamente nelle sue orecchie.
“Ti supplico”, mormorò, con voce debole ma seria, carica di lacrime non versate, “quando verrà la mia ora…”
Luka seppe, d’istinto, di non voler ascoltare ciò che stava per sentire, ma non aveva mani da premersi sulle orecchie che non riusciva a trovare.
No! No, no, no! Stupida Yuki, non dire sciocchezze! Vieni qui!
Desiderò così tanto di ritrovare il proprio corpo e d’un tratto, come dal nulla, riconobbe le proprie palpebre e le scoprì chiuse.
Quando le aprì, attorno a lui c’era solo il cimitero devastato degli Zweilt che però ora si estendeva per miglia e miglia, fin dove poteva arrivare il suo sguardo, creando un orizzonte di desolazione assoluta. Qualcosa di caldo e morbido si mosse contro il suo petto, in una gabbia protettiva che lui aveva inconsciamente creato con le proprie braccia e il proprio tronco.
Abbassò lo sguardo e Yuki aveva il viso premuto nelle sue bende, le mani strette a pugno posate sopra la stoffa, e non osava guardarlo. Lui indossava ancora il mantello nero datogli da Sodom, anche se ora lacero per la battaglia con Cadenza, e Yuki indossava il suo abito, ma con molti pezzi in meno, come se anche lei avesse combattuto per ore contro qualcosa. I fiocchi nei suoi capelli si erano sciolti e strappati e ora giacevano a terra inerti mentre le ciocche di lei le ricadevano gentilmente sulle spalle e giù lungo la schiena.
Yuki non gli mostrò il viso quando concluse la sua richiesta: “uccidimi con le tue mani.”
Luka sgranò gli occhi, ma quando aprì la bocca per replicare, lei fu più rapida.
“Se il mio destino è perdere la testa e morire di follia...preferisco allora che tu, con le tue mani, mi liberi di questa profezia.” mormorò, inerme come una bambina.
Luka sentiva che c’era qualcosa di sbagliato in ciò che lei aveva detto, ma in realtà gli appariva tutto così chiaro e semplice, che non esitò a rispondere.
“Ho capito.” disse, perché forse non era vero ma esisteva una parte di lui convinta che fosse così, convinta di aver profondamente capito qualcosa, finalmente. “Io non farei mai niente…che possa causarti angoscia o dolore.” si sentì dire e forse era quella la verità che aveva capito. “Lo giuro. Però terrò fede al mio giuramento solo se dovesse capitarti qualcosa... Ma tanto ci sarò sempre io a proteggerti.”
Luka guardò l’orizzonte scomparso e desolato che li circondava e sentì che qualcosa di brutto stava per capitare, che un nemico invisibile stava arrivando per loro. Per lei.
Si alzò in piedi staccandola da sé con delicatezza e Roxass fu subito nella sua mano. La tese per mostrarne la lama insanguinata a Yuki, a riprova di quanto vero fosse ciò che aveva detto.
“Devi stare tranquilla perché io non ti tradirò mai.”
Yuki lo fissò, ancora inginocchiata a terra, ma non sembrò rassicurata dalle sue parole. I suoi occhi grandi si allargarono e una patina di lacrime li ricoprì, rendendoli più belli e luminosi ma anche più dolorosi per lui. Il demone non capì perché, ma Yuki allungò la mano, sporca di sangue, verso di lui come se si stesse allontanando da lei, come se la stesse abbandonando di nuovo nella sua solitudine e come se lei fosse terrorizzata alla sola idea di perderlo.
“A…aspetta!” iniziò a chiamarlo e Luka avrebbe voluto stringere le sue dita e darle della stupida per quella folle paura, ricordarle che non l’avrebbe mai potuta lasciare neanche volendo ora che avevano il Contratto e che lui era un ottimo guerriero quindi non doveva preoccuparsi, ma non ci riuscì.
La voce era sparita di nuovo ed era come se, anche se fermo, qualcosa lo stesse trascinando via da Yuki, allontanandolo. Cercò di muoversi, di tornare verso di lei, ma era di nuovo paralizzato. Sgranò gli occhi vedendola divenire sempre più piccola e sfocata, sempre più distante, mentre la sua voce tornava l’eco disperato che aveva sentito all’inizio.
“Luka!” continuava a chiamarlo, protesa verso di lui, “LUKA!”
Luka sobbalzò e sgranò gli occhi. Aveva il fiatone e attorno a lui c’era una stanza che non aveva mai visto prima.
Tirò un piccolo sospiro di sollievo realizzando che il suo era stato solo un sogno, quindi si tirò a sedere nonostante le proteste della sua testa, ancora dolorante per…per cosa?...ah, giusto, per lo scontro con il Kekkai. Luka fece una smorfia ricordando la sua grandiosa idea, ma poi, massaggiandosi la nuca, si alzò in piedi e si guardò intorno. La stanza era bianca, abbastanza piccola, con un letto ad una piazza sola circondato da ciotole piene di erbe e piante e impiastri strani, compresa quell’aloe-schifezza che anche Luka aveva dovuto patire, e la luce che entrava dalle finestre sulla destra era quella arancione del tramonto.
Ma Yuki non era da nessuna parte.
Luka si tese immediatamente, preoccupato, ma prima che potesse dire qualcosa la porta di fronte al letto si aprì per lasciar entrare un uomo. Era alto, con lunghi capelli bronzo e cenere di Yuki, occhi sottili gelidi color ambra come Yuki. Aveva un portamento sicuro di sé nonostante stesse entrando nella stanza occupata da un Duras profondamente confuso e preoccupato per la sua Mistress. E lo fissava dritto in viso. Per un qualche motivo che non seppe bene identificare, Luka sentì immediatamente di non sopportarlo.
“Sei già in piedi, incredibile.” commentò l’uomo con un sorriso strano prima di dirigersi verso una scrivania nell’angolo della stanza e sedersi sulla poltrona, “Yuki mi aveva detto che guarisci rapidamente, ma mi sorprendi lo stesso. Oh, e io sono Takashiro Giou.”
Luka elaborò in fretta il pensiero.
“Sei il capofamiglia di Yuki.” commentò, teso. Qualcosa non quadrava. “Dov’è lei?”
Takashiro non sembrò sorpreso dalla sua domanda, però sospirò.
“Sei nella stanza della nostra guaritrice, mentre Yuki è nei suoi alloggi.” disse poi lo guardò di nuovo in viso, “Ti ringrazio per averla portata qui subito: non sarà molto, ma potremo almeno renderle tutto il meno doloroso possibile fino all’ultimo.”
Il cervello di Luka rifiutò di processare quella frase, ma la sua bocca non poté trattenersi.
“Che diamine vorrebbe dire?!” ringhiò.
Questa volta, Takashiro parve davvero preso in contropiede e necessitò di alcuni secondi prima di capire.
Yuki, che cosa gli hai fatto?!, pensò quando comprese.
“Lei non te l’ha detto, vero?” mormorò, scioccato.
Luka sollevò un sopracciglio. La sensazione di irritazione che provava al solo guardarlo continuava a crescere. Non rispose, incerto sull’argomento della conversazione, ma Takashiro sembrò prenderlo come una risposta perché si alzò. Chissà perché, Luka era certo che non fosse un buon segno.
“La Luce del Dio…” iniziò a dire Takashiro, tenendo gli occhi fissi su Luka per calibrare le sue reazioni. Non voleva essere lui a dare al Duras la notizia, ma ormai era troppo tardi perché Yuki potesse farlo di persona. “…non si limita a curarci.” Vada per la strada più lunga: non credo che renderà tutto più facile, ma meglio di niente. “Quando guarisce qualcuno, lei prende su di sé tutto il suo dolore, fisico e mentale.”
Gli occhi di Luka si illuminarono pericolosamente per un attimo quando comprese il proprio coinvolgimento nell’ultima ricaduta di Yuki. Takashiro non fu tanto sorpreso nel sentirlo chiedere se fosse stata lei a guarirlo, ma lo fu dalla rapidità con cui il Duras intuiva le cose. Sarebbe stato difficile indorargli la pillola in modo da convincerlo a rimanere con loro anche senza Yuki.
“Alla fine,” riprese a dire, sempre tenendo gli occhi fissi in quelli di Luka e sforzandosi di non mostrare nulla con il viso, “lei raggiunge il suo massimo di sopportazione. Il problema è che non porta su di sé solo il proprio dolore, ma quello di tante altre persone e perciò, in un attimo, oltrepassa il limite. Sai cosa succede in questo caso?”
Luka non lo sapeva e rimase impassibile. Ora era più che certo di non volerlo sapere, ma come al solito si ritrovava forzato contro la sua volontà.
Takashiro sbatté solo le palpebre, unico segno di solidarietà nei confronti del Duras, quindi si costrinse a dirlo.
“Perde la sua sanità mentale, la ragione. Impazzisce.” spiegò, poi i suoi occhi si scurirono un po’, “E muore.”
Luka rimase immobile. Non sentì nulla, nemmeno nel suo petto, se non una forte irritazione.
“La Luce del Dio è immortale.” sibilò, “Lo sanno tutti i demoni.”
Takashiro lo fissò per un lungo momento prima di scuotere la testa.
“La Luce del Dio raramente raggiunge i venticinque anni di vita, molto spesso non arriva nemmeno ai venti e quando gli attacchi dei demoni sono serrati non riesce nemmeno a vedere i sedici.” La sua voce era gelida e ferma, inespressiva, nonostante la realtà cruda che stava sbattendo in faccia a Luka. Venticinque, venti, quindici…non riusciva nemmeno a concepire delle unità di tempo così piccole, dopo quattrocento anni di vita. “Rinasce.” continuò a dire Takashiro, forse notando qualcosa che mutava nel suo viso, “Come tutti gli Zweilt, viene fatta reincarnare, solo che le sue morti e nascite vengono tenute segrete, così che i nostri nemici non ci attacchino a cuor leggero quando lei è incapace di aiutarci.”
Luka fissò Takashiro. Adesso iniziava a sentirsi molto giustificato nel detestarlo.
“Non è mai stata malata.” disse e Takashiro scosse la testa.
“Era al suo limite, ma chissà come la tua compagnia le ha dato un po’ di tempo in più.”
Limite. Luka iniziava a detestare quella parola.
“Quando mi ha guarito nel cimitero, ha oltrepassato il limite?” chiese.
Takashiro, come al solito, attese un attimo prima di annuire, come per prevedere la sua reazione, e Luka desiderò prenderlo a pugni in faccia fino a ucciderlo, ma era quasi certo che a Yuki sarebbe dispiaciuto.
Le sarebbe dispiaciuto…per quanto ancora, però? Quanto tempo le restava per rimproverarlo, per costringerlo a bere l’aloe, per giustificargli tutti i pasticci di Sodom, per…tutto?
“È tardi per fare qualcosa.” Takashiro ammise quando gli occhi argentei di Luka trapanarono i suoi con violenza inaudita. Il demone non si era mosso di un centimetro, rimaneva ostinatamente in piedi a testa alta accanto al letto, ma i suoi occhi erano passati dall’essere simili a mercurio all’essere palesemente delle lame pronte a fare a pezzi qualcuno. “Stiamo aspettando che sia alla fine, il rito della reincarnazione va compiuto sugli ultimi respiri.”
E fu a quel punto che qualcosa si spezzò dentro Luka. Qualcosa di importante che lui non aveva realizzato di stare provando.
Quando tornò dal suo attimo di introspezione, Takashiro era premuto contro il muro con la sua mano a stringergli la gola.
“L’ho portata qui subito.” ringhiò lo Zess, “Immediatamente, senza perdere un attimo. Come avete potuto non riuscire a curarla?!”
Takashiro non si prese la briga neanche di provare a difendersi, come se già sapesse che Luka non lo avrebbe ucciso, e questo fece venire voglia al demone di fracassargli la trachea.
“Non c’è rimedio per ciò che sta uccidendo Yuki.” ribatté il Giou.
Luka ruggì e i vetri delle finestre tremarono, alcune ciotole in equilibrio precario sui bordi dei mobili caddero e si fracassarono a terra. Takashiro non mosse un muscolo e continuò a fissare il moro negli occhi.
“Non comportarti come se ti stessi prendendo di sorpresa.” sibilò gelido, “Hai parlato nel sonno.”
Luka esitò per un attimo, realizzando una cosa. Perché il suo sogno sapeva del destino di Yuki?!
“Com’è possibile?”
“Evidentemente, quando ti ha guarito, Yuki ha stabilito un lieve legame mentale con te. O forse è stato il vostro Contratto. Comunque sia, devi aver percepito parte dei suoi pensieri nel momento in cui realizzava di stare per morire.” commentò il biondo.
Luka voleva così disperatamente ucciderlo da trattenersi a malapena dal farlo.
“Dov’è?!” ripeté, senza sprecarsi ad esprimere il soggetto.
Takashiro attese come al solito, ma stavolta Luka non aveva pazienza e strinse la presa sulla sua gola per ribadirlo. Alla fine, il Giou annuì.
“Seguimi.”
 
[A te che non ti piaci mai
e sei una meraviglia.
Le forze della natura si concentrano in te
che sei una roccia, sei una pianta, sei un uragano.
Sei l’orizzonte che mi accoglie quando mi allontano.]

Di fronte alla porta della camera di Yuki c’erano gli Zweilt e Luka poteva dire, dalla loro espressione e dalla rigidità delle spalle di Takashiro, che Yuki non era stata l’unica a non condividere alcune minuscole ma fondamentali informazioni. Tipo il suo essere in punto di morte o il fatto che avesse un Contratto con un Duras. Non che gliene importasse poi molto in quel momento, infatti tirò dritto ignorando il fatto che Takashiro si fosse fermato e raggiunse la porta.
Quando afferrò la maniglia, qualcuno lo prese per il polso e lui si limitò a fare ciò che aveva sempre fatto. Incanalò la magia nel punto del contatto, creò una scossa elettrica e si sbarazzò del problema mandando a sbattere lo Zweilt biondo –la Voce del Dio, se non ricordava male– contro un muro del corridoio.
Alle sue spalle, Takashiro rise appena.
“Dovresti imparare a gestire le tue relazioni sociali.” commentò, ma Luka non prestò attenzione né a lui né allo scompiglio che la sua presenza aveva creato tra le Mani dei Punitori ed entrò nella stanza.
Era tutto come quella mattina e al contempo tutto era cambiato.
Sodom era sdraiato per terra ai piedi del letto e uggiolava disperatamente senza sosta, le lenzuola candide erano le stesse perché vi era ancora la macchia verde della linfa d’aloe, ma la differenza sostanziale era che adesso la figura sotto le coperte era quella debole e pallida, inerme, di Yuki, non la sua, ferita ma non spezzata.
I capelli bronzo e cenere di Yuki erano larghi sotto la sua schiena, i suoi occhi grandi chiusi e la pelle chiara tesa sugli zigomi come se si fosse ristretta all’improvviso. L’aria puzzava di chiuso e del sudore di cui Yuki era zuppa e Luka poteva vedere la terra che le macchiava le braccia, larghe accanto al suo corpo e sempre in movimento, ora aggrappate alle lenzuola e ora alte nell’aria come a difendersi da qualche mosto in arrivo. Era pallida, davvero troppo, e sembrava che avesse perso parecchi chili in pochi minuti, riducendosi allo scheletro di sé stessa.
Luka aveva sperimentato tante forme di dolore nella sua vita, ma nessuno andava anche solo minimamente vicino a quello che lo colpì allo stomaco quando la sua mente realizzò lo spettacolo che le si parava davanti, tanto che per un lungo momento rimase bloccato in piedi, con il pomello tra le mani e il corpo sulla soglia.
“Lui può entrare?!” esclamò uno degli Zweilt, sgomento, alle sue spalle, e l’astio in quella voce fece riprendere Luka a sufficienza da fargli oltrepassare la porta per poi chiudersela alle spalle, lasciando fuori quel tramestio confuso.
Il silenzio della stanza, però, gli si presentò subito come peggiore, spezzato solo dagli ansiti e dai gemiti sofferenti di Yuki. Luka le si avvicinò lentamente, incerto su cosa fosse disegnato sul suo viso. Che espressione aveva in quel momento?, una triste?, una confusa?, o una rassicurante messa su per lei? Probabilmente aveva la sua solita, imperscrutabile, però in quel momento sentiva tante di quelle cose agitarsi nella sua testa e i suoi pensieri urlavano tanto forte che temeva gli si leggessero in faccia.
Yuki dovette sentire i suoi passi, o forse avvertì la sua presenza, perché aprì a fatica gli occhi. Quando lo mise a fuoco da sotto le palpebre semi aperte, sorrise lievemente e la pelle delle sue labbra, secche e raggrinzite, si spezzò su un angolo della bocca colorandolo di rosso.
Stupida… Stupida, stupida, stupida… Stupida!
Yuki sembrò sorpresa per un attimo, quindi però sorrise di nuovo.
“Va tutto bene, Luka…” mormorò piano, sforzandosi di alzare un braccio e di tendere la mano verso di lui.
Luka si affrettò a prenderla tra le sue, ma quasi rabbrividì quando sentì quanto fosse gelida. Con sua enorme sorpresa, Yuki strinse la presa e praticamente lo costrinse ad aiutarla a tirarsi a sedere.
No, stupida… Stupida, stupida, stupida Yuki…
Luka sollevò i cuscini e li appoggiò contro la testiera del letto per aiutare la sua mistress ad appoggiarvisi contro ma poi, quando ebbe fatto e tentò di lasciarle la mano, lei strinse la presa sulle sue dita.
“Starai bene, Luka.” gli disse lei, piano, “La mia anima non sarà purificata e la mia memoria rimarrà intatta, quindi il Contratto tra di noi non si spezzerà e tu non correrai alcun pericolo. Te lo assicuro, starai bene…”
Luka fu sorpreso da quelle parole. Non aveva nemmeno pensato alla faccenda del Contratto o di quello che sarebbe successo. Sinceramente, era l’ultima cosa che gli importasse in quel momento.
Stupida, non è quello che mi importa. Stupida, stupida, stupida… Stupida Yuki, stupida…
“Luka…” sussurrò allora lei, sorridendogli con dolcezza, “Stai parlando ad alta voce…”
Luka fece per aprire la bocca e replicare, ma scoprì che aveva effettivamente le labbra già aperte e ferme a metà dell’ennesimo ‘stupida’ che aveva continuato inconsciamente a ripetere. Chiuse la bocca e si morse la lingua fino a sentire il sangue giù per la gola.
“Va tutto bene, Luka.” ripeté Yuki, posando una guancia contro i cuscini pur di continuare a tenere la testa voltata verso di lui.
Tremava tutta, e convulsamente, per lo sforzo e Luka si chiese quante energie stesse usando solo per rimanere seduta, quanti dei minuti che le restavano stesse sacrificando solo per rassicurare lui. Era tutto così sbagliato.
“Va tutto bene.” ripeté, solo perché non aveva parole proprie da usare.
Yuki chiuse gli occhi e le occorsero parecchi secondi per trovare la forza di riaprirli, secondi che Luka trascorse teso come una corda di violino. Quando lo guardò di nuovo, lui tirò un sospiro di sollievo e Yuki, suo malgrado, sorrise.
“Ti amo, Luka.” disse, chiudendo gli occhi e regalandogli uno di quei suoi sorrisi luminosi e splendenti, di quelli che da soli facevano fuggire le tenebre più di tutti gli Zweilt messi assieme.
Eppure, sentendosi un bambino, Luka dovette chiedere.
“Cos’è l’amore?” sussurrò piano, poi, trovando sciocca la sua stessa domanda, si costrinse a specificare, “È la causa…del dolore che sto provando?”
Yuki sgranò per un attimo gli occhi, ma poi li assottigliò un po’ e le sue labbra si incurvarono appena, mentre sul viso le si posava quell’espressione dolce che faceva ogni qualvolta lui le diceva qualcosa di bello. Anche se non era sicuro di aver capito cosa le avesse detto di così gentile.
“Sì,” ammise Yuki in quel momento, stringendo appena la presa delle dita sulle mani del Duras, “amare qualcuno, a volte, causa sofferenza.” E, come a provarlo, lei iniziò a piangere piano. “Mi dispiace, Luka. Volevo dirtelo, ma è capitato tutto così in fretta e poi tu stavi ancora male e ho pensato che forse non era il caso di…di…” si morse il labbro inferiore, “Credevo davvero di avere più tempo.”
E, come a rimarcare quella frase, la porta si aprì, lasciando entrare un silenzioso e oltremodo serio Takashiro. Tra le mani, il capoclan Giou teneva la Chiave di Salomon e quell’oggetto bastò a far capire per cosa fosse venuto. L’uomo si avvicinò al letto, si mise dall’altra parte rispetto al demone e poi posò una mano sulla fronte di Yuki e iniziò a mormorare una strana litania, come se nella stanza non ci fosse nessun altro e quella sotto le sue dita fosse solo una bambola.
“Eccoci…” mormorò Yuki sospirando.
Luka deglutì, ma non disse nulla. Si avvicinò al bordo del letto e si piegò in avanti, poi le portò le labbra all’orecchio e le sussurrò una parola. Quando si staccò, lei lo guardò confusa.
“È il mio vero nome.” spiegò lui, scrollando le spalle. Yuki non disse nulla, ma Luka era certo che avesse compreso quanto quella sola parola significasse, quanto potere lui le stesse dando su di sé. “Sarò qui, quando ti svegli.” le sussurrò ed entrambi sapevano che quella frase aveva un significato molto più profondo di quanto non sembrasse, “Non ti tradirò mai.”
Yuki sorrise ancora e annuì, lentissima.
“Fa’ il bravo con gli altri.” si raccomandò a bassa voce, “E resta fuori dai guai.”
Un sorriso mesto salì anche alle labbra di Luka, che sentì i propri occhi bruciare in modo strano per la prima volta in vita sua e che si chinò su di lei per baciarle una guancia, unico punto del suo viso che potesse raggiungere per colpa della mano di Takashiro.
Quindi si staccò, strinse la presa sulla sua mano sempre più fredda e rimase fermo a guardarla, incurante della presenza di Takashiro o di qualsiasi altra cosa.
Nella sua testa c’era spazio per un solo pensiero: Ti prego, stupida, non andartene così.
 
[A te che sei l’unica amica
che io posso avere,
l’unico amore che vorrei
se io non ti avessi con me.
A te che hai reso la mia vita bella da morire,
che riesci a render la fatica un immenso piacere.]
 
E fu come un sogno sul fare dell’alba: tutto d’un tratto, tutto finì.
 
[A te che sei il mio grande amore ed il mio amore grande.
A te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più.
A te che hai dato senso al tempo senza misurarlo.
A te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore.
A te che sei, semplicemente sei.
Sostanza dei giorni miei,
sostanza dei sogni miei.]
 
Luka perse consapevolezza del mondo. Si rinchiuse in se stesso, nelle braccia abbandonate lungo i fianchi e nella sensazione di dita gelide che scivolavano via dalla presa inerte delle sue e nella schiena rigida fino a far male e nel viso congelato nella sua maschera di nulla.
Yuki…
Non lo disse ad alta voce, perché non sarebbe servito. Yuki non c’era più.
Luka tentò di pensarci, pensarci veramente, ma si scoprì incapace di farlo. Aveva convissuto con la morte per secoli, l’aveva invano desiderata per sé migliaia di volte e altrettante l’aveva portata in braccio con i suoi cadaveri e in lei aveva trovato la sua unica vera abilità, ma ora che la fedifraga si era presentata all’unica persona che lui avesse mai amato, l’unica cosa che desiderava era farla a pezzi e costringerla ad andarsene e a restare lontano.
“Sarà sempre così.”
Luka sollevò lo sguardo su quell’uomo, Takashiro, e lo fissò in silenzio mentre quello, palesemente provato dal rito per la reincarnazione, si alzava in piedi.
“Ogni volta” continuò questi con serietà, “sarà la stessa cosa. Dolore, dolore, dolore, dolore, follia, morte. Questa è la vita che aspetta la Luce del Dio. Riesci a capirlo?”
Luka non rispose. No, non lo capiva. Non capiva perché una persona come Yuki dovesse passare una sofferenza del genere, non capiva perché dovesse farlo per persone che conosceva a malapena e per un mondo per vedere il quale non avrebbe mai vissuto a sufficienza. Yuki diceva che era il suo dovere e lui, forse, quello lo poteva capire; ma questo non significava che gli piacesse.
“Riuscirai a sopportarlo?” lo incalzò Takashiro, ancora più serio, “Oppure tra un paio di vite ci tradirai e te ne andrai pugnalandoci alle spalle?”
Luka si raddrizzò, sempre più convinto che ammazzare Takashiro lo avrebbe fatto sentire meglio almeno in minima parte.
“Tradirvi?!” sibilò, guardando il Giou con espressione gelida e vagamente disgustata, “Io non vi devo niente, a nessuno di voi. Tu non ti fidi di me e io non ti ho giurato nulla, perciò se anche ti ammazzassi qui e ora non avrei tradito proprio nessuno e non proverei assolutamente alcun rimorso.” Spostò gli occhi sul corpo esausto e freddo di Yuki e dovette trattenersi dal tremare. “C’è una sola persona a cui appartengo, corpo e anima, e, lei, io non la tradirò mai.”
Takashiro sorrise a quella minaccia.
“Come vuoi, …?”
“Zess.” ringhiò Luka fissandolo con disgusto. Non meritava nemmeno una sillaba del suo nome, preferiva essere chiamato con il nominativo della sua razza che concedere una cosa così importante a quell’uomo.
“Ci conto, Zess.” disse solo Takashiro, prima di voltarsi e andarsene, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando Luka e Sodom soli.
Il demone si lasciò cadere in ginocchio a fianco del letto e posò la fronte contro il materasso.
Mai., pensò chiudendo gli occhi, La tua anima, Yuki, è ciò che ho scelto. Quando tornerai, in qualsiasi tempo lo farai e qualsiasi sia il tuo aspetto, il tuo carattere o il tuo odore, mi troverai al tuo fianco. E questa volta ti proteggerò, riuscirò a difenderti. Non ti tradirò mai. Una sola lacrima, solitaria quanto lui e nella luce argentea come le sue iridi, cadde dal suo viso al pavimento. Mai. Non ti tradirò mai.
Io non ti tradirò mai.
 
[E a te che sei, semplicemente sei.
Compagna dei giorni miei,
sostanza dei sogni miei.]
 
FINE




 
Testo della canzone che inframezza il capitolo: "A te", di Jovanotti.





Salve!
Fine, immagino di aver già detto che detesto questa parola. Pazienza.
Lo so, non è il finale più bello che Luka potesse desiderare, ma questo è il destino che ha scelto amando Yuki e non sarebbe stato leale finire la storia con loro felici e contenti e fingere che potesse durare per sempre.
Parlando del capitolo in sé e per sé (che, lo so, è davvero lungo) ci sono parecchie note che vorrei fare, se non vi dispiace:
- all'inizio Yuki non cura Luka usando la Luce del Dio, semplicemente perché la teoria dice che quel potere ucciderebbe il Duras e non è certo questo che vogliamo, giusto? ;) ;
- Sodom ha migliorato il suo linguaggio, lo ammetto, ma ancora è agli inizi quindi, pur usando la prima persona, continua a pensare a sé stesso in terza, abbiate pazienza con il cucciolo:) ;
- il monologo di Yuki, da "Non è poi così terribile essere rinchiusa qui." a "Qualcosa da temere." è totalmente preso dal manga, in una delle scene di ricordi di Luka;
- la storia di Satana e la sua ipotetica limitazione di poteri è totalmente di mia invenzione, ma la storia della maschera di ossa no. Ricorderete tutti l'illusione creata da Elegy per Luka, l'uomo con il viso coperto da una maschera d'osso: ecco, la mia personale teoria è che quello fosse il precedente master di Luka, tantopiù che proprio il nostro eroe pensa a lui come 'qualcosa che è successo ad Infernus': ovviamente è solo una mia teoria e non ci sono prove, quindi abbiate pietà e lasciatemi fantasticare;
- il pestaggio di Luze come vendetta contro Luka è un'altra mia invenzione, niente che vi faccia menzione nel manga, ma volevo in qualche modo giustificare la rabbia di Luze per suo fratello e il suo continuare a rinfacciargli il peggioramento delle condizioni di vita dei Crosszeria in seguito al suo tradimento;
- la lotta con Cadenza è di nuovo una mia invenzione, ma quel Duras mi stava troppo antipatico perché non permettessi a Luka di farlo a pezzettini almeno un pochino, però ho fatto in modo di ricreare il paesaggio dell'inizio del manga, ossia il cimitero di rocce tutto devastato e Luka vestito con un mantello nero e pronto a combattere;
- il sogno di Luka è la completa ripresa dell'inizio del manga, ossia il sogno di Yuki :), ho voluto creare questo parallelo facendo sognare a Luka la stessa scena solo...come cameo, ecco;
- primo incontro di Takashiro totalmente di mia invenzione, volevo giustificare l'astio che poi Luka proverà per Takashiro in tutto il resto del tempo e ho pensato che far sì che fosse lui a dirgli che Yuki stava per morire fosse il modo migliore per renderglielo...antipatico XD;
- il dialogo Yuki-Luka, da "Ti amo" (scontato, lo so) a "Sì, amare qualcuno, a volte, causa sofferenza" è di nuovo uno dei ricordi di Luka nel manga (anche se ammetto che nei disegni Yuki sembrava un po' più...viva);
- il rito della reincarnazione non è descritto, lo so, ma è per il semplice fatto che non ho la pallida idea di come avvenga XD, in compenso ho messo il fatto che Luka dica a Yuki il suo vero nome perché nel manga poi lui racconterà al Yuki-ragazzo di avergli detto il proprio vero nome in quanto suo servitore;
- "Zess", chi l'avrebbe detto che una sola parola potesse darmi tanti problemi! Perché ho fatto pensare a Luka che Zess fosse la sua 'razza'? Spiegazione lunga, quindi ascoltate con attenzione: Luka è un Crosszeria, e fin qui non piove, e "Crosszeria" è un Clan, non una razza; il punto è che Luka racconta che tutti i Crosszeria sono così disprezzati ad Infernus che è loro proibito considerarsi parte della razza Duras (ossia "coloro che sono orgogliosi") e sono invece definiti Zess ("peccatori") come fossero una razza a sé. Tutto questo per spiegarvi perché Luka si presenta come Zess (stessa cosa che se io mi presentassi "Piacere, io sono Umana" -.-) e pensi a questo come il nome della sua "razza". Probabilmente non vi interessava, ma io ve l'ho detto lo stesso XD.
E fine anche delle note -.-
Non so che dire. Uragiri non ha il seguito che merita, secondo me, qui in Italia ed è anche per questo che la storia sta venendo pubblicata anche in Inglese (ne approfitto per ringraziare un'anonima che ha recensito sul sito in inglese dicendomi praticamente di stare quasi per accusarmi di essermi plagiata da sola XD Grazie, a parte gli scherzi: mi ha fatto molto piacere!) perciò ci tengo a dirvi che, se leggete in inglese e incappate in una storia dal titolo "The First Betrayal" by Agapanto Blu, non scioccatevi se vi sembra di averla già letta da qualche parte XD
Come sempre, per la mia Onee-chan, segnando sul nostro tabellone che di devo l'ennesimo cuore nuovo, dopo questo colpo finale XD E grazie a Brokeback91, unico/a altro/a abbastanza pazzo/a da recensire questo parto (p.s. scusa, ma ogni volta che provo ad azzardare il genere di uno dei recensori finisco immancabilmente per sbagliare e fare una figura orrenda -.-) XD
Che dire? Grazie, grazie a tutti per essere arrivati fin qui (so che non è stato facile -.-)
A presto,
ciao ciao!
Agapanto Blu


P.S.
Quasi dimenticavo: nel caso non si fosse capito, sono maledettamente, dannatamente innamorata di Luka XD
  
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