Hola
a todos! Ho voluto cimentarmi in questa... cosa. Non ho idea
di cosa ne sia uscito, è la prima volta che scrivo una
raccolta, e per di più partendo dal titolo delle singole os.
Saranno in tutto undici (Alone, Rejected, Confused, Lost, Anxious,
Wrong, Unclean, Ungry, Ashamed, Curious, Used) e credo ne
pubblicherò una alla settimana, massimo due. Sarei felice di
avere una vostra opinione, un piccolo commentino... anche un semplice
"datti all'ippica" (?). Mi scuso in anticipo se c'è qualcosa di strano nell'impostazione del testo, ma purtroppo l'editor di efp non voleva proprio collaborare D:
Anyway, ora vi lascio alla lettura c: (anche perchè credo
che entro trenta secondi mi andrà a puttane la
connessione quindi mi devo sbrigareeeeee D:).
Ci si vede alle recensioni, pipppppollll (se mai ce ne
saranno).
-Longview
If
you
ever felt…
…Alone
Gli esami
all’università lo stavano uccidendo. Le sue
giornate erano scandite dalla
solita routine: la mattina si svegliava, puntualmente si scopriva in
ritardo e
correva in aula ad attendere che il docente pronunciasse il suo nome,
per
esaminarlo. Così da due settimane. E il tutto
era condito dalla sua proverbiale ansia, che non lo
abbandonava mai da
che ne avesse ricordo.
In mezzo
agli impegni continui, tra lavoro, studio e lezioni a ogni ora del
giorno,
difficilmente Gerard riusciva a ritagliarsi del tempo per se stesso o
per
distrarsi con i suoi pochi amici. Gli sarebbe piaciuto fare uno squillo
a suo
fratello, sentire come stava e come andavano le cose a scuola, e magari
invitarlo a prendere un caffè da lui uno di quei giorni. Ma
sapeva che entrambi
erano troppo occupati per permettersi di prendersi una pausa.
Non era
mai stato un ragazzo con molti amici lui, era una di quelle persone che
non
amano la compagnia di altri esseri umani. Ma in quei momenti non poteva
negare
di sentirsi solo. Non gli faceva effetto la solitudine in
sé, ma il fatto di
non avere nessuno con cui condividere quello che gli succedeva, con cui
parlare
dopo una dura giornata di lavoro, o con cui riempire il poco tempo
libero che
aveva senza dover ricorrere alle sue amiche/nemiche di vecchia data, le
inutili
bottiglie di birra e alcool che lo perseguitavano da anni.
Da ore era
chino sui libri, ripassando per l’ultimo esame che avrebbe
dato il giorno
seguente, conscio che, oltre a quello, aveva da terminare un importante
progetto, da consegnare al suo datore di lavoro entro il mattino dopo.
Erano le
cinque del pomeriggio, e Gerard ebbe l’improvvisa
realizzazione di essere nella
merda. Si strofinò a palmi aperti gli occhi, nel tentativo
di far sparire tutta
la stanchezza come per magia, e magari di far tornare indietro di
qualche ora
le lancette dell’orologio.
Voleva che
tutto andasse per il meglio, ma non era una cosa possibile.
Improvvisamente si
sentì pervadere da uno strano senso d’ansia, che
gli opprimeva il torace e non
lo lasciava respirare. Aveva un gran bisogno di vomitare, sentiva
distintamente
tutte quelle orribili sensazioni che, ne era abbastanza certo, lo
stavano
portando ad avere un attacco di panico, spingere
nell’esofago, o forse lungo la
trachea, e che si stavano preparando ad esplodergli nella cassa
toracica.
Prese
qualche respiro profondo; il suo pensiero costante in quel momento era
quello
di non perdere tempo, ma non sapeva come sarebbe riuscito ad uscire da
quella
situazione senza l’aiuto di qualcuno.
Calde e
pesanti lacrime presero a cadere dai suoi occhi oliva, piene di
angoscia e
stress. Avrebbe voluto smettere, nascondere i suoi sentimenti a una
presenza
immaginaria, forse a se stesso, o magari ricevere un abbraccio -si
sentiva
patetico, ma era quello che voleva-, qualche parola di conforto
sussurrata
nell’orecchio. Ma continuava ad essere solo, in
quell’appartamento. Avrebbe
tanto voluto che una certa persona fosse lì con
lui…
Il suono
del campanello della porta d’ingresso lo fece saltare in
piedi con uno scatto,
facendo ribaltare la sedia su cui era seduto. Vide le sue mani tremare,
ma
dovette farsi forza e asciugare le lacrime, riacquistando, almeno in
parvenza,
un po’ di calma. Si diresse verso la porta e, prima di
aprire, prese un ultimo
profondo respiro.
-Gee!-
tutto quello che Gerard riuscì a visualizzare fu il viso
sorridente di un
ragazzetto un po’ più piccolo di lui, che lo
guardava con due occhi tanto dolci
e pieni di gioia. Anche lui avrebbe voluto scoppiare dalla
felicità, perché era
troppo bello per essere vero vedere un volto tanto famigliare. Quello
del suo ragazzo.
-F-Frank…?-
non ci voleva davvero credere. Giusto pochi minuti prima stava pensando
a lui,
a quanto gli sarebbe piaciuto se fosse stato lì, a tirargli
su il morale,
a farlo stare
meglio. Gli mancava.
-Sono
venuto a trovarti… spero non ti dispiaccia- il sorriso che
il più piccolo gli
rivolse gli fece sciogliere il cuore. “Ovvio che
no”, avrebbe voluto
rispondergli. Ma l’unica cosa che gli uscì dalla
bocca fu un sospiro: tutto
quello che fece dopo fu gettargli le braccia al collo e stringerlo a
sé,
togliendogli quasi il fiato, e riprendendo a singhiozzare sulla sua
spalla.
Frank non
fece domande, lasciò che si sfogasse, confortandolo e
rassicurandolo come solo
lui sapeva fare. E Gerard non desiderava altro.