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Autore: Loveless X    23/04/2014    1 recensioni
One shot su Mikoto Suoh e Munakata Reisi, il re rosso degli Homra e il re blu degli Scepter 4.
Ho ambientato la mia storia nel passato, immaginando questi due personaggi a scuola, prima che diventassero "re".
Spero vi piaccia!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mikoto Suoh, Reishi Munakata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Reisi diede un'ultima occhiata al suo orologio.
Era almeno la sesta volta che si sbottonava il polsino della camicia per spiare l'orario, quindi tornava a fissare la strada.
Dalla finestra dell'aula poteva vedere tutta la discesa, e sapeva che prima o poi sarebbe apparso anche lui.
In ritardo, come sempre, con quella zazzera di capelli rossi in testa, masticando una sigaretta spenta.
Lo avrebbe rimproverato fingendo indifferenza, poi gli avrebbe passato i compiti, lamentandosi della sua pessima calligrafia.
Avrebbe incontrato i suoi occhi ambrati, abbassato lo sguardo e detto qualcosa di brusco.

Mikoto Suoh era lo studente era lo studente peggiore che un professore potesse augurarsi.
Non solo aveva l'aspetto di uno Yakuza, ma con i suoi modi ostili e insofferenti costituiva una grave minaccia per l'intero istituto.
Per questo il presidente del consiglio studentesco aveva tentato un'ultima, disperata manovra di redenzione.
Era un anno ormai che Reisi Munakata sedeva all'ultima fila, accanto alla finestra, con il banco adiacente a quello di Mikoto.
Il professore aveva iniziato a parlare di storia, e lui continuava a lanciare occhiate furtive alla finestra.
Alla fine dell'ora la sua speranza si trasformò in rabbia, dopo la pausa pranzo aveva la testa così annebbiata dall'ansia che non si accorse neppure che i suoi occhiali gli erano scivolati un poco dal naso.

-Si è ritirato l'altro giorno, i moduli sono stati compilati correttamente.
Onestamente, pensavo fossi stato avvertito, sei stato il suo tutor scolastico per un anno intero, avrebbe potuto mostrarti un po' di gratitudine... cerca di capirlo, anche se è destinato a diventare uno dei Re, è solo uno yakuza.
Riponiamo molte speranze in te, Munakata
-

Le parole strasciccate del direttore gli appannarono la vista.
Comodamente seduto dietro la sua scrivania, non poteva percepire lo smarrimento negli occhi del ragazzo.
-Ritirato? Aveva promesso che sarebbe venuto fino al diploma!
Lui...-

Le parole gli morirono in gola, chinò il capo e uscì prima di scoppiare a piangere.
Come aveva potuto?
Lui lo aveva promesso! Aveva giurato che sarebbe venuto alle lezioni, e che alla cerimonia del diploma gli avrebbe regalato il suo primo bottone dell'uniforme.
Avevano così poco valore le promesse, per il futuro re rosso?
Reisi si strinse le ginocchia al petto.
Era accucciato nel bagno di servizio del terzo piano, nascosto sotto il lavandino.
Perché era così attratto da quel cane randagio?
Puzzava di fumo. Parlava poco, e quando schiudeva le labbra non era certo per dire qualcosa di carino.
Non studiava, non aveva nessun interesse per gli altri. Si trascinava dietro una manica di teppisti, qualche volta si diceva fosse finito persino all'ospedale.
Eppure, Reisi era stato catturato da quegli occhi ambrati, da quelle carezze nascoste dietro le parole brusche , dagli sguardi sfuggenti che sentiva quando era di spalle.
Lui lo amava.

Per la prima volta avrebbe infranto le regole.
Uscì da scuola senza aver finito le lezioni, senza giacca. Corse lungo la discesa, poi si fermò e guardò in cielo.
Dove sei.

Gli occhiali si appannarono, le lacrime iniziarono a bagnargli le guance.
Che cosa aveva fatto?
Aveva lasciato la scuola senza permesso, la cosa avrebbe influito non poco sulla sua media perfetta.
Era stato un gesto sciocco, avventato: correre via per cercare un ragazzo a cui non importava nulla. Che andasse al diavolo, non aveva trovato neppure il coraggio di dirglielo in faccia.
Si strinse le mani sui gomiti, infreddolito.
Forse un posto c'era.

La spiaggia non era un posto frequentato, d'inverno.
Il mare si infrangeva contro gli scogli artificiali con troppa violenza, superate le barriere diventava altamente pericoloso.
Reisi corse senza pensare, sfidando il vento che gli spettinava i capelli blu.
I suoi occhi cercavano frettolosamente la sagoma nera di qualcuno, ma non trovarono nulla.
Proprio nell'istante in cui stava per arrendersi, una fiammata rossa si illuminò sul pontile, simile ad una iccola stella cadente.
A braccia distese, la giacca che onndeggiava al vento, il ragazzo dai capelli rossi sfidava la tempesta.

-Suoh! Torna subito indietro!-
Il ragazzo si voltò piano, guardando Reisi con indifferenza
-Vattene. Non torno indietro con te-

Sordo alle sue parole, Munakata lo strinse per il gomito, tirandolo indietro.
-Non dire sciocchezze, me lo avevi promesso!
Sei solo un cane, un re che non mantiene la sua parola, come può essere considerato tale?! Sarai il più vile, il più ignobile re mai esistiro, mi senti Suoh?!-


Lo strattonò ancora, socchiudendo gli occhi in un impeto di rabbia.
Poi li aprì lentamente, e vide una strana aura rossa che bruciava sulle sue mani.
In quell'istante gli venne da piangere.
Mikoto rimase in silenzio fino a quando non notò la schiena del ragazzò contrarsi.
Allora si liberò dalla presa, indietreggiò di qualche passo.
Qualcosa di caldo e morbido coprì le spalle di Munakata.
Aveva la giacca di Mikoto su di sé, adesso.
Dello Yakuza, di quel testardo che avrebbe mandato tutto alla rovina.

Mikoto non riusciva evidentemente a controllare il suo potere.
Dal suo corpo continuava a irradiare quella strana aura rossa, così calda che poteva sciogliere il metallo.
Reisi si sentì uno stupido.
Si sistemò gli occhiali sul naso come faceva sempre, asciugandosi gli occhi arrossati dalle lacrime.
Poi lo raggiunse, lo afferrò per le spalle e lo strinse.
Poggiando il viso freddo sulle spalle di Mikoto, le sue guance divennero bollenti e il suo corpo riprese calore.
Si stava sciogliendo anche lui, in quell'aura così forte e fiera.
Lui lo distanziò, accarezzando distrattamente i capelli blu ormai spettinati.

Sapevano entrambi che sarebbe stato triste, il loro destino. Lo lessero a vicenda nei loro occhi, ma per Reisi non contava più nulla.
Lo avrebbe cercato ovunque, lo avrebbe salvato sempre.
Perché le loro solitudini si appartenevano, e niente al mondo avrebbe potuto mai separarli.
   
 
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