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Autore: BabyLolita    25/04/2014    3 recensioni
Ciao a tutti! Questa storia mi è venuta in mente leggendo un manga (e la cosa strana è che non ha nulla a che vedere con il manga O.o) a parte questo pensavo di fare un brutto finale ma, come al mio solito, anche se parto con un idea triste non la mantengo mai fino alla fine. Quindi se siete alla ricerca di finali tragici questa OneShot non fa per voi xD Detto questo spero comunque che la leggerete! GRAZIE A TUTTI =D
Genere: Commedia, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Lysandro, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Agito la mano rapida davanti a me attirando l’attenzione del taxi. Mentre si avvicina accostandosi accanto a me raccolgo la valigia e mi avvio al portabagagli. Il taxista scende dall’auto raggiungendomi. Osservo il suo volto segnato dalle rughe mentre mi fa un sorriso sereno. I suoi capelli bianchi e spettinati gli danno un aria fin troppo trascurata. Indossa un gilet verde scuro rattoppato in più punti sopra una camicia bianca usurata e dei jeans grigi sbiaditi. Ai piedi indossa delle scarpe da ginnastica che paiono nuove. Probabilmente è il suo ultimo acquisto, effettuato solo poiché strettamente necessario visto il suo lavoro. Mi dirigo verso la porta che prontamente il tassista mi apre. Mi accomodo nei sedili posteriori comunicandogli la destinazione. Mentre la macchina riparte osservo l’aeroporto farsi sempre più piccolo man mano che ci allontaniamo. Quando l’auto si ferma mi morsico il labbro. I viaggi lunghi non mi sono mai piaciuti, ma questo mi è sembrato fin troppo breve. Scendo dall’auto recuperando il mio bagaglio e pagando il tassista che mi saluta con un cenno augurandomi buona giornata. Lo osservo allontanare come se davvero mi importasse. Non appena sparisce dalla mia visuale entro in casa.
-   Sono tornata –
Da quanto tempo non dicevo questa frase in questo luogo. Mia madre mi accoglie con un sorriso. I suoi capelli sono parecchio più lunghi dell’ultima volta che l’ho vista. La ricrescita è evidente, saranno almeno quattro mesi che non si reca dal parrucchiere. La sua pelle  è invecchiata, così come il suo corpo, che sembra più rovinato dal tempo di quanto osassi ricordare. Indossa una vestaglia a fiori il che la fa sembrare più una nonna che una mamma.  Si avvicina abbracciandomi ed io sprofondo nel suo profumo, così dolce e nostalgico, che solo per un istante mi fa domandare perché sono fuggita da questo paese. La risposta piomba nella mia mente come un fulmine a ciel sereno e la caccio all’istante. Non mi va di ripensarci proprio adesso. Avrò tempo più tardi per farlo. Prendo la mia valigia e salgo le scale recandomi al piano superiore. I gradini scricchiolano ad ogni mio passo e la cosa mi fa sorridere, facendomi sentire una volta di più a casa. Spalanco la porta in legno entrando in camera mia. Le cose sono rimaste proprio come l’ultima volta. Nulla è cambiato. Ogni cosa è al suo posto. Mi avvicino all’armadio aprendolo. All’interno, trovo i vestiti di quando ancora ero adolescente. Vestiti che sono rimasti qui per anni, a causa della mia troppa fretta di fuggire da questo luogo. Vestiti che ho cercato a lungo mentre ero in Inghilterra, ma che alla fine sono stata felice di non avere, a causa dei troppi ricordi legati ad essi. Apro la valigia infilandoci quelli attuali, meno appariscenti e più lunghi. Non appena ho finito osservo il tutto rendendomi conto di avere lo scontro tra due realtà: la me di un tempo, e la me di adesso. Sospiro, esausta, e chiudo le ante scendendo al piano di sotto, ormai la cena sarà pronta. Durante la cena mia madre mi riempie di domande e mentre rispondo in maniera sufficientemente accurata, mi rendo conto di quanto sia stato egoistico il mio gesto di andarmene. Mio padre, morto quando avevo solo quattro anni, ha segnato profondamente mia madre. Si è fatta forza, facendo due lavori per mantenerci e per pagare il mutuo e le bollette ed io, da perfetta figlia disastrata, sono scappata da qui subito dopo il diploma, abbandonandola di mia spontanea volontà, pensando solo a me stessa e senza rendermi conto dell’ulteriore ferita che le stavo provocando. La cosa bella è stata che lei non mi ha mai detto nulla anzi, mi ha sempre sostenuta ed ora, che ho quasi trent’anni, mi rendo conto di quando io sia stata stupida ed insensibile. C’è un modo per rimediare? Posso ancora recuperare a ciò che ho fatto? Finito di mangiare l’aiuto a lavare i piatti. I suoi gesti sono diventati parecchio lenti e le sue mani tremano. Cerco di convincerla ad andare in salotto a rilassarsi lasciando le faccende a me, ma la sua testardaggine, nonostante tutti questi anni è rimasta la stessa, sia in lei che in me. Finiamo insieme di pulire stoviglie e cucina e ci avviamo in salotto. Ci sediamo sul grande divano ad isola color panna ed accendiamo la televisione. Dopo circa un ora mi accorgo che mia madre dorme. Il suo volto è sereno e la cosa mi intenerisce. Recupero una coperta e la copro, poi spengo la tele e mi dirigo in camera mia sdraiandomi nel letto. Domani è il grande giorno. Mi addormento quasi subito, forse per paura, ma più probabilmente perché la sensazione di essere finalmente a casa mi rilassa all’inverosimile. Quando apro gli occhi e guardo l’ora vedo che sono le due di pomeriggio. Maledetto jet-lag, penso alzandomi di peso dal letto e dirigendomi in bagno buttandomi sotto la doccia. Non appena esco torno in camera mia e riapro l’armadio. Osservo attentamente quella che mi pare quasi una doppia vita, una doppia personalità, un armadio di due persone completamente diverse. Accetto di fare una follia, afferrando quel topo viola che tanto amavo un tempo e gli shorts neri che ero abituata ad indossare assieme. Mi avvicino allo specchio e mi scappa un sorriso. Sfortunatamente le mie gambe non sono più quelle di un tempo e il cambio di fisico è fin troppo evidente. A contrario, il top sembra essere cresciuto con me. La taglia veste perfetta come un tempo e per questo motivo decido di tenerlo indosso. Sfilo gli shorts indossando, al loro posto, dei jeans neri. Indosso per ultime un paio di scarpe col tacco nere e sono pronta. Torno in bagno pettinando i miei lunghi capelli castani. Mentre mi osservo ho come un tuffo al cuore vedendomi così diversa con un top che mi ricorda i vecchi tempi. Decido di pettinarmi e truccarmi come una volta, giusto per lo sfizio di vedere quanto il tempo mi ha effettivamente cambiata. Tiro i capelli di lato legandoli in un’elegante treccia. Poi prendo l’eyeliner nero e mi definisco l’occhio, concludendo l’opera con della matita nera glitterata ed il mascara color argento. Osservo la mia figura allo specchio e, come in un lampo, rivedo me stessa a diciannove anni, la stessa età che avevo quando mi sono specchiata qui per l’ultima volta. Non appena sbatto nuovamente gli occhi l’immagine scompare, mostrandomi quella versione di me che vedo tutti i giorni. Sospiro scendendo al piano di sotto. Mia madre mi invita a mangiare qualcosa ma con la scusa che sono in ritardo sgattaiolo fuori di casa. Butto un occhio veloce all’orologio e mi rendo conto che manca ancora un’oretta all’ora dell’incontro. Faccio un giro per la città ritrovando edifici vecchi e scoprendo edifici nuovi. Il parco che un tempo era il luogo d’incontro che usavo con i miei amici è stato sostituito da un centro commerciale e la cosa mi dispiace fin troppo. Cammino per parecchio tempo fino a quando non me lo ritrovo davanti. La scritta davanti al cancello è sbiadita, rovinata, e manca addirittura qualche lettera. Mi avvicino ad essa, accarezzandola nostalgica, mentre un turbinio di emozioni scuote il mio petto. Liceo dolce amoris… penso triste mentre attraverso il cortile. Rallento il passo non appena i miei occhi vengono attirati da lei. Mi avvicino di qualche passo e la osservo. Il suo colore rosso fiammante è rimasto lo stesso di quando frequentavo questo liceo, probabilmente qualcuno si è occupato di dipingerla ogni anno. Osservo a terra e mi sorprendo quando non vedo alcun mozzicone di sigaretta. Faccio qualche ultimo passo raggiungendola e sedendomici sopra. Quante altre persone si sono sedute su di te? A quanti altri litigi hai assistito? Mi alzo di scatto, perché non voglio ricordare quelli che erano i miei litigi con lui. Entro nel liceo mentre l’aria nostalgica mi travolge completamente. Resto ferma qualche istante respirando l’aria di quel luogo fino a quando una voce attira la mia attenzione. Mi volto nella sua direzione osservano il professor Faraize decisamente diverso da com’era un tempo. Cavolo, non pensavo che il tempo potesse distorcere a tal punto l’immagine di una persona. Lo raggiungo afferrando il cartellino che mi sta passando sorridendomi:
-   È un piacere rivederla signorina Moss! Ho saputo che è diventata una famosissima dottoressa! D'altronde non ci si poteva aspettare altro dalla migliore della scuola! –
Gli faccio un leggero cenno di capo prima di attaccarmi il cartellino al top riprendendo a percorrere il corridoio. Osservo gli armadietti rammentando che un tempo uno di loro era il mio. cammino fino in fondo raggiungendo la mia vecchia aula. Non appena la raggiungo mi sorprendo di vedere attaccato alla porta lo stesso foglio che avevamo attaccato noi durante il nostro ultimo anno scolastico. Osservo il lato bruciacchiato che Kentin aveva incendiato per una scommessa fatta con Armin e la riga di rossetto rosa lasciata da Ambra quando Pegghy l’aveva accidentalmente urtata facendola sbattere alla porta. Accarezzo il pezzo di carta prima di afferrare la maniglia della porta e spalancarla. Quello che mi ritrovo davanti è uno spettacolo fin troppo triste. Il silenzio totale mi accoglie mentre, al posto dei banchi, è imbandito un grosso tavolo coperto di stuzzichini e bevande gassate. Procedo di qualche passo avvicinandomi ad esso ed afferrando una pizzetta. Me la infilo fra le labbra e mi gusto quel sapore di plastica che, come sempre, è  disgustoso ma che mi riporta, ancora una volta, indietro nel tempo. Assaporo il gusto del passato fino a quando una voce mi riporta alla realtà:
-   Come al solito riesci a battermi Kilye. Non mi sorprende che tu sia arrivata qui prima di tutti –
-   Oh andiamo Nath – mi dico voltandomi nella sua direzione – non dirmi che dopo dieci anni ancora ti brucia non essere riuscito ad essere il primo della classe –
-   Vorrei dirti di no – mi risponde sorridendomi ed avvicinandosi a me – ma, ahimè, mentirei –
Sorrido andandogli incontro ed abbracciandolo:
-   Come stai? –
-   Bene e tu? Ti sei trovata bene in Inghilterra? Sei partita così presto che non hai dato a nessuno il tempo di salutarti –
-   Lo so e mi dispiace ma sai…avevo fretta di andarmene –
-   Già…immagino che il motivo sia--- -
-   Nath, siamo qui per festeggiare quindi per favore, evitiamo certi discorsi –
-   Va bene scusami –
-   Non fa niente –
Concludo sciogliendo l’abbraccio mentre, alle sue spalle, vedo comparire un po’ alla vota tutti i miei vecchi compagni di classe. Mentre entrano e si scambiano baci ed abbracci guardo come una parte di loro sia sparita per sempre e mi rendo conto che anche io devo sembrare totalmente diversa nonostante il mio patetico tentativo di assomigliare a quella che ero un tempo. Perché poi volevo sembrare a tutti quella di un tempo? Perché ho voluto far vedere che non sono cambiata? Mentre alla mia mente compare nitida la risposta lo vedo comparire sulla soglia. I suoi capelli rossi sono gli stessi di un tempo. Ne più lunghi, ne più corti. I suoi occhi color cenere sono profondi come ricordavo e, a mia sorpresa, anche lui indossa gli stessi vestiti dell’ultima volta che ci siamo visti. Lo guardo di soppiatto salutare tutti e la cosa mi sorprende dato che non ricordavo fosse tanto amichevole. Non appena il suo sguardo incrocia il mio si ferma e sento il mio corpo paralizzarsi. È a te che volevo dimostrare che sono sempre la stessa. Le parole rimbombano nella mia testa mentre si avvicina a me salutandomi con un bacio ed un abbraccio:
-   Come stai Kilye? –
-   Bene… e tu? –
-   Me la cavo…sai, lavoro in una casa discografica adesso –
-   E il tuo sogno di diventare musicista? –
-   Accantonato, purtroppo. Sai, non ce l’ho proprio fatta a sfondare anche perché, da quando è morto Lysandro, non ho più avuto la testa… -
Abbasso lo sguardo, ricordando quei ricordi dolorosi che per tutti questi anni ho cercato di sotterrare e mi rendo conto che, forse, è giunto il momento di affrontarli. Castiel mi fa cenno di seguirlo e so per certo dove stiamo andando. Attraversiamo il corridoio uscendo da scuola e sedendoci sulla panchina.
-   Ricordi? È qui che mi hai parlato la prima volta –
-   E come dimenticare….ho dovuto fare il pappagallo tra te e Nath. È stato straziante –
-   Eh dai, non esagerare –
-   Non esagero infatti! Vi avrei voluti ammazzare quel giorno! –
-   Sei la solita –
-   Senti chi parla! Anche tu non mi sembri cambiato più di quel tanto –
-   Non lo sono infatti –
Lo ascolto scandire con voce profonda quest’ultima frase mentre i suoi occhi scuri mi scrutano intensamente. In un lampo lascio affluire alla mia mente i ricordi che da tempo ho sepolto in me. Mancavano pochi giorni alla consegna dei diplomi. Io, Castiel e Lysandro eravamo seduti qui, esattamente dove siamo ora, e parlavamo dei nostri futuri. Loro parlavano di come volevano sfondare nel campo della musica ed io raccontavo di come desideravo diventare un famoso avvocato. Ricordo il tempo incupirsi di colpo e Lysandro affermare di voler tornare a casa prima per portare la moto al riparo. Rammento l’espressione imbufalita di Castiel poiché la sua moto era dal meccanico ed il sorriso di Lysandro rassicurarlo dicendogli che il giorno del diploma l’avrebbe riavuta indietro. L’ultimo suo sorriso prima della sua morte. Partì in fretta e si diresse a casa, ma il temporale colpì improvvisamente causando l’incidente che lo fece finire in coma. Il suo soggiorno in ospedale durò poco niente, poiché alcuni giorni più tardi, esattamente il giorno della consegna dei diplomi, lui morì. Io e Castiel piansimo insieme, tutto il giorno, anche mentre ricevevamo i nostri diplomi. Piansimo tutti, ma nessuno soffriva quanto soffrivamo noi. Alcuni giorni prima avevo ricevuto una borsa di studio per studiare in Inghilterra ma avevo tralasciato la cosa. Quando dovetti affrontarlo, le cose volsero al peggio. Avevo la possibilità di fuggire da tutto questo dolore, ma allo stesso tempo avrei abbandonato Castiel, distrutto dalla perdita del suo migliore amico, e che io stessa non volevo abbandonare per via dei miei sentimenti nei suoi confronti. Decisi di parlargliene, gli dissi della borsa di studio e lui si arrabbiò a dismisura. Piombammo nella nostra più pesante discussione che finì nel peggiore dei modi. Ci separammo furiosi dicendoci che ci odiavamo anche se non era così, soprattutto per me. Accettai la borsa di studio e partii per l’Inghilterra il giorno dopo ma, a differenza del mio piano iniziale, decisi di studiare  medicina. Ero decisa a trovare una cura per il coma e per le malattie rare, per fare in modo che nessuno dovesse più sopportare tutto il dolore che avevo sopportato io. Da allora sono passati dieci anni ed ora siamo qui, al raduno di classe, dopo che tutto è cambiato. L’odio che un tempo avevamo affermato ci univa di certo non c’è più e forse, non c’è mai stato.
-   Mi dispiace – riprende lui.
-   Per cosa? –
-   Per le ultime parole che ti ho rivolto –
-   Intendi la tua espressione fin troppo chiara di odio nei miei confronti? –
-   Si esatto. Il giorno dopo che sei partita mi sono sentito una merda. Sai, ho detto quelle cose perché non volevo perdere anche te. Avevo appena perso Lys e…non volevo dire addio anche all’altra persona che mi stava più a cuore. –
-   Lo capisco…e ti perdono. Sai, anche io ho detto di odiarti solo perché tu avevi detto quelle cose. In realtà, non ti ho mai odiato –
-   Nemmeno io, anzi, a quei tempi ti amavo. Dio solo sa quanto ti amavo –
Lo osservo allibita e lui contraccambia il mio sguardo portandosi una mano sul volto imbarazzato:
-   E non guardarmi così! –
Scoppio a ridere e lui mi guarda con aria interrogativa:
-   Perché ridi? –
-   Perché vedi, quel giorno non ero li solo per parlarti della borsa di studio. Volevo anche confessarti i miei sentimenti. Io ho sempre provato qualcosa per te e quando siamo diventati amici piano piano quei sentimenti sono cresciuti. Solo che poi, come ben ricordi, le cose sono andate in una maniera differente rispetto a come avevo progettato –
-   Quindi tu…non saresti partita se io avessi corrisposto i tuoi sentimenti? –
-   Probabilmente no. Avrei fatto l’università qui pur di starti accanto. Ma tu mi hai urlato contro dicendo di odiarmi e…beh, chi me lo faceva fare di restare qui dove il mio migliore amico era appena morto ed il ragazzo che amavo da sempre mi aveva respinta anzi mi aveva direttamente detto di odiarmi? Ho fatto armi e bagagli e me ne sono andata. Non volevo più soffrire –
-   Io….mi dispiace Kilye…se solo avessi saputo –
-   Se avessi saputo, o se io ti avessi parlato prima dei miei sentimenti e dopo della borsa di studio, le cose di certo sarebbero andate diversamente. Ma questo non lo sapremo mai. Purtroppo non si può tornare indietro –
-   Ma si può andare avanti –
-   Direi che non abbiamo altra scelta –
-   Senti…ti va di andare avanti assieme questa volta? –
Sento la mano di Castiel poggiarsi delicatamente sulla mia mentre una sensazione di calore mi pervade totalmente. Osservo il suo viso adulto guardarmi con speranza, come se i ragazzi che eravamo un tempo stessero tornando in noi, per riprendersi quelle parole che un tempo gli sono state negate.
-   Non dirmi che ti sei vestito come allora perché volevi--- -
-   Si, esatto. Volevo dimostrarti che nonostante tutto non sono cambiato, che sono lo stesso di allora e che il me di un tempo vuole scusarsi per il modo in cui ti ha trattata ma soprattutto, vuole ritirare quelle false parole di odio che ti aveva rivolto –
-   Beh allora, proprio come un tempo, abbiamo pensato la stessa cosa –
-   Già. Proprio come un tempo. E adesso? Stiamo pensando la stessa cosa? –
Stringo la sua mano, perché so che è così:
-   Pensi di essere in grado di riconquistarmi? –
-   Oh andiamo. E pensi che io creda davvero che tu ti sia dimenticata di me? Non saresti venuta qui se fosse stato davvero così –
-   Nemmeno tu lo avresti fatto –
-   E piantala di fare la saputella sai che mi infastidisce –
-   Eh già…certe cose non cambiano mai –
-   Vieni, andiamocene –
Ci alziamo in piedi e usciamo dalla scuola stringendo le nostre mani e camminando a passo lento. Mentre lo facciamo lo osservo e rivedo in lui quel ragazzino diciannovenne di dieci anni prima e mi sembra di vivere tutto il tempo che abbiamo perso. Mentre il sole tramonta noi passeggiamo come se fossimo una coppia, anche se ufficialmente ancora non lo siamo, e mentre cammino realizzo che non ho più bisogno di fuggire perché è vero che non si può tornare indietro, ma si può andare avanti.




Angolo dell'autrice: salve a tuttiiiiii xD ho scritto questa storia di botto e non ho ancora controllato gli errori (spero non ce ne siano troppi >.< domattina, quando sarò più lucida, ricontrollerò xD) però volevo postarla subito visto che mi sento ispirata xD Ammetto che inizialmente il finale voleva essere più triste, volevo fare in modo che Kilye fosse sposata con figli mentre Castiel era single. Volevo fare in modo che si confessassero i loro reciproci sentimenti ma volevo far si che fosse troppo tardi ormai, almeno per Kilye, recuperare il tempo perso. Ma il mio buon cuore ha prevalso e ho fatto un happy ending (dannazione a me che adoro gli happy ending xD ah  ma prima o poi qualcosa di tragico riuscirò a farlo xD) in ogni caso spero che il racconto vi sia piaciuto! Lasciate una recensione se vi va! E fatemi sapere se vi è piaciuto questo finale o avreste preferito l'altro!! =D
   
 
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