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Autore: Vals Fanwriter    29/04/2014    7 recensioni
Thadastian Appreciation Week 2014 (Prompt #2: Differenza d'età) | Romantico, Sentimentale, Angst, Triste | AU, Young!Sebastian/Adult!Thad, probabile OOC di Sebastian.
Dal testo: La frase diceva “È uno strano dolore, morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai”, e a Thad era chiaro solo adesso cosa volesse dire realmente: adesso che si ritrovava ad un passo da quella che un tempo avrebbe definito, senza esitazione, “felicità”; adesso che sedeva ad una tavola imbandita, stringendo la mano della persona che lo aveva fatto innamorare in maniera così inaspettata e bizzarra, che Thad si era ritrovato a perdere il conto del tempo che era passato; adesso che i sorrisi delle persone che gli stavano di fronte erano diventati così gentili e festanti, dinanzi alla lieta notizia.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Say something.
Iniziativa: Thadastian Appreciation Week 2014.
Prompt: Differenza d’età.
Pairing: Thadastian (Thad/Sebastian).
Parole: 3394 secondo Word.
Genere: Romantico, Sentimentale, Angst, Triste.
Avvertimenti: OS, AU, Young!Sebastian/Adult!Thad, probabile OOC di Sebastian.
Rating: Giallo (per le tematiche).
Note d’Autore/Premesse: Questa storia è un estratto di uno dei tanti roleplay miei e di Robs, quindi è come se, in qualche modo, stessimo partecipando insieme alla week. L’intera vicenda si sarebbe dovuta svolgere nell’arco di una long – ma io non ho mai avuto modo di scriverla per intero, nonostante lo avessi “promesso” alla mia metà – per questo motivo, lo scambio di sms tra i Thadastian, che avrei dovuto inserire per intero, è presente solo in parte; al suo posto ho inserito la scena iniziale, in modo tale da avere spazio per spiegare anche solo vagamente la situazione e darvi in linea generale il contesto (probabilmente vi farò leggere lo scambio di sms in una shot a sé stante, è veramente troppo esilarante per rimanere semplicemente nel mio/nostro pc). Nel testo, ho lasciato qualche asterisco che vi riporta alle note finali alla fine di questa pagina, che vi spiegano qualcosina in più. Inoltre – lo dico qui così iniziate a farvi un’idea – sappiate che in quest’universo Thad ha 27 anni, mentre Sebastian ne ha soltanto 16, quindi *in parte* la sua caratterizzazione pseudo-infantile è giustificata. Il titolo della shot, infine, l’ho scelto perché oggi sono andata in fissa con la canzone di A Great Big World ed era troppo azzeccata per non utilizzarla. Detto ciò, spero che la shot vi piaccia. Vi lascio dei fazzolettini random e… *sussurra* Innamoratevi del Thad 27enne della mia metà. Enjoy!

 
 
Say something
 
 
 


Aveva letto una frase, in un libro, una volta. Non l’aveva compresa appieno, pur avendolo letto e riletto più volte, quasi fino ad impararlo a memoria. L’aveva studiata e aveva cercato di carpirne un significato che andasse il più vicino possibile alle sue esperienze personali; ma nulla, non era riuscito a vederci se stesso dentro quella frase. Fino a quel momento, per lo meno.

La frase diceva “È uno strano dolore, morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai”, e a Thad era chiaro solo adesso cosa volesse dire realmente: adesso che si ritrovava ad un passo da quella che un tempo avrebbe definito, senza esitazione, “felicità”; adesso che sedeva ad una tavola imbandita, stringendo la mano della persona che lo aveva fatto innamorare in maniera così inaspettata e bizzarra, che Thad si era ritrovato a perdere il conto del tempo che era passato; adesso che i sorrisi delle persone che gli stavano di fronte erano diventati così gentili e festanti, dinanzi alla lieta notizia.

Eppure, in quel meraviglioso quadro, vi era qualcosa che stonava. Il sentimento appena scoperto, di desiderare altro e non poterlo avere, di fare la scelta giusta – anche se poi tanto giusta non era – gli appesantiva il cuore e rendeva il suo punto di vista offuscato, come se si fosse ritrovato improvvisamente protagonista di uno scenario che non gli apparteneva e si sentisse fuori luogo. Al posto sbagliato.

Ma se aveva preso quella decisione, un motivo valido c’era, e continuava a tormentarlo in continuazione, a divorargli l’anima e a farlo sentire incompleto ad ogni passo in più che compiva per allontanarsene.

“I tuoi occhi mi hanno incasinato l’anima dal primo momento che li ho visti.” *

‹‹Vuoi fare il bis?›› La domanda di Hayden gli giunse alle orecchie senza preavviso, facendolo sussultare e svegliare dal torpore che lo aveva inghiottito. I genitori del suo ragazzo stavano chiacchierando tra loro, senza dare peso all’assenza mentale del loro ospite. Anche Hayden sembrava non essersene accorto.

Thad osservò dapprima il piatto con l’arrosto che stava indicando, poi riportò l’attenzione su di lui e abbozzò un sorriso. ‹‹Sto bene così, grazie›› disse e avvertì la presa sulla sua mano stringersi appena un po’. Magari, inconsciamente, Hayden sapeva che la sua mente si stava ribellando per fuggire da quella realtà, magari quello era un tentativo – probabilmente futile – di tenerlo lì vicino, ancora una volta.

‹‹Che ne dite di fare un brindisi?›› L’attenzione di entrambi si calamitò sul neo-suocero, che aveva sollevato un bicchiere di vino sotto lo sguardo sereno e orgoglioso di sua moglie. ‹‹Agli sposi?››

Lo stomaco di Thad si annodò all’istante. Le sue labbra si piegarono in un sorriso tremante e incerto. Non uno di quelli che “Quando sorride, sorridono anche i suoi occhi” *, ma un sorriso spento e rassegnato. Tuttavia, sollevò ugualmente il bicchiere e nessuno dei presenti si accorse di quanto poco entusiasta risultasse la sua espressione.

Non fecero in tempo a far tintinnare i bicchieri, che il suono del cellulare di Thad ruppe quell’atmosfera gioiosa. Entrambi i genitori di Hayden puntarono lo sguardo su di lui, mentre sfilava la mano da quella del suo ragazzo per recuperare frettolosamente il cellulare e zittirlo, rimuovendone la suoneria, il bicchiere di vino ancora in mano.

‹‹Rispondi, potrebbe essere il lavoro›› lo incoraggiò Hayden con gentilezza.

Ma Thad sapeva perfettamente che non poteva essere il suo capo, anzi, era quasi certo di conoscere a priori l’identità del mittente di quel messaggio. Nessuno si prendeva mai la briga di mandargliene, persino Hayden preferiva le telefonate ai messaggi, quindi, quando annuì in risposta, lo fece con la consapevolezza che dall’altra parte di quel telefono ci fosse esattamente quella persona. E di nuovo, invece di allontanarsi da quella fiamma ustionante, preferì andarvi vicino e scottarsi.

Ciò che lesse, però, nel messaggio, gli fece storcere il naso e aggrottare la fronte. Nel testo vi erano una serie di parole sconnesse e frasi senza senso e lettere pigiate alla cieca, perciò, quando rispose, premendo velocemente i tasti, gli venne molto difficile scrivere qualcosa di diverso da:

“Stai giocando a ‘componi una frase di senso compiuto con le prime parole che ti vengono in mente’? Beh, vista l’insensatezza di fondo del tuo messaggio, direi che stai perdendo clamorosamente.”

Gettò uno sguardo di sottecchi ad Hayden per accertarsi di aver avuto la giusta privacy per rispondere al ragazzino che stava dall’altra parte, ma intanto un lieve sospetto iniziava a farsi strada dentro di sé. Conoscendolo a fondo, nonostante il poco tempo che avevano trascorso insieme, lo considerava decisamente capace di scappare e fare qualche stronzata delle sue. Dopotutto, la prima volta che aveva incontrato Sebastian di persona, era successo proprio perché lui, testardo e infantile quale era, aveva deciso di scappare di casa e di raccontarlo ad un perfetto sconosciuto. Quella era stata una richiesta d’aiuto e Thad l’aveva colta e aveva smosso mari e monti per trovarlo e riportarlo a casa.

Ma ora la situazione era un po’ diversa e Thad non poteva permettersi di essere sia la causa di quella fuga, sia la risoluzione del problema. Ne avevano già parlato fino allo sfinimento, non potevano continuare così.

Il cellulare squillò di nuovo, più volte, ma la vibrazione lo salvò in calcio d’angolo. Nessuno dei presenti si accorse che la conversazione di Thad stava andando per le lunghe e nessuno si accorse di quanto inverosimile stesse diventando. Ormai era chiaro che Sebastian fosse andato ad ubriacarsi da qualche parte e di certo l’alcool non contribuiva a tenergli a freno la lingua – o le dita, in quel caso.

Quando Hayden si accorse che il cellulare non aveva ancora abbandonato le mani di Thad e che l’espressione del suo ragazzo non era affatto tranquilla, si decise finalmente a chiedergli quale fosse il problema. Ma Thad mentì.

Si era ripromesso di non farlo mai più e di portare quella relazione ad un livello di reciproca fiducia ed onestà, eppure quella sera gli mentì e gli disse di non sentirsi molto bene, il che non era propriamente una bugia. L’ultimo messaggio di Sebastian gli aveva scombussolato lo stomaco.

“Posso farmi baciare, Thad?”

Si scusò e lasciò casa di Hayden il più in fretta possibile.

‹‹Ti chiamo›› gli disse, ma se ne dimenticò nell’esatto istante in cui proferì parola.

Recuperò la giacca, sfrecciò giù per le scale e si affrettò a scrivere sul cellulare:

“No, Sebastian… Non puoi.”
 

 
*

 
 
“Quanto ti amo…”

“Non è vero, non mi ami.”

“Ti amo tanto invece… Tanto.”

“No, Sebastian… Non è vero.”

“Che ne sai? Sono io che sto piangendo per te…”
 

“E sono io che ho appena mollato il mio ragazzo a cena per correre da te a risolvere le tue stronzate” avrebbe voluto dirgli, ma non lo fece. La preoccupazione che provava in quel momento nei suoi confronti aveva completamente sopraffatto la rabbia. Sebastian era in un locale, ubriaco, spezzato e circondato da ragazzi che cercavano di indurlo a cedere allo scopo di approfittarsi di lui. Se Thad non l’avesse raggiunto in fretta, si sarebbe sentito in colpa per tutta la vita.

Non si meritava il suo aiuto e lo sapeva, si era comportato in maniera infantile e stava continuando a farlo tuttora, senza neanche provare a capire che quello era l’unico modo che Thad aveva per evitare di rovinargli la vita, per evitare che suo padre li scoprisse di nuovo insieme e minacciasse di rinchiuderlo in un’Accademia Militare fuori dal mondo. A Sebastian importava soltanto stare con lui. Aveva il cuore rotto per tutte le volte che Thad aveva cercato di mettere fine a quella storia, eppure continuava a provarci. Continuava ad essere egoista.

E Thad, in quel momento, non riusciva neanche ad odiarlo, riusciva soltanto a pensare a quanto sarebbe stato meglio se quel giorno non avesse risposto al suo primo sms. Non per se stesso, quanto per Sebastian e per il modo in cui si era ridotto a causa sua.
 

“Ho paura…”

“Di cosa hai paura, Sebastian?”

“Loro sono fuori, mi dicono di uscire… Ma ho paura, non voglio uscire. Dove sei? Vienimi a prendere…”

“Sto arrivando, piccolo, il GPS dice che mancano cinque minuti… Tu stai tranquillo e rimani lì dentro… Parla con me, okay?”

“Vogliono aprire la porta… e mi gira la testa. Non capisco niente, ho paura… Io voglio te, non voglio loro.”

 
“E anch’io voglio te, maledizione” pensò, mentre rallentava per parcheggiare malamente davanti al locale. Nessuno lo avrebbe toccato quella sera. Avrebbe spaccato la faccia a chiunque avesse osato impedirgli di portarlo via da lì. Sebastian era soltanto suo ed era prezioso, nonostante il destino non si fosse posto esattamente dalla loro parte, per questo motivo non avrebbe permesso a nessuno di sciuparlo o di fargli del male.

A passo veloce, varcò la soglia del locale e si ritrovò a zigzagare tra i gruppetti di persone che parlavano e bevevano, attraversando la sala senza esitazione ed ignorando gli sguardi, alcuni straniti, altri interessati, che qualcuno gli stava gettando. Un misto di ansia e nervosismo lo indusse a correre e a guardarsi attorno frettolosamente alla ricerca dell’agognato bagno in cui sapeva che avrebbe trovato Sebastian, chiuso in un cubicolo, tremante e impaurito, e minacciato dalle voci insistenti dei ragazzi più grandi che lo avevano attorniato. Quell’immagine mentale gli fece serrare i denti e i pugni quasi fino a sentirli dolere, ma assistere in maniera concreta alla scena fu decisamente peggio.

Tre ragazzi circondavano la porta di uno dei cubicoli. Uno di essi stava trafficando con la serratura per cercare di aprire la porta – esattamente come Sebastian gli aveva scritto – mentre gli altri due ridacchiavano e gli intimavano di uscire e di “venire a giocare” con loro. Thad avvertì un senso di nausea, dinanzi a quella scena, ed insieme ad esso, avvertì la rabbia e l’adrenalina prendere possesso del suo corpo e concretizzarsi nelle parole che stavano per lasciare le sue labbra.

‹‹Allontanatevi immediatamente da lì›› ringhiò tra i denti, attirando immediatamente l’attenzione dei ragazzi – o almeno, di due di loro, il terzo continuava a prestare la sua attenzione alla maniglia – e facendo sì che i loro ghigni si allargassero un po’ di più, complice di tutto quello l’alcool che avevano ingerito probabilmente.

‹‹Ma guarda chi abbiamo qui… Vuoi giocare anche tu con il marmocchio, bellezza?››

‹‹Bel culo, è arrivato il tuo amico. Ora possiamo divertirci tutti insieme. Apri la porta, su.››

Thad si prese un momento per ispirare a fondo, in modo tale da non fare nulla di cui avrebbe potuto pentirsi. Si stampò in viso un sorriso fintamente calmo e tranquillo, e si portò la mano all’altezza della tasca dei pantaloni, sfilando il cellulare che vi aveva riposto poco prima e armeggiando con qualche tasto, alla cieca.

‹‹Perché no? In quanti siamo, quattro?›› domandò retoricamente, il sorriso che man mano si storceva in una smorfia disgustata. ‹‹Dopotutto il “marmocchio” è uno solo. Non sarebbe divertente, non trovate? Per cui facciamo così›› sollevò il braccio col quale stava reggendo il cellulare e lo raddrizzò davanti a sé, in modo tale da inquadrare la scena e successivamente scattare una foto, ‹‹voi due e il vostro amico uscite di qui e vi andate a fottere a vicenda, mentre io mi porto il marmocchio a casa ed evito di denunciarvi.››

I sorrisi sui loro volti vacillarono per un momento. Evidentemente non erano così ubriachi da non rendersi conto del pericolo che correvano. Tuttavia, uno di loro si avvicinò ugualmente a Thad ed ebbe il coraggio di provare a tenergli testa e di sbeffeggiarlo.

‹‹E così, alla fine, sarai tu a fotterti il piccoletto? Puttana.››

Immediatamente, il braccio di Thad si mosse quasi da solo. Le sue dita si andarono a chiudere attorno al colletto della camicia del ragazzo che aveva osato sfidarlo, fino a spostare il suo corpo di peso e a premerlo contro il muro, gli occhi assottigliati per la rabbia.

‹‹Le puttane non finiscono in prigione con una denuncia›› sibilò minacciosamente, mentre il sorriso derisorio spariva completamente dal volto del ragazzo, lasciando il posto alla paura.

‹‹Ehi, amico, non mi pare il caso di surriscaldarsi così›› intervenne un’altra voce alle sue spalle, ‹‹Tu lascialo e noi… ce ne andiamo, sì.››

‹‹Iniziate ad uscire da questo bagno ed io lo lascio andare.››

Non gli ci volle un’altra parola per costringere il terzo ragazzo a lasciar perdere la maniglia e a seguire l’altro – quello che sembrava il più sobrio di tutti – in direzione della porta. Quando fu certo delle loro intenzioni, lasciò andare la camicia che stava ancora stringendo tra le dita ed osservò con attenzione i movimenti dell’ultimo ragazzo che, borbottando qualche imprecazione, veniva trascinato fuori dal bagno dai compagni.

Calò il silenzio, la porta si richiuse e l’espressione di Thad si distese e divenne stanca, preoccupata e, allo stesso tempo, sollevata, mentre si voltava a guardare il cubicolo in cui si stava nascondendo Sebastian. Si avvicinò ad esso con passo lento e silenzioso, quasi a voler far piano per evitare di spaventarlo più del dovuto. Posò la mano sulla maniglia e parlò sottovoce.

‹‹Ehi, piccolo. Sono io.››

Il silenzio fu rotto da un miagolio tremante.

‹‹Thad?››

‹‹Sì, cucciolo, sono io.››

Sorrise appena e posò la spalla e la tempia contro la porta, quasi a volergli stare più vicino.

‹‹Loro… Se ne sono andati?››

‹‹Sì, sono andati via. Puoi uscire.››

Ancora silenzio, poi lo scatto della serratura.

‹‹A- adesso è aperta.››

Non aspettò che fosse Sebastian ad uscire. Prese coraggio e abbassò la maniglia per entrare ed accertarsi delle sue condizioni. Il cuore gli si strinse nel petto quando il suo sguardo incontrò il viso devastato di Sebastian: devastato dall’alcool di quella sera, dalle notti insonni dei giorni precedenti, dal pianto che lo aveva accompagnato durante la sua assenza. E nonostante avesse voglia di urlargli contro quanto irresponsabile fosse stato, strinse le labbra e non emise un fiato. Si limitò a chiudersi la porta alle spalle e a poggiarvisi contro, in attesa.

‹‹Grazie per… avermi salvato›› lo sentì dire, con la voce più strascicata e stanca del solito, mentre le sue labbra si incurvavano in un piccolo sorriso colpevole. ‹‹Avevi ragione, tu mi trovi sempre e, ogni volta che mi trovi, sei sempre più bello.››

‹‹Sei un idiota.›› Gli si strinse la gola, quando pronunciò quelle parole, e senza avere più la forza di frenare il desiderio di averlo vicino, si gettò in avanti per prenderlo tra le braccia e stringerlo forte contro il suo petto. ‹‹Mi hai fatto preoccupare da morire.››

‹‹Scusa... Pensavo che sarei stato meglio, non volevo far preoccupare nessuno.››

Sebastian si lasciò inglobare da quella stretta protettiva. Thad avvertì le sue mani posarsi fiaccamente sui suoi fianchi e il suo corpo lasciarsi andare contro il proprio, privo di forze e distrutto sia internamente, che esternamente. Non si preoccupò della possibilità di fargli male: chiuse le dita attorno alla sua camicia, sulla schiena, e rafforzò la presa attorno al suo corpo, quasi a volerlo proteggere dal resto del mondo, grazie a quel semplice gesto.

‹‹Non lo fare più. Non ti permettere, mi hai capito?›› bisbigliò, chiudendo gli occhi e riappoggiandosi con la schiena alla porta. ‹‹Non voglio immaginare cosa sarebbe potuto accadere se…››

‹‹Ti amo. Ti amo, cazzo.››

Lo sentì sussultare tra le sue braccia e stringersi più forte a lui, e il cuore gli fece così male che si chiese mentalmente come avrebbe fatto a lasciarlo andare ancora una volta e a non tornare più indietro.

‹‹Sebastian, non puoi fare così però. Mi uccidi se fai così›› lo pregò in un sussurro, mentre la voce gli veniva meno ad ogni parola e gli occhi gli bruciavano sotto le palpebre, a causa delle lacrime che stava trattenendo.

‹‹Non ce la faccio. Sento il tuo profumo e le tue braccia che mi stringono e… Fa male›› miagolò Sebastian, aggrappandosi letteralmente ai suoi fianchi nel tentativo di ricambiare la sua stretta. Ma ogni parola costituiva una pugnalata nel cuore di Thad, gli ricordava che non c’era verso di uscire indenni da quella storia, che non c’era verso di non sentirsi spaccati a metà, una volta divisi.

‹‹Adesso ti riporto da Cameron **, così… così passa.›› Si sforzò di mantenere la voce ferma, invano, ma Sebastian, per tutta risposta, scosse la testa e la sua cocciutaggine si palesò nonostante la sbronza.

‹‹No, non voglio. Voglio andarmene via con te, adesso. Voglio te.››

‹‹Non possiamo›› soffiò Thad, ‹‹lo sai che non possiamo. È meglio così.››

Avrebbe davvero voluto non incontrare lo sguardo di Sebastian, per quella sera, e non leggervi dentro tutto il dolore che provava, ma non poté impedirgli di scostarsi e di cercare i suoi occhi. Sebastian aveva il respiro corto, gli occhi lucidi e cerchiati da profondi segni di stanchezza, il viso pallido ad eccezione delle sue guance, il cui rosso spiccava sulla sua pelle bianca, e nonostante ciò, era comunque bellissimo.

‹‹Ti supplico, non te ne andare. Non lo sposare›› lo pregò, sforzandosi con tutto se stesso di non piangere, e poi aggrottò la fronte per la disperazione, man mano che i secondi passavano, e Thad non si accorse neanche del fatto che fossero troppo vicini adesso e che Sebastian si fosse sporto troppo sul suo volto. Ne fu consapevole nel momento in cui si ritrovò le labbra di Sebastian pressate contro le sue in maniera forzata e improvvisa. Il suo cuore accelerò e si sentì avvampare, e fu perfino sul punto di chiudere gli occhi e sciogliersi sotto la sua bocca. Ma era lui quello che doveva tenere salde tra le mani le redini della situazione, era lui che doveva tenere Sebastian a distanza.

‹‹Ti prego, Sebastian. Così è peggio›› bisbigliò, scostandosi di malavoglia da quelle labbra che avrebbe mentito se avesse detto che non gli erano mancate da morire. Abbassò lo sguardo, pur di non averlo sotto gli occhi e di far sparire quella sensazione di nostalgia.

‹‹Ti prego, io ti amo.›› Lo sentì posare la fronte alla sua mascella e avvertì il suo petto sollevarsi al ritmo del suo respiro, contro il proprio. ‹‹E anche tu mi ami. Me, non lui. Io lo so.››

Thad serrò gli occhi e si prese il labbro tra i denti, per ricacciare indietro un singhiozzo, e ‹‹Ti amo. Amo solo te, lo sai. Ma non possiamo›› disse, con voce rotta.

Sebastian, allora, inspirò profondamente. Thad sentì distintamente i muscoli delle sue spalle distendersi in segno di resa e la sua fronte scostarsi dalla propria mascella, lasciando il posto ad un bacio leggero e veloce.

‹‹Dovunque sarò, io penserò a te. E quando- quando sarò in grado di andarmene via, io ti trovero. Ti troverò, capito? Quindi non ti sposare›› sussurrò a poca distanza dal suo mento.

Thad se lo premette addosso con tutta la forza che aveva in quel momento, come a voler conservare la sensazione della sua presenza tra le sue braccia, anche quando non ci sarebbe stato più, insieme al suo profumo e al suo calore. Continuò a tenere gli occhi chiusi e se lo impresse in testa.

‹‹Ti amo da morire, hai capito, cucciolo?›› bisbigliò, andandogli a baciare dolcemente una guancia. ‹‹Quello che mi hai fatto tu in due settimane, non me lo ha mai fatto nessuno in una vita intera.››

‹‹Ti amo anch’io, Thad. E mi- mi sento morire senza di te.››

‹‹Anche io… mi sento morire senza di te.››

Lasciò andare finalmente il tessuto della sua camicia che stava ancora stringendo tra le mani e gli lasciò una profonda carezza sulla schiena, prima di allentare l’abbraccio e di andargli a posare quella stessa mano sulla guancia. L’espressione che Sebastian aveva in volto lo implorava silenziosamente di restare.

‹‹Ti porto da Cameron, dai›› sussurrò dolcemente, come si fa solitamente con un bambino che non riesce a dormire a causa degli incubi. E forse il suo tono di voce lo tranquillizzò, o forse la spossatezza dovuta alla sbronza iniziava a farsi sentire, fatto sta che Sebastian si limitò ad annuire e a sospirare.

‹‹Sì, scusami.››

Si lasciarono andare e forse, nel farlo, si lasciarono indietro anche un pezzo di cuore. Thad non capì cosa Sebastian avesse voluto dire con quelle scuse, ma non indagò oltre.

‹‹Non ha più importanza›› disse soltanto, alludendo a quella stessa sera, dopodiché abbassò la maniglia della porta del cubicolo ed uscì fuori, aspettando che Sebastian facesse lo stesso.

Lo sguardo spento e il sorriso triste, che gli rivolse Sebastian mentre usciva, furono l’ennesimo pugno nello stomaco, ma Thad si obbligò a tacere e a non riprenderlo nuovamente tra le braccia.
 
 


 


* Le due frasi contrassegnate con l’asterisco sono estratte dal roleplay originale mio e di Robs. La prima è una frase che Thad dice a Sebastian; la seconda è di Sebastian, riferita ovviamente a Thad.
**
Cameron è un Original Character creato da me e Robs. È il migliore amico di Sebastian ed è apparso anche in “Lake House”, una mia long.

 

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