Stay with me tonight.
 


Gli dči non conoscono l’amore. Conoscono il divertimento di giocare con i sentimenti degli stolti umani che rimangono intrappolati nella loro rete, conoscono l’invidia, la cupidigia, ma č estraneo, agli eccelsi numi, quel sentimento che rappresenta l’uomo per antonomasia. Tutti loro possono solo supporre, tutti loro eccetto uno; il dio scriba Thoth, patrono della conoscenza, nel suo profondo studio degli esseri umani, ha carpito quella scintilla di razionalitŕ che si nasconde dietro a ciň che, per eccellenza, di razionale non ha nulla, tentando di mettere in pratica ciň che ha imparato da libri e vecchie pergamene. Tentando, perché Anubis č sfuggente, timido, una sola mossa falsa e potrebbe scappargli. Eppure il dio dei morti, steso con grazia sulla scrivania di mogano scuro, circondando da pile di libri di vario genere, non sembra momentaneamente intenzionato ad andarsene. Sembra un gatto, mentre silenziosamente si bea delle attenzioni, delle carezze che Thoth gli regala tra una pagina e l’altra di un documento. Eppure gli occhi, vispi ed attenti, non interrompono neppure per un istante il contatto visivo con l’altro dio, forse incantanti dalla visione di un Thoth appena corrucciato nella lettura, forse semplicemente fissi per pigrizia.
«Anubis-» l’interpellato solleva il capo docilmente, come a far capire che sě, sta ascoltando. Tuttavia deve sbattere piů volte le palpebre, orlate da lunghe ciglia scure, per mettere a fuoco il viso dell’altro, nella penombra della biblioteca. Thoth sembra esitare, le labbra si aprono e si chiudono lentamente, prima di pronunciare quelle fatidiche parole che il dio dei morti attende pazientemente ogni sera, che suonano tanto come un ordine, ma un ordine dolce, un pacato invito.
«Resta con me, stanotte. »
 





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