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Autore: Geilie    30/04/2014    0 recensioni
[Johannes Cabal Series - Jonathan L. Howard]
Si era preparato talmente tanto a dover gestire l’ennesimo fiasco, alla fine dei tre giorni che gli ci vollero per portare a termine il complicato rituale, che per una buona mezz’ora non fu capace di provare alcuna gioia quando invece l’esperimento riuscì.
Genere: Dark, Horror, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Geilie
Titolo: #301
Fandom: Johannes Cabal (Jonathan L. Howard)
Personaggi: Johannes Cabal
Rating: giallognolo; Pg15
Avvertimenti: light (very light) horror/splatter, What if? e Missing Moment (in un certo senso)
Parole: 886 (Word)
Note: partecipa agli Easter Egg Days di Pseudopolis Yard. Anche se difficilmente importerà a qualcuno, visto che qui parliamo di uno sfigafandom coi fiocchi, questa scenetta si basa sull’idea dei futuri possibili affrontata in Ouroboros Ouzo ed è pensata quindi come uno dei tanti scenari che Johannes avrebbe potuto intravedere durante la sua esperienza pseudo-divinatoria. In altre parole, la storia si potrebbe definire un What if? nel What if? e non si colloca all’interno dell’arco narrativo dei libri. Un modo come un altro per non doversi preoccupare di rispettare la continuità. XD
Prompt #3: 301


 
#301


Dopo cinque ore di sonno e tre fallimenti consecutivi, uno dei quali necessitò di essere rispedito all’altro mondo a colpi di badile, Johannes Cabal, negromante di una certa infamia, si tirò su le maniche e si apprestò a rimettersi all’opera.
 
Il soggetto #298, sottoposto a una combinazione del Terzo Rito Occulto sinusiano e dell’elisir di Miur, era inizialmente parso promettente, salvo poi disciogliersi in una fetida pozza gelatinosa di sangue coagulato e umori di varia natura che Johannes aveva sprecato due ore intere per lavar via dal pavimento del suo laboratorio.
Il soggetto #299 aveva preso vita con violenza fulminea, contorcendosi come un tarantolato. Aveva tentato di staccargli un dito a morsi, era fuggito per il corridoio e aveva provato l’ebbrezza di volare giù da una rampa di scale, schiantandosi a terra e rompendosi più di un osso. Johannes a quel punto l’aveva raggiunto e l’aveva costretto ad abbandonare nuovamente il piano dell’esistenza in via permanente, sfruttando il badile di cui sopra.
Il soggetto #300 era risultato troppo poco fresco perché gli sforzi di Johannes potessero dare alcun frutto ed era stato incenerito senza ulteriore indugio.
 
Cabal aveva accolto i nuovi fallimenti con la solita punta di fastidio e si era concesso un tè per calmare i nervi e rifocillare, se non il corpo, almeno lo spirito. Si era poi seduto alla sua scrivania, aveva riportato ogni cosa sul suo registro con rigore scientifico e stava appunto cominciando a lavorare sul soggetto #301.
Era una donna. Non più di venticinque anni, lunghi capelli leonini e un viso fin troppo simile a quello per cui Johannes aveva intrapreso la lunga e oscura strada della negromanzia, ormai svariati anni addietro. Osservarlo, pur sapendo che non era quello tanto amato, era quasi doloroso. Johannes si impose di guardarlo il meno possibile, concentrandosi invece su provette e alambicchi, becher e termometri, beute e matracci.
Per due giorni lavorò senza sosta. Aveva imparato presto a fidarsi dei propri istinti e l’istinto gli diceva che quella era la volta buona, per quanto glielo avesse già detto infinite volte e infinite volte l’avesse mandato a sbattere di petto contro una delusione dietro l’altra. Da uomo razionale e cinico, poco avvezzo a lasciarsi guidare dall’emotività o a cedere alla speranza, Cabal non sapeva spiegarsi il motivo di tanta certezza. Sapeva solo che la delusione di vedere quel viso, tanto simile a quello di lei, restare immoto e privo di colore, ebbene, quella delusione sarebbe stata peggiore di qualsiasi altra.
Si era preparato talmente tanto a dover gestire l’ennesimo fiasco, alla fine dei tre giorni che gli ci vollero per portare a termine il complicato rituale, che per una buona mezz’ora non fu capace di provare alcuna gioia quando invece l’esperimento riuscì.
 
Per anni aveva cercato la risposta, per trecento volte aveva tentato e ritentato, senza mai arrendersi, senza mai perdersi d’animo, e l’esperienza gli aveva insegnato a diffidare dei successi.
La tentazione di ripetere immediatamente il rituale su di lei fu quasi irresistibile, ma Johannes si impose di aspettare. Un giorno, si disse, solo per sicurezza. Un giorno non farà differenza, dopo tutto questo tempo.
Passò un giorno e ne passarono due, e niente cambiò: Fiona, la bella ragazza numero trecentouno, sembrava recuperare vitalità di ora in ora, e Johannes si disse che era tutto troppo bello per essere vero e che, perché rischiare? Una settimana, una settimana ancora per essere certi che niente andasse storto. Una settimana, e poi avrebbe ripetuto il rituale per la seconda e ultima volta e, a Dio piacendo, avrebbe potuto smettere i neri panni di negromante una volta per tutte.
Il terzo giorno Fiona gli strappò una risata, una di quelle che Johannes aveva dimenticato di saper fare. Si stupì di quanto quel suono gli piacesse, di quanto gli fosse mancato.
Passò una settimana e Fiona era più bella e viva che mai. Johannes pensò di… liberarsene, di mandarla fuori nel mondo, ma la poverina non aveva più nessuno ed era pur sempre lui ad averla riportata in vita, la responsabilità doveva in qualche modo ricadere sulle sue spalle. E non era mai stato un tipo compassionevole, tutt’altro, ma Fiona era così simile a lei e a lei Johannes non aveva mai saputo negare niente…
Rimandò la decisione, ancora e ancora.
Rimandò per due settimane, per un mese, per due mesi, e Fiona rimase.
Fiona rimase, leggiadra e sorridente, acuta e fiera come una leonessa; Fiona rimase e, passo dopo passo, si fece sempre più vicina al suo cuore, senza che neanche lui se ne accorgesse.
Domani, si ripeteva Johannes, domani salirò al laboratorio e farò quel che devo.
Domani, si diceva, ma c’era sempre qualcosa che lo distraeva dal suo proposito: una risata di Fiona, il profumo di una torta di mele appena sfornata, la voce di suo fratello venuto a fargli visita...
Così passarono gli anni. Ogni tanto Johannes ripensava alla donna della sua giovinezza, preservata in un sonno eterno di formaldeide sotto la botola segreta in cantina, e il suo cuore si stringeva per un istante. Allora il vecchio proposito tornava. Domani, si diceva, domani salirò al laboratorio per l’ultima volta.
E ci credeva davvero, per un istante. Ma Johannes e Fiona vissero insieme fino alla morte, la loro felicità inviolata da vecchi fantasmi, e il registro degli esperimenti rimase sempre fermo al numero trecentouno.
  
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