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Autore: Shisho_67    22/04/2014    2 recensioni
le ombre nella vita del Dottore hanno sempre avuto un significato determinante. Nella biblioteca dei Vashda Nerada prima e adesso... adesso stanno per restituirgli una persona, una persona del passato, una persona per il quale il Dottore non ha mai perso la speranza...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Doctor - 10, Master - Simm
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il Dottore si stiracchiò svogliatamente, il caldo soffocante che faceva nella stanza lo aveva svegliato. Probabilmente fuori era pomeriggio inoltrato ed era lui quello fuori luogo, a dormire in una secolare cabina blu della polizia britannica nel bel mezzo di Central Park, ma quel caldo torrido... Non capiva da dove venisse. Il Tardis era munito di un sistema di ventilazione automatico, per cui era impossibile, anche se fuori ci fossero stati 40°C che stesse assorbendo e trattenendo il calore dall'esterno. Si alzò, stropicciandosi gli occhi, ancora assonnato. Ad un tratto, come un'ombra attraversò la stanza, ma scomparve subito dopo che il Dottore l'ebbe scorta. Liquidò la faccenda, pensando che il sonno e il calore gli avessero giocato un brutto scherzo. Una volta lavato e vestito uscì, pronto per affrontare un'altra delle sue giornate stratosferiche. Solo che così non fu. Il giorno cedette ben presto il posto alla notte e il Signore del Tempo si ritrovò ad aver passato la giornata più noiosa della sua vita. Non era successo nulla. Niente di niente. Per quanto lui si fosse sforzato di trovare un guaio, un pericolo, un po’ di adrenalina, non era riuscito a trovarli. Era come se questi stessero fuggendo da lui. E la cosa lo stava facendo seriamente preoccupare. Stette fino alle 2 di notte su una panchina a rimuginare, fissando il buio col gomito appoggiato sul ginocchio e il mento sulla mano, tamburellandosi con le dita sul labbro inferiore. Per tutta la giornata l'unica cosa che era successa degna di merito erano state le ombre che il Dottore riusciva appena a scorgere con la coda dell'occhio, prima che queste sparissero. Inizialmente il Signore del Tempo aveva pensato ad uno sciame solitario di Vashda Nerada, ma aveva accantonato quasi subito quell'ipotesi. Quegli esseri uscivano dai boschi e dalle foreste dove nidificavano solo per cacciare e nessuno era stato attaccato. Se così fosse stato, lui non sarebbe certo stato lì a poltrire. Pensiero egoista, ma purtroppo vero. Proprio mentre era perso in queste riflessioni, per l'ennesima volta scorse un'ombra saettargli davanti, andando a scomparire tra gli alberi che circondavano la piazzetta dove era seduto il Signore del Tempo. Scattò in piedi, urlando: _Chi sei? Esci fuori, fatti vedere!_ ma non ricevette risposta. Sbuffò, avviandosi incontro a quella strana presenza misteriosa. Si incamminò tra i cespugli, frugando qua e là e borbottando tra se e se. _E dai, vieni fuori..._stava brontolando chinato a terra, ispezionando col cacciavite sonico il terreno circostante quando, all'improvviso, sentì le mani di qualcuno calargli sugli occhi e una voce terribilmente familiare sussurrargli all'orecchio: _Salve Dottore... Indovina un po’ chi sono?_ ma il Signore del Tempo era andato in stallo. I suoi muscoli non rispondevano più ai suoi comandi, non riusciva quasi a respirare, gli occhi spalancati e la bocca semiaperta erano la prova fisica del suo profondo shok: _M-maestro..._balbettò con un filo di voce. Sentì la persona dietro di se ridacchiare maligna: _Mi piace quando usi il mio nome..._disse il Maestro, sibilando. Al Dottore mancò il respiro. Nella sua mente stava silenziosamente maledicendo quel suo migliore amico-peggior nemico, volendolo il più lontano possibile e allo stesso tempo più vicino. Accidenti a lui! Intanto le mani del Maestro erano scese sul suo petto: _Non respiriamo, eh, Dottore? Non va bene, lo sai!_ gli diede un colpo sullo sterno, facendo uscire l'aria dai polmoni del Dottore, sorridendo soddisfatto: _Ecco, così va meglio._ poi lo prese per la cravatta, facendolo voltare verso di se. I loro visi erano a pochi centimetri l'uno dall'altro e il Dottore potè per la prima volta vedere bene in faccia il Maestro. I capelli di lui erano tornati del loro castano scuro originale, i suoi occhi cangianti dal marrone al verde ora erano piantati in quelli atterriti di uno spaventato Dottore, che non riusciva a capacitarsi della presenza del nemico. I suoi due cuori battevano all'impazzata nel suo petto, quasi volessero sfondare la gabbia toracica e uscire fuori. Si voleva prendere a pugni. Quelle reazioni erano terribilmente stupide, assurde, così infantili che gli fecero tornare alla mente i bei vecchi tempi dell'Accademia dei Signori del Tempo, in cui erano stati così bene, si erano sentiti al sicuro e protetti. Ma soprattutto, erano stati amici, migliori amici. E anche qualcosa di più... Ma ormai quei tempi erano passati, andati, bruciati col loro adorato pianeta, spariti con Gallifrey: _Sei un patetico sentimentale Dottore._ esclamò il Maestro: _Anche non leggendo i tuoi pensieri non mi è difficile intuirli..._si sporse ancora un po’ verso il vecchio amico. Ora le labbra si sfioravano: _Cosa ti fa venire in mente questo, Dottore?! Eh?!_ma quello aveva gli occhi sbarrati, il cervello sconnesso e i muscoli bloccati per cui non potè rispondere. Il Maestro sospirò, scocciato dal mutismo del Dottore, per poi sussurrare con una vena di malizia nella voce: _Senti Dottore... Ma hai una pistola in tasca o sei solo felice di vedermi?_ in effetti i pantaloni del Signore del Tempo presentavano un rigonfiamento non ininfluente all'altezza del cavallo. Il Dottore si affrettò a stringere le cosce, imbarazzato: _Nessuno dei due. Sono solo quegli stupidi ricordi..._poi però, dopo qualche secondo di indecisione, lo abbracciò, facendo cadere se stesso e il Maestro più a terra di quanto già non fossero. Si ritrovò a stringerlo in una morsa di braccia e gambe, impedendogli una molto probabile fuga, le lacrime agli occhi, ma ben trattenute dal poco autocontrollo che gli era rimasto. Ora era il Maestro ad essersi irrigidito. Non capiva. Cercò di divincolarsi ma invano. Non capiva il perchè di quell'abbraccio così soffocante. Strattonò l'amico tentando di costringerlo a mollarlo. Dopo svariati tentativi andati a vuoto gli tirò un pugno sulla coscia, ma invano. Non riusciva a comprendere la tangibile disperazione che il Dottore stava mettendo in quel contatto così dolce, così accerchiante, così... così...piacevole. Smise di lottare, assalito all'improvviso da una sconcertante certezza: a lui piaceva stare lì, tra le braccia del Dottore, essere coccolato un po’ da quel Signore del Tempo con cui aveva condiviso così tanto, vissuto così a lungo, combattuto così tante volte da aver perso il conto. E in un secondo passò dalla repulsione al desiderio. Strinse a sua volta il Dottore tra le braccia, nascondendo il volto sulla spalla di lui che mormorò, la voce pienò di emozione a stento trattenuta: _Mi sei mancato Maestro... Pensavo che tu fossi morto, che fossi tornato nella Guerra del Tempo con Rassilon, che il tuo corpo si fosse auto consumato e invece..._iniziò a ridere, felice: _E invece sei molto più resistente delle mie più rosee aspettative._ il Maestro però non ricambiò il sorriso. Era serio, fin troppo per lui, quando iniziò a raccontare cosa gli era successo dopo il loro ultimo incontro: _Sono stato catapultato in piena Guerra del tempo Dottore... Era terribile. Sono stato costretto a rivivere tutto quel sangue, tutto quell'orrore. Ho visto l'imperatore Dalek minacciare gli abitanti della Pianura del Silenzio. L'ho visto bruciare tutti i loro bambini quando questi rifiutarono di arrendersi. Gli ho visti urlare, combattere, cercare in tutti i modi di scappare... Ma niente. Sono morti tutti._ ebbe un brivido a quei macabri ricordi. I tamburi presero a battere un po’ più forte nella sua mente malata: _Ho rivissuto le cose più orribili della Guerra... Ma non me ne sono stato con le mani in mano. Sono tornato all'Accademia. Prima di morire volevo rivedere un'ultima volta l'unico posto in cui sono mai stato felice. E l'ho fatto. Era più bella di quanto ricordassi..._sospirò, questa volta per la nostalgia: _Aveva un muro portante crollato, tutta la parte destra distrutta, ma era ancora lei, la nostra vecchia scuola..._il Dottore lo strinse di più a se, il viso tra i capelli di lui: _Adesso chi è che fa il sentimentale?_ ridacchiarono entrambi, consapevoli della verità di quelle parole. Sembravano davvero tornati su Gallifrey, ai tempi in cui nessuno poteva fermarli, niente poteva abbatterli... La luna si affacciò tra le fronde degli alberi, donando uno scintillio argentato alle foglie: _Allora Maestro... Non mi hai ancora detto come sei arrivato qui._ disse, lo sguardo perso tra i rami scintillanti che li sovrastavano. _Beh... Ti ricordi la casetta che avevamo costruito nel bosco di Jertick rossi vicino all'accademia?_ il Dottore annuì sovrappensiero: _Si, ho qualche bel ricordo di quel posto..._arrossirono entrambi, senza farlo notare: _Si, ecco, ci sono tornato. E li ho trovato te. Beh, non proprio te, era una tua vecchia rigenerazione. Quella che ha combattuto la Guerra, probabilmente..._ sbuffò: _Parecchio melodrammatico devo dire. Insomma, lui si è offerto di aiutarmi. Mi portò al Tardis, mi disse di rimanere nascosto in una stanza, di non uscire finchè lui, ovvero te, non avesse riacquistato per la 2° volta la forma che corrispondeva alla mia._ gli fece l'occhiolino: _Ovvero quella che hai adesso. Infatti questa non è la tua decima rigenerazione… sarai su per giù, se non vado errando, alla tredicesima. Sono uscito stamani. Mi sa che ti ho fatto bollire con quello scherzo del riscaldamento!_ rise, una vena di piacere sadico nella voce: _Eri ridicolo! Ti sei rigirato nel letto per tutta la tua ultima mezz'ora di sonno! Uno spettacolo per nulla noioso, te lo garantisco Dottore!_ l'altro stava zitto, in imbarazzo, a guardare incantato l'amico che rideva. Perchè non poteva essere sempre così? Allungò una mano, sfiorando con 2 dita la guancia del Maestro, facendo fermare di colpo la sua risata: _Sei tornato Maestro? Sei tornato davvero?_ chiese implorante. _Sei davvero qui?_ il Maestro aveva il respiro pesante. Aveva appoggiato d'istinto il viso alla mano del Dottore. Si stupì di se stesso. Pensò di essere patetico, ma più il suo sguardo ispezionava quello dell'amico, più capiva che non era così. Per lui non sarebbe mai stato patetico. Si chinò sul suo amico di una vita, prendendo il suo viso tra le mani, piantando gli occhi in quelli immensi del Dottore: _Si._ sussurrò solenne. Poi sorrise con sarcasmo: _Anzi, no, dimmelo tu..._e le sue labbra incontrarono quelle di lui, che risposero con passione a quel bacio arrivato un po’ in ritardo, unendo la bocca a quella del suo Maestro, fissando quell'attimo nella memoria, sapendo che, da quel momento, non sarebbe più stato solo.
  
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