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Autore: TheShippinator    27/04/2014    5 recensioni
C'è questo muro, alla NYADA, chiamato La Tela Bianca. Lì puoi essere te stesso, lì puoi scrivere, disegnare e raccontarti. Blaine non pensava che ne avrebbe mai avuto bisogno, finchè non si ritrova con un pennarello in mano ed una rosa davanti. Ancora di più, Blaine non pensava che qualcuno avrebbe deciso di trasformare quella rosa in un bouquet.
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Blaine, Sebastian e Thad sono amici e coinquilini, a New York; Kurt, Santana e Rachel anche. Blaine e Kurt non si conoscono ancora, ma Santana farà di tutto per far sì che questa lacuna, nelle loro vite, venga colmata.
• Pairings: Thadastian, Dantana, Klaine •
• Quattro capitoli, già completati •
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Santana Lopez, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Blaine/Kurt, Sebastian/Thad
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti!
Okay, sono decisamente emozionata: oggi esce l’ultimo capitolo di The Red Line e, nonostante abbia avuto paura fino alla fine, mi ero quasi convinta che andasse bene. Ho chiesto aiuto ed è venuto fuori che non era così, quindi ringrazio Giusy per i consigli. Non ne sono ancora del tutto convinta, ma spero che, invece, a voi piaccia. Dopotutto, non mi piace mai nessun finale di quelli che scrivo xD Grazie per avermi accompagnata, durante questo mese, e grazie per tutto il vostro sostegno!
Ci leggiamo nelle prossime ff e… buona lettura!

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Blaine restò a scuola fino a tardi, quel giorno, solamente per poter rimanere da solo nei grandi e silenziosi corridoi. Voleva disegnare con calma, voleva essere preciso, voleva… voleva fare qualcosa che non sapeva nemmeno fosse corretta o meno. Sentiva che aveva bisogno di essere diretto e preciso, ma non voleva essere anche impulsivo. Rimase per più di venti minuti con la mano sospesa a qualche centimetro dal muro, il pennarello aperto tra le dita, pronto a tracciare le sue linee verdi sull’intonaco bianco. Con un grosso sospiro, però, alla fine, Blaine lo richiuse.
Guardò un’alta volta il murale, quindi gli diede le spalle, avviandosi fuori dalla scuola. Voleva essere certo di quel disegno, voleva farlo nel modo giusto, ed essere affrettato era qualcosa che non poteva concedersi.
Quella sera, Sebastian e Thad stettero tutto il tempo sulla loro, lanciandogli strane occhiate. Blaine pensò che fossero arrabbiati con lui, per quello che aveva detto quand’erano stati al telefono, ma loro non sembravano arrabbiati, solo… distratti. E frementi.
«Allora, non ci hai più detto che cos’hai fatto.» disse Thad, mentre inseriva nel lettore uno dei dvd della Seconda Stagione di Grey’s Anatomy.
«Niente.» rispose soltanto Blaine, stringendo a sé il contenitore del gelato e prendendone una grossa cucchiaiata.
«Niente?» ripeté Sebastian, sollevando le sopracciglia e scambiando un’occhiata con Thad.
«Non ho fatto ancora niente, ci devo pensare. Devo… fare le cose con calma.» spiegò Blaine, mentre Thad si gettava sul divano -alla sua sinistra- e gli fregava il cucchiaio dalle mani, prendendo a sua volta un po’ di gelato.
«Pensavo che avessi fretta di conoscerlo. Hai intenzione di disegnare qualcosa domani?» chiese di nuovo Thad, mentre lasciava che il gelato si sciogliesse sul suo palato.
Blaine lo guardò con espressione confusa e sospettosa.
«Come mai tutto questo improvviso interesse? Non avete mai voluto che io facessi quei disegni ed adesso vi importa?» chiese Blaine, riprendendosi il cucchiaio, colmandone la punta di gelato ed infilandoselo imperiosamente in bocca.
«Beh, Blainey…» disse Sebastian, sedendosi alla sua destra e portando la mano al manico del cucchiaio. Tirò, cercando di estrarlo dalla bocca dell’altro, ma quello strinse le labbra, per impedirgli di riuscire nel suo intento. Sebastian si accigliò, sostenendo il suo sguardo dalle sopracciglia aggrottate, e tirò più forte, costringendo Blaine a mollare la presa.
«Dicevo, Blainey… hai detto che ti rende felice e noi vogliamo che tu sia felice… e se per esserlo devi disegnare su un muro, allora vogliamo solo che tu disegni su un muro.» spiegò semplicemente il suo amico, servendosi una grande cucchiaiata di gelato.
Blaine non rispose e portò lo sguardo alla televisione, dove Meredith Grey introduceva, come al solito, l’episodio con una delle sue frasi ad effetto.
«”In chirurgia c'è una linea rossa sul pavimento che segna il punto in cui l'ospedale, da accessibile, diventa off-limits per tutti tranne che per pochi autorizzati. Superare la linea senza permesso non è tollerato. In generale, le linee esistono per una ragione: per protezione, per sicurezza, per chiarezza. Se decidi di oltrepassare la linea, quasi sempre lo fai a tuo rischio e pericolo. Allora, come mai più larga è la linea e più grande è la tentazione di oltrepassarla?”»
Blaine si sporse verso la televisione, spalancando gli occhi.
Forse era un segno. Forse Meredith Grey stava cercando di dirgli qualcosa.
Lui voleva fare quel disegno, voleva rendere quell’omino simile a lui e voleva rispondere a quel grosso punto di domanda. Lui voleva correre il rischio, era tentato di correre il rischio. Ma poteva farlo? O doveva farlo.
Avrebbe dovuto giocare questo gioco fino alla fine.
“O la va, o la spacca.”

«Allora, Casanova?»
Questa fu la frase che lo accolse in casa, quando rientrò, quel lunedì sera. Kurt aveva già mandato una foto del suo disegno sia a Santana che a Rachel, ma nessuna delle due aveva ancora risposto. Esattamente come l’Anonimo.
«Non ha risposto.» disse semplicemente Kurt, gettandosi sul divano e piegando la testa all’indietro. Portò le mani al viso, nascondendolo e stropicciandosi gli occhi.
«Dio, sono stato così stupido. Adesso c’è un mio ritratto su quella parete e, ovviamente, chiunque egli sia, non vuole farsi vedere a rispondere ad una tale stupidaggine.» commentò il ragazzo, la voce attutita dai palmi delle mani.
Sentì qualcosa colpirgli piano il gomito, quindi separò le dita davanti agli occhi per permettersi di sbirciare. Rachel, sorridente, gli stava porgendo un contenitore di cartoncino con due bacchette di legno infilzate dentro.
«Salsa di soia a basso contenuto di sodio?» domandò lui.
«Verdure, niente carne, sì gamberetti. Doppia razione di ravioli alla piastra, lì sul tavolo.» rispose lei, annuendo.
Kurt restò immobile per qualche secondo, prima di sospirare e tirarsi su, afferrando la confezione di cartoncino che lei gli porgeva. Era calda ed un lieve vapore si sollevava dal suo interno. Afferrò le bacchette e pescò un gamberetto dalla matassa di spaghetti di soia, infilandoselo subito in bocca.
«È solo che… penso di essere stato un tale idiota…» borbottò il ragazzo, scuotendo piano il capo. «Credo di averlo sfidato un po’ troppo apertamente…»
Rachel lo raggiunse, accoccolandosi sulla poltrona a lato del divano. Prese uno dei suoi ravioli al vapore tra le bacchette e se lo infilò tutto in bocca, senza badare ad essere carina: moriva di fame, visto che il giorno prima non aveva toccato cibo. Giustamente, aveva deciso di ricominciare a mangiare abbuffandosi di cinese. Kurt non le avrebbe tenuto la testa.
«E se ci stesse solo pensando su? Tu hai avuto tre giorni per farlo, non puoi pretendere che lui lo faccia in qualche ora.» rispose lei, con la bocca piena.
«O forse…» aggiunse Santana, sedendosi alla sua sinistra, con le bacchette che gremivano una quantità esuberante di spaghetti di soia. «… oggi non è andato a scuola?»
Kurt fissò la sua cena, soppesando le parole e valutando le ipotesi delle ragazze.
«Forse… forse sì. Forse ci vuole pensare o forse non è andato a scuola, oggi…» disse piano, cautamente, infilandosi in bocca un po’ di spaghetti. Masticò con cautela, per poi sollevare il capo.
«Ma sì, dev’essere per forza così, no? Una delle due. Alla fine, è stato lui il primo ad iniziare a caratterizzarsi con quella tazza di caffè, che senso avrebbe se si sentisse minacciato da me che mi ritraggo sul muro?» affermò, allegramente, infilandosi altri spaghetti in bocca.
Santana e Rachel si scambiarono un’occhiata, quindi Rachel si schiarì la gola.
«E… e cosa ne pensi di chiedere a Blaine di uscire?» domandò cauta, quasi avesse paura della sua risposta.
Lo sguardo di Kurt si fissò sulla sua cena, mentre la mascella continuava a fare su e giù lentamente.
«Forse… forse potrei chiederglielo. Dopo che avrò conosciuto l’Anonimo.» disse piano, senza alzare lo sguardo.
«¡Oh, por el amor de Dios! Come fai a preferire qualcuno che disegna su un muro a qualcuno con il quale ti sei strusciato tutta la sera?!» sbottò Santana, agitando le braccia in aria, rischiando anche di colpire Kurt con le sue bacchette.
Kurt raddrizzò la schiena, assumendo un’espressione impettita e stringendo le labbra.
«Santana. Io non sono come te. Quello che fa quel ragazzo, su quel muro, è romantico. Non basta soltanto rispondere ad un flirt per essere interessanti ed attirare la mia attenzione. Lo sai che non sono alla ricerca di una “scopata occasionale”.» rispose Kurt, la voce che si alzava lievemente a causa della rabbia. «Quello che provo quando vedo che ha risposto, non è paragonabile a quello che si prova quando si vede qualcuno rispondere ad una battuta a sfondo sessuale, mi dispiace per te se non riesci a capirlo, ma per me è così.»
Santana lo fissò assottigliando le palpebre, infilandogli le bacchette nella scatola della cena e fregandogli un gamberetto.
Kurt allontanò la confezione, senza staccarle gli occhi di dosso, ma sgranando le palpebre.
«Quello era il mio…»
«Te ne ruberò uno per ogni cazzata che dirai, questa sera! Chiudere le porte in faccia ad una persona che sono mesi che continuo a ripeterti essere adatta a te, solo perché qualcun altro disegna su un muro cose che ti piacciono, è meschino. Ed irrispettoso. Non mostri alcuna fiducia in me e non dai allo Hobbit nemmeno una possibilità!» esclamò Santana, alzandosi in piedi. «Quel ragazzo sono settimane che sta cercando una persona che gli stia vicino, e non soltanto in un letto. Se credi che io non riesca a capirti sei in torto, Hummel. Potrò non essere come te, ma lo capisco che cosa vuoi. È ingiusto quello che stai facendo! È ingiusto nei confronti di quel povero ragazzo che hai palesemente conquistato, l’altra sera!»
Kurt rimase immobile e nemmeno Rachel osò deglutire, per non rompere il silenzio che era andato a crearsi dopo la sfuriata di Santana.
Kurt e la ragazza restarono a guardarsi per alcuni secondi, prima che lei facesse il giro del divano e si dirigesse verso una delle stanze dietro alle grandi tende che separavano i vari letti.
«Vado a mangiare in camera mia.» annunciò, facendo seguire al tutto un paio di esclamazioni in spagnolo, che né Kurt né Rachel compresero.
Finalmente, la ragazza decise di deglutire. Kurt non si voltò a fissarla, ma poteva sentire il suo sguardo posato sulla sua nuca.
«Ha ragione, lo sai? Nonostante sia tutto molto romantico, dovresti dare una possibilità a Blaine…» sussurrò lei, ma Kurt non si voltò ancora.
«E… è tutto abbastanza confuso, ma credo che sia anche un bravo baciatore. Ed aveva perfino bevuto, quindi immagina da sobrio…» aggiunse lei, in quello che Kurt percepì come un sorriso. Non poté fare a meno di sorridere a sua volta.
«Piantala, Berry, eri più ubriaca di quando hai baciato me…» disse Kurt, arrendendosi e voltandosi verso di lei.
«Ricordo che anche tu sei un bravo baciatore.» disse lei, tornando ad infilarsi ravioli in bocca.
Kurt dondolò il capo, guardando i suoi spaghetti e prendendone poi una piccola porzione.
«Sì, questo è vero…» rispose alla fine riempiendosi la bocca, mentre Rachel quasi si strozzava, scoppiando a ridere.

Passarono un paio di giorni, prima che Blaine si decidesse a riprendere in mano il pennarello. Si sentiva in colpa per il Ragazzo, colui che aveva disegnato sé stesso sul muro. Probabilmente era in attesa, probabilmente si stava chiedendo perché Blaine non avesse ancora risposto.
A colazione, aveva annunciato con orgoglio, a Sebastian, che quel giorno avrebbe risposto. Quel giorno avrebbe sorpassato la linea rossa che determinava il confine che non sapeva se era pronto a superare. Si sarebbe giocato il tutto e per tutto ed avrebbe anche corso il rischio di non sentir mai più parlare di quel ragazzo.
Sebastian si era versato una buona dose di Courvoisier nel caffè, aveva scosso la testa ed aveva sorriso tra sé e sé, tenendo lo sguardo fisso sulla sua tazza.
Non aveva detto nulla, gli aveva solo augurato una buona giornata e, dopo il caffè, era andato a svegliare Thad, che aveva lezione altrettanto presto.
Chiuso in camera sua, Blaine si preparò in fretta, recuperò le sue cose e si diresse allo Starbucks all’angolo.
«Buongiorno, Santana!» esclamò vivace, avvicinandosi al bancone. «Solo l’Americano, oggi.»
Santana inclinò il capo, con un largo sorriso, avvicinandosi alla macchina.
«Niente donuts per i tuoi coinquilini?» domandò lei, afferrando la caraffa e versando il caffè caldo nel bicchiere da asporto.
«No, Thad ha lezione presto e Bas probabilmente starà a letto fino a mezzogiorno.» rispose Blaine, scuotendo il capo e pagando il suo caffè, per poi appoggiarsi al bancone per scambiare due chiacchiere con lei. Non c’era mai molta gente, a quell’ora.
«Non ci siamo più visti, dopo sabato sera. Grazie, a proposito. Avevo chiesto a… Kurt? di ringraziarti da parte nostra, ma non so se…»
Aveva appositamente esitato nel pronunciare il nome del ragazzo. Gli faceva un po’ strano parlare di lui con colei che lo conosceva da anni.
«Oh, no, non me l’ha detto, ma non importa. Avevamo problemi più grossi da superare. Quella mammoletta della Berry -Rachel- che è stata male tutta la domenica e poi alcune… dispute tra amici…» disse la ragazza, scuotendo le spalle.
Blaine ridacchiò piano, afferrando un paio di bustine di zucchero e rovesciandole nel liquido scuro. Santana gli porse un bastoncino, con il quale mescolare il suo caffè. Lui l’afferrò, sempre sorridendo.
«Sembri di buon umore…» tentò lei, ricambiando il suo largo sorriso, altamente contagioso.
«Oh beh, lo sono.» affermò Blaine, avvicinando il bicchiere alle labbra e guardandola, da dietro le lunghe ciglia.
Santana sollevò le sopracciglia, incuriosita.
«Racconta tutto a Zia Snixx…» sussurrò giocosamente, sporgendosi sul bancone ed incrociando le braccia.
«Beh… beh, vedi, c’è questo ragazzo…» cominciò lui, notando subito l’espressione di Santana farsi vagamente cupa. Lei si ritrasse appena, ma lui non vi badò. Sapeva che aveva cercato di far uscire lui e Kurt da mesi, non faceva che parlargli di lui, dopotutto!
«Io non lo conosco, eh. Cioè… oddio, in effetti sembra strano, quando lo racconto a qualcuno, ma non lo è. Ti giuro che non lo è. Ero… abbiamo una sorta di rapporto non verbale… non ridere!» esclamò lui, sollevando le iridi al soffitto e trattenendo a sua volta una risata, vista l’espressione divertita e scioccata che aveva assunto Santana.
«Okay, okay, non rido! Dimmi di più, avanti…» disse di nuovo lei, trattenendo a malapena le risate.
«Beh… stai cercando di entrare alla NYADA, giusto? I corsi serali… saprai che c’è quel muro che chiamano Tela Bianca. Lì ci puoi scrivere poesie, pensieri ed altre cazzate.» spiegò lui. Non vide Santana assottigliare le palpebre, perché troppo impegnato a controllare l’ora sul telefono.
«Oh, cazzo… sono in ritardo. Non posso essere in ritardo, non oggi…» borbottò tra sé e sé, afferrando il bicchiere da asporto, sul quale Santana aveva improvvisamente incollato lo sguardo.
«Aspetta, Blaine! Non hai finito di raccontare! Non vorrai lasciarmi con la curiosità…!» esclamò Santana, stringendo il bordo del bancone tra le dita.
Blaine sollevò lo sguardo su di lei, distrattamente.
«Oh, beh… sono contento perché è il giorno delle rivelazioni! Ho deciso di rispondere ad una persona, su quel muro, e potrebbe andarmi bene!» esclamò Blaine, ormai vicino alla porta.
«Che risposta? Blaine, che risposta gli devi dare?» chiese Santana, alzando la voce e quasi sdraiandosi sul bancone, per l’urgenza di sentire la sua risposta.
«Uhm… è un disegno! Un disegno sul muro! Ti faccio sapere come va, okay? Scusa, devo scappare!» esclamò lui, già per metà fuori dalla porta.
Se Blaine avesse potuto restare a guardarla, mentre si portava la mano alla fronte e se la passava sui capelli accuratamente raccolti in una coda di cavallo, si sarebbe come minimo preoccupato. Santana non mostrava quasi mai ansia o agitazione, non in pubblico. Santana, di sicuro, non si attaccava al telefono dieci secondi dopo aver parlato con qualcuno e, ancora più di sicuro, non selezionava il contatto di Rachel Berry, per poterle raccontare subito tutto quello che Blaine le aveva appena detto.

Era l’una e mezza del pomeriggio e tutta la scuola era stipata in mensa. Qualcuno era uscito, per pranzare fuori, ma in generale non c’era nessuno per i corridoi. Blaine tappò il pennarello, fissando il murale orgogliosamente. Aveva appena finito il suo disegno e ne era piuttosto soddisfatto.
Scrutò la linea del suo pennarello verde, che s’incontrava con quella rossa dell’omino più basso. Aveva fatto una scelta, in quei giorni: la scelta di disegnarsi così com’era, senza falsificare nulla. Si era disegnato i mocassini, si era disegnato gli adorati pantaloni a pinocchietto, si era disegnato il pullover ed anche il cravattino. Aveva prestato particolare attenzione a disegnare i capelli, perché non voleva semplicemente fare quello che avrebbe fatto Sebastian -ovvero una linea unica ed una mucca con la lingua di fuori-, no, i suoi capelli non erano così cementati come lui diceva spesso.
Osservò attentamente il sé stesso del disegno, più e più volte, quindi posò lo sguardo sul punto di domanda rosso. L’aveva completato, aveva completato anche quello. Con il suo pennarello verde, aveva congiunto le estremità del segno interrogativo, quasi fosse uno specchio, creando, a conti fatti, un cuore.
Quello era il punto che più l’aveva fatto pensare, per tutto quel tempo. Era un gesto troppo azzardato? Sarebbe stato un così grosso errore, disegnarlo? Tutto sommato, però, era quello che voleva fare sin dall’inizio ed aveva detto che avrebbe corso il rischio, quindi…
Sospirò ed annuì, compiaciuto, quindi estrasse il cellulare e fece una foto a tutto il disegno. Sentiva che era completo, sentiva che non c’era più nulla da aggiungere lì. I due amanti avevano un volto, e poco importava che fossero il suo e quello dell’Anonimo o no. Quella rosa che lui aveva disegnato, all’inizio, non era più sola. Aveva un mazzo di fiori a farle compagnia e qualcuno la stava porgendo a qualcun altro. Dal niente, era nata una storia d’amore fatta d’intonaco bianco ed inchiostro rosso e verde… ora era da vedere se anche i due artisti avrebbero avuto l’opportunità di conoscersi o meno.
Blaine era fiducioso. Blaine era così fiducioso che andò a pranzo, nonostante avesse poco meno di una mezz’ora, perché aveva voglia di vedere gente e stare in mezzo alle persone e… beh, aveva voglia di restare a guardare, da lontano, una coppia che si scambiava qualche carineria.
Per una volta, l’avrebbe fatto con il sorriso sulle labbra.

«Kurt. Kurt devi assolutamente venire a vedere la Tela.» la voce di Rachel lo fece voltare in maniera impaziente. Non avevano avuto lezione insieme, quel giorno, e Kurt aveva appena ritirato le sue cose nella borsa, pronto per tornare a casa. Erano ormai le cinque del pomeriggio e stava anche morendo di sonno, cosa veramente poco opportuna, visto che quella sera aveva il turno alla tavola calda. Tutto quello che desiderava, in quel momento, però, era un bel caffè, una coperta, il suo divano e la nuova puntata del Jersey Shore.
«Perché? L’ho vista stamattina, non c’è niente…» rispose Kurt, lievemente demoralizzato. Sperava che ormai l’Anonimo avesse trovato il modo o la voglia di rispondergli, ma ancora non aveva visto nulla.
«Beh, adesso c’è!» esclamò Rachel, quasi saltellando sul posto per l’emozione. «E non immaginerai mai…!»
«Cosa?» domandò Kurt, posandosi in fretta la borsa sulla spalla e seguendola fuori dalla porta. Lei alzò le mani, scuotendo il capo e rifiutando di rispondergli. Lo condusse velocemente davanti alla Tela, quindi si voltò, una volta accortasi che lui era ancora in fondo al corridoio.
«Coraggio!» esclamò, facendogli cenno di avvicinarsi, ma rimanendo vicina alla parete opposta a quella dove lui sapeva esserci il disegno.
Kurt prese un profondo respiro, mentre il cuore, inspiegabilmente, iniziava a martellargli nel petto. Insomma, era solo un disegno sul muro di una persona che nemmeno conosceva!
A discapito delle sue intenzioni di restare calmo, Kurt tornò a camminare, avanzando a grandi passi veloci. Si fermò davanti a Rachel, senza voltarsi, quindi chiuse gli occhi e ruotò di novanta gradi a sinistra. Ora aveva la Tela di fronte, anche se gli occhi erano ancora chiusi.
Un altro respiro profondo.
Un terzo.
Aprì gli occhi.



«Non può essere…» sussurrò, senza riuscire a spostare lo sguardo da quel disegno. Le iridi saettarono al suo punto di domanda, che era quasi stato corretto, fino a formare, insieme al tratto spesso e verde, un cuore.
«Non può essere.» ripeté, senza riuscire a trovare altro da dire, allontanandosi lievemente dalla Tela.
«Lo è.» disse semplicemente Rachel, raggiungendolo e posandogli le mani sui bicipiti, sporgendosi alla sua destra per fissare il disegno, con un enorme sorriso. «E non è una coincidenza, prima che tu lo dica. Ne ho le prove.»
Kurt non la guardò, né le chiese che prove avesse. Sentiva che voleva scappare, sentiva che voleva andare a rinchiudersi in camera sua, sentiva che voleva piangere, di confusione o di gioia, sentiva che voleva disperatamente andare nel palazzo di fronte al suo, suonare al campanello di Blaine ed abbracciarlo.
Perché quello ritratto sul muro non poteva essere altri che Blaine. Non c’erano possibilità che fosse qualcun altro. Nessuno portava i capelli acconciati in quel modo, non che lui sapesse, e nessun altro indossava i cravattini. Di questo era più che sicuro, visto che non ne aveva mai visti in giro.
Ma se era davvero Blaine, come aveva fatto a non incrociarlo mai, per i corridoi?
“Orari diversi, lezioni diverse. Lui è un anno più piccolo di me” si rispose da solo, scacciando poi via il pensiero scuotendo la testa.
«Devo andare a casa… devo…» borbottò, senza riuscire a staccare gli occhi dal disegno, ma costringendosi a farlo.
Rachel lo fissò incredula e confusa.
«Kurt… è lui! Questo è destino, non credi?» domandò Rachel, seguendolo come un’ombra.
«Il destino… il destino si diverte un po’ troppo con me, ultimamente.» disse il ragazzo, respirando in maniera pesante. Gli girava la testa, si sentiva come se fosse stato lì lì per spiccare il volo.
«Non… non sei felice?» domandò Rachel, con gli occhi inumiditi. Quella ragazza riusciva davvero a piangere ogni volta che voleva, eh?
Kurt prese un profondo respiro, l’ennesimo della giornata, e chiuse gli occhi, prima di voltarsi verso di lei.
Sorrideva. Sorrideva davvero, ed era un sorriso talmente luminoso da costringere Rachel a sorridere a sua volta.

«Devi chiedergli di uscire! E devi a me delle scuse.» aggiunse Santana, puntando il dito su di lui, quella sera, durante il loro turno alla tavola calda.
«Hai ragione, mi dispiace per non averti dato fiducia. Ma come vedi, ci siamo trovati anche senza il tuo aiuto…» aggiunse lui, dopo aver portato le iridi al soffitto ed aver riempito un vassoio di piatti di patatine.
«Tecnicamente, non vi siete ancora trovati, perché tu non hai abbastanza palle da andare lì e dirgli “Ehi, ciao, hai presente quell’idiota con il glucosio al posto del sangue, che ti disegna sul muro? Sono io! Possiamo baciarci, adesso?”» ribatté Santana, seguendolo con le bibite per i numerosi clienti di quel tavolo.
«L’ho scoperto solo oggi, Santana, dammi tregua! Non è facile! E non avrei avuto comunque il tempo…» aggiunse il ragazzo, servendo ai clienti le loro ordinazioni. Appoggiò il vassoio al fianco e tornò al bancone, seguito, alcuni istanti dopo, da Santana.
«Okay, va bene, per questa sera sei giustificato. Ma domani vai da lui e gli chiedi di uscire. Oppure, ancora meglio! Ti do il suo numero e gli chiedi di uscire!» disse di nuovo lei, puntandogli l’indice sul petto, picchiettandolo di tanto in tanto.
Kurt fissò il dito della ragazza, con un sopracciglio sollevato, quindi cautamente lo spostò e le passò di fianco, diretto alla finestra comunicante con la cucina. Era in attesa di un altro ordine, quindi si mise, semplicemente, lì ad aspettare.
«Te lo ripeto, Santana, non è facile. Devo trovare il momento giusto, le parole giuste… il coraggio.» disse piano, con sguardo quasi perso, le dita che tamburellavano sulla superficie di marmo.
«Sii uomo!» esclamò lei, dandogli un colpetto sulla spalla, per poi voltarsi verso Dani, appena uscita dalla porta dietro alla quale c’era lo spogliatoio del personale.
«Chi è un uomo?» domandò la ragazza, guardando prima Santana e poi Kurt.
«Non lui, visto che ha trovato l’amore della sua vita e non vuole chiedergli di uscire!» rispose Santana, passando un braccio attorno alla vita di Dani, che lo squadrò interrogativa.
«L’ho scoperto solo oggi e… non è l’amore della mia vita! È solo un ragazzo che… mi piace… che mi fa stare bene e che ho scoperto solo oggi essere Blaine.» rispose lui, afferrando i due piatti con gli hamburger che aveva ordinato e cercando di allontanarsi verso il tavolo cui erano destinati.
«Okay, credo di essere confusa…» borbottò Dani, fissando la sua ragazza dal basso.
Santana si limitò a portarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio, quindi le baciò una tempia.
«È una lunga storia…» rispose, con un mezzo sorriso, le iridi fisse sul suo amico.

Il giorno dopo, su quel muro, non c’era nulla di nuovo.
Blaine se l’era aspettato, ma si era anche aspettato di trovare… qualcosa? Un nome, un numero, una frase.
Forse l’Anonimo non l’aveva ancora visto.
Blaine se lo ripeté per un altro giorno ed un giorno ancora, finché non divenne semplicemente chiaro che l’Anonimo aveva sì visto quel disegno, ma aveva deciso di non rispondere o non l’aveva fatto per qualche motivo.
Non c’erano, effettivamente, altre cose che potessero essere disegnate, quindi Blaine non sapeva davvero che cosa aspettarsi. Quello che era certo era che si aspettava… qualcosa. Qualsiasi cosa. Assolutamente, non silenzio di tomba.

«Sono passati due giorni, Kurt. Devi dirglielo.» disse Santana, insistentemente, scostando la tenda della sua camera.
Kurt era in piedi, aveva un copione in mano e stava passeggiando avanti ed indietro, leggendo.
«Dopo, Santana, sto ripetendo il monologo di Recitazione…» mormorò il ragazzo, senza nemmeno degnarla di uno sguardo.
«Fanculo il monologo! Ogni scusa è buona per non scendere le scale di questo palazzo e salire quelle di fronte!» sospirò lei, lanciando le braccia in aria, demoralizzata.
Kurt sollevò lo sguardo, deglutendo, per poi fissarla. Aveva un’espressione strana, quasi fosse sul punto di vomitare.
«Santana, questo monologo…» cercò di dire, ma lei lo interruppe subito.
«Sai quel monologo a memoria, lo ripeti anche sotto la doccia e senza copione in mano!» ribatté lei, incrociando le braccia al petto.
«Stiamo parlando della mia istruzione!» esclamò lui, incrociando le braccia a sua volta.
«No, stiamo parlando della tua vita e di quella di un’altra persona!» disse lei, sporgendosi verso di lui.
«Non sai nemmeno se per lui quel muro ha la stessa importanza che ha per me!» esclamò Kurt, allargando le braccia ed arrendendosi. Tanto valeva parlarne, no?
«Non so… Oh, per favore, Hummel! Ha cominciato lui tutta quella cazzata dei disegni!» disse la ragazza con tono divertito, sarcasticamente.
«Non sono una cazzata!» disse lui in fretta, arrossendo. «Sono importanti, per me...»
«E allora dimostralo.» concluse Santana a denti stretti, in poco più che un sussurro, fissandolo negli occhi per qualche istante prima di chiudersi la tenda alle spalle e lasciare la sua stanza.
Kurt si sedette sul letto, le mani premute sugli occhi ed il copione abbandonato sul cuscino.
Come poteva andare da Blaine e dirgli che era lui, quello che gli aveva risposto sulla Tela, in quelle settimane? Era tremendamente imbarazzante… era troppo. Era troppo anche per lui.

Dopo una settimana, ancora, Blaine non aveva avuto alcuna notizia di quel ragazzo.
Si era ormai convinto di aver fatto la mossa sbagliata. Disegnare quello che aveva disegnato era stato troppo azzardato. No, non sé stesso, quello era legittimo… ma il cuore. Quel cuore aveva rovinato tutto.
Forse l’altra persona era solo alla ricerca di un amico, forse quell’Anonimo non era gay e lui aveva frainteso ogni segnale. Forse il suo era stato tutto un castello costruito sulle nuvole dalle quali si era sentito avvolto quella sera, sulla pista da ballo, con Kurt.
Kurt.
Aveva pensato a Kurt, in quei giorni, mentre attendeva che l’Anonimo si facesse vivo.
«Non puoi stare ad aspettare un segno che non sai nemmeno se arriverà.» gli disse Thad, posandogli davanti una tazza di cioccolata calda.
«Ma non posso nemmeno voltargli le spalle. E se fosse malato? E se non fosse ancora venuto a scuola e non avesse visto nulla?» rispose Blaine ad alta voce, prendendo la tazza tra le mani, mentre Thad si sedeva di fronte a lui con una tazza identica tra le proprie.
Blaine lo vide mordersi il labbro inferiore, quindi aprirsi in un sorriso.
«Blaine…» disse, posando la tazza ed allungando una mano, per afferrare la sua. «Certe volte, non possiamo semplicemente convincerci che qualcosa sia vero oppure no. Certe volte possiamo solo… cogliere le nostre occasioni e le opportunità che ci vengono offerte.»
Blaine aggrottò le sopracciglia, confuso. Come mai Thad gli stava dicendo quelle cose?
Thad si leccò le labbra e si mise più comodo sulla sedia. Non stava per dirgli che, in realtà, era innamorato di lui e non di Sebastian, vero?
«Non voglio risultare pressante, come invece è spesso Bas, perché lo conosci, quando lui crede che qualcosa sia giusto…» ridacchiò piano, il ragazzo, per poi sollevare lo sguardo verso Blaine. «Ma non ne parliamo ormai da una settimana, visto che eri troppo preoccupato per questo disegno. Perché semplicemente… non lasci perdere, per ora? Perché non ti… concentri su altro?»
Kurt. Thad stava parlando di Kurt, ma non voleva dire il suo nome.
«Kurt?» domandò quindi Blaine, sospirando.
Thad s’illuminò appena.
«Beh… beh, potrebbe essere un’idea. So che pensi a lui, ogni tanto. Non è meglio ricevere un rifiuto, che avere il rimpianto di non averci nemmeno provato?» domandò Thad, spalancando le palpebre, carico di aspettativa.
Blaine sospirò e prese un sorso di cioccolata, stringendo piano la mano di Thad. Si leccò via la bevanda dalle labbra, quindi aprì la bocca, per ribattere. In quel momento, la porta dell’appartamento si aprì ed entrambi si voltarono verso l’ingresso. Sebastian li fissò di rimando, mentre si levava il cappotto. I suoi occhi scivolarono sulle loro mani, intrecciate.
«Okay… c’è qualcosa che non mi avete detto? Thad ti ha messo incinta?» domandò il ragazzo, fissando Blaine, il quale sollevò le sopracciglia e cercò di trattenere uno scoppio di risa.
«Io e Blaine stavamo pensando che forse è ora che lui ci provi sul serio con il nostro adorabile vicino.» spiegò Thad, portando la tazza di cioccolata alle labbra e prendendone un lungo sorso. Quando l’allontanò, si premurò di pulirsi dei residui agli angoli della bocca, utilizzando la punta della lingua.
«Mi sembra un’ottimo argomento di conversazione. E a che conclusione siete giunti?» domandò lui, unendosi a loro, sul tavolo, e salutando Thad con un bacio.
«Gli stavo appunto dicendo quanto fosse più produttivo ricevere un rifiuto, piuttosto che avere il rimpianto di non averci provato affatto.» ripeté il latino, mentre Sebastian spostava lo sguardo su Blaine, improvvisamente molto interessato alla sua cioccolata.
«Ha senso.» confermò, facendo spallucce. «Non era qualcosa del genere che dicevi, l’altro giorno? Che volevi correre il rischio, con quel disegno. Superare… come l’avevi chiamata?»
«La linea rossa. Quella degli ospedali…» borbottò Blaine, azzardando il contatto visivo con lui.
Sebastian annuì, le labbra che si tendevano in un largo sorriso.
«Ecco. L’hai superata già una volta… perché non lo fai di nuovo?» domandò ancora, tentando di prendere la tazza di cioccolata di Thad.
Quello gli schiaffeggiò la mano e gli rivolse un’occhiata omicida.
«Fallo e ti taglio le palle.» disse, a voce bassa, sollevando le sopracciglia con espressione seria.
Blaine sorrise, tra sé e sé, nascondendosi dietro al bordo della propria tazza.

«Santana ti ha comprato dei fiori.» disse Rachel, senza nemmeno salutarlo, quando Kurt tornò a casa, quel giorno.
Era primo pomeriggio ed aveva avuto solo lezioni mattutine.
«E perché Santana mi avrebbe comprato dei fiori?» domandò Kurt, sollevando un sopracciglio e levandosi le scarpe.
«Perché dice che devi prenderli ed andare a portarli a Blaine. Dice che stamattina era giù di morale e che era una settimana che non lo vedeva.» rispose Rachel, afferrando il grande mazzo di rose rosse e gialle, che era posato sul tavolo.
Kurt le osservò, senza riuscire ad evitare di sorridere. Erano bellissime ed ora che Rachel gliele aveva fatte notare, riuscì a percepirne il profumo sparso praticamente dappertutto.
«Sono bellissime…» sussurrò Kurt, avvicinandosi a lei.
Prese il mazzo tra le mani e vi immerse quasi il volto, inspirando profondamente. Quei fiori emanavano un profumo incredibile.
«Era triste, ha detto?» domandò Kurt, senza spostare gli occhi dai fiori.
«Ha detto così.» rispose Rachel, nascondendo le mano dietro alla schiena, incrociando le dita.
«Ha detto perché?» sussurrò il ragazzo, senza muovere un muscolo, sollevando soltanto le iridi azzurre verso Rachel.
La ragazza si limitò ad annuire, ma non disse nulla.
Era sufficiente a fargli capire tutto ciò che gli serviva. Blaine si era confidato con Santana e lei non gliel’aveva detto, ma non la biasimava per questo. E se Blaine era triste, allora voleva dire che ci teneva. Ci teneva a lui, anche se in effetti era un po’ strano sapere che Blaine aveva scartato il vero sé stesso, in favore del sé stesso che si preoccupava di disegnare su un muro. Mise giù i fiori, quindi si diresse verso la propria camera.
«Dove vai?» chiese Rachel, improvvisamente allarmata.
«Non ci siamo mai visti davvero in faccia. Vado a rimettermi su gli stessi vestiti che avevo sabato sera.» disse lui, con voce risoluta.
Rachel trattenne un gridolino di gioia e si limitò a mandare un messaggio a Santana, mentre Kurt afferrava un vestito dopo l’altro e lo posava accuratamente sul letto, iniziando a cambiarsi mentre la sua mente lavorava già troppo.
Non stava pensando a cosa dirgli, stava solo valutando la situazione.
Poteva davvero considerarsi scartato, da Blaine, in virtù di un disegno su un muro? La risposta finale fu no.
Che cos’aveva visto di lui, Blaine, se non un ragazzo ubriaco che ballava lascivamente sulla pista da ballo di un bar? Nulla.
Che cos’aveva visto di quel ragazzo che gli aveva risposto sulla parete, invece? Tutto. Il ragazzo che aveva risposto a Blaine era il vero sé stesso, quello che era stato capace di rendere Blaine felice o triste senza nemmeno conoscerlo. Quello che l’aveva fatto innamorare (lo stomaco di Kurt fece una capriola, al pensiero, e le sue orecchie si fecero rosse) soltanto offrendogli il disegno di un mazzo di fiori. Quel cuore, che andava a completare la sua muta richiesta, era stato più che esplicito. Blaine si era affezionato a lui, al vero lui. Non gli interessava semplicemente qualcuno con cui flirtare o ballare un po’, gli interessava qualcuno in grado di trovare romantico uno scambio di emozioni. Questo, Kurt non poteva ignorarlo.
Si calcò il cappello sulla nuca, infilò gli stivali, quindi uscì dalla camera ed aprì le braccia.
«Come sto?» domandò a Rachel, sorridendo.
«Come sempre.» rispose lei, facendo spallucce e porgendogli i fiori.
Lui si finse indignato per la poca mancanza d’entusiasmo della ragazza, quindi afferrò il mazzo di rose e si diresse alla porta.
Non le chiese di augurargli buona fortuna, si limitò soltanto a fissarla intensamente per qualche istante, prima di voltarsi verso l’entrata.
«Io vado a sbirciare dalla tua camera!» annunciò Rachel allegramente, facendolo sorridere mentre si chiudeva la porta alle spalle ed ascoltava i suoi passi affrettarsi verso la finestra.
Iniziò a scendere quasi di corsa, senza dare peso al rumore metallico che lo informava che il portone del suo palazzo si era appena chiuso dietro a qualcuno.
Qualcuno che stava salendo le scale.

«Santana?»
La ragazza si girò, e Blaine ne ebbe la conferma: era lei.
«Che ci fai qui a quest’ora?» chiese, posando le mani sul bancone e sporgendosi verso di lei, sollevando le sopracciglia.
Quella che era evidentemente Santana, incrociò le braccia e si appoggiò al bancone dello Starbucks all’angolo, sorridendo misteriosamente.
«Ho pensato di fare un cambio di turno con un mio collega, per dormire un po’ di più in questo weekend. Lunedì comincio i corsi serali alla NYADA e voglio essere ben riposata.» rispose lei, senza riuscire a trattenere l’entusiasmo.
Blaine sorrise nella sua direzione, un sorriso che, però, non si estese agli occhi.
Si erano già visti quella mattina e lui aveva passato una buona quarantina di minuti a parlare con lei, a raccontarle i dubbi di quella settimana e di quanto si sentisse confuso. Le aveva raccontato che l’Anonimo non aveva risposto al suo disegno in nessun modo, ma lei non sembrava essere rimasta molto colpita dalle sue parole. Forse lo riteneva a sua volta un idiota, esattamente come Thad e Sebastian.
Era ormai pomeriggio, e lui aveva deciso di fermarsi a prendere un altro caffè, prima di tornare a casa. Di certo, non si aspettava di trovarla ancora lì.
«Ma… è fantastico!» esclamò comunque lui, allungando una mano per posarla sul braccio di lei, stringendo piano in segno di approvazione. «Sono molto felice per te!»
Santana chiuse gli occhi ed annuì, inclinando un po’ il capo e squadrandolo appena.
«Sei felice per me, ma a quanto pare ancora infelice per te stesso.» disse lei, sapientemente, puntandogli l’indice della mano destra sul naso e spingendo piano.
Lui arretrò appena con il volto, azzardando una mezza risata.
«Beh… nemmeno oggi Lui ha fatto niente. Non c’è una parola, non c’è un disegno, non c’è… nulla. Thad dice che…» azzardò, bloccandosi e lanciando una timida occhiata alla ragazza. «Ora, non ti arrabbiare o non dare di matto, ma… Thad e Sebastian pensano che dovrei chiedere a Kurt di uscire…»
Santana si raddrizzò, tenendo le braccia incrociate al petto.
«E perché dovrei arrabbiarmi?» domandò lei, sollevando anche un sopracciglio.
«Non lo so…» disse lui, facendo spallucce ed allungando alcune banconote sul bancone, per pagare il caffè che era entrato a prendere.
Lei afferrò i soldi, battendo lo scontrino, quindi gli riempì il solito bicchiere da asporto.
«Non vedo perché dovrei arrabbiarmi. Se ti piace Kurt, dovresti definitivamente chiedergli di uscire.» rispose lei, porgendogli, poi, la sua ordinazione.
Lui, come al solito, si preoccupò di dolcificare la bevanda, prima di portarla alla bocca.
«Lo so, è che ci siamo visti solo una volta ed avevamo entrambi bevuto… magari non si ricorda nemmeno di quello di cui abbiamo parlato. È imbarazzante, no?» chiese lui, arricciando il naso, mentre lei scuoteva il capo e gli agitava una mano davanti, come a voler scacciare un’invisibile mosca.
«Ma ti prego! Le persone si conoscono, in questo modo. Si piacciono una sera, escono insieme un paio di volte… poi se la cosa funziona, funziona. Se invece non si piacciono… beh, pazienza. Io? Penso che voi due vi piacerete. Credo che potreste parlare di molte cose, insieme.» disse lei, semplicemente.
Blaine sospirò lievemente e prese un sorso di caffè.
«Ma il ragazzo del muro…»
«Il ragazzo del muro non l’hai nemmeno visto in faccia. Potrebbe piacerti anche lui, comunque, ma mentre aspetti che lui si decida a farsi avanti, perché non fai tu una prima mossa?» chiese lei.
Blaine sollevò lo sguardo, osservandola con circospezione. C’era qualcosa, in quello che lei aveva appena, che non gli tornava. Non capiva cosa fosse, ma aveva fatto fare una capriola al cuore nel suo petto.
Fissò la propria mano stringere il bicchiere del caffè, quindi osservò di nuovo Santana.
«Credi che dovrei…?»
«Credo che dovresti. Ed in fretta. Smettila di aspettare, Blaine! Se vuoi qualcosa, vai e conquistatela.» disse lei, annuendo con convinzione. Sussultò appena, poi, e Blaine la vide estrarre il cellulare, scorrendo con gli occhi il testo di quello che era, apparentemente, un messaggio.
«A proposito di andare…» disse la ragazza, ritirando il cellulare in fretta. «Tu dovresti decisamente andare a casa, adesso. I tuoi coinquilini saranno preoccupati per il tuo ritardo, non credi? Vista tutta l’aria depressa che ti gira attorno, penseranno che ti sia buttato sulle rotaie della metropolitana o nell’East River.»
«L’East River non è nemmeno qui vici-…» protestò Blaine, subito interrotto da Santana.
«Blaine, ho dei clienti…» disse lei, senza mezzi termini, arcuando le sopracciglia con espressione dispiaciuta. Lui si girò, notando che c’era una signora che aspettava dietro di lui.
«Oh, mi scusi… Sì, hai ragione. Meglio tornare. Alla prossima, Santana!» disse lui, allontanandosi subito dopo.
Santana avrebbe potuto servire la signora e poi tornare a parlare con lui, ma aveva bisogno che Blaine tornasse a casa. Non poteva rischiare che l’improvvisa illuminazione di Kurt andasse sprecata, e, da quando Berry le aveva appena detto, Kurt non ci avrebbe messo più di un quarto d’ora a vestirsi. Blaine aveva il tempo sufficiente, per lo meno, di arrivare al portone del suo palazzo.
«Quel ragazzo è così ottuso…» borbottò Santana, con una mezza risata. Come aveva fatto, in una settimana, a non accorgersi che in quel disegno era ritratto esattamente Kurt? Era lampante!
«Come, scusi?» chiese la signora, sollevando le sopracciglia.
«Ehm… come posso aiutarla?»

Blaine camminava a passo non troppo affrettato, sorseggiando il caffè quasi timidamente, ormai vicino a casa. Aveva pensato alle parole di Santana, lungo il tragitto, ed a quelle di Thad e di Sebastian. Avevano ragione. Avevano tutti ragione.
Avrebbe dovuto cogliere l’attimo, superare anche quella linea, avrebbe dovuto fare la prima mossa.
Infilò le chiavi nel cancelletto d’entrata e quello si aprì. Automaticamente, lui svoltò a sinistra, prima di fermarsi.
Se pensava che loro avessero ragione, perché non farlo? Okay, non era nelle sue condizioni migliori, ma Kurt l’aveva visto con il cravattino slacciato (gliel’aveva slacciato lui, per l’amor di Dio!), la camicia mezza sbottonata ed anche brillo. Kurt aveva già visto quasi il peggio di lui, non c’era niente che non andava, nel suo aspetto attuale.
Prese un altro sorso di caffè, quindi, con il cuore in gola, fece dietrofront e si diresse al portone dietro al quale, ogni volta, Santana spariva quando tornavano a casa insieme. Dietro al quale era sparito Kurt quella sera.
Gli si fermò davanti ed allora capì che c’era una falla nel suo piano.
Non aveva le chiavi anche per quello.
Mentre cercava di capire come fare ad entrare, sentì il portone scattare. Si guardò attorno, per vedere se, per caso, c’era qualcuno ai citofoni che aveva bisogno di entrare o se qualcuno, invece, doveva uscire.
«Sali!»
Blaine sollevò la testa, quindi la vide.
Era Rachel, sporta dalla finestra di quello che sembrava l’appartamento di fronte alla camera di Sebastian. L’appartamento di fronte alla…
Spalancò gli occhi, arrossendo e scuotendo la testa. No, avrebbe approfondito anche quell’argomento, perché non c’era alcuna possibilità, nessuna remota possibilità, che Kurt fosse lo Spogliarellista Fantasma.
Tornò a guardare verso l’alto ed annuì, agitando la mano libera in un cenno di saluto, quindi superò il portone. Quello si richiuse dietro di sé, con quel tipico rumore metallico, proprio mentre Blaine iniziava a salire le scale. Non riusciva a badare al fatto che qualcun altro le stesse scendendo, poteva sentire il suo stesso cuore rimbombargli nel petto ed il suono delle pulsazioni lo assordava, anche se quei passi coprivano il silenzio rimbombante che avrebbe invece avvolto la rampa se lui fosse stato solo.
Che cosa gli avrebbe detto? Come gli avrebbe chiesto di uscire? Perché aveva ancora in mano quel bicchiere di caffè?
Si fermò quando si accorse, inconsciamente, che c’era troppo silenzio. I passi di quella persona sconosciuta non rimbombavano più nelle scale, assieme ai suoi.
Sollevò lo sguardo, spostandolo dai propri piedi, per posarlo sulla figura che se ne stava ad un paio di gradini di distanza, davanti a lui.
Era Kurt.
Indossava gli stessi abiti che aveva addosso quando si erano conosciuti, anche se mai avrebbe giurato di poterseli ricordare, visto lo stato in cui era tornato a casa. In qualche modo, però, anche senza spostare gli occhi dal suo volto, lui sapeva che pantaloni avesse e che tipo di scarpe calzasse ai piedi. Anzi, stivali.
Sollevò le sopracciglia e separò le labbra, intenzionato a parlare, ma non riuscì a pronunciare neanche una parola. Improvvisamente, la sua mente era vuota, distratta, piena di cotone ed incapace di formulare qualsiasi pensiero tranne uno: quella scena gli era familiare.
Lo sguardo gli cadde sui fiori, prima, sul suo volto, di nuovo, poi.
Il cuore perse un battito, mentre realizzava l’ovvio. La figura davanti a lui, l’aveva già vista. Non solo in un bar, dopo aver bevuto un paio di drink, ma anche tutta quella settimana, sull’intonaco bianco della NYADA. Portò lo sguardo al suo bicchiere di caffè, e poté udire un lieve sussulto provenire dall’altro ragazzo.
Forse anche lui aveva capito? Forse lo sapeva già, ed era per questo che aveva in mano quei fiori. Stava venendo da lui?
Salì un gradino e deglutì.
«Kurt…» mormorò, senza riuscire ad impedire ad un sorriso di illuminargli il volto. Poteva vederlo, adesso. Poteva vederlo davvero. Niente disegni, niente maschere.
Kurt gli sorrise di rimando, e Blaine poté giurare di vederlo arrossire. I suoi occhi si intenerirono in un’espressione dolce ed un po’ commossa, quasi fosse contento di vedere Blaine, quasi fosse sollevato nel notare che l’aveva riconosciuto; non come Kurt, il ragazzo del bar, ma come Kurt, il ragazzo del muro.
Forse Kurt sapeva e stava aspettando solo che anche Blaine lo capisse.
«Eccoti qua…» azzardò Blaine, ridacchiando lievemente, senza riuscire a spostare gli occhi da quelli dell’altro. «Ti stavo cercando…»




Da Santana a Rachel
(15:43)
Nana, fammi sapere, sto fremendo, qui!

Da Rachel a Santana
(15:44)
Aspetta.

Da Santana a Rachel
(15:44)
Aspetta cosa?
(15:46)
Berry?
(15:49)
RACHEL BERRY!

Da Rachel a Santana
(15:50)
SANTANA LOPEZ. Se continui a distrarmi, non riesco a sentire che cosa si stanno dicendo!

Da Santana a Rachel
(15:52)
Stanno PARLANDO? Ormai sarebbero già dovuti essere impegnati a scambiarsi gli anticorpi! Stammi a sentire, Nana con le manie di grandezza, sono appena andata in pausa ed ho al massimo dieci minuti. Adesso tu mi fai un resoconto dettagliato di quello che è successo, perché ho già aspettato più di due mesi che Lady Hummel si decidesse a farsi avanti e non ho intenzione di aspettare un solo minuto di più. Dimmi che cos’hanno fatto, che cosa stanno facendo e cos’hanno intenzione di fare nei prossimi -spero- quaranta minuti. Non accetterò un monosillabo come risposta.

Da Rachel a Santana
(16:02)
Grazie, Santana, mi hanno beccata a spiarli perché il cellulare continuava a vibrare e Kurt mi ha costretta ad uscire di casa. Adesso mi perderò il loro primo bacio. Dovevi PER FORZA scrivermi, vero? Blaine era a tanto così dalla sua faccia!

Da Santana a Rachel
(16:03)
LO SAPEVO, io sono bloccata qui e quelli scopano sul divano di casa mia! Adesso vieni qui e mi racconti tutto dettagliatamente, Berry!

Da Rachel a Santana
(16:04)
Primo: è casa NOSTRA. Secondo: non ci stanno “dando dentro” sul divano, si stavano solo per baciare. Terzo: non verrò lì, lo sai che sto cercando di smettere di bere caffè, i denti ingialliti non piacciono sul palcoscenico.

Da Santana a Rachel
(16:05)
I tuoi denti non piacciono a prescindere, Berry.


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Eeeee… è finita. Lo so. LO SO. Volevate il bacio. Sono una persona orribile, giusto? Non è colpa mia, mi hanno fatta così! Ma non disperate, scriverò altre OS o ff dedicate a questa serie, perché ci sono molte cose che vi vorrei raccontare su questi personaggi e che in questo contesto non sarebbero c’entrate nulla. Tenete d’occhio la mia pagina di Facebook per restare sempre informati!
Spero, comunque, che vi sia piaciuto fare questo viaggio con me!
Come al solito, vi invito a lasciarmi una recensione, se volete, e se invece preferite insultarmi per le mie ff precedenti o fare due chiacchiere, vi lascio il link della mia Pagina d'Autore su fb (Cliccate pure qui)!
Se volete contattarmi potete farlo anche su Ask (Andy TheShippinator)

Un bacio, Andy <3
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AGGIORNAMENTO

Per tutti coloro che aspettavano con ansia il bacio tra Kurt e Blaine, che non è avvenuto nel finale di questa ff, avviso che ho scritto la OS in merito.

Potete trovarla qui: Have you ever invited a stranger to come inside?

Un bacio, Andy <3
  
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