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Autore: OrenjiAka    22/04/2014    3 recensioni
L'iniziazione di Tobias Eaton raccontata in pillole alternate al suo primo giorno e agli avvenimenti condivisi nelle restanti settimane con i suoi compagni, in particolar modo con Eric e Zeke.
Dalla storia:
Eric trattenne il fiato: «Stai scherzando, spero».
Tobias scosse la testa.
«Lo sai che farà un male cane?», continuò l’altro.
«Certo che lo sa!» Zeke si sfregò le mani, era eccitato. «L’ho accompagnato in un posto dove facevano piercing, giusto una settimana fa o giù di lì. A vedere tutta quella roba stava per svenire».
«Tanto non mi farò un piercing», Tobias camminava deciso verso il Pozzo, seguito da una dozzina di Intrepidi. Una sfida gli avevano lanciato e una sfida stava rispettando: un tatuaggio, il primo, in pieno petto.

Gli SPOILER consistono in personaggi presi da Allegiant e citati nella One Shoot.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Zeke
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Storia di come Tobias Eaton scoprì di essere Intrepido durante la sua iniziazione

Il treno traballava. Il giovane Eaton sentì un forte giro di testa e comprese come la nausea fosse influenzata dal nervosismo di una persona.
La cerimonia d’iniziazione era stata l'incipit della sua ribellione. Ora a spaventarlo erano la parola “Divergente” e l’iniziazione degli Intrepidi.
«Come ti chiami?», si sentì chiedere.
«Che t’importa?»
«Siamo due trasfazione, potremmo essere amici. Sempre se i tuoi progetti non ti portino a diventare un Escluso».
Non gli andava di discutere, semplicemente rispose: «Il mio nome è Tobias».

~~~
 
Gli Intrepidi si gettarono a terra con le mani sulla nuca.  Eric inarcò un sopracciglio. Che diamine stavano facendo?
L’istruttore abbassò la canna del fucile dell’iniziato: «Tienilo sempre basso, o colpirai qualcuno!».
Ah, ecco spiegato il comportamento di tutti.
Amar continuò: «Perché invece di seminare panico, non prendi esempio da Tobias?».
Tobias aveva già caricato l’arma. Aspettava che finissero tutti gli altri. Era sempre il primo.
«Comincio a non sopportarti, sai?» si sfogò Eric.
Le labbra del ragazzo si aprirono fino a mostrare un sorriso: «Non eri tu quello che diceva che dovevamo diventare amici?».
«È difficile se fai sempre il figo di turno».

~~~
 
Eric scoppiò in una fragorosa risata.
«Che c’è? Trovi il mio nome buffo?».
«No! È per la faccia con cui l’hai detto: è da funerale!».

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La mattina del giorno di riposo era sacra, secondo Tobias. Non tutti erano dello stesso parere.
«Sveglia!» Zeke sprofondò una ginocchiata nello stomaco dell’altro. «Oggi è un giorno speciale, sbrigati ad alzarti!».
Il ragazzo si piegò per il dolore. Non si chiese nemmeno che ci facesse Ezekiel Pedrad nella camera degli iniziati di altra fazione. Mormorò: «Perché? Che giorno è oggi?».
«Oggi è il giorno in cui, da Intrepidi, ci facciamo un piercing!».
Tobias sprofondò la faccia sul cuscino: «Ma non siamo ancora intrepidi!».
«E ti fai questi problemi, signore primo-della-classe?»
«Lasciami dormire».
Zeke sbruffò, caricò l’amico sulle spalle e andò via.
«Non te ne frega niente se tutta la fazione ammira il mio pigiamino con le paperelle, eh?»
«La prossima volta ti alzerai di tua volontà».

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Seguirono le indicazioni dell’istruttore e si buttarono dal treno sul tetto di un palazzo.
Eric si guardò intorno: «Oh, bene! Vedo che sei arrivato fin qui!».
Tobias ricambiò l’occhiata: «Dove credevi che fossi?»
«Di sotto, trasformato in una frittella».
Tobias inarcò le sopracciglia, si affacciò dal tetto. Una macchia era spalmata per terra, contornata di rosso. Quando riuscì a distinguere un cranio spaccato, sentì il vomito salirgli in gola.  
«Ora sai di cosa sto parlando», aggiunse l’altro.

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«Hey!» Amar diede una pacca sulla spalla di Tobias.
«Signore istruttore?».
L’uomo aggrottò la fronte: «Signor... che? Dovresti lasciarti andare un po’, ragazzo».
«Faccio del mio meglio, signore».
Amar trattenne a stento una risata.
La faccia divertita di Eric sbucò da un angolo della stanza: «Sì, è proprio un Rigido disperato».
L’uomo fece un cenno all’altro di avvicinarsi: «“Sì, è proprio un rigido disperato”, disse il Lasso convinto. Sapete che vi dico? Si va fuori».
Eric e Tobias si scambiarono un’occhiata confusa. Il primo chiese: «Dove?».
«A fare un giro con gli Intrepidi più grandi. Oh, ve ne pentirete di sicuro. Che vi serva da lezione».

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«In che senso “buttatevi di sotto”?» chiese Tobias.
«Esattamente quello che ho detto», rispose l’istruttore. Diceva di chiamarsi Amar o qualcosa del genere.
«O vi buttate, o potete scordarvelo di diventare intrepidi».
Eric si massaggiò il mento: «Non c’è bisogno di essere stato un Erudito per capire che da quest’altezza moriremo!».
«Adesso che si fa?» chiese Tobias.
L’altro alzò le spalle: «Aspettiamo».

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Eric trattenne il fiato: «Stai scherzando, spero».
Tobias scosse la testa.
«Lo sai che farà un male cane?», continuò l’altro.
«Certo che lo sa!» Zeke si sfregò le mani, era eccitato. «L’ho accompagnato in un posto dove facevano piercing, giusto una settimana fa o giù di lì. A vedere tutta quella roba stava per svenire».
«Tanto non mi farò un piercing», Tobias camminava deciso verso il Pozzo, seguito da una dozzina di Intrepidi. Una sfida gli avevano lanciato e una sfida stava rispettando: un tatuaggio, il primo, in pieno petto.
Il ragazzo che lo aveva sfidato camminava al suo fianco. Si era presentato col nome di George Wu: «Hai deciso cosa ti farai disegnare? Un tatuaggio è per sempre, amico».
Tobias nascose un ghigno: «È una sorpresa».
Il simbolo degli Intrepidi tatuato addosso fu una tortura, ma ne valeva la pena.

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Nessuno fiatò. L’idea di gettarsi nel vuoto non dispiaceva solo a loro due.
«Nemmeno gli interni si stanno dando da fare», costatò Tobias.
Ancora nulla.
Eric si stancò: «Bene, sarò il primo».
«Non se ne parla!» qualcuno si fece avanti. «Non permetterò che quest’anno un trasfazione sia il primo a buttarsi!».
Tobias inarcò un sopracciglio: «Ci siamo persi qualcosa?».
Eric sussurrò: «Ho l’impressione che l’essere il primo sia importante da queste parti».
L’iniziato di prima alzò la voce: «Il mio nome è Ezekiel Pedrad, e sarò io a scendere giù prima di tutti!».
Il silenzio calò sui ragazzi iniziati.
«Potete chiamarmi Zeke», aggiunse alla fine.
Tobias scrollò le spalle, Eric emise un lungo e frustrato sospiro: «Senti un po’, Zack... »
«Zeke!»
«Quel che è! Non puoi impedirmi di fare quello che voglio per la mia ex-fazione: ormai sono un intrepido!».
«Questo è tutto da vedere!» il ragazzo cominciò a correre.
«Fermati!» Eric lo inseguì.
Zeke era veloce, ma non abbastanza: Eric lo fece inciampare. Cadde a terra rotolando.
Tobias li raggiunse, si chinò: «Stai bene?».
«Non fare il Rigido», Zeke si rimise in piedi e continuò la sua corsa.
Tobias lo seguì: «È da Rigido dirti che stai zoppicando?».
Eric arrivò sul bordo del tetto e si fermò. Davanti a lui c’era il vuoto.
Zeke arrestò la sua corsa. Lo stesso Tobias.
«Cosa c’è, Zack?».
«Zeke!»
«... hai paura?» continuò.
«Non più di te» rispose.
Eric posò lo sguardo su Tobias: tremava, era pallido, un rivolo di sudore scivolò dalla fronte. Acrofobia, sicuramente. Non sarebbe mai riuscito a buttarsi. Si rivolse a Zeke: «Sai cosa si deve fare quando qualcuno ha un problema?».
«Eh?».
Tobias e Zeke si sentirono trascinati avanti.
«Bisogna dare una spinta», Eric si buttò con loro.

~~~
 
Tobias era seduto sul suo letto con la testa infossata tra le mani. Non si rese nemmeno conto della presenza di qualcuno alle sue spalle finché Zeke non lo chiamò.
«Ohi, che ti prende?».
A rispondere al posto suo, forse a causa del bisogno di saperne sempre di più da Erudito, fu Eric: «Oggi è il giorno delle visite».
«Ah», Zeke si sedette accanto a Tobias, chinò il mento: «Di tanto in tanto mi chiedo cosa significhi stare lontani dalla propria famiglia per la fazione. Fa male?».
«No, sì... dipende», Tobias si strofinò le mani. «Spero che nessuno sia venuto qua per me, oggi». Immaginò una cintura sfilata e portata indietro. Scosse la testa: «Non credo che uscirò».
Zeke non riusciva a capire.
Una scatola grande quando una confezione di fiammiferi fu gettata sul materasso. Tobias la prese in mano: era un mazzo di carte.
«Non è una gran consolazione, ma nemmeno io pensavo di uscire oggi», Eric si mise a gambe incrociate sul letto di Tobias. «Strip Poker?».
Tobias sorrise: «Sono così attraente che vuoi spogliarmi il prima possibile, eh?»
«Voglio solo lasciarti in mutande. In tutti i sensi».

~~~
 
Bud era sorpreso quando, tirando giù la rete, caddero come sacchi di patate tre iniziati. «Che diamine è successo lì sopra?».
Eric si massaggiò la testa: «Sono solo stato molto... Intrepido».
Tobias si alzò ed emise un sospiro. Se non fosse stato per Eric, probabilmente non si sarebbe mai buttato. Dannata paura delle altezze.
Zeke diede una gomitata al trasfazione che l’aveva fatto cadere: «Questo qua voleva ammazzarci tutti!».
Bud tamburellò il dito sul mento: «Vedi di non essere più così avventato, d’accordo?».
Eric non lo ascoltò, andò avanti di testa sua.
Bud pensò che quel ragazzo, un giorno, si sarebbe cacciato in guai seri.

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Zeke saltò in braccio al giovane Eaton, sventolando la bandiera della squadra avversaria: «Abbiamo vinto!».
Tobias aveva avuto un’idea a dir poco geniale ed erano riusciti a vincere subito a ruba bandiera. Ancora una volta era stato il primo.
Da lontano vide l’ombra di Eric gettare a terra qualcosa e allontanarsi.
Tobias scrollò dalle spalle l’iniziato su di giri e seguì l’amico. «Eric!», gridò. Non fu ascoltato. «Eric, fermati!».
L’ombra arrestò la sua marcia, si voltò impercettibilmente.
«Eric, che ti prende? È solo un gioco!», Tobias si avvicinò. «Non fa niente, una sconfitta la puoi lasciare scivolare via, no?».
«Non è una sconfitta», Eric strinse i pugni. «È l’ennesima sconfitta. Al primo posto ci sei sempre tu, il Rigido».
Tobias tese la mano verso di lui: «Di che stai parlando?».
«No, non è per te. È colpa mia. Non faccio abbastanza». Eric portò le mani ai fianchi e scosse la testa. «Dimmi un po’, sono mai sembrato un Erudito? Sono mai stato intelligente? Nella mia vecchia fazione dicevano che non usavo la testa. Speravo che cambiando fazione avrei dimostrato di essere qualcuno, faccio schifo anche in questo, eh?». Eric emise un sospiro, s’incamminò verso una destinazione sconosciuta. Bastava che fosse lontana. «Il mio posto non è tra gli Eruditi e magari non lo è nemmeno tra gli Intrepidi. Forse in fondo al Pozzo, come una macchia spalmata per terra. Ricordi? Quando ci siamo conosciuti ne abbiamo vista una». Non si era accorto di aver cominciato a parlare a voce troppo bassa, né che era già troppo lontano per farsi sentire.
Tobias era incredulo e ancora non riusciva a digerire il fatto di aver visto un Eric così fragile. “Forse vuole essere lasciato solo”, pensò tornando dagli altri compagni. Il suo sguardo fu catturato dall’oggetto che Eric aveva gettato a terra quando si era reso conto della sconfitta.
Era la bandiera della squadra avversaria.
Pochi minuti di vantaggio, e avrebbe vinto.

~~~
 
Un uomo di nome Max portò gli iniziati di altre fazioni in una camera: «D’ora in poi questa sarà la vostra casa. Finché non sarete Intrepidi o Esclusi, intendo». Rise all’ultima frase, nessuno dei ragazzi la apprezzò.
Eric alzò la mano, come in un’interrogazione: «In cosa consiste l’iniziazione?».
«Non pensate subito a quella roba! Vi stresserete senza motivo», la pelle scura dell’uomo risaltò il bianco dei denti che si aprivano in un sorriso.
Una ragazza alzò la mano di rimando: «Che ci sarà domani a colazione?».
L’uomo sorrise: «Questa è un’ottima domanda. Muffin e toast. Oh, dovete assolutamente provare la torta degli Intrepidi. Sogni d’oro, domani sarà un lunghissimo giorno!».
Max se ne andò, rimasero soli in camera.
Un ragazzo accennò qualcosa a quella che aveva parlato poco prima: «Lauren, ti sembra normale chiedere all’istruttore che cosa ci sarà per colazione?».
«Che problema c’è? Ho fame!».
Eric tastò il materasso, era molto duro. Se ne fece una ragione e ci si sdraiò sopra.
«Per me questa è stata una giornata lunga abbastanza», Tobias sbadigliò. «Non oso immaginare come sarà domani».
«Io muoio di curiosità», Eric si rigirò nel letto.
«Vecchia mania da Erudito, la curiosità», disse Lauren in piedi su un materasso, marcandolo come suo territorio.
L’altro le rivolse un’occhiataccia.
«Va bene, va bene. Scherzavo».
Uno dei ragazzi in fondo alla stanza chiese: «Siamo tutti qui per diventare intrepidi, eh?».
«O per sembrarlo», Eric diede un paio di pugni sul cuscino.
«Con l’iniziazione tutto il superfluo sarà smaltito», Lauren tirò i capelli all’indietro e ne fece una treccia.
«Che cosa volete da questa fazione?», chiese Max tornato indietro per origliare.
Tobias fece le spallucce, si sdraiò sul materasso: «Mi basta essere abbastanza forte da non farmi mettere i piedi in testa».
Lauren gli tirò una scarpa, lo beccò in pieno: «Quella è una cosa da dire molto intrepida, per un Rigido.
Un coro di “oh” riempì la stanza.
«Voglio fare quello che mi pare, e non portare a tutti i costi la pace a tutti, solo perché è ciò che gli altri vogliono da me».
«Voglio dimostrare di essere coraggioso!», gridò un ragazzino con le gambe tremanti. Sembrava poco convincente.
«Non voglio più avere paura!»
«Voglio vivere una vita piena d’azione!»
«Difendere chi non può essere difeso!»
«Non rispettare il galateo!», Lauren dopo aver detto la sua si sentì osservata. «Ehi, è importante per me! C’è anche sul manifesto degli Intrepidi: “Noi non crediamo nelle buone maniere”».
Max le spettinò i capelli: «Cerca di mantenere sempre un minimo di ritegno».
Eric poggiò la testa sul cuscino: «Io voglio essere di più, fare di più».
«Sapere di più».
«Basta con questa cosa del Lasso!», esclamò l’iniziato.
Tobias richiamò l’attenzione: «Eric, che intendi dire con “voglio essere di più”?».
«Credo sia quello che ogni persona alla fine cerca, sentirsi realizzati. Trovare qualcosa per la propria vita. Tu non l’hai un desiderio così?»
«Non saprei. A me basta che nessuno mi dia fastidio», ci pensò su. «Come ti vedi tra dieci anni?».
Eric si morse il labbro: «Forte e Intrepido. Aiuterò tutti quelli che mi daranno una mano».
«Aiutare quelli che vogliono una mano?».
«Anch’io avevo bisogno di una mano, solo che nessuno me l’ha data».
Tobias si riconobbe in quelle parole e si ammutolì.
«Vedrai», Eric sbadigliò, era pronto ad abbracciare di rimando Morfeo. «Diventerò il migliore».

~~~
 
Tobias si ridestò dall’effetto del siero. L’ultima fase dell’iniziazione consisteva in questo: affrontare tutte le proprie paure. Era stravolto, sperava di non incontrare mai più suo padre nel mondo degli Intrepidi. Si sbagliava. L’avrebbe sempre portato dentro.
Sollevò lo sguardo sui suoi compagni: Zeke gli fece un pollice in su, Eric distolse lo sguardo. Da quando avevano finito la battaglia a ruba bandiera, non si erano più parlati, in particolare Eric era diventato più freddo.
Lauren era a bocca aperta.
Tobias non fece in tempo a chiederle perché che Amar lo trascinò in corridoio con un veloce “ti devo parlare”.
L’uomo lo abbracciò.
«Che cosa ti è preso?» chiese Tobias allontanandosi «Ho superato il test?».
«Certo che l’hai superato!», Amar gli diede ancora qualche pacca. «Lo sai in media quante paure ha una persona?».
«Non proprio».
«Una decina circa, e tu invece ne hai solo quattro! Non avevamo un record del genere da... da mai, forse! Ehi, Quattro! Hai solo quattro paure! Non ti sei potuto godere le facce dei giudici quando hanno visto finire la simulazione. Erano stravolti, Quattro!»
«Va bene, basta chiamarmi “Quattro”!» Tobias si voltò, andò a sbattere contro qualcuno. Era Zeke. «Oh, no».
«Quattro, eh? Penso proprio che ti chiamerò così d’ora in poi» disse l’altro con un sorriso serafico in volto.
Lauren corse verso Tobias, lo abbracciò e cominciò a recitare una canzoncina sul numero quattro.
Tobias ricordò la discussione cominciata settimane prima col suo compagno di stanza.

Credo sia quello che ogni persona alla fine cerca, sentirsi realizzati. Trovare qualcosa per la propria vita. Tu non l’hai un desiderio così?

Se non ci aveva mai pensato, adesso lo sentiva: poter essere orgogliosi di sé senza peccare di superbia, come nella fazione degli Abneganti. Aveva dimostrato qualcosa a se stesso, era felice per questo.
Non notò l’ombra di Eric dall’altra parte del corridoio che si abissava sempre di più nell’oscurità.
  
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