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Autore: S O N I A    01/05/2014    0 recensioni
Ci sono situazioni che i tuoi genitori ti hanno insegnato ad affrontare, momenti in cui puoi semplicemente chiedere aiuto per risolvere un problema, volte in cui si può lottare per raggiungere un obbiettivo.
Ma che fare quando non puoi permetterti di fidarti degli altri? Quando ogni secondo può essere l'ultimo? Quando lotti con tutto te stesso senza sapere dove tutto questo ti porterà?
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In trappola


Cristina aprì gli occhi.

Percorse con lo sguardo tutta la stanza disorientata e, improvvisamente in allerta e sveglia, si alzò di scatto, senza badare al senso di vertigini che quel movimento improvviso le aveva causato.

Devo andarmene da qui pensò.

Si guardò in torno frenetica nella speranza di scorgere una finestra, una porta, una qualunque via di fuga, ma tutto ciò che riuscì a vedere era il bianco.

La stanza in cui si trovava era completamente spoglia di qualsiasi arredamento e/o decorazione e tutte le sue superfici erano verniciate di un candido, perfetto e snervante bianco; perfino il pavimento era privo mattonelle ed era costituito da semplice cemento dipinto di vernice bianca.

Era un colore che avrebbe dovuto aiutarla a calmarsi o a darle un qualche tipo di conforto no?

Non era un colore collegato alla rabbia o alla disperazione, eppure, quel candore le sembrò più agghiacciante di qualsiasi altra cosa...

Cominciò a correre disperata per tutta la stanza esaminando ogni centimetro, a chiedere aiuto il più forte possibile e, alla fine, a battere i pugni contro il muro sperando che qualcuno, chiunque, riuscisse a sentirla e la aiutasse ad andarsene da lì.

Quando, alla fine, la gola le bruciava a tal punto da non poter trattenere quelle lacrime che tanto ostinatamente aveva cercato di non versare, e le gambe le tremavano a causa dello sforzo a cui erano state sottoposte, cadde sulle ginocchia e si lasciò andare ai singhiozzi che era sempre riuscita a ricacciar indietro, anche dopo tutte le cattiverie che aveva subito, anche dopo tutto il dolore e il senso di colpa che l'avevano accompagnata da quando... da quando...

NO scosse la testa.

Maledizione non posso permettermi di perdere il controllo, adesso più che mai.

Se cominciassi a pensare a quello sarebbe la fine, non riuscirei più a pensare e a uscire da questa situazione.

Così, con la poca forza che le era rimasta in quel corpo dalla corporatura minuta, si mise a sedere con la schiena appoggiata ad una parete, e si asciugò le lacrime.

Che cosa ti ha sempre detto Federico? Quando ti trovi in una situazione difficile è importante mantenere la calma, pensare con lucidità.

Ok.

A questo punto la cosa più importante è capire come posso fare per uscire da qui!

Per la milionesima volta Cristina fece scorrete lo sguardo attento su tutto ciò che la circondava.

Sospirò pesantemente.

Tutto era esattamente come prima: si trovava in una stanza che doveva essere grande, più o meno, 4 metri per 6, dove non c'erano né una porta, né delle finestre e neanche una qualche specie di botola sul pavimento.

Appoggiò la testa al muro pensierosa.

Se lei si trovava lì significava che da da qualche parte c'era un'entrata o per lo meno un piccolo passaggio.

Ragionò e rimuginò per quelle che le parvero ore finché non decise di riprendere le forze concedendosi di dormire.

Quando riaprì gli occhi, la prima cosa che pensò fu:

Sono davvero un'idiota.

Davanti ai suoi occhi, sul soffitto, c'era una botola da cui pendeva una piccola cordicella.

Ma come aveva fatto a non vederla prima?

Si alzò e subito cominciò a saltare più in alto che poteva, provando diverse strategie e aiutandosi con il movimento delle braccia.

Quando, dopo parecchio tempo, riuscì ad afferrare la cordicella e a tirare giù una scaletta di legno che conduceva ad un piano piano superiore, le vennero le lacrime agli occhi per la gioia.

No, si disse, non posso piangere, non è ancora finita.

In effetti era stata talmente concentrata sul trovare una via d'uscita che non aveva pensato al fatto che qualcuno, per ragioni a lei del tutto sconosciute, doveva averla imprigionata in quel luogo e che era più che probabile che lo stesso qualcuno l'avrebbe imprigionata di nuovo una volta che avesse scoperto che aveva trovato il modo di evadere da quella prigione.

Doveva assolutamente pensare a un piano prima di salire la scala che aveva davanti...

doveva trovare qualcosa che potesse fungere da arma nel caso i suoi rapitori avessero tentato di aggredirla.

Si accovacciò e sollevò la scaletta quel tanto che le bastava per prendere in mano la cordicella che aveva tirato poco prima e a staccarla dalla botola.

Non era molto come arma ma era tutto ciò di cui disponeva in quel momento; forse una volta arrivata al piano superiore avrebbe potuto rompere una finestra e armarsi di cocci di vetro, oppure sarebbe stata abbastanza fortunata da riuscire a trovare un coltellino o qualcosa del genere.

<< Cristina...ti prego tesoro torna da me >> Cristina si immobilizzò nel sentire quel tono disperato, ogni nervo del suo corpo teso al punto da farle quasi male << E' doloroso, non hai idea di quanto tutto questo mi faccia soffrire>>.

Quella voce...

la stessa che le aveva raccontato le favole quando era solo una bambina, che l'aveva sgridata e che l'aveva consolata milioni di volte.

Scattò in piedi e con l'adrenalina che le scorreva a fiotti nelle vene cominciò a salire gli scalini; senza più pensare al pericolo che avrebbe corso, senza più pensare all'importanza di trovare un'arma, senza più pensare a nulla...se non a salvarla.

<< MAMMA! >> urlò in preda al panico mentre correva verso l'ignoto.

   
 
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