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Autore: Gio_Snower    29/04/2014    2 recensioni
Racconti introspettivi creati per evidenziare i vari lati del carattere e della mentalità dei personaggi.
I personaggi "trattati" sono cinque: Tiky Mikk, Allen Walker, Lavi, Yuu Kanda e Komui Lee.
L'ultimo racconto è diverso dai precedenti in quanto costituito solo da una poesia creata apposta per Komui per evidenziarne le tribolazioni, i sentimenti e le azioni compiute per proteggere la sua famiglia: sua sorella Lenalee.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allen Walker, Komui Lee, Rabi/Lavi, Tyki Mikk, Yu Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Broken.

 

Tu sei una persona diversa, che vuole essere uguale. E questo, dal mio punto di vista, è considerato una malattia grave.

Paulo Coelho

 

 

Tiky Mikk

 

 

Rotto.

Nel suo guscio. Disperso nel nulla, in sé stesso.

L'umano era divertente da osservare.

Tiky sorrise.

Lui stesso era un umano, eppure provava un piacere perverso nel distruggere gli altri umani.

La mia parte bianca è umana. Si corresse.

La sua parte nera, quella appartenente alla famiglia dei Noah, era la più importante.

Non ci sarebbe alcun divertimento se non avessi tutte e due queste parti. Pensò.

Quella era una sua convinzione.

Tiky sapeva di essere pazzo, ma non ne era preoccupato.

E restò lì, immobile, al centro di una stanza nera, tempestata di farfalle nere che lo avvolsero in un vortice d'oscurità.

«Le mie piccole.» disse sorridendo.

Il suo sorriso perfetto ed i suoi occhi color dell'ambra che passavano al nero più profondo erano come la sua anima.

Oscura, profonda, un vortice di morte, dolore, distruzione, pazzia.

È come un giocattolo rotto; come l'umano senza vita che tiene fra le mani, come un akuma disintegrato da un esorcista.

Solo che lui, a differenza degli altri due, si sente libero così.

Nella perversione del suo animo si crogiolò, si sentì al sicuro.

Nulla vacillò in lui.

I sentimenti che provava erano chiari.

Le due parti separate.

Il suo mondo bianco e nero.

Diverse, eppure simili.

Sorrise a sé stesso nell'oscurità del suo essere.

 

«Road sembra essersi affezionata a te, Allen.» disse scrutando la Noah abbracciata all'esorcista.

Esorcista?

No, Allen Walker era di più di un esorcista; era il contenitore del quattordicesimo, possedeva grandi poteri ed era stato allevato da Mana, gemello del quattordicesimo.

Ancora una volta si chiese se Mana, nella pazzia che aveva preso il sopravvento sul suo essere anni prima, si fosse reso conto di star allevando Allen e non Neah.

Lo sguardo grigio di Allen era sincero, forte.

Poche volte vacillava quel suo animo.

Sembrava splendere in un'oscurità bianca e nera, in un dolore eterno legato al suo animo contorto.

Un esorcista che salva gli akuma, un esorcista che mette le anime e le vite sullo stesso piano.

Tiky apprezzò Allen.

Era interessante giocare con lui. Era stato l'unico a sopravvivere alla sua parte nera quando lui aveva deciso che era la sua ora.

Gli aveva trapassato il cuore, la vera essenza degli umani, e non era morto.

Allen non era un umano. Allen non era un esorcista.

Eppure insisteva nel volerlo essere. Nel dichiararsi un esorcista votato alla sua causa: la salvezza della vita e delle anime.

Sorrise.

Dentro si sentiva leggermente sconvolto, ma sentiva anche l'interesse, la curiosità, e l'istinto omicida nei confronti di Allen.

Sarebbe stato interessante. Ne era sicuro.

Con un sorriso strafottente, tanto adatto al suo carattere, si avvicinò ad Allen.

 

 

 

 

Allen Walker

 

 

Akuma.

Sentì l'akuma sgretolarsi appena lo colpì con la sua innocence.

Osservò l'anima intrappolata che lentamente se ne andava.

Il volto sembrava rasserenato.

Lunghi capelli biondi le coprivano le orecchie. L'anima lo guardò e sorrise. “Grazie” sembrò dire, prima di scomparire del tutto.

Calde lacrime rigavano il suo volto.

Di niente. Pensò Allen con un sorriso triste.

Vedere quelle anime era un peso straziante per il suo animo.

Sapeva cosa provavano quelle anime, sapeva cosa provava chi le tramutava.

Il rammarico, il dolore, la rabbia, l'amore, l'affetto.

Questi erano i sentimenti che il Conte del Millennio sfruttava, manipolando le persone che avevano appena perso qualcuno.

Il Conte, acerrimo nemico suo e della Chiesa Oscura, usava a proprio vantaggio le persone spezzate dentro e le induceva a commettere un indicibile peccato.

Lo odio. Pensò Allen.

Sentiva l'odio, sentimento molto oscuro, pulsare nel suo cuore, riscaldarlo, spingerlo a battere più forte facendo fluire il suo sangue alle orecchie.

Non lo perdonerò mai.

Lo sapeva. Allen non avrebbe mai perdonato il Conte.

Non dopo Mana.

Non dopo tutti quelli che aveva ucciso, non dopo tutti gli akuma costruiti, non dopo tutto il dolore che aveva arrecato.

Il suo pensiero si spostò su Mana, l'uomo, no, il Noah, che l'aveva cresciuto e che, alla sua morte, aveva trasformato in akuma.

Il Conte non aveva avuto davvero nessun rimorso a trasformare uno della sua famiglia in akuma?

Allen sentì il disgusto.

Era disgustato da quei pensieri cupi, dal Conte, dal dolore.

Eppure, una parte di lui, ne era certo, amava sguazzare in quel dolore, in quella massa di sentimenti scuri, oleosi, pesanti.

Senza di essi, si sarebbe sentito inutile.

Vuoto.

Rotto.

I suoi occhi grigi puntarono il cielo e lo scrutarono.

La sua determinazione era nuovamente ripristinata ed al massimo della sua potenza.

 

Lavi

 

«Non affezionarti. Tu non sei come loro, Lavi. Tu sarai un Bookman.» aveva detto più e più volte il vecchio panda.

Eppure.

Quel “eppure” che Lavi non era mai riuscito a cancellare.

Per troppo tempo aveva nascosto le cose dentro di sé, dietro ad un falso amichevole e spensierato sorriso, rinchiuse in un cofanetto al suo interno.

Troppe volte aveva mentito.

Ogni volta il rimorso si accumulava e pesava sulle sue spalle.

Una volta Bookman l'aveva ripreso, dicendogli che il suo martello diventava più grande o più piccolo solo per il suo mero desiderio d'essere di più o di meno.

«Quel martello è la tua stessa essenza.» aveva detto infine.

Grande, piccolo, forte, debole.

Erano questi gli aggettivi che Lavi poteva annoverare per sé stesso?

Era confuso, teso, brancolante nel buio, nell'indecisione.

Ma infine avrebbe scelto una via, ne era sicuro.

Lavi non si conosceva bene, era troppo immaturo, troppo spensierato per quei pensieri seri che gli affollavano continuamente la testa, ciononostante la sua natura amichevole era vera.

Un giorno Lenalee glielo aveva detto.

Lei aveva intravisto il mare di bugie, di mezze verità, di sorrisi fasulli o meno, di cui si circondava.

«Se tu fossi un colore, Lavi, saresti il grigio.» aveva detto Lenalee con un sorriso triste e una luce seria negli occhi scuri.

Quel commento l'aveva davvero colpito, tanto da lasciarlo senza parole per qualche minuto.

«Il grigio è bello, ma io preferisco il rosso! Non pensi che il grigio si adatti più ad Allen?» aveva ribattuto ridendo.

Lenalee aveva scosso la testa in segno di diniego.

Poi avevano parlato d'altro come se niente fosse successo.

Dopo era arrivato vecchio panda e con una occhiata e uno scappelloto aveva cancellato tutti i suoi pensieri su quel commento, adesso, però, erano ritornati.

Scosse la testa, ricercando la concentrazione.

Tentava di schiarirsi le idee.

Di ritrovare sé stesso.

L'immagine di un bambino gli comparve davanti.

Un sorriso sincero illuminava il suo volto dai tratti delicati ed il suo occhio verde brillava d'eccitazione.

Sembrava davvero felice; curioso di quel che vedeva, entusiasta del mondo.

Ecco cosa aveva perso.

Sorrise a sé stesso e ripose quell'immagine nel suo cuore.

Grigio. Pensò. E' un colore neutrale, poiché non si sa cosa potrà diventare.

Prese il martello e se ne andò per strada impugnandolo e canticchiando con aria spensierata.

 

 

Yuu Kanda

 

«Maestro... io vedo dei fiori.» confessò ad uno dei suoi maestri.

Erano grandi e di un colore leggero, quasi fossero stati dipinti da un pittore.

«Smettila. Non è una cosa normale.» disse il maestro disgustato. Yuu sgranò gli occhi dalla sorpresa, poi annuì.

«Sì.» mormorò.

Il volto di Alma sorridente nella sua mente, i molteplici ricordi di giorni semi felici diventati ricordi tristi, troppo dolorosi per il suo cuore e strazianti per la sua mente.

Kanda doveva sempre lottare contro sé stesso, contro i ricordi che sembravano sopraffarlo senza via di fuga.

L'unica sua possibilità era combatterli.

Così si rifugiava in sé stesso e ad spada tratta affrontava il rimorso, il dolore, il rimpianto.

Uscì da uno di quegli scontri quel giorno.

Quella mattina pioveva ed il cielo grigio s'era riempito di nuvole nere.

A Yuu non piaceva la pioggia; la trovava triste, deprimente; quasi dolorosa per sé.

«Odio tutto questo.» mormorò a denti stretti.

Una testa piena di capelli bianchi si alzò di scatto.

«Hai detto qualcosa?» gli chiese Allen.

«No. Ora torna a lavoro, vecchietto nullafacente.» lo riprese sgarbatamente.

Gli occhi di Allen s'illuminarono di indignazione.

«Ti ho detto che mi chiamo Allen.» ripeté come se stesse parlando ad un bambino piccolo.

«Non mi interessa, maledetto.» ribatté.

Allen gli stava per lanciare un grosso tomo di dati quando Kumui entrò.

«Basta, basta! O il vostro malumore è dettato da un urgente bisogno di riparare le vostre innocence?» disse con leggerezza Kamui.

I due rabbrividirono. La minaccia era stata recepita.

Kanda prese il suo lavoro e se ne andò.

 

 

Solo nella sua stanza bianca e nera, Kanda meditava per esercitare la sua mente ad una disciplina ferrea.

Era fermamente convinto che prima o poi sarebbe riuscito a darsi un controllo.

La sua forza era cresciuta notevolmente con il passare degli anni e, nonostante il livello elevato, lui non ne era minimamente felice.

Doveva migliorare.

Ancora.

Solo così avrebbe potuto dimenticare, anche solo per un attimo, quegli anni di cui i ricordi lo tormentavano.

 

 

«Tu vuoi bene ad Alma, no?!» aveva urlato Allen fra le lacrime.

Il suo cuore si era riscaldato. Lui aveva sempre voluto bene ad Alma, fin troppo.

Il rimorso per averlo lasciato, per non essere riuscito a salvarlo, aveva più e più volte stretto il suo cuore in una morsa gelida di rimpianto.

Si gettò addosso ad Alma e, abbracciati, entrarono nel portale.

«Grazie.» mormorò ad Allen prima che il portale si chiudesse.

 

«Sei vivo...» mormorò Lenalee vedendolo arrivare. «Sei vivo e tu torni qui!» urlò piangendo prima di abbracciarlo.

Yuu le sorrise.

So quello che faccio. Pensò.

Ne era convinto. E d'altronde doveva un favore a quella testa d'uovo.

«Tu eri una di quelle persone che vuole essere come tutte le altre. Uno sciocco, certo, ma avevi una buona ragione per pensarla così...» esordì Maire Noise.

«La pensi ancora così?» gli chiese.

Yuu scosse la testa. «No.» disse con convinzione.

Nel suo animo era avvenuto un cambiamento.

Il suo animo, prima violento e pieno di sentimenti, si era acquietato e temprato fino a diventare d'acciaio.

Avrebbe fatto il possibile per accettare sé stesso.

 

 

Komui Lee

 

 

Eri lì a pezzi

sconfitto, disperato,

ma ti sei rialzato,

non ancora finito,

non ti sei arreso

e sei avanzato.

Sei andato, hai pianto,

hai salvato, hai distrutto.

Hai del rimpianto

del l'odio per tutto.

Eppure una luce, vedevi, osservavi

e con quel tuo genio puro, volavi

la salvavi.

Avevi paura

di star solo la notte

avevi paura

che vedesse da sola la morte.

Ed eccoti qui,

con quel tuo conflitto interiore

che presto hai vinto

e mai più ti sei abbattuto.

 

 

 

 

   
 
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