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Autore: Rinkaku    25/04/2014    2 recensioni
Questo racconto, interamente dedicato alla trama di Dark Souls, è per tutti coloro che hanno amato il gioco e tutti i suoi personaggi. Il protagonista della storia è Eiryn, giovane piromante non-morto che si ritroverà a dover viaggiare per tutta Lordran, affrontando gigantesche creature mostruose e antichi cavalieri, per scoprire la verità su se stesso e sulle origini della sua stessa razza.
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il prigioniero si sveglio lentamente a causa del leggero bussare proveniente da sopra la sua testa.

Guardando in alto vide un cavaliere, con addosso un armatura pesante e scintillante, degna dei grandi cavalieri della regione di Astora.

L'uomo, senza proferire alcuna parola, gettò qualcosa nella piccola e sporca cella, scomparendo subito dopo.

Il giovane guerriero imprigionato, di nome Eyrin, si scrollò dai vestiti laceri il leggero velo di polvere che gli si era adagiato addosso e si avvicinò cautamente al corpo senza vita che il cavaliere gli aveva lanciato e trovò, addosso ad esso, una chiave.

Vuole che fugga da qui?, pensò, meglio che mi sbrighi, o rischierò di diventare come questi esseri attorno.

Non appena aprì la porta di ferro davanti a lui si ritrovò in un lungo corridoio buio, quasi più sporco della sua cella.

I topi si muovevano qua e là tra i cadaveri ammassati alle pareti e un pesante rumore di passi e ruggiti richiamò la sua attenzione e, guardando attraverso le sbarre sul lato destro del corridoio vide un'enorme demone dalla pelle spessa come una corazza, dal colore bluastro. I suoi occhi erano iniettati di sangue e parevano due tizzoni ardenti pieni di ira e odio.

In mano teneva una pesante mazza di un materiale per lui sconosciuto ma che, vista la forma massiccia, sarebbe bastato a distruggere un intero palazzo in un colpo solo, da quanto era grande.

Quando tornò ad osservare il fondo del corridoio vide due esseri ancora vivi, se il loro stato poteva essere definito tale.

Erano, quelli, dei non-morti, proprio come lui ma con un'unica e importantissima differenza: Gli mancava il senno.

Erano diventati incapaci di pensare come, ormai, ogni essere che abitasse il mondo e quel luogo serviva proprio a confinare esseri di quel genere, per questo motivo era chiamato “Prigione dei non-morti”.

Impugnando con forza la spada spezzata che aveva trovato nella sua cella tempo addietro, si fece strada, uccidendo quelle creature per cercare di dargli pace.

Per ogni non-morto che uccideva, però, le anime guadagnate da esso passavano a lui e, con quelle, i loro terribili ricordi.

Quando riuscì finalmente ad uscire da quel sotterraneo scoprì che al di fuori era ormai giorno e il sole era alto nonostante una fitta coltre di nuvole lo coprisse, come per cercare di nasconderlo.

Davanti a lui si estendeva, ora, una specie di giardino, leggermente ricoperto di neve e, in fondo, un piccolo santuario chiuso da un enorme portone in rovina.

Avvicinandosi al centro del piccolo cortile accese il falò, alimentato dalle ossa dei non-morti e unica cosa in grado di donare un poco di sollievo agli esseri come lui.

La mente si schiarì, le paure e i cattivi pensieri svanirono di colpo non appena si sedette davanti alla calda fiamma e iniziò a pensare a come andarsene da quel luogo tetro e silenzioso.

Nessuno è mai riuscito ad andarsene, tutto a causa del guardiano, pensò.

Rialzandosi si diresse verso il portone, con l'obbiettivo principale di trovare le sue armi e poi fuggire da lì.

Non appena fu nel santuario, però, un'enorme creatura cadde dall'alto e gli parò la strada.

La creatura era identica al demone che aveva visto nei sotterranei e, anche se in versione ridotta, non poteva combatterlo certo in quelle condizioni.

Schivando i possenti colpi dell'enorme mostro scorse una porta, semi nascosta nel porticato e la superò, facendo calare dietro di sé una grata che avrebbe impedito al guardiano della prigione di colpirlo.

Col rumore della mazza che si infrangeva contro il ferro ancora nelle orecchie il guerriero si avviò lungo le gallerie, fino a ritrovarsi di nuovo all'esterno, dove un arciere lo colpì al braccio destro.

-Maledetti non-morti!- Imprecò dopo essere riuscito a nascondersi in una piccola nicchia, all'interno della quale trovò un leggero scudo di legno e, dopo averlo equipaggiato, uscì allo scoperto, riparandosi dalle frecce che il nemico gli scagliava a ripetizione e, recuperando anche un'ascia da un cadavere, colpì l'arciere alla schiena, uccidendolo rapidamente.

Gli sembrava di aver già camminato per ore ma, senza darsi per vinto, avanzò, superando un muro di nebbia e ritrovandosi ancora all'interno delle mura della prigione.

La sua unica possibilità era quella di salire al piano superiore, per vedere cosa lo stesse aspettando ancora e, proprio mentre saliva i gradini della scala di pietra che lo avrebbe portato verso la possibile salvezza, un'enorme palla di ferro gli rotolò incontro.

Eyrin riuscì a schivarla in tempo buttandosi di sotto e questa andò ad infrangersi contro un muro, distruggendolo in mille pezzi.

Un leggero rantolo aggiunse il ragazzo che, con cautela, si avvicinò al grosso buco e fu lì che rivide per la seconda volta il cavaliere con l'armatura d'argento. Per ringraziarlo gli corse incontro ma, appena gli fu vicino, notò che questo era gravemente ferito.

-Ascoltami, ragazzo..Non ho molto tempo, devi sbrigarti! Prendi questa fiala, ti aiuterà molto durante il tuo viaggio, vedrai! E anche questa chiave per avanzare nel tuo viaggio. Perdonami per il poco tempo ma purtroppo la mia missione non è proseguita per il meglio...Ora và e fa si che il tuo destino si compia...Sbrigati, prima che anche io perda il senno!- Rantolò l'uomo appena prima di trafiggersi il cuore con un pugnale, trasferendo le sue anime al ragazzo che si inginocchiò al suo cospetto.

-Addio Oscar di Astora.- Lo salutò dignitosamente Eyrin prima di riprendere il suo viaggio.

Non appena arrivò al piano superiore aprì la porta con la chiave che il cavaliere gli aveva donato e, dopo aver ucciso altri due non-morti, si avvicinò ad un altro cadavere.

Seppure questo fosse ormai senza vita, la sua mano sinistra brillava di luce e, quando il guerriero gliela toccò con estrema curiosità, lo stesso accadde alla sua.

-Che sia questo...Il potere che chiamano piromanzia?- Si domandò Eyrin osservando la mano che sembrava aver preso fuoco.

Stranamente non gli doleva affatto e sembrava, anzi, dargli ancora più forza.

Muovendola leggermente una potente palla di fuoco partì dal palmo e si scontrò contro il muro di fronte a lui, lasciando impresso il segno delle fiamme.

Con lo scudo alzato il ragazzo avanzò ancora una volta, trovandosi davanti a un'altra fita coltre di nebbia.

I consigli che il cavaliere gli aveva lasciato lungo la strada lo avevano aiutato a comprendere molte cose e si sentiva pronto per affrontare qualunque cosa gli si fosse parata davanti, il suo unico desiderio era uscire da lì.

Controllando un'ultima volta il suo equipaggiamento attraversò quella specie di barriera, ritrovandosi direttamente sopra al demone minore incontrato precedentemente.

Dopo aver compreso che questo stava per distruggere il suo unico appoggio, Eyrin si buttò di sotto, colpendo la creatura in mezzo agli occhi con l'ascia.

Il demone ruggì furioso e iniziò a colpire il guerriero che schivava abilmente i colpi, contraccambiando con l'arma impugnata con entrambe le mani.

Il pesante martello distruggeva tutto ciò che gli capitava a tiro come se fosse fatto di carta e sembrava instancabile, tanto che Eiryn si trovò in seria difficoltà, in un primo momento.

Comprese subito però che, se fosse stato dietro alla creatura, quella non avrebbe potuto fare nulla per colpirlo e così si spostò dietro al demone, colpendolo sia con l'ascia che con le sfere di fuoco che ormai aveva imparato ad usare con una certa dimestichezza.

In poco tempo ebbe la meglio sul mostro e lo uccise, in onore anche di chi non ci era riuscito negli anni addietro.

Con la chiave appena guadagnata aprì la porta in fondo alla stanza e si ritrovò davanti a una collina innevata, pieni di pezzi di costruzioni ormai decadute da tempo e, non appena giunse a pochi centimetri da un gigantesco burrone, una creatura nera e alata gli si avvicinò, minacciosa quasi quanto il demone appena combattuto.

Spaventato Eyrin cercò di afferrare l'ascia e colpire il grande corvo che si accingeva a catturarlo ma non ci riuscì e la creatura lo imprigionò con gli artigli portandolo via, lontano da quel maledetto posto che gli metteva sempre più i brividi.

Dove mi sta portando?, si chiese, sarà questo un luogo migliore?

Abbandonandosi alla stanchezza e alla leggera brezza invernale il giovane guerriero si addormentò, mentre il corvo lo trasportava in volo verso un luogo lontano e a lui sconosciuto che, però, presto avrebbe imparato a conoscere fin troppo bene.

  
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