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Autore: Mania    28/04/2014    5 recensioni
{ Outlaw Queen ● Prevalentemente Regina!Centric ● Lievi riferimenti seconda metà della terza stagione }
« I rami si intrecciavano in una serie di percorsi nodosi, grotteschi, a incastrarsi li uni negli altri, separando il terreno nudo dal cielo rischiarato dalla luce delle sporadiche stelle – lucciole troppo piccole, smarrite, per poter rendere meno lugubre la notte nella foresta.
A piedi nudi, Regina sentiva la terra secca a contatto con la propria pelle. Prestava somma attenzione mentre procedeva, cercando di non inciampare nelle radici a ergersi al di sopra della superficie del terreno, rivelandosi stropicciate in curve come lo erano i tronchi neri. Nel buio delle ombre, sentiva riecheggiare ululati lontani sommarsi ai versi delle civette uscite per la caccia, in un concerto di versi di animali notturni poco rassicuranti – anime delle tenebre tormentate quanto quella della donna a perdersi tra sentieri non tracciati.
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Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Regina Mills, Robin Hood
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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PROLOGO

C A P I T O L O   U N I C O ▬
Sfumature, la vita è fatta di sfumature




I rami si intrecciavano in una serie di percorsi nodosi, grotteschi, a incastrarsi li uni negli altri, separando il terreno nudo dal cielo rischiarato dalla luce delle sporadiche stelle – lucciole troppo piccole, smarrite, per poter rendere meno lugubre la notte nella foresta.
A piedi nudi, Regina sentiva la terra secca a contatto con la propria pelle. Prestava somma attenzione mentre procedeva, cercando di non inciampare nelle radici a ergersi al di sopra della superficie del terreno, rivelandosi stropicciate in curve come lo erano i tronchi neri. Nel buio delle ombre, sentiva riecheggiare ululati lontani sommarsi ai versi delle civette uscite per la caccia, in un concerto di versi di animali notturni poco rassicuranti – anime delle tenebre tormentate quanto quella della donna a perdersi tra sentieri non tracciati.
Era finita in quel labirinto naturale senza sapere come o quanto, vestita unicamente della sua veste da sera e i capelli sciolti a scivolarle lungo la schiena in movimenti frastagliati, definiti malamente, ansiosi anche loro di trovare una fine a una strada non tracciata. Camminava, ma le pareva tutto completamente identico, senza alcun punto di riferimento da poter prendere per scegliere una direzione, nessun appiglio al quale potersi aggrappare per uscire da quell’incubo nel quale era precipitata.
Il freddo della notte si insinuava sotto il cotone leggero, provocandole scie di brividi a percorrerle il corpo per ricordarle di essere smarrita senza niente se non se stessa – ma era ciò che Regina si era fatta bastare per tutta la vita, il suo cuore nero e la propria magia resa oscura da dolori di cui non aveva voluto dimenticare le cicatrici lasciatele nell’anima. Non temeva quel luogo e non avrebbe ceduto al desiderio di portarsi le mani sulle braccia alla ricerca di calore, al contrario, avrebbe mantenuto la propria aria regale macchiata di spocchia mentre procedeva.
Sentiva di avere occhi a seguire ogni suo passo, per tale ragione non lasciò trapelare che fastidio e irritazione – tenne per sé il timore di non capire in quale artifizio fosse incappata, quale maleficio le avessero lanciato contro e chi ne fosse l’artefice.
Lo scorrere del tempo era sabbia nella clessidra, scivolava via morbidamente con l’implacabilità delicata dell’inevitabile – non mostrava veemenza, quasi voleva consolare per l’immutabilità di cui era fatto. Regina avrebbe potuto dire di essere lì da cinque minuti come da cinque ore, impossibilitata anche dall’assenza di costellazioni conosciute a stabilire l’ora della notte nella quale si trovasse.
All’inizio cominciarono come brezze di vento a passare tra i rami scheletrici, lasciando dietro di sé la parvenza di chiacchiericci indistinti – artificiali. Poi, i sussurri nelle pieghe delle tenebre, oltre i tronchi di alberi spogli ormai morti, presero a mormorare parole indistinte, da prima solo indecifrabili lamenti a soffocare sotto i richiami degli animali a popolare segretamente la foresta, per farsi più insistenti.
Ne andò alla ricerca come se si trattasse di funghi da scovare tra le radici, con l’attenzione alterigia di grande regina che era sempre stata, prestando cura a come poggiare i propri piedi nonostante l’incremento di rapidità e quando inciampò, riuscì a mantenersi in equilibrio compiendo affollati piccoli passi per rimettersi con la schiena dritta. Con una mano appoggiata al tronco ruvido, il respiro formato da grezze inspirazioni e angoscianti espirazioni, i capelli dalle punte d’inchiostro a ricaderle scompostamente sulle guance prosciugate dal sangue per il gelo della notte, si trovò davanti a sé argentee figure trasparenti a volteggiare nell’intreccio deforme dei rami.
Fantasmi, evanescenti siluette i cui lineamenti rimasero indistinti nei primi attimini nei quali i suoi occhi si riempirono dei loro volteggi. Danzavano sospinti dal vento, avvolti da attanaglianti strascichi di parole conditi da versi strozzati a rimarcare un dolore ancestrale, distrutto e incatenato per sempre al tempo della vita – rimpianti e recriminazioni. Fu quando mise a fioco i loro volti che anche le parole presero la nitidezza di cui avevano mancato fino a quel momento e anche Regina si ritrovò a smarrire parte del suo controllo.
«Perché, Regina? Perché ci hai fatto questo?»
I lineamenti di chi aveva lasciato dietro di sé, calpestato pur di poter trovare un briciolo di soddisfazione dell’infliggere la propria stessa sofferenza al prossimo, e anche di chi aveva amato senza rendersi conto di quanto un tale sentimento non potesse implicare la possessione, la costrizione o la prigionia. Con il vuoto d’aria a bloccarle la trachea, osservò la nenia di quesiti piovere su di lei per bocca prima di Henry, seguito dal vorticare dell’evanescente volto del defunto padre, che lasciò presto il posto a quello di Robin e a quelli della famiglia Charming al completo – una famiglia che sarebbe potuta essere anche la propria se solo fosse stata in grado di combattere il dolore, invece di incendiarlo con il rancore.
Scivolavano via levitando tutt’attorno a lei, in cerchi per stiparla al centro del mulinello invisibile creato dai loro stessi movimenti circolari, per intrappolarla al centro dei getti delle loro domande senza risposta, infiammando a ogni giro il tono con cui erano poste, per farle pesare su di lei come bracieri incandescenti riversati a quintali – per ferirla, marchiarla, imprimerle la medesima condanna che Regina stessa aveva voluto per loro e anche per sé.
Cercò di scacciarli, digrignando i denti ed evocando la propria magia che ebbe l’unico effetto di passare attraverso gli argentati contorni incorporei, aumentando la rapidità con il quale si chiudevano sopra di lei, quasi a volerla soffocare sotto l’addensarsi dei perché rappresi in lamenti e condanne. Correre, attraversarli e avvertire il fiato gelido della morte, risultava unicamente un accelerante alla giostra grottesca sulla quale era salita, ritrovandosi ad alzare il capo verso un cielo, ora coperchiato da tutti i volti di coloro ai quali aveva strappato gioie e distrutto promesse. Finì per arrendersi all’evidenza di non poter sfuggire a quel tribunale infernale, collocato chissà dove e allestito forse proprio da se stessa – dalle sue scelte –, attestandosi al centro di una radura come tante ne aveva incontrate nella foresta dagli alberi neri, per annegare sotto i propri fantasmi e i quesiti che era stato il proprio cuore per primo a formulare.
L’aria mancò, estirpata dalla pressa delle occasioni perdute concretizzate su tutti coloro che aveva respinto, le ginocchia cedettero per andare a sprofondare nel terreno secco e quando chiuse gli occhi per provare almeno in quel modo a non dover sopportare l’incombenza dei propri errori, anche lì li ritrovò. E le loro urla divennero le proprie, si fusero e amalgamarono in una sostanza identica, perpetua che perseverò a riecheggiare tra le pareti del nulla di tenebre omogenee in cui improvvisamente si era ritrovata a precipitare.
Di colpo, si risvegliò nel proprio letto.
Forse aveva gridato davvero, oppure era solo ciò che rimaneva dei rimasugli dell’incubo insieme al calore dell’agitazione ad appiccicarle i capelli al volto e la gola arsa dalla voglia di ossigeno quanto di acqua. Si era tirata su tanto rapidamente dal materasso, scollando la schiena dalla superficie morbida dello stesso, da non essersi resa conto di aver compiuto gesti abbastanza bruschi da ridestare anche l’uomo al proprio fianco.
Robin Hood, nonostante la sorpresa alla quale aveva risposto quasi come a un richiamo di battaglia, cercando con lo sguardo un’arma nei dintorni, ritrovò le fila della realtà più rapidamente del tempo che occorse a Regina per sbarazzarsi dell’angoscia del sogno. Ne osservò il profilo prima di azzardarsi a proferire una sola sillaba, notando anche nell’ombra la piega delle sopracciglia infossarsi in una preoccupazione che si scioglieva lentamente, dissolvendosi nel respiro affannato.
«Mia signora, vi sentite bene?», furono, prima del suono delle parole di Robin, le mani dell’uomo stesso a trovarla nelle pieghe delle lenzuola e della notte, per ridonarle la consapevolezza di dove fosse, scivolando sulla pelle resa lucida di sudore per ridonarle tepore.
«Solo…», si bloccarono nella gola le prime sillabe, provando vanamente a spingerle forzosamente, compresse della brutalità del respiro irregolare, alla ricerca disperata di ossigeno per riprendere le linee logiche dei propri pensieri e ripercorrere in pochi attimi lo sgomento del proprio incubo – personificazione dei propri rimpianti e paura di averne di altri a sommarsi ai vecchi. «Solo un brutto sogno, ma niente streghe verdi di cui preoccuparsi», asserì infine sdrammatizzando da sola quel brutale risveglio.
«E spero anche niente scimmie voltanti, ne ho viste a sufficienza per una vita intera» assecondò l’ironia della compagna come dei suoi movimenti, seguendola nel ritornare ad abbassarsi sul materasso stringendola tra le braccia, provando a sciogliere i brividi che ancora persistevano condensati sulla sua pelle con le carezze delle proprie dita. Con le labbra a perdersi tra le ciocche d’ossidiana di lei, depositò corone di soffici baci nell’accompagnarla nel ritrovare serenità sotto la coltre di lenzuola, fino a quando non avvertì il diaframma di Regina tornare ad abbassarsi e rialzarsi con naturalezza placida. «Comunque, desiderate parlarne?», glielo domandò sussurrandolo appena all’orecchio, scostandole i capelli indietro.
«Non occorre, non vi è nulla che mi possa preoccupare di quell’incubo» rispose chiudendo gli occhi, spazzando via dalla propria mente le ceneri dei fantasmi che erano venuti a tormentarla, ricordandole quanto avesse dovuto distruggere di se stessa – e degli altri – prima di riuscire a costruire – prima di essere pronta a farlo.
«Allora, buonanotte. Di nuovo» le augurò Robin, con un pizzico di fasullo risentimento per essere stato svegliato di soprassalto anche lui, ma senza alcuna vera intenzione di rinfacciarglielo.
Non era come quando da piccola era gettata in orrendi mondi onirici, ora Regina non temeva più di riaddormentarsi e nemmeno di dover affrontare nuovamente i precedenti tormenti – avrebbe dato anche ai sogni la possibilità di una seconda opportunità, e magari di una terza ora che ne conosceva il valore. Cambiare, costruire nuovi orizzonti e non infossarsi nelle ombre rancorose di un passato ridotto in rovine, erano tutte cose di cui aveva imparato lentamente l’esistenza – anche per sé. La vita non era così semplice come facevano pensare le favore, non vi erano delineazioni sempre marcate tra tenebre e luce e non sempre le une erano il male e le seconde il bene. Si riduceva tutto alle sfumature, alla bellezza di saper cogliere caleidoscopi di frammenti diversi, per arrivare a scoprire cose nuove sotto altre ritenute scontate; come che un pecoraio era un principe, un pirata un eroe, una bestia un filatore, un ladro un padre e un uomo d’onore, e una regina cattiva nient’altro che una donna alla ricerca di un lieto fine smarrito - finalmente ritrovato, ricostruito e reso eterno non dall’assenza di sempre probabili nemesi all’orizzonte, ma dalla determinazione di superarle insieme.



M A N I A’ s  W O R D S
Finalmente ho scritto una Outlaw Queen, che mi implorava di essere scritta dall’inizio di questa seconda metà di terza stagione – che poi è più una Regina!Centric e comunque una shot dalle pochissime pretese.
Ora, avevo iniziato a scriverla prima di vedere la 3x19 e tipo avevo mille dubbi su quanto Regina fosse IC, perché Regina felicemente innamorata non sapevo come descriverla, immaginarla e renderla in modo IC, ma poi appunto ho visto la 3x19 e quindi ora ho meno dubbi rispetto a prima. [S P O I L E R] No, ma avete visto quanto sono belli lei e Robin? E alla fine quando c’è anche Henry? Sono una coppia stupenda, lei è stupenda, lui è stupendo. E ora voglio una scena con Henry e Roland, perché possiamo considerarli fratellastri, no? Sto divagando, me ne rendo conto. Ma questo episodio mi ha messo addosso un quantitativo di feels incredibili, ma non è codesta la sede per divagare. [ / S P O I L E R ]
Riprendendo le fila del discorso collegato alla shot, volevo solo specificare che il “insieme” finale non comprende solo Regina e Robin, ma la famiglia allargata in generale, ecco – una famiglia decisamente molto allargata. E anche che l’incubo forse non è una trovata in sé molto originale, ma in realtà mi piace molto come l’ho costruito e anche reso, quindi spero che anche voi possiate trovarlo ben descritto.
Ah, ho lasciato Robin chiamarla “mia signora” perché mi si scioglie il cuore quando lo fa, è un gentiluomo nonostante sia un ladro.
Ultima specificazione va anche al fatto che l’idea delle sfumature mi sia venuta prendendo spunto da quello che dice Regina a Snow nella 3x18, quando dopo aver scoperto il passato di Cora, Snow si chiede “Non eravamo noi i buoni?” e Regina risponde con qualcosa di simile a “Non è così semplice”.
Non sapevo se mettere l'avviso angst o meno, d'altronde la scena dei fantasmi è solo un sogno, quindi mi semnrava esagerato e ho evitato.
Come sempre ringrazio tantissimo chi ha letto, ancora di più chi deciderà di lasciarmi una piccola recensione per farmi contenta e saltellare allegramente di gioia.
Alla prossima,

Mania

  
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