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Autore: Road_sama    24/04/2014    1 recensioni
**Dal testo
Lui si chiamava Marcello, era un ragazzo più giovane di me di circa un anno (di quattro mesi e mezzo a dirla tutta). Aveva dei capelli fantastici, corti e biondo cenere. Era alto, più di me e slanciato. La cosa, però, che adoravo di lui erano i suoi occhi. Ogni volta che mi capitava di osservarlo, mi perdevo in quei pezzi di cielo infinitamente chiari.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che questa è una fanfiction secondo me senza senso. Non ha una vera e propria fine e nemmeno un proprio inzio. L'ho scritta per la Munny (ovvero Elena, la protagonista della storia) perché me l'ha chiesto, ma anche perché glielo dovevo dopo avermi tirato su il morale. Quindi a lei la dedico e a lei le mando un abbraccione vistuale perché prima di vederci ne passerà di tempo xD Grazie Munyyy ti voglio beneee <3 <3
Tornando a cose serie la storia è descritta in prima persona perché sono una autolesionista (?) e quindi voglio provare ad immaginare come si senta lei. 
Se vi va di recensire fatelo, non ho ricontrollato perchè la Elena continuava a tormentarmi la vita con questa fanfic. Se ci sono errori fatemelo sapere in qualche modo xD
Buona Lettura :)



Pass
 


Quella mattina ero tremendamente in ritardo. Me ne accorsi ovviamente troppo tardi. Mi vestii velocemente e altrettanto velocemente feci colazione. Sarebbe stato un miracolo prendere l’autobus e arrivare in orario a scuola. Però…dovevo prenderlo a tutti i costi. No, non me ne fregava proprio un bel niente di arrivare in orario e no, non mi importava nemmeno di far aspettare Giovanni e Lucrezia (compagni di classe con cui, ogni mattina, facevo la strada dalla Stazione alla scuola). L’unica cosa che mi muoveva a fare tutto di fretta era vedere lui.
Lui si chiamava Marcello, era un ragazzo più giovane di me di circa un anno (di quattro mesi e mezzo a dirla tutta). Aveva dei capelli fantastici, corti e biondo cenere. Era alto, più di me e slanciato. La cosa, però, che adoravo di lui erano i suoi occhi. Ogni volta che mi capitava di osservarlo, mi perdevo in quei pezzi di cielo infinitamente chiari.
Ricordo ancora la prima volta che lo vidi e ricordo anche di averlo subito raccontato un po’ a tutti, ma era così sfacciatamente carino che non potevo tenermelo per me. Ero in autobus e non avevo molto da fare oltre  a guardare le case tutte uguali sfilare fuori dal finestrino leggermente appannato. Di tanto in tanto, quando il mezzo si fermava guardavo distrattamente i ragazzi che entravano. Nelle loro facce si poteva distinguere chiaramente ogni emozione diversa, si andava dalla disperazione, per un compito o un interrogazione, fino ad arrivare alla stanchezza più profonda di chi ha passato gran parte della notte a chattare con gli amici oppure, chi lo sa, magari anche a bere. Era tra tutte quelle persone che l’avevo visto per la prima volta. Un viso candido e tranquillo che spiccava tra tutta quella marmaglia che ormai a me non interessava  più. Inutile dire che mi aveva letteralmente ammaliata. Che poi io abbia un debole per i biondi, beh, questo è un altro paio di maniche.
Osservai un ultima volta l’orologio. Si, camminando veloce avrei potuto benissimo farcela. Percorsi la strada che c’era da casa mia a Piazza San Pietro con passo veloce, presi la navetta che doveva accompagnarmi a Stra e da lì, anche se per un pelo presi l’autobus che mi avrebbe portato a Padova. Mi sedetti su uno dei posti più in fondo e ancora con un po’ di fiatone mi misi le cuffie nelle orecchie. Cominciai a guardare fuori con poco interesse ascoltando “Hey Brother” una delle canzoni di cui ero fissata ultimamente.
Non appena il mio respiro si fu regolarizzato cominciai a fissare con insistenza le porte dell’autobus. Avevo un presentimento. Si, oggi ci sarebbe stato.
Attesi poco pazientemente che arrivasse la sua fermata e non appena, vidi che tra le persone che stavano salendo lui non c’era rimasi quasi delusa. Mai fidarsi dei miei presentimenti, l’avrei tenuto a mente. L’autista chiuse le porte davanti, ma un momento dopo le aprì. Ah, i soliti ritardatari, pensai ignorando il fatto che anche io quella mattina lo ero stata. Già senza di lui la giornata si sarebbe rivelata noiosa, se poi anche l’autista faceva il clemente…Non feci nemmeno in tempo a rigirarmi verso il finestrino che lo vidi entrare. Il mio cuore perse un battito. Aveva le guance leggermente arrossate, probabilmente per la corsa e aveva un leggero fiatone. Trattenni un sorriso a trentadue denti.
L’autobus ripartì e lui si avviò per lo stretto corridoio del mezzo. Salutò con un cenno alcune persone e si sistemò davanti a me. Solo in quel momento notai che alla mano destra aveva una custodia. Assomigliava a quella per i violini. Cominciai a farmi filmini mentali in cui lui mi suonava una canzone dolcissima al violino. Ora mi piaceva ancora di più. Io però, non ci parlavo con lui. O meglio, mi piaceva in segreto. Non avevo mai considerato seriamente l’idea di intavolare una discussione con lui, non avrei avuto argomenti e sarebbe stato anche abbastanza patetico saltare fuori con un “Hey ciao, lo sai che mi piaci?”. In più avevo scoperto da poco che si vedeva con una della sua età. Era stato quasi un trauma perché lei non era certamente al mio livello…se solo avessimo qualcosa in comune!
Strinsi il pugno attorno alla stoffa dei pantaloni con rabbia. Ogni volta che pensavo a quella faccenda rimpiangevo il fatto di avere quella specie di blocco a parlargli. Il mio cellulare vibrò. Perché mi vibrava il cellulare alle sette e un quarto della mattina? Decisi di ignorarlo, ero troppo impegnata a fissare la schiena (a mio parere perfetta) di quel ragazzo, il cui nome avevo scoperto un giorno dopo aver scoperto di avere un'amica in comune. Di nuovo il cellulare vibrò. Mi lasciai scappare un leggero gemito di stizza. Mi decisi a guardare chi fosse, quindi estrassi il cellulare dalla tasca dei jeans. Non mi ricordavo nemmeno di aver messo lì l’abbonamento e con mia grande sorpresa lo vidi cadere per terra. Tutto per rispondere  ai messaggi di chissà chi. Stavo per chinarmi a raccoglierlo quando l’autista frenò di colpo. Sbarrai gli occhi quando vidi il tesserino scivolare sotto il sedile di Marcello. Cominciai ad imprecare tra me e me perché alcune cose capitavano solo a me. Dannazione. Ora avrei dovuto parlargli. Oppure avrei potuto aspettare che lui scendesse per riprendermi l’abbonamento, ma chissà quante altre volte quell’autista avrebbe frenato. Grazie sul serio persona ignota. Grazie. Cominciai a tamburellare le dita sul ginocchio destro. Che situazione!
Mi domandavo se quel tipo sentisse il mio sguardo su di lui. Da quando era salito non avevo mai smesso di guardarlo. Per certi versi ero paragonabile ad uno stalker. Sapevo quasi tutto di lui (quali data di nascita e scuola che frequentava) eppure non gli avevo mai parlato.
Come non detto. Lo vidi chinarsi in avanti e raccogliere il mio abbonamento. Volevo sotterrarmi sul serio. Anche perché sappiamo tutti come siano quelle dannate foto degli abbonamenti! Cominciai a tirare giù tutto il firmamento senza nemmeno rendermene conto.
Lui prese in mano il mio abbonamento e osservò tutto. A partire dalla foto fino ad arrivare ai miei dati. Cominciò a guardarsi intorno e solo dopo lunghi secondi si accorse che la persona della sua ricerca ero io. Non appena i nostri sguardi si incrociarono sussultai. Mi sentivo così tanto vulnerabile con lui.
-E’ tuo?- mi domandò con una voce calda e leggermente roca.
-Si…- dissi debolmente io. Mi sentivo così stupida…lui osservò un ultima volta il tesserino, poi me lo porse. Io lo presi e non appena le nostre dita si sfiorarono, un brivido mi percorse la schiena.
-Grazie per averlo raccolto…questo autista guida come uno spericolato e per sbaglio mi è caduto..- ma che bella figura. Che cavolo gliene fregava a lui di come c’era finito lì il mio abbonamento? Dovevo solo starmene zitta. Lo sapevo.
-Non ti preoccupare…- disse lui. Ecco, come immaginavo. Non avevamo argomenti.
-Che scuola fai?- mi chiese. Io nemmeno ci credevo. Stava tentando di fare conversazione!
-Il classico. Tu?- chiesi facendo finta di non saperlo.
-Il musicale.-
-Che suoni?-
-Il violino…a te piace suonare?-
-Non ci capisco molto di musica. Però mi piace ascoltarla..-
-Beh…magari un giorno ti suonerò qualcosa.- notai un leggero rossore sulle sue guance e mi si riempì il cuore. Finalmente ero riuscita a parlargli. Mi sentivo realizzata veramente. Pensare che per intavolare una discussione mi sarebbe bastato solo un insignificante abbonamento l ‘avrei fatto subito.
Parlammo del più e del meno ancora per qualche fermata poi lui fu costretto a scendere.
-Grazie della chiacchierata, Elena.- mi sorrise leggermente e poi uscì dal mezzo di trasporto che avevo scoperto solo oggi essere il migliore del mondo.
Ora niente mi avrebbe tirato giù di morale. Nemmeno una fastidiosa interrogazione di greco. Lui mi aveva parlato, lui aveva detto il mio nome, lui aveva detto che  mi avrebbe suonato il violino. Mi sentivo così stupida a pensare tutte quelle cose così insensate eppure ero così dannatamente felice. Non pensavo che fosse successo sul serio. Quel giorno che era iniziato così male si era rivelato essere il migliore dell’anno.
Controllai il cellulare per vedere di chi fossero i messaggi che mi avevano permesso di parlargli.

Elenaaa!
Ho trovato un manga stra figo e prova ad indovinare?
E’ uno shojo, di quelli che piacciono a te :D
Sorrisi scendendo dall’autobus.

Oggi te ne parlo…però ho giurato fedeltà allo yaoi
Quindi non è che mi piaccia molto
Magari a te si xD

Ma potevano due messaggi così stupidi della Bana* avermi migliorato irrimediabilmente la giornata? Lei mi aveva fatto trovare quel coraggio di buttarmi che da sola non avrei mai trovato.
Appena arrivata a scuola l’avrei ammazzata. Si, ammazzata di ringraziamenti.



Note:
*Bana: soprannome dell'autrice lol
  
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