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Autore: Yvaine0    23/04/2014    6 recensioni
Tutti a scuola conoscono i fratelli Payne – chi per un motivo e chi per un altro – e tutti sanno che portano guai. Ecco perché vorrei davvero che mi stessero alla larga.
Sono anni che mi comporto bene per evitare che i problemi del liceo si ritorcano contro di me, non posso cacciarmi nei guai proprio quando il mio percorso al Purgatorio sta (quasi) giungendo al termine. Non voglio e non lo permetterò. [...]
Non saprei nemmeno più dire il numero di volte in cui ho visto Danny con un occhio nero, Niall lamentarsi di uno sparticulo o Dork spiaccicato sul pavimento della mensa. Mi chiedo con che coraggio James Payne si guardi allo specchio senza farsi schifo. Anche se probabilmente James Payne non si guarda allo specchio: potrebbe spalmarsi i capelli di gel al buio, cosa che spiegherebbe quella sorta di leccata di mucca che porta in testa.

Genderswap + double!Liam (per ulteriori info vedi la 'premessa' all'interno).
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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Disclaimer! Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle entità realmente esistenti citate, né offenderle in alcun modo. Tutti i fatti narrati sono puramente inventati o sola fonte di ispirazione.
 
Premessa: State per tuffarvi nel mondo dell'assurdo. Non tanto per la storia in sé, che non è proprio l'originalità fatta One Shot, o per l'eccentricità dei personaggi, ma per la loro tipologia.
Nel testo troverete Louis e Zayn nelle loro versioni femminili (dunque il loro equivalente, solo del sesso opposto, nati, cresciuti e vissuti come tali; per renderla più facile, potete vederli come nuovi personaggi ma col loro carattere e il loro nome - circa): Louise (fem!Louis) e Zena (fem!Zayn).
Se mi prendete per pazza per questa rivelazione, tra poco scapperete urlando: i fratelli Payne, ovvero Liam e James, altro non sono che “il vecchio Liam” (quello del 2010/2011 coi riccioli e l'espressione da bambino felice) e “il nuovo Liam” (aka la versione ringiovanita di David Beckham, il Liam Payne pseduo bad-boy con barbetta del 2013/2014). Questo non significa che dovete prendere i personaggi in maniera allegorica, figuriamoci XD, questo voleva essere solo un piccolo chiarimento: ci sono le versioni femminili di Louis e Zayn + 2 Liam (uno di sedici col suo stesso nome e uno di diciannove/vent'anni col nome di James).
Se vi ho solo confuso le idee, chiedo scusa.
 
Un grazie speciale a Rigmarole, che ha betato la storia. ♥
 
 

Dedico questa one shot troppo lunga a Fla,
perché l'ho scritta per lei, come regalo di compleanno,
anche se l'ho conclusa in ritardo di più di un mese – di nuovo.
 
 
 
Nota per me stessa: i fratelli Payne portano solo guai
Lei, lui e il fratello
 
 
Non c'è nessuno alla Catford High School di Londra che non conosca i fratelli Payne.
La loro fama dilaga dal primo al terzo piano, dalla palestra ai laboratori, dai campi sportivi al teatro; persino i novellini imparano i loro nomi prima di quelli della metà degli insegnanti.
Per ognuno di loro il motivo di tanta fama è differente, ma strettamente legata all'altro: Liam, il minore, ha sedici anni ed è così goffo che riesce a fare danni anche da fermo, limitandosi a parlare troppo e troppo velocemente in quel modo tipico delle persone timide; James, d'altro canto, i danni li combina consapevolmente dall'alto dei suoi diciannove anni, con annesse ripetute bocciature e innumerevoli sospensioni. Si tratta di quel genere di "bad boy" che si veste come Danny Zukko e nessuno osa mai chiamare semplicemente per nome, temendo di prendersi troppa confidenza – tutti lo rispettano e hanno debito timore della sua reazione ad attenzioni indesiderate. La sua reazione nella maggioranza dei casi consiste nell'incespicare tra parole da duro di cui nemmeno lui stesso conosce il significato, in maniera non dissimile dal fratellino, o al limite una – temibilissima – occhiata sprezzante, seguita dai risolini dei trogloditi che chiama amici.
Se me lo chiedi, credo che la connessione tra i due, oltre che nella parentela, stia nel fatto che James si vergogna da morire del fratello minore. Questo, che Liam lo abbia capito o meno, in realtà gli consegna automaticamente le redini del gioco. Solo che, appunto, a lui l'idea non è balenata nella testa nemmeno per un millisecondo.
D'altra parte nessun altro in tutta la scuola sembra pensarla come me – “OMG, James Payne è un figoh!1!1” per citare uno dei commenti più frequenti sulla pagina “Spotted” dedicata alla scuola –, per cui, se preferisci, puoi non credermi.
Che tu decida di prestare attenzione alla mia opinione o a quella diffusa, la morale è sempre la stessa: tieniti lontano dai Payne finché puoi.
No, davvero, non ridere. Tieniti alla larga da loro. Non hai idea di quanti guai portino.
 
Non è insolito che durante la pausa pranzo qualcuno degli amici di suo fratello faccia lo sgambetto a Liam Payne, mentre passa col vassoio ricoperto di vivande, e lui cada disteso sul pavimento, spargendo cibo tutt'intorno.
Non è insolito nemmeno che lui si rialzi borbottando e si scusi, rosso in volto, con il simpaticone che gli ha giocato quel brutto scherzo, per poi raccogliere il recuperabile da terra e correre a contattare una bidella, perché ripulisca il macello che ha causato prima che qualcuno scivoli sullo sporco.
Non è affatto insolito che Harry Styles si fiondi ad aiutarlo né che Louise Tomlinson freddi il bullo di turno con un'occhiataccia delle sue, eleggendolo a propria valvola di sfogo per tutta la giornata e a volte anche oltre. Questo non tanto perché a Louise importi qualcosa di Liam Dork Payne, ma siccome a Harry invece sì – a Harry importa di tutti! –, sembra trovar carino schierarsi dalla parte del bene, una volta tanto.
Non è insolito nemmeno che Niall Horan rida forte assieme a tutti gli altri idioti succubi della codardia, salvo poi sentirsi in colpa. Tanto meno lo è che io sbuffi ed esprima tra me e me il desiderio di abbandonare questa scuola il più in fretta possibile, lasciandomi alle spalle la massa di idioti che la popolano. Il problema più grosso è che ho davanti a me ancora più di metà ultimo anno e gli esami finali.
Oggi, il giorno in cui cominceranno le mie disgrazie, è James Payne a fare lo sgambetto a Liam per poi ridere di lui con il resto degli zotici. Lo sguardo deluso del fratello minore, mentre si ripulisce la faccia dalla purea di patate, è uno spettacolo patetico cui nessuno vorrebbe assistere, ma che a nessuno passa inosservato. Prima che quel poveraccio possa alzarsi, Harry si è già tuffato sul pavimento per aiutarlo, questa volta senza nemmeno che le risa di Niall si uniscano al coro di sottofondo.
Louise, in preda ad uno di quei suoi moti improvvisi di orgoglio femminile e solidarietà fraterna, ha l'ardire di alzarsi in piedi e dargli dello stronzo davanti a quasi tutta la popolazione scolastica – non che in quel casino molti possano accorgersene.
A quel punto il tempo rallenta: James aggrotta le sopracciglia spesse e tenta di spegnere il moto di ribellione di Louise con un'occhiata scettica, che risulta a dire il vero piuttosto insapore, per poi riprendere a ridacchiare con gli amici come a conferma che, ehi, va tutto bene, possono continuare a bullizzare suo fratello tutti assieme.
Quello che lui sembra non sapere è che Louise Tomlinson è il genere di ragazza che non si lascia affatto intimidire da un'occhiataccia, visto e considerato che i suoi sguardi gelidi impietriscono la gente alla stregua di Medusa.
Niall sprofonda un po' sotto il tavolo, timoroso, perché quando qualcuno cerca di zittirla con tanta facilità le cose non si mettono mai bene – non per lui, comunque, che finisce sempre per essere bersaglio delle sue frecciatine di frustrazione. In più, anche se Louise non è della stessa idea, lui un po' la teme, la nomea di attaccabrighe di Payne. Per le ragazze il problema non sussiste magari ma, sostiene, i maschietti non sono immuni alle scazzottate.
Non so esattamente che cosa impedisca a Louise di dirgliene (altre) quattro, in un primo momento, ma so che quando James Payne osa nominare Harry nel suo infierire sull'umiliazione di Liam, le si chiude la vena. Come è ovvio che sia – mai insultare Harry Styles davanti a lei!
Dapprima stringe le labbra e si volta lentamente verso di lui, poi annulla la distanza che la separa dal suo tavolo; poggia le mani sulla superficie di plastica e si sporge verso James Payne, lo sguardo fermo e minaccioso. Com'è nel suo stile, inizia dunque a scandire in tono eccessivamente gentile tutto il disprezzo covato nei due anni e cinque mesi passati a condividere con lui l'aria che si respira a scuola, guardandolo dritto negli occhi. Quegli idioti degli amici, attorno a loro, ridono dandogli manforte quel tanto che basta a non cancellargli dalla faccia uno stupido sorrisetto ebete.
A dare inizio alle mie disgrazie, comunque, è la risposta che le dà una volta che Louise ha finito di cantargliele: “Sei brava con la lingua. Sai farci altro o parli e basta?”
Per un attimo il tempo sembra fermarsi del tutto, mentre lei metabolizza quelle parole e si rende conto che, sì, l'ha detto davvero. A quel punto entrano in azione tre fattori, uno dopo l'altro: le risate sguaiate dei trogloditi, il ribollire incontrollato della rabbia di Lou e il mio tempestivo intervento per trascinarla fuori dalla mensa, prima che impazzisca definitivamente.
Louise è tutto, fuorché una ragazza pacifica. È egocentrica, attaccabrighe, sagace e, per disgrazia di chi se la mette contro, anche intelligente e fin troppo vendicativa. Fare la sua conoscenza è come giocare alla roulette russa: o la va o la spacca – e se la spacca sei fritto; al primo scambio di battute con una persona ha già deciso se le sta simpatica o meno; niente nella maniera più assoluta può permetterti di entrare nelle sue grazie dopo una brutta prima impressione. Forse è anche per questo suo essere selettiva nelle amicizie e fondamentalmente stronza che non è affatto popolare tra gli studenti. Non che a lei importi: a conti fatti ama la tranquillità, non le piace litigare, nonostante sappia farlo fin troppo bene. A detta sua, se fosse popolare dovrebbe perdere un sacco di tempo con cretini, ruffiani, attention whores e tutta quella marmaglia di sfigati che inevitabilmente attirerebbe.
In ogni caso, una volta imparato a non offendere per nessun motivo al mondo il suo orgoglio, Harry o la sua famiglia è possibile andarci d'accordo senza troppi sforzi – a patto che tu sia un tipo paziente.
James Payne, dando prova del suo spiccato acume, ha fatto bingo; andando a infierire su due dei suoi punti deboli si è automaticamente tirato addosso una sventura così grande da non riuscirne nemmeno a calcolarne le dimensioni. Non che lui sia molto bravo coi numeri, comunque.
“Non ha capito con chi ha a che fare. Gli farò pentire di essere nato”, sta ripetendo Louise per la quindicesima volta quando Harry ci raggiunge, seguito da un confuso Niall e nientepopodimeno che Dork. Ehm, pardon, è la forza dell'abitudine: volevo dire Liam Payne.
Quest'ultimo, in particolare, sta borbottando scuse a raffica in direzione di Niall, che sembra proprio aver smesso di ascoltare già da un po' – e non smetterò mai di chiedermi quanto sia necessario essere sfigati per essere snobbati addirittura da un tipo alla mano come lui.
Mi concedo un sospiro di sollievo, quando li vedo arrivare. Harry. In queste situazioni ci vuole decisamente Harry, io non sono brava a tranquillizzare Louise. Non sono brava a tranquillizzare nessuno, non sono brava con le parole e basta. La mia specialità è stare zitta e lasciare che gli altri facciano tutti da soli, cosa che di solito funziona bene anche con Louise, ma una combo come quella che si è appena verificata scatena una quantità tale di lamentele da rendere insufficiente persino la mia infinita pazienza. In più c'è puzza di guai, e non riesco a smettere di pensare che stia per succedere qualcosa che non mi piacerà.
“Lou, che ti prende?”
Quanto sembra idiota una domanda del genere su una scala da uno a dieci? Quindicimila, più o meno? Di fatto Louise lo guarda sprezzante, sul volto una di quelle espressioni omicide che di solito fanno ridere Niall, ma non oggi, perché persino lui si rende conto della gravità della situazione. Infatti si siede sulla panchina accanto a me, in silenzio, in attesa che la catastrofe arrivi. Non può non arrivare, lo sappiamo entrambi.
“Che mi prende?!” ripeté in tono acuto ed esasperato.
Niall spia l'ora sullo schermo del cellulare; a occhio e croce ci restano solo altri sette minuti di tortura prima che la campanella suoni liberando lui, Harry e Liam dalla fase petulante di Louise. Io invece dovrò sorbirmela anche a lezione.
Oh, a proposito: Liam. Che ci fa lui qui?
Non faccio tempo a dirlo, che Louise lo trafigge con un'occhiataccia furibonda. “Tuo fratello non sa con chi ha a che fare, Dork Payne” gli comunica, senza nemmeno preoccuparsi di averlo appena apertamente insultato. In questi casi a Harry piace descriverla come “onesta”, mentre io sono più propensa alla definizione “impertinente” e Niall opta per un ancora più pragmatico “bitch”; lei, nel suo innato egocentrismo, ama chiamarsi “sassy” – al che l'irlandese trova carino tirare le somme: “a sassy bitch”.
Liam si scusa – una, due, tre, quattro... tanto volte che, dopo un po', ho perso il conto. Intervalla gli “I'm sorry” con qualche spiegazione che mira a giustificare, in qualche modo, il comportamento irriverente del fratello.
Harry, che tende a essere sempre troppo carino, gli sorride mettendo in mostra quelle sue fossette incantatrici – così potenti da riuscire a catturare l'attenzione di Liam e bloccare la cascata di parole che sta fluendo dalla sua bocca. “Non preoccuparti, tutti sanno che è un po' sfacciato”.
Nessuno fa molto caso all'occhiata in tralice con cui Louise bersaglia Harry – “Non preoccuparti?!”
“Arrogante” lo correggo con una scrollata di spalle.
Poi, come da copione, Niall scoppia a ridere fragorosamente e tira le somme: “Uno stronzo”. Devo dire che le sue definizioni sono sempre le più efficaci.
Liam s’imbroncia perché, poverino, è la creatura più imbranata e gentile che esista sulla faccia del pianeta, forse anche più di Harry. Glielo si legge in faccia che è sinceramente dispiaciuto per tutto quello che fa suo fratello – a lui e agli altri. Non che sia un bullo, specifica senza notare il sopracciglio inarcato di Louise, è solo molto sicuro di sé e forse non si preoccupa delle conseguenze delle proprie azioni; ma non è cattivo.
“No, non è cattivo” conferma Louise, che proprio non riesce a non dire la sua in ogni circostanza. Completa poi la sentenza: “È un coglione”.
Dork apre bocca per ribattere, Niall ride, Harry scrolla il capo divertito; contemporaneamente un peso si alleggerisce dentro il petto di Lou, il cui orgoglio comincia a risanarsi nel momento stesso in cui sente di avere di nuovo il controllo della situazione.
Il suono della campanella le strappa il momento di gloria, la sua smorfia scontenta ricorda a tutti che la pausa è finita. Niall getta la testa all'indietro e sbuffa sonoramente; nessuno si sorprende quando impreca come protesta verso le lezioni pomeridiane.
Nessuno tranne Liam, che sgrana gli occhi e borbotta un rimprovero di cui certo l'irlandese non si preoccupa. “Be', io vado” annuncia poi, sorridendo cortese a ognuno dei presenti. “Grazie dell'aiuto, Harry, e scusatemi tutti per l'inconveniente. James non è...”
“...Cattivo, sì, l'abbiamo capito” taglia corto Louise; alza gli occhi al cielo per sottolineare il fatto che a lei Liam Payne non piace molto più del fratello: sono entrambi dei rompiscatole. “Buona lezione, Dork. Cerca di non farti ammazzare mentre raggiungi l'aula” lo ammonisce, più per il gusto di prenderlo in giro che per reale preoccupazione.
 
Entrando nel laboratorio di chimica, Louise trova lo sguardo divertito di James Payne ad attenderla. Quando se ne accorge, irrigidisce la schiena e serra la mandibola; per un momento indugia, poi indossa la solita maschera di superiorità e va a sedersi al primo posto libero che trova, il più lontano possibile da lui. Aspettarsi che prenda appunti e segua la lezione è assurdo, per una come lei; della scuola non le è mai importato molto, mentre del proprio orgoglio fin troppo. La ferita è stata riaperta dall'espressione irriverente immancabilmente stampata sul volto di Payne e, lo sanno tutti, Louise Tomlinson è vendicativa.
Ecco perché il silenzio insistente che la accompagna per tutte le lezioni del pomeriggio non fa che agitare il mio animo di persona schiva. Persino quel tonto di Dork si renderebbe conto del pericolo in atto, forse: sta tramando qualcosa.
Ho passato tutti gli anni del liceo impegnandomi per stare lontana dai guai. Non ho mai preso posizione nei dibattiti tra gli studenti, alimentato le voci di corridoio, commentato i risultati di una partita mentre i membri della squadra erano nei paraggi. Trascorro i fine settimana con un paio di amici che non frequentano questa scuola oppure con Gentilezza Styles e Irlanda Horan, due ragazzi più piccoli e tutto fuorché appariscenti o fastidiosi. L'unico elemento potenzialmente pericoloso per la mia vita nell'ombra è Louise Tomlinson, che dopo avermi del tutto ignorato per il primo anno di liceo si è ritrovata a frequentarci, nessuno sa bene il perché – ma molto probabilmente per Hazza.
Harry è un tipo romantico, quindi sostiene che Louise abbia portato “un po' di pepe” nella nostra routine; Niall risponde senza scomporsi più di tanto che la ragazza è sua, non nostra, e per lui è solo una gran rottura di palle– al che l'altro arrossisce e ride, perché in teoria la loro relazione dovrebbe essere un segreto, ma sono così discreti che persino Niall se ne è accorto senza il mio aiuto. Se proprio devo esprimermi sulla questione “Tomlinson”, direi che hanno ragione un po' tutti e due: Lou è petulante e indisponente, ma per lo meno ci impedisce di annoiarci; l'importante per quanto mi riguarda è che non crei problemi.
Tutto ciò che desidero dalla vita al momento è che il liceo finisca in fretta e nel modo più indolore possibile.
 
“No, è fuori discussione”.
“Come sarebbe a dire 'no'? Non puoi decidere per tutti”.
No, okay, forse non posso. Sono sempre stata una persona diplomatica – talmente tanto che alzo il braccio solo a metà per non fare torto a nessuno quando si prendono decisioni democraticamente – ma non serve, sono abbastanza sicura che Niall non voglia essere preso a pugni e che Harry, con un po' di pressione psicologica, capirà che è meglio evitare immense stronzate del genere.
Non ho alcune intenzione di farmi coinvolgere in una cosa simile. Louise a volte sembra dimenticare la differenza tra realtà e (fan) fiction; non può semplicemente riunire tutti i suoi amici a casa propria e organizzare un piano di vendetta contro un tizio che l'ha umiliata a scuola. Al liceo non funziona così: se giochi col fuoco, ti scotti.
“Ecco perché voglio che James Payne si bruci il culo”.
È un'invasata. L'ho sempre pensato, ma ora ne sono certa più che mai. Probabilmente la sua testa è abitata da un folletto dispettoso e malvagio, una sottospecie di Folletto della Cornovaglia, quelli viola e odiosi di Harry Potter; oppure, ancora peggio, da una Belieber offesa in formato tascabile.
“Stai delirando, Zena”.
Ah, ora io sto delirando?! Eppure era lei un minuto fa a decretare la necessità di costituire un piano d'attacco. Ma se Louise Tomlinson dice che sto delirando, dopotutto forse è il caso di darle ragione. “Vero? Forse ho la febbre. Meglio che me ne vada a casa.” Dicendolo, mi alzo sul serio dal divano.
“Mi abbandoni?” Sì, lo sto abbandonando. Lo sguardo smarrito di Niall sembra una muta richiesta d'aiuto, ma dal momento in cui non mi ha spalleggiato non ho modo di salvarlo.
Quindi ci vedremo solo domani. Spero che nessuno si disturbi ad aggiornarmi sulle decisioni prese in questa gabbia di matti, ma questo lo tengo per me – anche perché so che succederà lo stesso.
Così saluto tutti e me ne vado, un po' sorpresa del fatto che Louise non mi abbia fatto una scenata delle sue, gridando al tradimento. La sua tranquillità non mi fa sentire meglio, no. Oggi è passata dall'isteria più totale e incontrollata a un'insolita pacatezza. Dovrei avere paura, fare dietrofront e presidiare quella riunione di scapestrati, che senza di me perde del tutto razionalità (è un pensiero poco modesto, forse, ma anche veritiero: Lou sa essere imparziale solo quando le cose non la riguardano in alcun modo, Harry ragiona col cuore e Niall con lo stomaco – o con l'apparato genitale, in base alle circostanze).
Invece fuggo, come sono sempre stata molto brava a fare. Senza nemmeno correre, io scappo con calma, in modo da sembrare una passante qualunque; non attiro l'attenzione, cammino a testa alta al lato della strada, con le cuffie nelle orecchie. La musica mi rilassa, mi aiuta a distrarmi quel tanto che basta a far sì che il pensiero delle intenzioni di quella che potrebbe essere la mia migliore amica, se solo non fosse così insopportabilmente stronza.
Non voglio che le mie sicurezze crollino, non per mano amica. Non ha senso, no? È scorretto. Sono anni che mi comporto bene per evitare che i problemi del liceo si ritorcano contro di me, non posso cacciarmi nei guai proprio quando il mio percorso al Purgatorio sta (quasi) giungendo al termine. Non voglio e non lo permetterò.
Mi dispiace sembrare meschina, ma mia sorella maggiore ha avuto esperienze piuttosto traumatiche al liceo, cosa a cui non voglio nemmeno pensare al momento. E non saprei nemmeno più dire il numero di volte in cui ho visto Danny con un occhio nero, Niall lamentarsi di uno sparticulo o Dork spiaccicato sul pavimento della mensa. Mi chiedo con che coraggio James Payne si guardi allo specchio senza farsi schifo. Anche se probabilmente James Payne non si guarda allo specchio: potrebbe spalmarsi i capelli di gel al buio, cosa che spiegherebbe quella sorta di leccata di mucca che porta in testa.
 
La mattina dopo a scuola tutto sembra normale, a parte la palese preoccupazione di Niall. Se non conoscessi la sua indole paranoica, mi preoccuperei.
“M-mai stato m-meglio” risponde quando gli chiedo se stia bene, mentre attraversiamo insieme i corridoi diretti ai nostri armadietti. Se Niall balbetta, significa che ha combinato qualcosa e non vuole che si sappia; non sa mentire, per cui ripiega sull'omissione della verità, ma si sente talmente sotto pressione che inizia a incespicare nelle sue stesse parole. Siccome gli voglio bene, decido di non infierire; gli scompiglio i capelli e sorrido in segno d’incoraggiamento. Che avrà mai combinato di tanto brutto?
La risposta mi arriva sotto forma di Harry Styles: con un sorrisetto da stregatto stampato in volto, si avvicina a noi accompagnato da Dork Payne.
Ommioddiono. “Che ci fai lui qui?” mi lascio sfuggire in direzione di Niall, prima che la strana accoppiata sia abbastanza vicina da udire le mie parole. Lui non risponde, ma arrossisce e affonda la testa tra le spalle. Il che significa che ommioddiosì: Louise ha davvero architettato qualcosa.
“Quella grandissima deficiente...”
“Di chi parli?” chiede Harry, allegro. Le sue maledettissime fossette non attaccano con me, non hanno mai attaccato. Non quando sono sulle spine, per lo meno.
“Non mi coinvolgerete in questa stronzata” dico solo, e me ne vado di nuovo. Non ha molto senso andare in aula, visto che non ho fatto nemmeno tappa all'armadietto e sono quindi senza libri, ma ci vado comunque, giusto per essere sicura di non farmi incantare dalle fossette di Harry.
Per un attimo penso di fingermi malata e tornare a casa ma, oltre ad essere il primo posto in cui mi cercherebbero quegli idioti che chiamo amici, questa mattina mi ha accompagnato Danny e mi tornerà a prendere solo alle quattro. Danny con il suo bellissimo alone viola sullo zigomo, come a ricordarmi che cosa succeda a chi crea problemi alla gente popolare alle scuole superiori.
Perché ho solo amici che creano problemi? Devo aver fatto qualcosa di male nella vita scorsa.
Louise dice che sono solo una cagasotto, quando capita di parlarne; il che può essere anche vero, ma non accetto che sia la signorina tutta impulsività e niente sale in zucca a farmelo notare, non ha voce in capitolo.
In ogni caso, se l'unica mia possibilità di stare lontana dai guai è evitare i miei amici fino alla fine dell'anno scolastico, credo che lo farò. Non voglio un occhio nero. Non voglio essere chiamata secchiona, presa in giro per gli occhiali o le gambe troppo magre. Non voglio che qualcuno mi dica come devo o non devo rapportarmi alla mia religione, non voglio nemmeno parlarne, di religione. Non voglio sentir la gente sputare sentenze sulle persone che frequento o chiamarmi puttana perché ho solo amici maschi – più Louise. Non voglio tornare a casa e piangere lacrime amare mentre mi lecco le ferite come faceva mia sorella. La sua storia non sarà la mia.
 
“Ehi, honey, posso chiederti un favore?”
Harry è un moccioso insistente. È appena stato declassato da ragazzo a moccioso, sì, perché oggi sono di cattivo umore.
Continuo a camminare lungo il corridoio, a testa alta; forse se fingo di non averlo sentito lascerà perdere.
“Zena? Eddai!”
Ma chi voglio prendere in giro? Non lascerà perdere, perché Louise ha architettato qualcosa in cui lui sta cercando di coinvolgermi. Se c'è di mezzo lei, Harry non mollerà tanto facilmente.
E tutto questo è ingiusto. Voglio essere lasciata in pace, chiedo davvero così tanto?
“Zena!”
Per caso qualcuno sta chiamando il mio nome?
Nah, Zena, è tutta una tua impressione, continua a camminare.
Niall ha ragione: sono una stronza.
 
“Sei una stronza!”
Appunto.
“Ciao, Niall”.
Onestamente, sì: pensavo che nascondermi nel bagno delle ragazze durante la pausa a pranzo bastasse a tenermi al sicuro. Almeno finché Lou non è entrata chiedendo dove diavolo mi fossi cacciata, perché “tanto lo so che sei qui, non sei poi così sveglia”.
Quindi sono uscita da uno dei cubicoli insultandola a mezza voce e me ne sono andata, senza darle l'occasione di dirmi niente. Lei ha riso ed io le ho ripetuto che “Mi chiamo fuori, non cercare di coinvolgermi”.
Pensavo anche che nascondersi in biblioteca con un brick di succo di albicocca e una merendina presi ai distributori del secondo piano – i più lontani dalla mensa scolastica – fosse una buona idea. Okay, non era difficile trovarmi alle macchinette, ma è severamente vietato introdurre cibo in biblioteca ed ero certa che nessuno avrebbe saltato il pranzo per me.
Infatti avevo ragione. Niall è entrato pochi istanti chiamandomi a gran voce e ha fatto presto a trovarmi.
Non mi aspettavo però di vederlo reggere un vassoio stracolmo di cibo mentre impreca perché la bottiglietta d'acqua sta rotolando e rischia si cadere.
“Che cosa fai? Porta quella roba fuori di qui!”
“Ma vaffanculo, io ho fame. Perché ti sei chiusa qua? Sei depressa?” E senza una parola di più, si getta su una sedia e abbandona rumorosamente il vassoio sul tavolo di metallo.
Non so come ribattere alla sua idiozia, quindi mi limito ad ascoltare l'eco di quel suono inquietante infrangersi nel silenzio della stanza, sgattaiolando tra le scaffalature fino a sparire del tutto. Proprio quando il suono sta per spegnersi, Niall ricomincia a parlare strappandomi alla mia ricerca di quiete – forse mi sono nascosta qua da sola perché sono un'asociale del cazzo e i miei amici non c'entrano nulla.
“Sei un'asociale del cazzo”.
Appunto. Sono persino un po' veggente, a quanto pare.
“Ehm, grazie”. Certe volte la schiettezza di Niall Horan è proprio quello che serve a mettere un freno all'eccessivo flusso di pensieri. Per lo meno al mio. “E tu sei uno stronzo”; mi sembra opportuno ricambiare la sua cortesia con la stessa moneta.
Lui ride, mentre rumina a bocca aperta un morso della pizza gommosa della mensa scolastica. Sputacchia un “E va bene, scusa”, poi aggiunge: “Però è vero. Mi hai abbandonato con quei due pazzi furiosi!”
Tutto d'un tratto capisco che se voglio davvero rimanere fuori dai piani astrusi di Louise, tutto ciò che devo fare è farmi riferire da Niall le decisioni che ha preso.
“Senti, a proposito di questo...”
“Cos'è questo baccano? Ehi, voi due! Non lo sapete che è vietato mangiare qui dentro?”
Quella di Niall è un'ottima reazione all'improvvisa entrata in scena di un vicepreside piuttosto irritato: “Ma no, cazzo!”
 
Louise sghignazza allegramente quando mi siedo accanto a lei a lezione di storia. So che lo sa. Lo sanno tutti. Mr. Hudson, che dorme da solo da un bel po' di tempo, ha ben pensato di sfogare la sua frustrazione su di noi, sbraitando per tutto il percorso dalla biblioteca al suo ufficio su quanto sconsiderato sia stato il nostro gesto.
“Ciao, Zen”.
La guardo male. Vorrei che sparisse. È in grado di causarmi problemi senza nemmeno intervenire direttamente. “Ciao”.
Ridacchia sotto i baffi, mal celando il suo divertimento; a un certo punto non riesce più a trattenersi – non che l'abbia mai fatto sul serio – e mi scoppia a ridere in faccia. “Quanto ti tengono dentro?”
Sbuffo. Detenzione. “Due ore, oggi pomeriggio”. Ora che penso, devo avvisare Danny, sperando che possa venire a prendermi più tardi; l'ultima cosa che vorrei è dover dire ai miei genitori che il vicepreside ha minacciato di sospendermi perché Niall ha sbattuto un vassoio della mensa sul tavolo in biblioteca durante la pausa a pranzo. E, no, non sto scaricando il barile: sono così paraculo che ho persino consumato il mio spuntino fuori dalla porta e buttato i rifiuti nel cestino dell'aula di fronte per evitare problemi.
Ma tanto ci sono i miei amici a mettere un po' di pepe nella mia vita, no?
“Ho sentito dire da Tammie Bradshaw che tu e Niall vi stavate dando da fare là dentro”.
Davvero divertente. “Grande” commento con disinteresse. Quando Louise si mette in testa di innervosirti, il suo unico scopo è ovviamente quello di riuscirci. Ecco perché mantengo la calma e non presto attenzione alle sue sciocchezze: a) se l'è inventato, quindi non c'è motivo per prendersela e b) non voglio darle la minima soddisfazione.
È un po' un'amica di merda, in effetti. Per un attimo mi sfiora l'idea che abbia mandato di proposito Niall in biblioteca a cercarmi, magari nella speranza che mi convincesse a prendere parte ai suoi giochi. Il che forse è vero, ma sono anche abbastanza sicura che lui mi sarebbe venuto a cercare lo stesso: non gli piace rimanere solo con Louise e Harry, c'è troppa sintonia tra quei due e, lo ripete spesso, si sente un terzo incomodo - “E, sì, porca vacca, ti voglio bene” aggiunge ridendo forte. La verità è che con quei due siamo davvero entrambi incomodi.
“Wow”.
Wow? Wow cosa?
“Pensavo l'avresti presa male. Mi sorprendi, Zeta”.
Dovrei sentirmi offesa dalla sua scarsa fiducia nella mia intelligenza?
Avrebbe potuto inventarsi una storia migliore, comunque; nessuno di sano di mente avrebbe mai pensato che io e Niall potessimo fare cose in biblioteca. Sarebbe stato molto più probabile sorprenderci a fumare uno spinello.
“È quel che ho detto io a Tammie Bradshaw”.
Ma si può sapere chi diavolo è questa Tammie?
“Una biondina del secondo anno. Ha dei gran bei capelli! Vorrei i suoi ricci, se solo non fossero biondi”.
Questo mi dice qualcosa. Ho notato anche io una ragazzina con un cespuglio immenso di bellissimi capelli ricci e... “Occhi blu e nasino alla francese?”
“Proprio lei”.
Non è possibile. No, infatti, non è possibile che qualcuno abbia davvero messo in giro una voce così idiota. E poi, figurarsi! Una voce su di me e Irlanda Horan? La popolazione studentesca non sa nemmeno della nostra esistenza. Lou è una brava attrice, devo concederglielo. “Non tirare in mezzo persone innocenti”.
“È quello che mi ha detto Tammie Bradshaw. Era tutta 'Mica è colpa mia, sto solo ripetendo quello che si dice in giro'”.
“Avanti, smettila”.
“Di fare cose?”
Di dire fesserie. Non era divertente all'inizio e men che meno lo è ora. Povera Tammie, per forza le ha detto di non tirarla in ballo – lei che c'entra?
Louise mi ride in faccia, quella stronza. Ride dicendo che sono assurda, oltre che paranoica; non so che fare se non guardarla allibita senza capire il suo comportamento.
Forse è impazzita. Quando si volta all'indietro e chiede a Oliver Murs che voci girino su me e “il casinista irlandese”, ne ho per un attimo la conferma. Solo che quello successivo Oliver mi strizza l'occhio e: “Ti piacciono giovani, eh?”.
Quattro secondi dopo mi sono già alzata e ho abbandonato l'aula senza dire una parola a nessuno.
Non è vero. Non può essere vero. Per quale motivo i miei compagni di scuola dovrebbero pensare che ho fatto sesso con un moccioso? Sì, anche lui viene declassato a moccioso in questi momenti – fanculo pure a Niall! Perché i miei compagni di scuola dovrebbero anche solo pensare a me, che faccio di tutto per non essere pensata?! Non è giusto. Non è possibile. Al diavolo!
Voglio andare a casa e darmi malata, imprecando contro il mondo finché non avrò vomitato fuori tutta la frustrazione che mi sta facendo venire voglia di vomitare. Ma non posso, perché sono in punizione e non posso lasciare questo inferno prima delle sei di stasera.
Cammino ignorando le occhiate interrogative dei bidelli, finché non mi ritrovo nel bagno. Senza fare troppo caso a sceglierlo, m’infilo in un cubicolo a caso e mi siedo sulla tazza del cesso. C'è puzza di piscio qua dentro, nemmeno fosse il bagno dei maschi. Aprono mai quella maledetta finestra?
Non perdo tempo a chiedermi perché le scritte sulla superficie di legno laccato stiano poco a poco sfocando, mi asciugo direttamente gli occhi con stizza. Sono patetica. Come ci sono finita a piangere nel cesso della scuola per colpa di una diceria?
Sono anni che lotto contro questo genere di possibilità. Anzi, sono anni che non lotto, proprio per evitare certe circostanze. Ma alla fine sono comunque qui. Mi sento così inutile e indifesa, nemmeno so il perché. Che m’importa di ciò che la gente pensa abbia fatto con Niall? Niente. Non mi è mai importato niente. È il solo fatto che pensino qualcosa che mi riguarda a darmi fastidio. Volevo essere invisibile – voglio esserlo.
Quel deficiente di Mr. Hudson doveva essere di malumore proprio oggi? Niall doveva proprio sbattere il vassoio sul tavolo e farci beccare? Mi sarei dovuta nascondere in cortile come tutte le persone normali, ma, no, la signorina Malik è troppo stupida per comportarsi da persona normale.
Prendo il telefono dalla tasca esterna della cartella e cerco di stabilizzare il respiro.
 
Alle quattro e cinque minuti, Niall mi sta aspettando davanti all'aula 2, quella in cui rinchiudono i fuorilegge della scuola. Ha le guance arrossato e non riesce a stare fermo: evidentemente anche a lui sono giunte le voci. Dopo aver frignato come una poppante nel gabinetto per tutta l'ora di storia, non ho più voglia di piangermi addosso: “Allora, in quanti ti hanno fatto i complimenti?”
Lui sobbalza, prima di scompigliarsi i capelli e guardarmi con aria imbarazzata e smarrita. “Più di quanto pensi, sono il nuovo idolo di quelli del mio anno”.
Rido, perché non c'è altro da fare. È stato Danny, al telefono, a consigliarmi di mostrare la mia solita noncuranza.
(“Dimostra loro che niente di ciò che fanno può scalfirti, Zen. Sai il fatto tuo, sei di un altro pianeta. La Tomlinson ti fa un baffo”.
“Io non ho i baffi, deficiente”
“Appunto”.)
Così ho intenzione di fare. Scompiglio i capelli – già disordinati – di Niall, poi lo precedo in aula. Temporeggiare non serve a niente.
Ciò che non mi aspettavo era trovare James Payne appollaiato al primo banco, tutto intento a giocare col cellulare. Grandioso, ci mancava solo questa bella compagnia.
Ora che ci penso, il lato positivo di tutta questa la faccenda è che, a conti fatti, Louise non è riuscita a coinvolgermi nel suo piano per rovesciare James Payne. Il che forse è una magra consolazione, ma ho fallito nel mio intento.
Cerco un banco vuoto, isolato dagli altri, e mi lascio cadere sulla sedia. Credo che passerò l'ora a copiare gli appunti di storia di Louise, almeno mi terrò occupata.
Alzo lo sguardo per controllare Niall, mentre lui va a sedersi accanto ad un ragazzino che probabilmente conosce; non so perché lo stia facendo di preciso, sono abituata a tenerlo d'occhio per assicurarmi che non si metta dei guai. Harry sostiene si tratti d’istinto materno, io credo sia semplicemente un aspetto fondamentale del concetto di amicizia: prendersi cura gli uni degli altri. Quando cominciano a chiacchierare, estraggo i quaderni dalla cartella e mi accingo a sistemare gli appunti.
Il problema è che la mia testa è eccessivamente popolata da pensieri al momento. Che l'abbia promesso a Danny o meno, non riesco a non preoccuparmi per questa storia della relazione tra me e Niall. Non m’importa che pensino che stiano insieme, vorrei solo che non si parlasse di me. Non voglio problemi, non voglio essere criticata o presa in giro. Dov'è finito il rispetto per il buon vecchio “vivi e lascia vivere”? Non do fastidio a nessuno, ricambiare il favore sarebbe educato, in fin dei conti.
“Hey, tu sei Zena Malik, giusto?”
Notizia dell'ultimo minuto: James Payne non è educato. Ignoro la domanda, scarabocchiando la data di oggi sull'angolo del quaderno. Ho scritto l'anno sbagliato. Maledizione.
Sbuffo con doppia intensità, visto che Payne non si è dato per vinto: “Hey? Sei Zena Malik?”
Annuisco, perché sembra evidente che questa giornata voglia a tutti i costi peggiorare, quindi tanto vale rassegnarsi all'idea e lasciare che le cose vadano come vogliono andare. Che diavolo vuole da me?
“Dicono che stessi scopando con un ragazzino in biblioteca. È vero?”
Hey, fermi tutti. Avete sentito quel rumore? Non parlo della voce profonda e divertita di James Payne, che è palese non sappia farsi gli affari propri, parlo dell'altro rumore. Non l'avete sentito? Era la mia pazienza che si è infranta in mille pezzi cozzando sul pavimento.
Stai calma, Zeta. Stai calma. “Ti interessa?” Se pensate che quello sia un tono acido, vi sbagliate di grosso; è ancora tutto sotto controllo. Quasi.
Solo che era una domanda retorica, porca miseria! Non prevedeva una risposta: era implicita – ed era un “no”.
“No, non può.”
“E dai, non fare la difficile. È vero o no?”
Ora, la questione è una sola: quale sarà la risposta giusta? E con giusta intendo quella che smorzerà il suo interesse e mi permetterà di vivere happily ever after. O almeno invisibly ever after.
Se dicessi di no, insisterebbe? Se dicessi di sì, mi prenderebbe in giro? Posso sopportare meglio le prese in giro o l'insistenza?
E se fingessi un malore e me ne andassi?
Sospiro, rassegnata. Diamogli quello che vuole: “Può darsi”.
Si illumina. Brava, Zena, hai fatto una buona azione oggi. “È una conferma?”
“Può darsi”.
Ride, battendo le mani sulle proprie cosce. Sembra proprio compiaciuto. La risata gli scava due profonde linee d'espressione ai lati della bocca, in questo momento è così simile a suo fratello da sembrare un po' meno montato e un po' più simpatico. Anche se non capisco che diavolo abbia da ridere.
Se è così contento, ora, può anche tornare al suo banco e lasciarm- … Si è appena seduto accanto a me. Che orrore! Perché? Allontanatelo! Lo dico per il suo bene, d'accordo? Sono malata, l'asocialità è contagiosa e nessuno di voi vuole che il meraviglioso James Payne smetta di deliziarvi con la sua presenza. Solo io, per cui toglietemelo dai piedi e saremo tutti più felici.
Abbasso la testa sul mio quaderno e correggo la data calcando forte sulla carta.
“Lui chi è?” insiste. Con la coda dell'occhio lo vedo seduto sulla sedia, rivolto verso di me. Non ha nemmeno intenzione di fingere di fare qualcosa vero? La sua unica attività in programma è darmi noia, probabilmente.
“Nemmeno questo è affar tuo”, ma in ogni caso lo sanno tutti, perché lo chiede a me?
James ride di nuovo, “Ho capito”, poi incrocia le braccia sul bordo del tavolo e si sporge ancora un po' verso di me; parla piano questa volta, come nella speranza di non essere udito. Solo che sussurra in quel modo irritante e rumoroso, proprio perché invece deve essere sentito da tutti i presenti. “I casi sono due: o lui t'ha mandato in bianco oppure proprio non ci sa fare. Sei acida, tesoro”.
James Payne e le battute a sfondo sessuale. Sembra che si diverta così oggi. Solo che, per quanto il mio orgoglio stia protestando e voglia fare una scenata, io non sono Louise. Sono una repressa cronica, per cui so mettere a tacere i miei impulsi.
Non alzo nemmeno lo sguardo dagli appunti della mia compagna di banco, ma rispondo davvero sottovoce, in modo che solo lui – o magari nemmeno lui – mi senta. “Spero che tu non stia per propormi un servizio sostitutivo, o mi sentirei costretta a fingermi lesbica per non intaccare il tuo enorme ego. E, ti prego, non dire che non è l'unica cosa enorme che hai, perché a quanto si dice in giro il tuo fratellino è meglio dotato di te”.
...oh porca vacca, che ho detto? No, no, no, no. Perché non mi sono fermata alla prima frase? I campanelli d'allarme suonano ovunque, ho fatto la stronzata più grande di sempre. Domani James si sfogherà su di lui e Harry se la prenderà con me, perché Niall non saprà tenere la bocca chiusa. Di conseguenza Louise se la prenderà con me e io avrò finito definitivamente di vivere in pace.
Non ho il coraggio di spiare la reazione di James, perché, sì, me la sto facendo sotto, ma lo sento espirare bruscamente dopo svariati secondi di apnea. Sogghigna, poi: “Dunque il fortunello è il mio fratellino?”
Che cosa? Che cosa? Oh, grandioso, falso allarme. È cretino fino in fondo, dunque ha ovviamente frainteso. Come ho fatto a dimenticare il fattore stupidità – ecco qualcosa di davvero enorme in James Payne!
Sto vaneggiando. Zena, riprendi il controllo, avanti. Respira, respira, respira...
“Oh-oh” sussurra a quel punto il ragazzo dritto nel mio orecchio, in un tono che dovrebbe essere derisorio. Derisorio? “Qualcosa mi dice che ho colto nel segno”.
Oh. Ma certo. Ha proprio ragione.
“È così?”
“Può darsi” dico, perché dopotutto finché davo quella risposta tutto andava per il verso giusto, quindi forse è meglio fare dietrofront.
James Payne si alza e se ne torna sghignazzando al suo posto, senza una parola di più.
Sono nei guai fino al collo, secondo voi?
 
“Ma è grandioso!”
Sapete cos'è grandioso? Il fatto che tutti i miei amici siano dei cretini attaccabrighe. Quel cretino di Danny è in ritardo di mezz'ora, quindi sono seduta da sola sui gradini all'ingresso della scuola mentre aspetto che mi passi a prendere. Avrei volentieri utilizzato questo momento di solitudine per riflettere sulla scusa da accampare ai miei genitori per quell'intero pomeriggio fuori casa, ma Harry ha avuto la geniale idea di telefonarmi, dopo che Niall gli ha spifferato del mio incontro ravvicinato – cosa che lui ha appena avuto l'ardire di definire grandiosa.
“Cosa c'è di così entusiasmante?”
Harry ride spensierato. “Perché è proprio così che sarebbero dovute andare le cose. Volevamo chiederti di passare un po' di tempo con Liam Payne, ma tu ci hai evitati come la peste tutto il giorno...”
È così che dovevano andare le cose? E questo che significa? Intendo oltre il fatto che avevo fatto bene ad evitarli, visto che volevano davvero coinvolgermi nel loro piano, qualunque esso fosse.
“Perché?”
Il suo improvviso silenzio mi fa capire che questa è per lui la domanda sbagliata – dunque per me quella giusta.
“Harry?”
“Liam ha bisogno di essere protetto”.
“E io cosa c'entro con questo?”
Fa un freddo cane qua fuori. Dov'è finito Danny? Secondo il mio orologio, è in ritardo di trentadue minuti. Ora trentatré.
Non vedo l'ora di tornare a casa e sparire sotto le coperte. Oh, il mio letto. Mi manca da morire.
“Be', lo sai. Noi ragazzi non siamo al sicuro. Quindi ci vuole una femmina a tenerlo d'occhio, e Lou non vuole farsi vedere in giro con lui”.
Carino da parte sua. Cosa gli fa pensare che io farò da baby sitter a Dork?
 
Il percorso dall'entrata all'aula di matematica non mi è mai sembrato lungo quando oggi. La mia adorabile compagna di banco mi ha braccata all'ingresso e sembra non avere intenzione di lasciarmi sola tanto presto. Che gioia.
“Be', Harry ha ragione”.
Non m’importa se Louise Tomlinson pensa che il suo ragazzo segreto abbia avuto un'idea geniale, non credo che mi presterò ai loro giochetti. “Buon per lui”.
“Come fa la gente a pensare che tu abbia scopato proprio ieri? Sei così acida!” Disse Miss Dolcezza. “A parte questo” riprende subito dopo quella breve parentesi – visto che ovviamente non può lasciare cadere l'argomento. “Dork è quello che ha in mano le redini del gioco, anche se è troppo stupido per farne buon uso. Ma tu potresti insegnarglielo”.
Oh, sì, certo. Secondo lei dovrei dare lezioni di temperamento a Tonto Liam, ora. Come se avessi un temperamento esemplare, poi!
Roteo gli occhi e incrocio le braccia. Non ci penso neanche. Non voglio entrare in questa storia, ho già i miei problemi a cui pensare, specie ora che tutti pensano abbia fatto cose con Niall in biblioteca. L'unico motivo per cui non sono fuggita dalla parlantina di Louise, è che almeno la sua voce mi tiene impegnata quel tanto che basta dal non ascoltare le conversazioni di tutti gli studenti della scuola per capire se stiano parlando di me.
“Del tutto improbabile”.
“Zena, andiamo. Vuoi forse avere sulla coscienza Dork?”
Perché dovrei averlo sulla coscienza? Mica gli ho fatto del male. Sono forse l'unica in tutta la scuola che non gli ha mai fatto uno sgambetto – in senso sia metaforico che letterale.
“Okay, senti: ci abbiamo provato per tutta l'ora di pranzo ieri, Harry ed io, ma lui proprio non capisce. Dopo venti minuti di opera di convincimento, la mia pazienza è andata a farsi friggere e l'ho preso a male parole. Al che lui ha preso a scusarsi ripetutamente e...”
Mi viene da ridere. Sarebbe stato divertente vedere Dork far perdere le staffe a Louise con la propria eccessiva gentilezza. Peccato che fossi in biblioteca a...
“Quindi te la sei spassata con mio fratello”.
...spassarmela con suo fratello.
Louise è la prima a inchiodare sul posto, quando quella voce interrompe la nostra conversazione, alias il suo monologo. Il suo sguardo gelido incontra in un attimo la figura di James Payne, che tuttavia si sta rivolgendo a nientepopodimeno che… me.
Evviva. Le mie disgrazie non finiranno mai, non è vero?
“Può darsi”. Non so perché l'ho detto, mi è venuto spontaneo. Lasciargli credere qualunque cosa voglia credere non è necessariamente un male, no?
“Proprio tu”.
Perché, io che cos'ho di strano? Certo, Liam non è decisamente il mio tipo, ma lui non può saperlo.
Non rispondo. Cosa dovrei rispondere, d'altro canto?
“Pensavo avessi gusti migliori”.
Sì, infatti ce li ho. Ma di certo lui non rientra nella categoria. Ben poca gente in questa scuola ci rientra. Ben poca gente ovunque rientra.
James Payne è archiviato nella mia testa come “DA EVITARE”, a lettere tutte maiuscole e in grassetto sottolineato, così da essere ben evidenti. Questo però non gli impedisce di starmi tra i piedi, purtroppo.
“Peccato”.
Peccato? Ho sentito bene?
Il guizzo malevolo negli occhi di Louise mi indica che, sì, ho sentito benissimo. E lei ha avuto un'idea.
James Payne sembra trovare divertente la mia espressione, perché ridacchia, poi mi strizza l'occhio e se ne va; “Be', ci si vede in giro”.
Ecco: questo è un peccato. Doverlo vedere in giro, intendo.
“Sei la migliore amica che si possa avere, Zeta”.
Il che, ci scommetto, significa che sta per farmi arrabbiare.
 
No, non chiedermelo. Non azzardarti a chiedere perché sia finita in questa situazione. Non lo so, okay? Non lo so perché sono seduta a un tavolo al centro esatto della mensa con Liam Payne che balbetta la sua solita logorrea e arrossisce ogni volta che alzo lo sguardo dal piatto.
Per fargli un favore, credo che non lo guarderò più. Il che a me va benissimo, davvero, specie perché vorrei essere ovunque fuorché qui.
Ultimamente succede spesso, in effetti, che voglia essere ovunque fuorché dove sono. Forse dovrei partire per una bella vacanza, o chiudermi in casa fino alla fine dei miei giorni lasciando entrare solo Danny e Niall, a patto che non mi parli di Louise, Harry o i fratelli Payne.
È imbarazzante per me quanto per lui, se proprio vuoi saperlo. Dork è un sedicenne logorroico e impacciato, io una diciottenne poco socievole; per di più credo che Harry gli abbia fatto credere che m’interessi. Che m’interessi in quel senso.
Quindi bisogna comprenderlo: è seduto a un tavolo al centro della mensa, sotto gli occhi di tutti, con una che, secondo le voci di corridoio, è stata messa in punizione per aver fatto sesso in biblioteca con Irlanda Horan. Tutti a parte suo fratello, che pensa io abbia iniziato proprio lui ai piaceri del sesso.
Odio Louise che mi ha obbligata a sedermi qui. E odio Harry che ha messo in mano un vassoio già pieno a Liam, intimandolo a passare un po' di tempo “con la mia amica Zena”, fossette ben in vista e occhiolino ammiccante. E odio Niall, che con il suo solito tempismo non si è ancora piazzato qui a fare da terzo benvenutissimo incomodo.
“...così anche quella volta sono finito gambe all'aria”. Dork ridacchia e, socchiudendo gli occhi, si stampa in volto quell'espressione da bambino tanto buffa.
Mentre mastico un boccone scuoto il capo e sorrido, intenerita. Se Harry e Niall passassero un po' di tempo con lui, probabilmente nessuno gli darebbe noie. A quanto pare viene maltrattato dai compagni di scuola da quando è bambino, ma non si è mai seriamente lasciato buttare giù. Il che è davvero strano e ammirevole. Deve avere una grandissima forza d'animo per non essersi ancora spezzato. Non credo che riuscirò mai a ripeterlo ad alta voce, ma lo ammiro per questo. Ho trascorso gli anni del liceo cercando di rendermi invisibile per evitare qualunque tipo di problema, mentre questo ragazzino pur di non rinnegare se stesso si lascia mettere i piedi in testa da tutti. È molto più forte di quanto non sembri.
“Ne hai passate tante, eh?” Forse è la prima frase che pronuncio da quando sono seduta e Liam sembra esserne sorpreso.
“Sì, be', non sono molto simpatico alla gente, ma cerco di fare del mio meglio perché...”
Non lo lascio finire. “Non dovresti”.
Lui aggrotta le sopracciglia, sorpreso dalla mia improvvisa loquela. Se non la smette di guardarmi con quell'aria confusa, probabilmente chiuderò la bocca e non la riaprirò più.
“La gente non s’impegna per piacerti”.
“Ma a me la gente piace lo stesso”.
Questo perché sei un cretino, Dork.
“Tu non piaci loro”.
“Solo perché non m’impegno abbastanza, forse. Sbagliando si impara, posso riuscirci. A Harry sto simpatico”.
È anche vero che a Harry stanno simpatici tutti, ma questo non è il caso di dirlo. “Sì” confermo, senza poi aggiungere altro.
Liam non si lascia scoraggiare dal mio improvviso passo indietro e conseguente silenzio, anzi si affretta a ricominciare a parlare. Questa volta sceglie di raccontarmi un episodio avvenuto il suo primo giorno alle scuole superiori.
Non mi sforzo di ascoltarlo, troppo assorta nei miei pensieri. Come fa a essere così ottimista? Come può impegnarsi per ottenere qualcosa che non dà segni di volersi avverare? Lo trovo molto stupido. Quasi frustrante. Dove ne trova la forza?
Mentre mi guardo attorno alla ricerca di quei fedifraghi che chiamo amici, incappo nello sguardo fisso di James Payne. Fisso non su di me, ma sulla schiena di suo fratello. Quando si accorge che lo sto guardando, succedono due cose: lui mi strizza l'occhio ed io decido che forse la causa di Liam Payne merita un po' d'attenzione. Ma d'ora in poi le cose si fanno a modo mio.
“Senti un po', Dork” richiamo la sua attenzione; quando si accorge di come l'ho chiamato si acciglia e ridacchia, ma mi sento comunque un po' in colpa. “Ehm, scusa. Liam. Che mi dici di tuo fratello?”
“M-mio fratello? I-intendi James?”
“Oh. Sì. Hai altri fratelli?”
“N-no.”
L'acutezza dei Payne è sempre più sconvolgente.
Sospiro, prima di insistere. “Ecco. Che mi dici di James?”
Non capisco cosa stia succedendo, quando Liam abbassa lo sguardo sul proprio piatto e si rabbuia. “Quindi sono qui per questo. Perché, be', vuoi uscire con lui e...”
Ah ecco. Probabilmente questi due hanno qualche problema di autostima: entrambi pensano che a me interessi l'altro. Peccato che a me non freghi nulla di nessuno dei due. “No. Sono qui perché Louise odia tuo fratello e Harry vuole che tu abbia compagnia”.
“Ah. Ecco, meno male.” Già, meno male. Dovrebbe chiedersi perché allora non gli fa compagnia Harry, ma tsk, pretendo troppo. “Non sai quante volte sono stato avvicinato da ragazze che volevano solo conoscere meglio mio fratello...”
Me ne stupisco. Davvero esiste qualcuno così da voler uscire con James Payne? E qualcuno che addirittura spera che Dork possa aiutarlo nell'impresa?
“Non io” preciso. “Ma, davvero, dimmi di lui. È meschino nei tuoi confronti”.
Liam sgrana gli occhi, turbato da quell'affermazione, e scuote il capo. “No, no” obietta: “Ve l'ho già detto, lui non è meschino, solo poco empatico. Non si rende conto di risultare antipatico. Vedi, è solo che...”.
Vorrei dargli una sberla e interrompere quella cascata di inutili giustificazioni, ma sfortunatamente sono una ragazza pacifica, per un motivo o per l'altro, e contraria alla violenza. Dunque mi limito a richiamare di nuovo la sua attenzione: “Liam”.
Lui si zittisce e mi guarda negli occhi.
“Ti ha fatto lo sgambetto davanti a tutta la scuola”.
“È stato un incidente”.
“No, è stato uno stronzo”.
“N-no, è solo... non l'ha fatto apposta, lui...”
Ditemi che non ha gli occhi lucidi, per favore. Sono nel bel mezzo della sindrome premestruale, lui non può mettersi a piangere o, davvero, potrei seriamente commuovermi. E non ho intenzione di frignare in pubblico, no.
“Liam” ripeto, questa volta in tono severo. “Le cose stanno così: tuo fratello è uno stronzo alla costante ricerca di attenzioni e tu sei uno sfigato succube della sua frustrazione”.
Lui rimane a bocca aperta e mi rendo conto di essere stata un po' brusca, ma è stato il panico alla vista dei suoi lucciconi a farmi essere così precipitosa – tra l'altro, questa è la migliore definizione loro che sia mai riuscita a formulare.
La mia schiettezza per lo meno è servita a farlo stare zitto, perché ora si limita a guardarmi perplesso e un po' ferito. Mi affretto a continuare, quindi, prima che scoppi in lacrime: “Ma posso aiutarti a cambiare le cose. Ci stai?”
E ovviamente ci sta.
 
“Questo non era nei piani” protesta Louise, quando io e Liam ci sediamo al solito tavolo assieme a lei, Harry e Niall, poco dopo.
“Non me ne importa un accidente dei tuoi piani” le rispondo con un sorriso impertinente a imitazione dei suoi.
Ci restano altri quindici minuti di pausa a pranzo e non ho intenzione di trascorrerli da sola con Dork, le sue chiacchiere e i suoi occhi lucidi. Mi dispiace un po' aver abbattuto il suo scudo di illusioni e ottimismo, ma le cose non possono andare avanti così.
“Non puoi stravolgere i piani senza consultarmi” insiste lei, battendo un pugno sul tavolo.
“Sei la migliore amica che si possa avere, Lou” la cito, per poi rivolgermi direttamente ad Harry, che sembra molto più accondiscendente. “Dork ed io abbiamo fatto un patto”.
“Un patto?” Louise è indispettita e non tollera l'essere ignorata, come al solito. La sua voce suona stridula in maniera quasi divertente, ma sono abbastanza delicata da non ridere, o la situazione potrebbe degenerare.
“Esatto. Sai, quando si dice così quando si prendono decisioni con il consenso di tutti, in modo che nessuno rimanga fregato” le spiego.
Lei boccheggia, indignata dalla mia sfrontatezza, e Niall ride. “Ti ha spenta, Lou-lou!”
“Chiudi il becco, verginello” abbaia lei, per poi tornare a guardare me. “Cosa hai in mente?”
A dire il vero nulla. So solo che dobbiamo distruggere Dork e lasciare che sia Liam a camminare nei corridoi della scuola d'ora in poi. Non ho le idee molto chiare, devo ammetterlo, ma di solito è Lou quella dei piani dettagliati. Al momento non posso sperare nella sua collaborazione, forse, ma sicuramente in quella di Harry sì: “Innanzitutto scoprire quale sia la causa della frustrazione di Payne”.
“Io non sono frustrato” obietta Liam, arrossendo appena quando tutti si voltano a guardarlo confusi.
È Niall a correggerlo: “Non tu, tuo fratello”.
“J-James?”
Oh, dai, non di nuovo!
“Sì. Perché, hai altri fratelli?”
“N-no.”
La risata di Niall scoppia così forte che probabilmente a nessuno in tutta la mensa è sfuggita; si getta all'indietro contro lo schienale della sedia con così tanto slancio che questa si ribalta e lui cade sul pavimento.
Mentre Liam accorre a dargli una mano, preoccupato, mi passo una mano tra i capelli, esasperata. “Mi darete una mano, vero?” imploro i miei amici. Non posso di certo fare tutto da sola con quel tonto di Liam come unica spalla.
Harry sorride raggiante, e so già che accetterà, ma prima di farlo rivolge comunque un'occhiata propositiva alla sua ragazza. Louise mi fissa con astio per qualche lungo istante, poi: “D'accordo. A patto che spingiamo James Payne giù dal piedistallo”.
 
Quel pomeriggio a casa di Louise, oltre alla solita compagnia, c'è anche Liam Payne. Dopo quaranta minuti di domande personali a cui lui non s'è fatto scrupoli a rispondere, ha iniziato a manifestare reticenza quando il topic principale è divenuto suo fratello. Continua a balbettare e a eludere le risposte... Credo che Lou sia sul punto di prenderlo a schiaffi – lei, al contrario mio, ne sarebbe capace se solo volesse.
“Dork, ascoltami bene” sbotta all'improvviso, mentre lui sta balbettando una serie di farneticanti “non lo so, sì, be', forse... insomma...”; Liam sbianca per la paura di quella reazione inaspettata – solo da lui, perché noi ce l'aspettavamo già da un po', in effetti. “Se non rispondi alle nostre cazzo di domande, non se ne fa niente – nada, niet, nichts! Un cazzo, Dork!” gli comunica con palese irritazione.
Liam arrossisce e boccheggia qualcosa d’indecifrabile, così Harry si affretta, come da copione, a correre in suo aiuto: “Perché proprio non si può, capisci? Non conoscendo bene il problema non si può trovare una soluzione adatta”.
Per un attimo pare che si sia lasciato convincere, poi però sospira pesantemente e si massaggia la base del collo, ancora combattuto. “Non lo so, è che... è mio fratello...” dice e il suo sguardo implorante si posa su di me.
Oh. Guarda me. Sta guardando me in cerca di aiuto. Pensa che io possa dargli una mano. Ha fiducia in me, più che in Harry? È... incredibile.
“Liam, non vogliamo umiliarlo, vogliamo solo aiutarti a prendere in mano la situazione” spiego, mentre mi gratto una guancia con l'unghia del pollice – l'occhiataccia di Louise indica che, sì, trova ancora insopportabile quel mio tic nervoso.
Non capisco perché tra tutti noi si fidi proprio di me, che sono probabilmente la persona più ipocrita e meschina che si possa trovare in circolazione. È imbarazzante, anche se piacevole.
“È mio fratello”.
“E si vergogna di te”.
“Cosa?” Sgrana gli occhi.
Sono stata di nuovo troppo brusca, vero? Ma, andiamo, non può non essersene mai accorto! È proprio necessario farmi sentire in colpa con quello sguardo da cagnolino abbandonato?
Louise sbuffa e gli dice le cose come stanno – o per lo meno come siamo sicuri che stiano. “Payne si vergogna di te. Ha bisogno di sentirsi superiore al suo fratellino sfigato, perché è più grande e popolare, mentre tu sei... sei Dork. Quello che inciampa nei propri piedi durante la corsa campestre a due passi dal traguardo, quello a cui tutti ridono in faccia e nemmeno se ne accorge.”
Liam fugge lo sguardo di ghiaccio di Louise e spinge indietro la sedia per allontanarsi il più possibile da lei, che, è evidente, lo spaventa. E quelli che vedo sono di nuovo i lucciconi, vero? Grandioso. Oltre che sfigato è pure frignone e io una stupida sentimentale in preda alla sindrome premestruale.
“Lo stai mortificando, smettila”.
“Oh, ora lo difendi?”
“Non lo difendo, cerca solo di essere un po' meno stronza!”
Ma certo, scusami tanto. Allora parlaci tu, con il tuo amichetto”.
“Ci stavo provando, infatti, prima che decidessi di metterti in mostra come al solito”.
“Sai una cosa? Forse dovresti davvero farti scopare da qualcuno, Zeta. Sei acida da far schifo e... vaffanculo, no! Fuori di qui!” Louise s’interrompe e salta in piedi quando una piccola mandria di bambine bionde entra di corsa nel salotto di casa sua.
Di norma detesto le sorelle di Louise – perché, be', non per niente sono sue parenti: sono piccole, troppe, chiassose, invadenti e dispettose – ma non questa volta. Per lo meno il destino sembra averla punita per la sua eterna insolenza.
Cercando di non pensare al fatto che tutti mi ritengano acida e vogliano che faccia sesso con qualcuno, torno a rivolgermi a Liam, che ora guarda le mocciose con un misto di sorpresa e simpatia, mentre probabilmente ancora sta pensando al proprio fratello.
“Ma noi ti daremo una mano” gli dico, sperando che questo possa rassicurarlo almeno un po'. Non so se funziona, ma so che l'attimo dopo Louise si mette a strillare chiamando a gran voce sua madre, sperando di spaventare così le bambine, e qualcosa mi dice che la seduta è sciolta.
Nel momento esatto in cui una fitta dolorosa mi attraversa la testa, capisco che a) sarà un lunghissimo pomeriggio e b) Liam non si confiderà mai con noi, finché qualcuno non lo metterà a suo agio. Per quanto le fossette di Harry siano incoraggianti, credo che il suo sorriso da Stregatto e l'influenza della sua ragazza annullino il suo potere persuasivo.
Ecco perché credo che toccherà a me e Niall conquistare la sua fiducia.
 
“Dobbiamo solo darti una sistemata, amico” dice Niall con poca convinzione a Dork, mentre camminiamo tutti insieme verso la fermata dell'autobus, quasi un paio d'ore dopo.
Liam fa una smorfia confusa, ma questa volta non comincia a biascicare scuse e giustificazioni. “Davvero lui si vergogna di me?” mormora, dopo qualche istante di indecisione.
Di nuovo sensi di colpa. “Secondo noi sì, ma questa è l'arma che useremo per impedirgli di umiliarti davanti a tutti”.
“Cosa? Il mio essere imbarazzante?”
Niall annuisce energicamente; forse il suo entusiasmo riuscirà a convincere Dork della possibile riuscita del nostro piano. Piano che ancora non c'è, ma sono sicura che te ne sia già accorto.
“La sua insicurezza” rispondo e Liam ride, perché no, suo fratello è tutto fuorché insicuro; lui stesso l'ha sempre ammirato tanto per la sua forza.
Forse dovrei dirglielo, che tra i due quello forte non è James, ma non lo faccio, perché trovo che sia bello il fatto che, nonostante tutto, Liam lo stimi tanto. Molto stupido ma molto bello.
Pensare a James Payne nei panni di un insicuro, in ogni caso, mi fa sorridere. È probabile che sia persino la verità e forse il piano di rendere il suo fratello sfigato un po' meno sfigato gli farà abbassare la cresta – magari anche in senso letterale. Sono quasi sul punto di riconsiderare su quest'ottica gli atteggiamenti di quell'idiota, quando la conversazione riprende.
“Quindi cosa devo fare?” domanda, ed è Niall a rispondere: “Innanzitutto butta via quella camicia a quadri”.
“Perché?” Liam sgrana gli occhi e si porta le mani al collo, come a proteggere gli ultimi bottoni diligentemente inseriti nelle asole. “È una delle mie preferite!”
“Fa un po' sfigato” risponde l'altro con sincerità, senz'ombra di scherno nella voce; “però se proprio ti piace...”
Poi lo sguardo di Dork vola su di me, come a chiedere un'ulteriore conferma, e io annuisco, perché Niall non ha tutti i torti, affatto. “E se non ti dispiace, io tagliere anche i capelli”. Non che i suoi riccioli ribelli non siano carini, ma a vederlo sembra un bambolotto. Il che, sì, fa un po' sfigato.
“Oh”, interviene Niall: “anche quella a quadri rossi e blu e l'altra verde. In effetti forse bisognerebbe portarti a fare shopping. Che ne dici, Zeta?”
Non guardare me, Niall: è Louise l'esperta di moda. Io è molto se non esco in pigiama la mattina. Ma in ogni caso... “Già. Cosa ne pensi, Liam?”
Lui fa scorrere lo sguardo da me a Niall un paio di volte, poi prende un respiro profondo e accetta.
Sembra che gli costi un grande sforzo, ma sembra che stia facendo del suo meglio per collaborare. Apprezzo.
Niall ride. “Grande, allora domani pomeriggio scendiamo in città!”
“D-domani?”
“Sì, perché no?”
“Ma voi non fate mai i compiti?”
E Niall in tutta risposta gli ride in faccia.
 
È di nuovo lunedì e non è per niente così che dovevano andare le cose; quando ho detto a Liam: “James ti invidierà”, non intendevo niente del genere.
“Avanti, Zeta, che c'è di male?” ha detto Lou dopo avermi comunicato la sua grande idea. Perché ora ha davvero un piano e non ha niente a che vedere con il mio di rinnovare la figura di Dork.
Già, Zeta, che c'è di male? C'è che io non voglio essere l'oggetto di contesa tra i fratelli Payne.
C'è che vorrei proprio non averci nulla a che fare, se posso essere sincera.
E c'è che James Payne ha di nuovo pubblicamente umiliato suo fratello, l'altro giorno al negozio di abbigliamento, e c'è che ho difeso Dork davanti a quell'idiota e a tutti suoi amici e ora tutta la scuola dice in giro che sto assieme a lui. E siete liberi di decidere voi chi sia quel “lui”, perché c'è chi sostiene che sia l'uno e chi che sia l'altro dei fratelli Payne.
E io li odio; oh, se li odio!
Ah, e c'è che Niall ha un occhio nero. Ma questo è perché sabato sera era così ubriaco che è andato a sbattere contro un palo, mentre lo riaccompagnavano a casa a piedi. Questo aumenta il mio nervosismo, perché so che se ci fossi stata io, sarei stata un minimo attenta alla sua incolumità, invece i piccioncini hanno preferito continuare a piccionare tra loro.
All'ora di pranzo sono così irritata che non mi presento in mensa, per paura di vedere James Payne e di sentire le voci che sicuramente stanno circolando sul mio conto. Mi nascondo quindi nel bagno delle ragazze, dove nessun maschio beota può raggiungermi, ma Louise sì. Di fatto si presenta alle dodici e quarantadue con due lattine di Coca Cola e altrettanti panini imbottiti (uno al prosciutto e l'altro al tacchino, ricordandosi dell'etica religiosa che sono la prima a trascurare per pigrizia, spesso e volentieri, salvo poi farmi prendere da crisi isteriche quando me ne rendo conto); si siede accanto a me sul pavimento del cubicolo riservato ai disabili e mi consegna metà del suo bottino.
Parla senza interruzioni né eccessiva supponenza per quasi dieci minuti, alla fine dei quali conosco i pettegolezzi che girano su di me oggi.
C'è chi pensa che il mio nuovo sincero interesse per Liam Payne abbia fatto ingelosire James, il quale pare abbia una cotta per me dai tempi delle elementari – quando ancora nemmeno frequentavamo la stessa scuola, per inciso.
Secondo altri, svolazzo attorno a Liam solo per poter attirare l'attenzione di James, con cui avrei fatto la famosa sveltina in biblioteca la scorsa settimana, ma il quale ora si sarebbe stancato di me. (Ma magari!, dico io. E no, la sveltina non rientra nel “magari”.)
Qualcuno sostiene che in biblioteca fossi con Niall Horan, il che spiegherebbe il suo occhio nero e la pubblica – ennesima – umiliazione di Dork: James Payne è notoriamente un tipo geloso e impulsivo, che non sopporta che altri ragazzi facciano il filo alla sua vecchia fiamma.
Addirittura ha sentito dire che Niall Horan e James Payne avrebbero fatto a botte per me, con conseguente e ovvia vittoria di James, mentre me la facevo con Liam nel camerino di H&M (nonostante fossimo andati a fare spese ai grandi magazzini).
Ogni storia è ritrovabile con qualche piccola variante – ce n'è addirittura una secondo cui in realtà sono lesbica e quei tre si stanno accapigliando per niente –, ma il succo rimane lo stesso: “Zena Malik è una gran troia”, come sta appunto dicendo qualcuno nel cubicolo accanto al nostro, probabilmente sapendo benissimo che io sono lì e posso sentirla.
Louise si alza in piedi, sistema la maglietta e fa per uscire a dirne quattro “a quella stronza”, ma la fermo posandole una mano sull'avambraccio.
“Lascia perdere. Possono dire quello che vogliono”.
Sospiro. Sono sinceramente stanca di tutta questa storia. Sono tutte stronzate che non vorrei nemmeno dover ascoltare e se l'unico modo per tornare al mio quieto vivere da persona asociale e invisibile è starmene da sola da qualche parte finché il polverone non si è posato, lo farò.
“È ridicolo, non trovi?”
Louise mi osserva in silenzio per qualche istante; stranamente non c'è ironia nei suoi occhi blu quando scrolla il capo e cerca di sorridermi in maniera incoraggiante. Poi fa qualcosa che non faceva da un sacco di tempo: mi abbraccia.
Impiego diversi secondi prima di rendermi conto di cosa sta succedendo e ricambiare l'abbraccio. Non credo di averla mai sentita emotivamente così vicina e non ho idea del perché stia facendo una cosa del genere.
Un po' per questo, un po' per lo stress e un po' perché mi è venuto il ciclo proprio questa notte, scoppio a piangere silenziosamente – perché sono troppo stupida e orgogliosa per piangere e basta, devo sempre controllarmi.
“Vuoi parlarne?” mi chiede.
Cerco di non singhiozzare; “No.”
“Vuoi chiamare Danny? Posso andarmene, se vuoi”. È fin troppo gentile. Sono così disperata?
“No, non ho credito.”
“Ti presto il mio cellulare!”
“No. Vaffanculo pure a Danny”. Anzi, soprattutto a lui.
 
Dopo la pausa pranzo, ieri sono andata a casa. Ufficialmente ho passato la pausa al bagno in preda ai dolori mestruali, in pratica ho semplicemente aspettato con Louise che tutti tornassero in aula, poi lei mi ha accompagnato a casa, dando voce al mio pensiero non appena ce la siamo svignata: “Fanculo la scuola, fanculo quel branco di imbecilli”. Sono certa che nemmeno Niall sarebbe riuscito ad esprimere il concetto in maniera più schietta.
Quando mi ha visto rientrare prima, Doniya mi ha chiesto cosa fosse successo.
Che cos'è successo? Bella domanda. Un gran casino, ma anche niente. Non so perché mi importi tanto: mi sono affezionata al fratellino sfigato di un ragazzo popolare e arrogante, per cui ora girano voci e voci su di me.
Lei ha scosso il capo e mi ha versato una tazza di tè. “Fregatene” dice solo, con la tipica incisività di noi Malik. Sul momento le ho dato tra me e me dell'ipocrita, visto che il suo essere una personalità attiva e conosciuta all'interno della scuola le ha causato non poche crisi isteriche durante i quattro anni del liceo. È a causa della sua esperienza se io oggi mi impegno tanto a star fuori dai guai e dai pettegolezzi altrui.
È Danny a spiegarmi cosa significhi: “Proprio per questo. Su tua sorella giravano voci di ogni genere e lei ci stava di merda, perché le importava.” E lo sento, maledizione, quel rancore causato dall'essere stato scaricato da lei, anni fa; perché Danny era considerato delinquente, mentre Doniya era una dei rappresentanti d’istituto, capo-classe, capo-tutto. La fama negativa di Danny l'ha indotta a piantarlo e lui, me ne rendo conto solo ora, non gliel'ha perdonato. Magari è ancora innamorato di lei.
Maledizione a me! Mi ero ripromessa di smettere di essere il suo cagnolino, ma alla fine sono corsa da lui anche questa volta. E mi sono bruciata di nuovo.
“Tu però non sei come lei, Zeta. Tu sei forte, sai che quello che conta è essere te stessa, te ne freghi delle voci di corridoio. Sei un ragazza con le palle”.
In quanto ragazza con le palle, dunque, scendo dall'auto senza una parola di più e me ne vado, dopo averlo ringraziato freddamente.
Mi alzo il cappuccio della felpa sopra la testa per proteggermi dalla pioggia, ma non ho la minima intenzione di correre come fanno tutti gli altri. Cammino spedita fino all'ombrello con su una bandiera tricolore che senza ombra di dubbio copre Niall e mi ci infilo sotto, ringraziando a mo' di saluto per il riparo involontariamente offertomi.
“Ehi, Zeta! Stai meglio oggi?” A giudicare da quella domanda, Louise non deve aver raccontato nulla ai ragazzi. O almeno al nostro irlandese.
Scrollo le spalle e sorrido a mo' di conferma, perché di mentirgli a parole non me la sento. Non che non ne sia capace, ma per come la vedo io mentire ad una persona sincera e semplice come Niall Horan dovrebbe essere un reato punibile penalmente. “I piccioncini dove si sono cacciati?” domando invece per sviare l'argomento.
A quanto pare, Louise e Harry sono nascosti da qualche parte a pomiciare, in attesa dell'apertura delle porte, oggi insolitamente in ritardo. A pensarci, è assurdo che quei due si nascondano per stare insieme; non che l'idea di vederli sbaciucchiarsi entusiasmi molto me o Niall, ma conoscendoli non li definirei proprio il genere di coppia che si fa problemi ad imbarazzare gli altri scambiandosi effusioni. Anzi, entrambi sembrano divertirsi molto nel mettere in imbarazzo il prossimo, chiunque egli sia – pur con qualche remora da parte di Harry, che comunque è sempre molto attento ai bisogni altrui. L'unica spiegazione plausibile, dunque, è che si nascondano per paura delle voci.
È ridicolo che i pettegolezzi scolastici possano influenzare a questo punto persino due persone come loro, così fuori dalle righe.
Mentre Niall borbotta qualcosa a proposito dell'ultima partita del Derby, ben sapendo del mio scarso interesse, Liam Payne interrompe il nostro passatempo correndoci incontro sotto il suo ombrello a scacchi blu e bianchi.
“Proprio non riesci a stare senza quadrati, eh?” lo saluta Niall, per poi scoppiare in una risata allegra.
Liam socchiude le labbra e batte le palpebre con aria confusa, fa balzare lo sguardo in alto per controllare il proprio ombrello e poi, senza comunque aver capito di che diavolo Niall stia parlando, torna in sé. “È successa una cosa, ieri” ci comunica, trafelato.
“Cosa?”
“Papà ha--” si blocca a metà frase, per poi riprendere abbassando notevolmente la voce: “Pare che James rischi la bocciatura anche quest'anno e papà ha minacciato di buttarlo fuori casa. Mamma si è opposta, ma lui è stato irremovibile e... dobbiamo aiutarlo”.
Per un attimo cala il silenzio tra noi, poi lo sguardo perso nel vuoto di Niall si rianima e incontra il mio, sotto le sopracciglia aggrottate.
“Aiutarlo? No, Payno, noi dovremmo aiutare te!” lo corregge Niall con un sorriso divertito, come se gli avesse appena raccontato una barzelletta.
Poi si aprono le porte e la moltitudine di studenti in attesa si mette in movimento, fagocitando tutti i singoli gruppetti e dividendoci prima di poter arrivare a qualunque conclusione.
 
È l'intervallo, sto osservando la scarsa varietà di merendine che mi offre il distributore automatico del secondo piano, mentre ancora, per qualche motivo, penso all'apprensione con cui Liam è corso a cercarci per chiederci di aiutare suo fratello. Come può un ragazzino così fondamentalmente buono e adorabile essere maltrattato da qualcuno? E come può suo fratello essere così diverso da lui? Ma soprattutto così stronzo da infierire su di lui, invece di proteggerlo da se stesso e dalla sfiga che si porta appresso?
“Ho come l'impressione che la macchinetta ti abbia fatto un gravissimo torto”.
Ecco. Parli del diavolo...
Mi premuro di fulminare James Payne con lo sguardo. Che cosa vorrà da me questa volta?
“Chiamerai anche lui 'frustrato pallone gonfiato'?”
No, questo è un epiteto che riservo ai frustrati palloni gonfiati. Dunque a lui. “Può darsi”.
Payne ridacchia e scrolla il capo. Senza alcun preavviso, poi, si scaglia contro il distributore facendolo battere violentemente contro il muro.
E mi spaventa, sì. Per un breve istante temo che la sua ira si infrangerà su di me e che per la prima volta in vita mia verrò picchiata con qualcuno per non aver saputo tenere a freno la lingua – e sarebbe la conclusione perfetta per la mia sventura che aumenta di giorno in giorno.
Invece quando si volta verso di me sta sorridendo raggiante. “Tadaaan!” esclama anzi, mostrandomi vittorioso la quantità di merendine che sono rovinate giù nel cassetto. Sotto il mio sguardo basito si piega, ne estrae una di ogni tipo e me le mostra: “Allora, quale vuoi?”
Non riesco a fare altro che guardarlo sconvolta. Perché l'ha fatto? È una sorta di etichetta della giungla, per cui si offre la merenda alla gente che ti odia?
“Allora?”
“Cosa?”
“La macchina ti aveva mangiato i soldi, no?”
Oh. Quindi stava cercando di aiutarmi, non di uccidermi. “No. Stavo decidendo cosa prendere” rispondo, sempre più confusa. Per gentilezza aggiungo un “ehm, comunque grazie”.
“Ah”. Sembra esserci rimasto male. In questo momento, non ci crederete mai, avrei proprio bisogno di Louise – lei di certo avrebbe le idee chiare su quello che sta succedendo. “Be', poco male” borbotta, riempiendosi le tasche con ciò che ha appena, a conti fatti, rubato.
Si passa una mano tra i capelli corti e poi sulla faccia; sembra imbarazzato e questo mi confondo anche di più. “Quindi non prendi niente?”
Trattengo un sospiro e, sperando che fare come dice lo spingerà ad arrivare più in fretta al punto, mi chino e recupero un Bounty dal cassetto ancora aperto. Nemmeno mi piace il cocco.
James Payne mi fa l'occhiolino e “È il mio preferito” commenta.
Un motivo in più per odiarlo. “Che cosa vuoi?” gli chiedo infine, stufa delle sue indesiderate attenzioni. Se proprio vuole farmi un favore, che mi stia alla larga il più possibile.
“Tu sei brava a scuola, vero?”
Ho un brutto presentimento. Anche se mi sta guardando con serietà e tranquillità, anche se non ha un tono arrogante come al solito, anche se sta cercando di essere gentile con me. “No”.
Aggrotta le sopracciglia folte, preso in contropiede; “Sì invece!”
“Ti dico di no”.
“Zena, non rompere le palle, lo sanno tutti che sei brava”.
Rimango in silenzio per un istante, fissando il cassetto del distributore ancora aperto, finché lui, stufo di aspettare, non lo chiude con un leggero calcio. Allora mi vedo costretta a fare i conti con qualunque cosa stia per succedere. “Vuoi che ti passi il compito di matematica?”
“No, per quello ci sono i secchioni.” Ride, ancora nel completo imbarazzo, e io mi preparo al colpo.
Poi me lo chiede.
 
Gli ho detto di sì. James Payne mi ha chiesto di dargli ripetizioni dopo aver attentato alla vita di una macchinetta per farmi un favore e io gli ho detto di sì.
Non so perché l'ho fatto. L'ultima cosa che voglio è andare a casa Payne e aiutare quel pallone gonfiato a studiare per tre ore ogni santissimo giorno, gratuitamente, finché non recupera tutte le materie insufficienti, ma ho accettato.
Forse sono masochista. Dimmelo tu, sono masochista? Questo spiegherebbe la mia amicizia con quella stronza di Louise, la mia cotta per Danny, il mio ultimo attirare guai come una calamita.
Non so che cosa mi stia succedendo e non so che fare. Sono in piedi davanti al cancello di casa Payne con il cellulare tra le mani. Dovrei chiamare James e dirgli che sono fuori – mi ha categoricamente vietato di suonare il campanello e farmi beccare in giro per casa da suo fratello.
“Nessuno deve saperlo” ha detto, e non avrei potuto chiedere condizione migliore, soprattutto perché mi vergognerei ad ammettere di fronte ai miei amici di aver accettato di aiutare James Payne nonostante lo odi e abbia deciso di spingerlo giù dal piedistallo per vendicare le angherie inflitte al suo fratello minore.
Basta, devo smettere di pensarci. Ormai il danno è fatto. Premo il pulsante verde sulla tastiera del telefono e avvio la chiamata.
Un attimo dopo James Payne apre la comunicazione e: “Ciao. Scavalca il cancelletto e vai sul retro, ti apro da lì”.
Scavalcare il cancelletto?
Be', almeno una certezza l'avrò sempre: James Payne è un cretino.
 
Dopo quattro pomeriggi e otto ore di studio in compagnia di James Payne, posso dire con sicurezza che:
a) è un cazzone, anche se non stronzo quanto dà a vedere;
b) non studia;
c) è paranoico (di fatto ogni volta l'ingresso a casa sua somiglia a una brutta coppia di un film di spionaggio);
d) è stupido. Okay, magari non stupido-stupido, perché un minimo di prontezza mentale ce l'ha, ma il suo livello di acutezza non è molto maggiore di quello del fratello.
Entrambi i Payne, in sostanza, sono ugualmente svampiti, rintronati e un po'... lenti. Con la differenza che Liam ne è consapevole e s’impegna per migliorare, mentre James è pigro e irritabile, al punto che anche oggi, come nei quattro giorni precedenti, ad un'ora dalla fine del mio pseudo-turno, chiude il libro e lo lancia all'indietro accompagnando il gesto con un solenne “vaffanculo, basta” rivolto a non si sa bene chi.
Dopo dodici ore a stretto contatto con lui ho acquistato la confidenza necessaria a dirgli ciò che penso: “Sei un cazzone”.
Lui sbuffa divertito, poi si volta verso di me e: “Be', potrei usare quest'ultima ora per dimostrartelo”.
Ah, ah, ah. Ridete con me.
Inarco un sopracciglio, sperando che la mia espressione scettica basti a chiudergli la bocca. Ho perso il conto delle volte in cui mi ha indirettamente o meno proposto di usufruire del suo letto per fare, uhm, esercizio fisico.
Sono tutti fissati con questa storia che io debba scopare di più, è mai possibile?
“È un sì?”
“Ovviamente no”. Da quando sono qui, ho dovuto abbandonare la mia tecnica del 'Può darsi', per ovvi motivi. “Perché invece non discutiamo della mia ricompensa?”
James ride; mi rendo conto in fretta di avergli servito la battuta su un piatto d'argento: “Quello a cui mi riferisco sarebbe un'ottima ricompensa!”
Si prostituirebbe per pagarsi le ripetizioni, dunque. Mi viene da ridere, ma non lo faccio per paura che fraintenda. “No, grazie. Perché invece non fai qualcosa per me?”
Il luccichio malizioso che gli attraversa lo sguardo mi fa capire di avere formulato la frase in modo sbagliato. Mi correggo: “Sto parlando di un favore. Io sto cercando di darti una mano, tu non puoi fare lo stess- SMETTILA DI RIDERE, PAYNE!”
Uno dei tanti motivi per cui una volta tornata a casa da qui sono sempre uno straccio, è che James Payne trova doppi sensi ovunque. Mi sfinisce. È addirittura peggio di Harry e Louise, quando si impegnano per mettere in imbarazzo Liam, a scuola. Se si trattasse di un ragazzo qualunque e non di Liam Payne, mi chiederei come sia possibile che non abbia ancora imparato a gestire i doppi sensi – solo che, appunto, si sta parlando di Dork.
Per evitare ulteriori perdite di tempo, vado dritta al punto: “Io ti do ripetizioni, tu smetti di tormentare tuo fratello”.
Lui sta ancora smaltendo la ridarella, quando tossicchia il suo “Tutto qui?”.
No, be', se vuole di più, lo troviamo. “E mi giuri sulla tua testa che non alzerai mai un dito su Niall Horan. E Harry Styles”.
“E chi la tocca, quella checca!”, ricomincia a ridere.
Inarco di nuovo il sopracciglio; non so se ridergli in faccia o dirgli che “quella checca” sta con Louise Tomlinson, ma visto che la seconda opzione è fuori discussione, a meno che io non voglia essere uccisa dalla mia amica, opto per una pura e semplice insistenza. “Allora, ci stai?”
 
“Il piano è saltato”. A Louise quasi prende un colpo quando mi siedo di fronte a lei al tavolo della mensa con quell'annuncio.
Niall si gratta la testa e ridacchia; “Perché, avevamo davvero un piano?”
Scrollo le spalle. Magari no, ma dubito che Lou abbia abbandonato l'idea di rovesciare il regime del terrore di James Payne.
Quello che non sa, è che l'ho già fatto io, e senza usare l'inganno.
“Certo che ce l'avevamo” sbotta Louise contrariata, lanciandogli contro una foglia di lattuga scondita. “Quindi è vero che ti sei venduta al nemico?” mi domanda poi, incrociando le braccia.
Sì? Be', è vero, ma questo lei non può saperlo. E se anche lo sapesse, dovrebbe essermi grata del mio sacrificio per la nostra causa – oltre alle ripetizioni, ho dovuto concedere a James Payne due uscite. Nel senso proprio di appuntamento. Mi sto praticamente prostituendo.
“Come sarebbe se 'è vero'?”
“Tammie Bradshaw dice in giro che esci con James Payne”. Sogghigna. Mi sta provocando.
Incrocio le braccia sotto al seno e sogghigno a mia volta: “Tammie Bradshaw sa sempre un sacco di cose, vero?” commento in tono divertito.
Harry ridacchia. “Così pare. Zeta, la mangi quella?” domanda, indicando con la forchetta una salsiccia nel mio piatto. Scuoto il capo e faccio per avvicinarglielo, ma Niall è più svelto e la infilza per poi staccarne un pezzo con un morso. “Ti sei già fregato la mia!” esclama a mo' di giustificazione, quando Harry protesta.
Mi viene da ridere; James sicuramente troverebbe un doppio senso qui.
“Sentiamo un po', Zeta” ricomincia Louise, dopo aver sbuffato divertita e ricominciato a mangiare. “Dove sei finita questa settimana?”
“Studiavo”, il che è anche vero. Immaginavo che non sarebbe stato possibile mantenere il segreto: sono solita uscire con questi tre beoti (ultimamente quattro) ogni pomeriggio, non posso sparire e sperare che non se ne accorgano.
Ah-ha. Studiavi”.
Qualcosa mi dice che non ne è molto convinta.
“E con chi?”
Inarco un sopracciglio. “Con James Payne, ovviamente” rispondo ironica; ne approfitto per sviare subito il discorso, anche se dubito che la cosa passerà inosservata a Louise: “A proposito, dov'è Liam?”
“È stato trattenuto dal professore di inglese” mi informa Niall a bocca piena; “Sta arrivando, è laggiù” mi indica poi.
In effetti Liam è dall'altra parte della mensa e si sta avviando nella nostra direzione reggendo tra le mani un vassoio carico di pietanze, come sempre.
Quando mi accorgo che per raggiungerci deve passare accanto al tavolo a cui siedono suo fratello e gli amici, capisco che è già giunto il momento della prova del nove.
Trattengo il fiato. Se dovesse infrangere il patto, mi dispiacerà? Non lo so. So che mi arrabbierò, senz'altro, come ogni volta che Louise perde le staffe e lo riempie d’insulti, come ogni volta che qualcuno lo chiama sfigato in corridoio, come ogni volta che James lo incolpa dei suoi problemi.
I trogloditi lo hanno visto, si stanno già dando di gomito e ridono, pregustando il momento in cui Liam si spalmerà sul pavimento assieme al suo vassoio. Anche James sta ridendo, poi incrocia il mio sguardo e io mi affretto a controllare Liam. Spero che all'ultimo secondo svolti e cambi strada per raggiungerci, ma non lo fa.
Harrison Cohen si è già issato sulle braccia mentre allunga una gamba verso il passaggio.
Spostati, Liam, torna indietro. Chiudo gli occhi, perché, sì, rimarrò delusa quando succederà. Sono un'asociale del cazzo, ma mi affeziono subito delle persone. È assurdo che abbia iniziato a dare fiducia persino ad un coglione come...
“Questa poi!” esclama Louise a gran voce, battendo una mano sul tavolo. “Avete visto?”
Che cosa? Sgrano gli occhi e controllo la situazione: i ragazzi stanno tutti guardando in direzione di Liam, che ormai ci ha raggiunto – è in piedi e cammina concentrato sul proprio vassoio ancora ingombro di alimenti, cercando di non far cadere niente.
“Avete visto?” ripete Louise, ma nessuno gli risponde.
Che cosa? Che cosa dovremmo aver visto?
“Payne li ha fermati. Cohen stava per fargli lo sgambetto e Payne...”
“...li ha fermati” completo, stupita almeno quanto lei.
“Esatto!” conferma Harry, confuso, per poi aprirsi in un sorriso smagliante e vittorioso. “Quindi abbiamo vinto?”
Niall ride forte di gioia, mentre Liam si siede accanto a me e saluti tutti educatamente. “È bastato eliminare le camicie a quadri!”
“Qui ci vuole un brindisi” propongo allegra come non sono da un sacco di tempo. Sono felice, sì. Non so se lo sono più perché abbiamo vinto la nostra piccola battaglia o perché James Payne non ha tradito la mia fiducia. È quasi senza pensarci che lascio vagare lo sguardo sulla gente finché non lo trovo a guardarmi; io sorrido, lui muove le sopracciglia in segno d'intesa.
“Sei arrossita” mi comunica Louise in tono spassionato.
Che cosa? Non è vero. Perché avrei dovuto? “Non dire fesserie. Brindiamo a...”
“A James Payne!” esclama Louise, alzando la sua lattina di Soda. Mi lancia un'occhiata inquisitoria e capisco che per quanto James cerchi di fare le cose con discrezione, non tutti sono tardi come lui. Non Louise, per lo meno.
“Perché?” Liam strabuzza gli occhi, senza capire. “Che succede?”
Povero piccolo ingenuo. Gli scompiglio i riccioli con un gesto automatico e rido; “non fare domande, brinda e basta! A James Payne!”
“A James Payne!”
“A Payne!”
“I-io?”
“Ma no, non tu!”
“Oh! Certo!”
 
“E questo chi è?” domando, quando, entrando in camera di James, trovo un labrador retriever dorato a guardarmi da sopra il letto.
“Brit” dice solo, mentre mi siedo per accarezzare il cane.
“Oh, è una lei?”
“Esatto”.
Brit sembra contenta delle mie attenzioni; scodinzola e si fa più vicina per potermi posare la testa sulle gambe.
James ridacchia. “Piaci proprio a tutti, in casa Payne” dice a mezza voce, non so se a me o a se stesso. Il commento in ogni caso m’imbarazza un pochino, per cui fingo di non aver sentito.
Lui sembra non aver più nulla da dire, si limita a fissarmi, ecco perché tocca a me trovare un altro argomento di conversazione: “Sei stato leale”.
“Eh?”
“Oggi, a mensa. Sei stato... carino”.
“Non sono poi così una merda”.
No, certo che no. Solo un po' uno stronzo che siccome va male a scuola, fa lo sgambetto al fratello minore svampito, il quale però se la cava con voti decenti.
“Mia madre vuole che tu rimanga a cena, uno di questi giorni”.
Oh. “È gentile da parte sua”.
“Le ho detto di no”.
Corrugo la fronte e lo guardo male. Non che impazzissi dalla voglia di cenare con la sua famiglia, ma se è così poteva anche evitare di dirmelo. “Immagino che tu non possa proprio essere carino più di una volta al giorno”.
James scoppia a ridere, mentre si avvicina alla scrivania e si siede al solito posto. “Prima esci con me, Zena, e poi, forse, con mia madre”.
 
“Sputa il rospo, traditrice”.
Sono appena tornata da casa Payne e sono stesa sul mio letto. Ho fatto l'errore di non controllare il mittente della chiamata, prima di rispondere, ma direi che dalla schiettezza dell'interlocutore non è difficile indovinare che si tratta di Lousie. “Cosa?”
“Non fare la finta tonta. Ti sembro Niall o Harry?”
“Nnnno.” Decisamente. Loro hanno la voce più profonda e sono molto meno petulanti.
“Che mi dici degli sguardi languidi tra te e Payne?”
Tecnica dell'elusività: “Liam?”
“Zeta, ho sentito questo scambio di battute così tante volte da quando Dork gira con noi, che potrei vomitare”.
Rido, corrugando la fronte: “Non ci sono occhiate languide! Abbiamo pattuito che lui smetterà di importunare Liam e io gli darò una mano con lo studio”.
“Sapevo che non poteva essere un caso! E la cosa spiegherebbe anche perché fai la stronza e ci snobbi al pomeriggio”.
Bene, quindi sono ufficialmente una persona sincera. Grazie della fiducia, Lou. “Non vi snobbo! Lo aiuto a studiare”.
“Tutti i pomeriggi? Ma ti paga, almeno?”
Le risparmio le varie discussioni dense di doppi sensi sulla mia ricompensa. “Lascia in pace Liam e garantisce l'incolumità di Harold e Irlanda in eventuali scazzottate future”.
“Mh, mica male. Certo, dev'essere una tortura insopportabile, ma meglio tu che io”.
“Grazie, eh”.
“E gli sguardi languidi?”
Ancora? “Non ci sono sguardi languidi, Louise!”
“Zeta, amica mia, sei per caso cieca? Se n'è accorto anche Niall che quello ti sbava dietro”.
N-non è vero. È solo uno spaccone. Basta. “Lo dici come se Niall fosse stupido”.
“Posso dire che è un tipo naif, se preferisci, ma il succo non cambia: quello non ti toglie mai gli occhi di dosso”.
Ho mal di stomaco. “Non dire fesserie”.
“E tu non pensarle!”
“Ma Danny...”
“Magari è ora di andare avanti, no?”
Cosa? Non può dire sul serio! “...James Payne?
“Sì, okay, magari è una scelta di merda” mi concede; “non la approvo. Ma se ti piace...”
Ma a me piace Danny. Da sempre.
“E poi, parliamoci chiaro: se non riesci a raddrizzarlo tu, non ci riesce nessuno. Sia in senso metaforico che letterale”.
“...Louise, che schifo”.
La sento ridere. “Mi saprai dire”.
 
“Mi dispiace”.
“Cosa?”
“Sono innamorata di uno che ancora sbava dietro a mia sorella. So bene cosa significa farsi prendere per il culo. Per cui scusami”.
Sono le sei e venti di pomeriggio e, dopo tre settimane di studio e continue allusioni, ho appena fatto sesso con James Payne – e questa volta per davvero, niente voci di corridoio.
Sono la più grande ipocrita che sia mai esistita. Non ho idea del perché io abbia fatto una cosa del genere. Devo essere impazzita. C'erano almeno un milione di motivi per cui non lasciare che accadesse, ma non l'ho impedito comunque. Mi sono lasciata trascinare nonostante sapessi di star facendo una stronzata.
James, contro ogni aspettativa, ride. “Lo so” specifica, stiracchiandosi.
Lo sa? Come diavolo fa a saperlo?
Poi rotola a pancia in giù e sistema la testa sulle braccia, guardandomi con un sorriso sornione che… uhm. Non si può dire che non sia sexy, ecco.
“Ci sei mai stata, a letto con lui?”
Sento puzza di stronzata (e non parlo solo di quello che ho fatto), ma faccio comunque lo sforzo di rispondere: “No”. È vero. Non mi ha nemmeno mai baciata, non mi ha mai considerata davvero come una ragazza. Per me Danny è sempre stato tutto, per lui sono la sorellina di Doniya. O peggio: la sua.
Ride di nuovo. “E allora è a quel coglione che dovrebbe dispiacere, perché sono un passo avanti a lui”.
… Sono appena arrossita, non è vero?
“E quando gli si presenta, a lui, questo spettacolo?”
Mi sento avvampare, mentre mi accarezza una guancia e poi comincia a giocare con una ciocca dei miei capelli.
Questa dolcezza è del tutto fuori luogo. Dovrei sentirmi in colpa, non lusingata.
“Smettila di provarci con me”.
James sorride, poi si avvicina e “Non ci provo, Zeta: ci riesco” mormora, aspetta una risposta per qualche istante, prima di baciarmi.
Quando le sue labbra incontrano le mie, gli sto ridendo in faccia, ma lui non sembra farci caso.
 
Un mese. Sono incastrata in questa situazione d’imprecisa segretezza da un mese, sono finita a letto con lui circa sei volte, Louise ha sparso la voce dell'accaduto tra i ragazzi (i quali, comunque, pare avessero notato l'abbassarsi del mio livello di acidità) e stamattina, scesa dall'auto di Danny, ho trovato James Payne ad aspettarmi.
E James Payne mi ha baciata davanti a tutti – davanti a Danny! - in mezzo al parcheggio, prima che aprissero le porte della scuola, quando ancora l'intera popolazione studentesca si annoia nell'attesa dell'inizio della tortura giornaliera.
Lo ha fatto di nuovo in mensa, quando già tutti stavano parlando di noi, per poi sedersi al nostro tavolo e tenermi una mano sul ginocchio tutto il tempo, mentre Louise gli lanciava occhiatacce per aver osato tanta confidenza con loro, Harry sorrideva raggiante e incuriosito dalla novità, Niall mangiava in silenzio per paura di chissà quale ripercussione e Liam non ci stava capendo niente.
Una volta tanto, però, Liam non è l'unico a non capirci niente. Non lo so, se devo essere sincera: non lo so che diavolo stia succedendo a me, a James, a Danny che mi riempie di SMS che non ho nemmeno aperto, a Louise che alterna momenti di approvazione ad altri in cui sono certa ci ucciderebbe tutti senza rimorso. Non m’importa, perché, be', James mi piace. Se me l'avessero detto qualche settimana fa, non avrei nemmeno fatto lo sforzo di ridere loro in faccia, ma è così.
Mi piace. Mi piace che James mi baci e che non mi faccia più entrare di nascosto dall'entrata sul retro, per poi rinchiudermi in camera per paura che Liam mi veda. Mi piace che al primo appuntamento mi abbia portata a vedere Capitan America, che sorrida come un bambino e che quando si rade assomigli così tanto a Liam – tanto da perdere quell'aria da spaccone di cui si vanta tanto.
E, di nuovo, non me ne frega niente – niente delle voci di corridoio, delle ragazze che mi danno della troia mentre faccio pipì a scuola, del fatto che Niall stia uscendo con quella bocca larga di Tammie Bradshaw e i suoi bellissimi capelli ricci. Non m’importa che James sia carino con suo fratello solo per farmi un favore e che continui a fare il cazzone con i suoi amici.
Non m’importa, perché la mia vita mi piace.
Danny su una cosa aveva ragione: sono diversa da mia sorella, se faccio qualcosa è perché voglio, non perché mi viene imposta.
Su qualcos'altro avevo ragione io, invece, e ancora lo sostengo, nonostante tutto: i fratelli Payne portano guai. Me ne hanno portati così tanti che non so nemmeno io come farò a vendicarmi per tutti – anche se immagino che ci penserò Louise al posto mio.
 
“Sai, Harry ha notato che le cheerleader hanno preso di mira...”
“Non pensarci neanche”.
  
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