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Autore: unicorn_inthemind    24/04/2014    6 recensioni
[Mermaid!AU]
In un'epoca indefinita, mentre le navi solcano ancora i mari scontrandosi con letali mostri marini, Rei Ryugazaki è un giovane con i piedi troppo per terra per credere all'esistenza di tali creature.
Un libro di mitologia marina, capitatogli in mano per caso, lo porterà a conoscere degli esseri per cui si spingerà in un viaggio quasi suicida per mare.
Sirene, le aveva chiamate quel pescatore - belle e fatali - ma Rei non gli aveva creduto. Era disposto persino a raggiungere la Grotta Verde e ritornare pur di dimostrare l'inesistenza di quelle creature.
Ma se quei mostri, quelle leggende, si rivelassero veri?
[...]
«Non sono una sirena, sono un tritone. Tri-to-ne.» protestò Nagisa agitando leggermente infastidito la coda color porpora.
Rei sbatté più volte le palpebre, non poteva essere vero. «Non è possibile.»
«Ma ti ho salvato dal Kraken, Rei-chan.»
«Non è possibile.»
«Ho curato le tue ferite con la mag-...»
Rei scosse la testa, risdraiandosi e chiudendo gli occhi con forza.
«La magia non esiste, e nemmeno tu. Sto delirando perché ho bevuto troppa acqua del mare. Quando mi sveglierò non ci sarai.» e si rifiutò di riaprire gli occhi.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La teoria dell’effetto inverso.
 


Nagisa tese una mano verso l’alto - la schiena contro la sabbia e un braccio dietro la testa – e ammirò i raggi di luce passare tra dito e dito. La domanda postagli da Rei era semplice, e la risposta immediata:
«Sette.», disse sorridendo, socchiudendo un po’ gli occhi perché la luce lo colpiva in piena vista.
«Sette Regni? Solo Sette Regni in tutto il mondo, in cui vivete?», esclamò Rei lì al suo fianco, seduto.
Nagisa si tirò a sedere a sua volta, un broncio lieve in viso, quasi come uno scherno: «No, Rei-chan! In ogni Regno c’è uno dei Principi, ma poi ci sono tante piccole tribù ovunque.». Agitava le mani nel parlare.

Rei tentò di fare i conti, di capire a quanto ammontasse il numero di abitanti semi-umani dell’Oceano; cosa alquanto impossibile dato che non sapeva quante sirene e tritoni effettivamente vivessero nei Sette Regni, né quanto questi Regni fossero estesi o quante e quanto grandi fossero le “piccole tribù” sparse ovunque. Basandosi su supposizioni astratte, i Figli dell’Oceano dovevano essere molti meno dei Figli della Terra, ma comunque un numero piuttosto elevato e indefinito. Anche se, contando il fatto che l’acqua copre la maggior parte delle superfici nel globo, non è da escludere
neppure la possibilità che sirene e tritoni siano più numerosi degli uo-...


Rei - un po’ curvato su se stesso, con una mano sotto il mento e lo sguardo serio, fisso nei suoi ragionamenti -  sussultò di colpo, lanciando le braccia in aria e coronando tutto con un grido, nel vedersi improvvisamente strusciare sul naso un oggetto verdognolo e viscido non identificato.
Per riportarlo nel mondo reale, Nagisa aveva pensato bene di strusciargli in piena faccia una delle sue alghe – in fondo erano tutto il contrario di tossiche o che altro. E c’era riuscito, a ridestarlo s’intende, infatti Rei era quasi balzato in aria con un urletto non propriamente virile. Uno spettacolo alquanto comico, naturalmente!

Nagisa guardò l’umano al suo fianco con un occhio chiuso e un sorriso birichino stampato in faccia.
«Na-Nagisa-kun! Questo non è bello!», aveva protestato il giovane strofinandosi la punta del naso con il braccio, ancora disgustato dalla sensazione di viscido sull’epidermide.
Nagisa ridacchio, un po’ maligno, in risposta; «Ma - Rei-chan! – avevi una faccia buffissima!», trillò con falsa innocenza.
«Mi hai messo un’alga in faccia! Non si fa, Nagisa-kun! No!»
Ma Nagisa rideva, si divertiva ad infastidirlo ancora una volta, tanto che c’era da domandarsi se la sua non fosse una semplice e continua ricerca di attenzione.
«Ah, ti da fastidio? Scuuusa, Rei-chan!», disse con una vocina bugiarda, «Allora la prossima volta ti darò un bacino!»
Ora, qualcuno potrebbe pensare che Nagisa stesse scherzando, ma chiunque – Rei stesso -  si sarebbe ricreduto nel vedere Nagisa avvicinarsi ad occhi chiusi e con le labbra tese a pesciolino.

Il viso di Rei prese letteralmente fuoco dall’imbarazzo, mentre con una mano tentava di spingere via Nagisa. Sfortuna però volle che Rei tentasse di allontanare il giovane mettendogli la mano in faccia, ritrovandosi così il palmo ricoperto della saliva di appiccicosi baci a schiocco.
«Nagisa-kun, questo non è decisamente bello!», ripeteva Rei mentre continuava a strofinare il palmo sulla sabbia, riempiendolo di granelli invece di pulirlo.
«Ma, Rei-chan, io voglio darti un bashino.», rispose Nagisa, strascicando l’ultima parola perché con le labbra già spinte in fuori per quel bacio.
«Eh?! No!»
«Bashiiinoo!»
«Assolutamente no! Nagisa-ku-...», Rei tentò in vano di girare la testa dall’altra parte mentre protestava, ma l’unico effetto della sua azione fu che Nagisa si sporse ancora più avanti per baciarlo ad un passo dall’orecchio.

Le onde andavano avanti e indietro in una danza infinita, l’acqua affondava tra granello e granello, penetrando in profondità per ritornare nel suo ciclo millenario. E, in tutto quel susseguirsi di eventi ciclici che avevano visto migliaia e migliaia di storie iniziare e finire, Rei girò il viso paonazzo – forse per protestare, forse solo per fissare l’altro ad occhi sgranati e fare scena muta – e Nagisa, con più calma di prima, si avvicinò una seconda volta per dargli un fugace bacio a fior di labbra.
 
 

Makoto si spinse più avanti con un colpo di coda, lui e Haru avevano lasciato Nagisa in compagnia di Rei alla fine dell’allenamento ed erano andati per la loro strada.
Haruka non era mai stato molto loquace, solitamente quando nuotavano fianco a fianco, solo loro due, calava una cappa di silenzio che con il tempo Makoto aveva imparato a riconoscere come complice e familiare. Ma quella volta c’era qualcosa di diverso, Haruka non stava zitto e basta, aveva alzato barriere invisibili e si era chiuso in se stesso, senza neppure alzare una volta lo sguardo per incontrare gli occhi di Makoto (che si sapeva andassero spesso alla ricerca dell’altro).

«Haru, c’è qualcosa che non va?», domandò con tutta la sua premura e il suo sorriso dolce.
Haruka sospirò appena, graziando Makoto di un solo e fugace sguardo prima di tornare a guardare l’acqua avanti a lui.
Makoto, più preoccupato ancora dopo quello sguardo, domandò un’altra volta: «Haru, è successo qualcosa? Che cos’hai?», il suo sorriso fu sostituito da un’espressione di preoccupazione.
Haruka, dopo ancora un attimo di silenzio, parlò: «Mi sono ricordato di quando eravamo bambini, di quando Rin ha voluto provare la mia Abilità.»
«È... È perché hai visto Rin ieri?», Haru non rispose a quella domanda ma Makoto capì perfettamente che la risposta sottintesa fosse affermativa, «Haru! Non... devi sentirti in colpa per quello che è successo! Rin non avrebbe dovuto-...»

Makoto smise di parlare nel vedere Haruka fermarsi, il capo chino.
Haruka non disse nulla, Makoto capì tutto.

Capì che si stava ancora incolpando di quello che era successo al suo amico, si incolpava della paura che Rin aveva provato e, soprattutto, si incolpava del fatto che dopo quell’evento Rin era fuggito. Aveva preso le sue cose e aveva convinto sua madre a fargli frequentare l’Accademia nel Mar dei Coralli, nelle calde acque del reef australiano. Aveva semplicemente fatto leva sul fatto che volesse seguire le orme del defunto padre e tentare anche lui di entrare nel corpo dei valorosi soldati della Guardia, sotto il diretto comando del Principe; e poi aveva preteso di frequentare la più prestigiosa di tutte le Accademie dei Sette Regni. Qualche protesta, qualche promessa, e Rin alla partenza che guardava con tanto, troppo, astio Haruka. Quello sarebbe dovuto essere un addio...

E invece la mattina prima i due si erano rivisti dopo anni, e Rin aveva usato lo stesso sguardo di allora per guardarlo, la stessa muta accusa.
Era così arrabbiato con se stesso, Haruka, con Rin e la sua reazione sin troppo esagerata che non gli aveva lasciato spazio per spiegare, e con chi gli aveva tenuto nascosto il vero potere della sua Abilità. Arrabbiato e basta.
«Haru?», Makoto esibì ancora una volta il suo sorriso bonario, «Tu non potevi sapere quello che sarebbe successo... e poi alla fine non è accaduto nulla di grave, l’effetto dell’Abilità dura solo un’ora, no?». Le ultime parole furono pronunciate con una smorfia triste.
«Già...», borbottò in risposta un Haruka non molto convinto.
E la questione rimase sospesa lì, irrisolta tra Haruka e Rin com’era sempre stata. E Makoto, per quanto ci provasse, da solo non sarebbe mai riuscito a calmare le acque.
 
 

Rei si sciacquò ancora una volta il viso, e poi ancora un’altra volta, e un’altra, e un’altra ancora; la superficie del piccolo fiume rifletteva la sua immagine sconvolta e distorta. Una delle prime cose che aveva fatto, una volta rimasto bloccato su quell’isola, era stato andare alla ricerca di cibo ed acqua.

Forse in vita sua non aveva mai letto un manuale sulla sopravvivenza – in fondo a cosa gli sarebbe servito sapere come costruirsi un rifugio o procacciarsi del cibo, se i suoi piani non comprendevano di certo l’avventurarsi in territori privi di un minimo di civiltà? -; ma, da uomo, conosceva i suoi bisogni principali, e quindi era andato alla ricerca di viveri. Per puro caso, alla fine era stato Nagisa a indicargli la fonte di acqua dolce, e sempre per puro caso era stato lui a procurargli alcuni frutti commestibili. Solo per caso – certo! –, in fondo se fosse stato da solo lui di certo non sarebbe stato così stupido da mangiare qualche bacca velenosa, forse.

Inginocchiato sulla piccola fonte d’acqua potabile, Rei bevve un paio di sorsate pensando al fatto che se mai fosse tornato a casa vivo e vegeto la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stato procurarsi proprio quei manuali per la sopravvivenza – che adesso non gli sembravano per nulla inutili -, e anche qualche libro sul nuoto.
Sempre se Nagisa... Nagisa! Ormai era sempre e solo Nagisa. Nagisa ovunque. Nagisa che cantava, che saltellava sulla spiaggia, Nagisa che gli diceva “Ti insegno a nuotare!”, e Nagisa che lo chiamava “Rei-chan”, scherzava e poi lo baciava.
Lo ba-cia-va. Rei era un uomo e Nagisa anche - più o meno, mezzo pesce ma pur sempre maschio -, perché avrebbe dovuto provare un qualsiasi tipo di interesse “in quel senso” per un altro maschio?

Magari era perché era un tritone, magari tra loro non si facevano differenze di questo genere; o magari era solo Nagisa e basta ad avere in testa certe idee, forse la sua era solo curiosità. O l’ennesimo modo per infastidirlo.
Ecco, probabilmente questo era l’ennesimo suo scherzo. Ed era davvero di pessimo gusto, anche perché Rei a ripensare alle labbra di Nagisa posate sulle sue... Si rimise gli occhiali sul naso, stizzito, non che non gli fosse piaciuto, diciamo che non gli era dispiaciuto poi così tanto, ecco.

Si strofinò le mani bagnate sulle braccia, tentando di togliersi di dosso un po’ del sale che gli era rimasto addosso, sotto forma di un farinoso velo bianco, una volta evaporata via l’acqua dell’Oceano.
La cosa più fastidiosa, in quel momento, non era tanto il fatto che non potesse farsi un bel bagno per pulirsi del tutto - dato che l’acqua non era per nulla profonda e il letto del fiumiciattolo non così ampio – né l’ingarbugliato monologo che stava portando avanti nella sua testa su Nagisa, quel bacio e manuali di sopravvivenza (e la necessità di trovare un “manuale di sopravvivenza ai baci di Nagisa”); in quel momento, la cosa più fastidiosa era Nagisa, qualche passo più indietro, accovacciato su una roccia, che canticchiava come se non fosse successo nulla.

Dal canto suo, Nagisa canticchiava proprio perché era successo qualcosa, qualcosa di davvero bello come strappare un piccolo bacio a Rei-chan. Ed era da un po’ che pensava di volerlo fare: al fianco dell’umano lui si sentiva così bene, e trovava così buffo il modo in cui Rei arrossiva, o il movimento con cui si aggiustava gli occhiali. Aveva voluto dargli un bacio, che male c’era, nel volergli dimostrare con i gesti quei sentimenti che aveva iniziato a provare nei suoi confronti?
Sorrise furbo, bhe – forse – un po’ di male c’era...
Giocherellò con uno dei bottoni della camicia di Rei, ormai per lui era divenuto un obbligo indossarla, mentre osservava con falsa innocenza i muscoli dell’umano muoversi mentre si piegava a prendere dell’altra acqua.

«... d’Attacco saranno le Abilità di chi il nemico forte vorrà colpire...»
«Nagisa-kun, potresti smetterla?», protestò Rei, infastidito da quella canzoncina sulle Abilità che Nagisa portava avanti da un po’. Canzoncina che, Rei forse non lo sapeva, era al pari di una di quelle filastrocche umane per ricordare i mesi dell’anno.
«... Mille e mille facce avrà il Potenziamento, che più di tutti può essere il tremen-...», «Nagisa-kun, adesso basta!». Rei aveva gridato.
Nagisa guardò Rei in tralice prima di chiedere: «La canzone non ti piace, Rei-chan? Che ne dici se che canto una sui Regni? Ce la insegnano da piccoli per ricordare i nomi dei Regni! Allora... Là dove si intrecciano il Circolo ed il Primo, i Regno dei Nodi si-...»
Rei aveva sospirato pesantemente, prima di alzarsi, aveva anche borbottato stizzito qualcosa sul fatto che non voleva sentirlo e poi, facendo cenno a Nagisa, si era incamminato per tornare alla spiaggia.
Decisamente, questo era davvero poco bello!

Una mente abituata al calcolo, alla precisione, a prevedere gli eventi – con un certo margine di errore – successivi alle sue mosse, si era ritrovata a fare i conti con qualcosa di imprevedibile come Nagisa. Se Rei si fosse concentrato, se avesse passato più tempo con lui, forse sarebbe riuscito a decriptare parte del suo codice di comportamento. Avrebbe associato ad una smorfia e ad un’intonazione della voce un determinato stato d’animo, forse un’idea. Ma di lì a prevedere le sue mosse, beh, questo era quasi del tutto impossibile. Certo, in parte potevano essere predette, intese; ma ci sarebbero comunque stati quelle sue idee bizzarre, quasi infantili, che miravano a mandare in crisi il suo cervello. Perché Nagisa, forse prima o poi Rei sarebbe arrivato a capirlo, adorava quel sadico gioco di esasperazione dell’altro.

«Rei-chan...», disse Nagisa al termine di quel silenzioso viaggio verso la spiaggia. Guardò Rei con quei suoi occhi grandi e porpora prima di domandare con tutta la sincerità del mondo: «Rei-chan, ho fatto qualcosa di male?»
Rei ricambiò per qualche secondo lo sguardo dell’altro, domandandosi se veramente Nagisa non avesse compreso il suo errore – sempre se così si poteva definire – o se si stesse ancora una volta atteggiando ad innocente, pur conoscendo il suo sbaglio.
«Nagisa-kun,», Rei si sedette a gambe incrociate a terra e proseguì a parlare solo quando anche l’altro si sedette alla sua destra, «Nagisa-kun... Non è normale, beh, ecco... quello che hai fatto!»
Nagisa stese le gambe sulla sabbia, gettando il capo verso dietro. «E cosa ho fatto, Rei-chan?»
Rei si girò a guardare l’altro, osservò il suo sorrisetto, i suoi occhi sgranati che puntavano verso il cielo, lo studiò bene e decretò che quella volta stava decisamente mentendo, che sapeva perfettamente di cosa stesse parlando Rei.
«Nagisa-kun!», si risistemò gli occhiali sul naso, «Tu mi hai ba-...». Le parole gli si fermarono lì in gola, quando sentì un dito di Nagisa passargli lungo il fianco, seguendo la cicatrice che era rimasta dopo che Nagisa l’aveva curato con la sua Abilità.

Sorrise appena, Nagisa, ad occhi chiusi, e Rei si rese conto che ormai non faceva quasi più caso alle alghe che si intrecciavano tra le sue ciocche bionde.
«Rei-chan, sei arrabbiato così tanto?»
«Eh? No! Non sono arrabbiato... Sono... Non devi farlo più, okay?»
Nagisa mise il broncio, sbuffò appena un: «Perché?» che fece sussultare Rei.
«N-Nagisa-kun! Non è normale!»
Nagisa accolse quell’ennesimo “non è normale” come un pugno nello stomaco, celando tutto il suo sconforto sotto l’ennesimo sorriso tirato. Incassò il capo tra le spalle, guardando le sue gambe snelle e chiare; forse, se lui fosse stato umano non sarebbe stato così non normale per Rei baciarlo, magari avrebbe potuto iniziare a piacergli come l’umano piaceva a lui.
Sconsolato, giocherellò con un piede nella sabbia, piegando il ginocchio e strofinando la pianta del piede sulla rena.

Non se ne era accorto, ma mentre camminava si era procurato una ferita, un piccolo taglio sull’alluce destro che stava già andando rimarginandosi, creando un grumo di sangue secco con qualche granello di sabbia appiccicato. Grattò via la sabbia appiccicata e pensò bene di curare quel piccolo taglio quasi per nulla fastidioso con un pizzico della sua magia– dato che si sarebbe trasformato in una piccola intaccatura sulla sua coda che, com’era logico fosse, avrebbe bruciato al contatto con l’acqua di mare.
Bastò solo un pezzo, meno di metà, di una delle tante alghe che s’intrecciavano tra i suoi capelli per risanare quella piccola ferita, questione di attimi.

Durante quegli attimi, Rei rimase muto ad osservarlo con la coda dell’occhio, chiedendosi quante e quali fossero le possibili applicazioni in campo medico di quelle alghe magiche.
 «Nagisa-kun», domandò Rei, «esattamente, cosa curano le tue alghe?»
Nagisa ci pensò solo un attimo, alla risposta, contando le potenzialità della sua Abilità sulle dita delle mani: «Curano le ferite, le punture delle meduse... Dicono curino anche le bruciature, ma non ho mai avuto modo di provare!»

Rei annuì pensando che se la semplice Abilità di un tritone comune – lo si poteva definire così? – aveva tali potenzialità di cura, anche se limitate a curare danni fisici, cosa potevano mai le altre numerose Abilità di tutte le altre sirene e tritoni?
Pensò all’immensità di quei poteri, a quella scoperta straordinaria, al fatto che se l’esistenza di tritoni e sirene fosse stata rivelata al mondo tutte quelle Abilità sarebbero state un contributo grandioso alla scienza. Poi quell’idea grandiosa si fece sempre più piccola, e si accartocciò su se stessa, quando Rei si rese conto che gli uomini avrebbero probabilmente preso quei mostri immondi quali erano sirene e tritoni e li avrebbero trucidati in massa, o imprigionati per sfruttarli.
«Nagisa-kun, e gli altri cosa sono in grado di fare? Makoto-senpai sa fare... quelle cose con i coralli, giusto?»
Nagisa annuì, puntando su Rei i suoi occhi vispi come al solito – al contrario di prima, velati di una sorda tristezza -, mise su uno dei suoi sorrisi compiaciuti e disse: «Sì, Mako-chan controlla il suo corallo! È un’Abilità di Difesa, ma se ci si esercita si è anche capaci di dargli la forma che si vuole e costruire oggetti, oltre che usarlo come semplice scudo! Mako-chan, da piccolo non sapeva controllare bene la sua Abilità e, beh, una volta quasi ci fece davvero male... Per questo si è allenato molto in questi anni per saper controllare alla perfezione il suo corallo, e ora sa anche modellare cose... Come la tavoletta che usiamo quando ti alleni!». Nagisa raccontò quella storia compiaciuto, orgoglioso dei successi del suo amico quasi fossero anche i suoi.
E, mentre nei suoi occhi si rincorrevano i ricordi di un gruppo di piccoli tritoni quasi colpiti dagli spuntoni della barriera di corallo impazzita eretta da un giovane Makoto; Nagisa decise di omettere il piccolo particolare che anche i suoi poteri potevano essere accresciuti, dandogli la capacità di curare anche febbri e piccoli malesseri come il mal di testa ed altri... se solo non fosse stato così svogliato e avesse voluto esercitarsi.

«E Haruka-senpai?», domandò Rei di colpo, sorprendendo un po’ Nagisa e lasciandolo basito.
I piedi del tritone sprofondarono nella sabbia per metà e riemersero lanciando all’aria qualche granello; Nagisa continuò a giocherellare con gli occhi bassi sulle sue dita dei piedi, mentre parlava.
«Non lo so con precisione... Quando eravamo piccoli non lo sapeva neppure Haru-chan, e quando Rin-chan ha provato una delle sue bolle quasi stava soffocando, non era più capace di respirare sott’acqua! E rimase così per un’ora, poi l’effetto delle bolle sparì da solo.»
Rei rimase immobile nel sentire quella storia, nell’immaginare quale spavento avrebbe mai potuto provare un piccolo tritone nel non saper più respirare, protagonista della non più assurda idea di un pesce che affogava.

«In pratica...», Nagisa proseguì nel parlare, «L’Abilità di Haru-chan agisce sul saper respirare sott’acqua! Rin-chan è stato per un’ora a galleggiare in mezzo all’Oceano, dopo aver mangiato quella bolla!»
Sorvolando sul concetto di “mangiare la bolla” e sull’ennesima volta in cui questo “Rin-chan” veniva nominato, Rei si risistemò gli occhiali sul naso: l’Abilità di Haruka bloccava la “magica” capacità di respirare sott’acqua di sirene e tritoni, era chiaro. Ma Rei, da umano qual era, si domandò che effetti poteva mai avere quell’Abilità su un Figlio della Terra.

«Nagisa-kun, e su un umano che effetti ha?», infatti domandò, precisando poi: «Se, per esempio, io mangiassi una delle bolle di Haruka-senpai, succederebbe l’inverso?»
Nagisa corrucciò lo sguardo, non comprendendo appieno il discorso di Rei, tant’è che l’altro dovette chiarire tutto chiedendo: «E se mangiandola potessi riuscire a respirare sott’acqua?»

Nagisa sgranò gli occhi, stendendo le labbra in un sorriso; Rei si sarebbe aspettato un complimento, o anche solo l’assenso del tritone, e invece ricevette un piccolo commento che lo punse dritto sul vivo:
«Rei-chan! Se quello che dici è vero allora non affogherai più quando affonderai come un sasso!»
Nagisa rise di gusto, alzandosi in piedi e scrollandosi di dosso la sabbia con le mani. Se quello che Rei-chan supponeva era vero, andava provato al più presto!

Gonfio di quell’entusiasmo, prima di correre via, si piegò su Rei, prendendogli il viso tra le mani e avvicinando pericolosamente (per l’ennesima volta) il suo, incurante della proibizione imposta da Rei pochi minuti prima. Con i nasi attaccati, Nagisa soffiò sulle labbra ad un centimetro dalle sue: «Vado a trovare Haru-chan!», certo che, trovando lui, avrebbe trovato anche Makoto.
«Nagi-...», non ci fu tempo per rispondere, protestare o scansarsi, quel centimetro che li separava dal bacio fu divorato da un paio di piccole labbra rosee.

La prima volta che Nagisa lo aveva baciato, per Rei c’era stato solo il tempo di capire cosa stesse effettivamente facendo il tritone che già era tutto finito; adesso, invece, il contatto prolungato con le labbra dell’altro gli diede il tempo non solo di rendersi conto del bacio, ma anche di socchiudere istintivamente gli occhi. E pensare che, mentre la pelle di Nagisa emanava un vago e pungente odore di salsedine, le sue labbra sapevano del sale dell’Oceano; ed erano morbide, anche se si premevano con una certa prorompenza su di lui.
 

 
Rei strinse la sua camicia tra le dita, Nagisa gliel’aveva praticamente lanciata addosso poco prima, deridendolo per il rossore del suo viso quando le loro labbra si erano allontanate. Poi Nagisa aveva preso la sua strada, andando alla ricerca di Haruka, scomparendo nell’immensità dell’Oceano.

Nagisa era troppo positivo, troppo entusiasta: non aveva dato nessun peso ad altre teorie possibili, dando per scontata la più rosea.

L’Abilità avrebbe potuto non avere alcun effetto, dato che in realtà si limitava semplicemente al privare i Figli dell’Oceano della capacità di respirare sott’acqua e, di conseguenza, non avrebbe avuto nulla da togliere ad un Figlio della Terra come lui. O, peggio ancora, l’Abilità di Haruka avrebbe potuto agire in realtà sulla capacità di respirare nel proprio ambiente naturale e, di conseguenza, mangiare una di quelle si sarebbe rivelato per lui fatale.
E Rei sarebbe morto soffocato.




Angolo autrice:
Le me è felice perchè in questo capitolo mi sono sentita ispirata e tutto è andato - quasi - esattamente come volevo (anche se nella mia testa è ancora presente la vocina: "Non voglio andare OOC! Non voglio andare OOC! Ommioddio, e se stessi andando OOC?)
E poi avete visto come mi è venuto luuuuungo?
Comunque, per precisare, il "Regno dei Nodi" della canzone di Nagisa ho voluto chiamarlo così perché si trova lì dove il "Primo", ossia, il meridiano di Greenwich e il "Circolo", ossia l'Equatore, si incontrano, ossia nel Golfo di Guinea... Che si trova nell'Atlantico del Sud, uno dei "sette mari". Specificato ciò... Ehi, che ne dite delle teorie sulle potenzialità dell'Abilità di Haruka?
Un bacio a tutti, spero che il capitolo vi sia piaciuto <3
Uni.

 
   
 
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