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Autore: BekySmile97    24/04/2014    0 recensioni
Mi avvicinai cauta e guardai nell’angolo che mi indicava. In effetti c’era qualcuno seduto sulla sedia rotta di mia nonna, ma non riuscivo a capire chi era, quindi mi sporsi ancora un po’, per cercare di capire chi fosse.
(...)
“Ma cosa…” balbettai in preda al panico, mettendomi in ginocchio.
“Ti sei fatta giocare dal tuo opposto. Peccato… avevo scommesso che non ti saresti fatta fregare.” disse la figura nell'angolo, alzandosi e venendomi incontro.
“Peccato davvero…” sussurrò guardandomi da due occhi blu scuro, mentre tutto diventava nero.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5: Giardino e giardiniere
 
“Non si va in giardino per lavorare” aveva sempre detto Danzelot, “ma per rallegrarsene. E non estirpare mai le erbacce! Non c’è niente di più bello di loro in primavera.”
 
Il labirinto dei libri sognanti
 

“Il luogo dei tuoi incubi?” mi chiese guardandosi intorno. “Certo che ti sei sforzata…”
Sbuffando, gli risposi: “Non so che dirti, si vede che la mia immaginazione è andata in vacanza da qualche parte.”
“… certo che sei proprio acida.” aggiunse dopo un attimo mentre io mi alzavo in punta dei piedi cercando di capire in che punto del Giardino fossimo.
Mugnai qualcosa e mi incamminai con Samuele dietro che protestava per la mia indifferenza.
“Potresti dirmi anche qualcosa… non c’è giusto a stuzzicarti se non rispondi.”
“Se ti rispondessi staresti zitto?” gli domandai.
“No.” mi disse con semplicità.
Sospirai ed accelerai il passo.
“Come fai a sapere che strada prendere?” mi chiese ancora.
“L’ho letto su un libro.” risposi cercando di non perdere la pazienza.
“Che libro? Non esistono libri sul Giardino…” mi disse affiancandomi.
“Invece sì... l’ho trovato in una biblioteca.” specificai notando che mi guardava come se fossi pazza.
“Una biblioteca?” mi chiese con tono scettico.
“Sì… sai quei luoghi pieni di scaffali contenenti dei libri? Ecco, si chiamano biblioteche e…” dissi prima che mi interrompesse con un secco: “So cos’è una biblioteca, solo che pensavo che non ne esistessero più.”
“Ovvero?” chiesi incuriosita.
“Teoricamente erano state chiuse tutte… ma li hai detto che quel libro probabilmente non lo riavranno mai più?” mi domandò, mentre l’erba ondeggiava al nostro passaggio.
“Diciamo che ho optato per un prestito prolungato…” borbottai arrossendo un po’.
“Quindi l’hai rubato.” precisò guardandomi.
“Non esattamente… insomma, non sapevano neanche che esistesse!” sbottai, cercando vanamente di difendermi.
“… cleptomane.” mugugnò allungando il passo.
“Non è vero!” esclamai raggiungendolo.
“E tutte le cose che hai nel tuo zaino? Da dove spuntano fuori?” mi chiese.
“Beh… in quell’appartamento non ci abitava nessuno…” dissi guardandomi distrattamente intorno, mentre il terreno sotto i miei piedi sembrava quasi… ondeggiare, quasi come se mi trovassi in piedi sul ponte di una barca.
“Però quegli oggetti saranno stati di qualcuno.” insistette e vedendomi di colpo immobile aggiunse: “Che hai?”
“Non ti sembra che il terreno tremi?” domandai alzandomi in punta dei piedi per cercare la causa di quello strano movimento.
Scosse la testa e riprese a camminare, ignorando completamente la mia domanda.
Eppure…
 
Al tramonto ero un fascio di nervi e avevo lo stomaco completamente chiuso.
“Perché non mangi?” mi domandò Samuele squadrandomi.
“Non ho fame… non senti il terreno ondeggiare?” gli chiesi per l’ennesima volta.
“Acida, cleptomane, paranoica… devo aggiungere altri aggettivi alla lista dei tuoi difetti?”
“Oh, fa quel che vuoi! Io continuo a sentire tremare tutto, che posso farci? Chiamami pure paranoica, ma qui c’è qualcosa che non va… oltretutto, là in lontananza, mi sembra di vedere avanzare qualcosa.” spiegai strizzando gli occhi sul tramonto. 
“Direi che posso aggiungere anche visionaria. Hai altro da aggiungere?” disse scettico guardandomi saltellare per guardare più lontano.
“Che ho paura del momento in cui potrò finalmente dire "te l’avevo detto"…” gli risposi sedendomi per terra e chiudendo gli occhi, mentre le scosse aumentavano d’intensità.
Avevo letto qualcosa su una specie di guardiano del Giardino, solo che, in tutta sincerità, non avevo badato molto a quella parte del libro… era talmente noiosa che mi ero addormentata sulle sue pagine come se niente fosse.
“Prova a chiudere gli occhi.” dissi battendo i piedi a tempo con il tremolio.
“Sembrano quasi dei passi…” aggiunsi dopo un attimo rialzandomi in piedi e tornando a guardare la figura nera che lentamente si avvicinava.
Illuminata, corsi allo zaino e sfogliai il libro alla ricerca di qualcosa che potesse confermare i miei sospetti. Cacciai un urletto di felicità quando trovai la nota giusta: “Ascolta qua! Il Giardino ha diversi guardiani che controllano le sue parti: il primo di questi è il giardiniere, anche se un termine più corretto per definirlo sarebbe “spaventapasseri”. Infatti il giardiniere è un enorme pupazzo composto da sacchi di tela grezza capace di spostarsi liberamente nel suo territorio, rastrellando continuamente il terreno grazie ai rastrelli posti come piedi e tagliando le erbacce con le forbici impiantate nella sua mano sinistra…ma è orribile! La cosa peggiore è che quel coso si sta avvicinando a noi… ma… Samuele! Come fai a dormire in un momento del genere?” gli urlai nelle orecchie facendolo sobbalzare.
“Perché mi hai svegliato?” sbadigliò stiracchiandosi del tutto incurante della mia espressione arrabbiata.
“C’è uno spaventapasseri gigante che si dirige verso di noi e tu mi chiedi perché ti ho svegliato?” gli domandai con un tono di voce che rasentava l’isteria.
“Certo, certo…” borbottò riaddormentandosi all’istante.
Alzandomi ancora una volta in punta dei piedi vidi che la figura aveva cambiato direzione, dirigendosi verso un’altra parte del Giardino; borbottai qualcosa di indefinito contro Samuele e mi infilai più o meno tranquilla nel sacco a pelo, assopendomi immediatamente.
 
Il mio sonno, però, non durò a lungo.
Alla folla che riempiva i miei incubi si aggiunse anche la figura sfocata dello spaventapasseri che mi calpestava con i suoi rastrelli e, mentre il giardino dondolava come una nave in mezzo al mare d’erba, il suono assordante della sveglia di Samuele.
“Io giuro che un giorno di questi la faccio a pezzi…” mugugnai svegliandomi mentre il suono diventava poco a poco sempre più flebile, fino a smettere del tutto.
“Perché ha smesso così presto?” mi domandai aprendo gli occhi e girandomi verso Samuele.
Era sparito.
Lui e tutto quello che sia era portato dietro si erano praticamente volatilizzati… non era rimasto niente di niente.
Mi alzai lentamente e raccolsi tutte le mie cose, pigiandole nello zaino, facendo finta che non fosse nulla di strano: insomma, se se ne era voluto andare, cosa mai ci potevo fare? 
Assolutamente nulla.
Per questo ripresi la mia marcia nel fitto dell’erba, abbandonando in pochi attimi lo spiazzo in cui mi ero accampata la notte prima e cercando di ignorare il silenzio opprimente che si era venuto a formare intorno a me e l’assenza totale di quell’ondeggiamento che mi aveva tanto preoccupato il giorno prima... continuavo solo a chiedermi perché se fosse andato...
Aveva avuto paura? Si era stufato di me e delle mie paranoie? Aveva deciso che era meglio continuare da solo? E, soprattutto, perché se ne era andato pochi attimi dopo che la sua sveglia aveva iniziato a suonare?
Non riuscivo a trovarne il senso.
Ma, più cercavo di smettere di pensare, più le domande tornavano insistenti a martellarmi in testa, tanto che, dopo qualche ora, non mi accorsi quasi che il terreno aveva incominciato a dondolare nuovamente. Ormai avevo deciso che il “dondolamento” era dovuto al passeggiare del giardiniere nel suo territorio e, quindi, iniziai a correre verso la parte opposta da cui provenivano i passi, trovandomi in pochi attimi su un enorme sentiero di pietra che scendeva lentamente verso un casotto di legno che intuii fosse la dimora dello spaventapasseri.
Sentendo che le scosse aumentavano mi rifugiai in mezzo ai sassi che delimitavano il sentiero e aspettai.
Qualche minuto dopo comparve il giardiniere che, mugugnando qualcosa di incomprensibile, tornava verso il casotto.
Non faci neanche caso a quanto fosse grande, o a quanto fossi pericolosamente vicino a farmi scoprire perché, in un barattolo appeso alla cintura del gigante, avevo appena ritrovato il mio compagno di viaggio. 


Angolo Autrice:

Dire che sono paurosamente in ritardo è dire nulla... diciamo che ho avuto alcuni problemi di vario tipo al ritorno a scuola che mi hanno fatto sinceramente riflettere se valesse la pena continuarla.
In ogni caso alla fine ho scritto questo capitolo (che, diciamocelo, fa anche un po' schifo) e... boh... sinceramente non so che scrivere.
Se volete insultarmi, fate pure. Se pensate che sia salvabile, ditelo.
Ho bisogno di pareri per decidere se andare avanti o no.
Baci,

BekySmile97 


 
  
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