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Autore: hemmoschannel    01/05/2014    5 recensioni
Annaspai quando mia madre iniziò a parlare ed in quel momento l’aria tornò respirabile –per quanto mi fosse possibile.
«Un anno e non hai conosciuto nessun Augustus Waters negli ultimi anni»
NB. questa storia fa parte della serie "All of this glitterin' stars"
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hazel Grace Lancaster
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'All of this glitterin' stars'
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NB: La prima parte è un copia incolla dal libro, perchè da quel pezzo, poi, ho ricostruito la mia versione. Quindi boh, spero vi piaccia. 

Hamartia - imperfezione fatale
Da anni mi punzecchiavano, mi accoltellavano, mi avvelenavano, eppure io, trascinandomi, continuavo ad andare avanti. Ma che sia chiaro: in quel momento sarei stata molto, molto felice di morire.
Mi sono svegliata nel reparto di terapia intensiva. Ho capito che ero in terapia intensiva perché non avevo una stanza tutta per me, si sentiva un continuo bip e i miei non c'erano. In terapia intensiva pediatrica non è consentito ai familiari di stare con i degenti ventiquattro ore su ventiquattro, perché i visitatori costituiscono un rischio d'infezione. Dal corridoio arrivava un pianto sconsolato. Il bambino di qualcuno era morto.
Ero sola. Ho premuto il pulsante rosso di chiamata.
Poco dopo è arrivata un’infermiera, una di quelle dall’aria affidabile.
«Ciao cara, ben ritornata», ha detto, avvicinandosi a me «Come ti senti?» ha chiesto.
Sinceramente non sapevo come mi sentissi, forse ero frastornata, confusa, stanca, stordita, assonnata, debole, ma risposi «Meglio, grazie»
La lasciai armeggiare con la flebo, mentre seguivo i movimenti delicati che la sua mano compiva.
Sentivo delle voci provenire dal corridoio, e come mi aspettavo, poco dopo entrò mia madre in camera «Hazel, come stai?»
L’infermiera, fortunatamente, rispose al posto mio, in quel momento mia madre era la seconda persona che volevo vedere «Mamma, come sta Gus?» chiesi.
«Gus, chi è Gus?», la sua voce era incredula, confusa, tanto quanto lo ero io in quel momento.
«Gus, Augustus Waters, il ragazzo che ho conosciuto al gruppo di supporto, non lo ricordi?», le spiegai come l’avevo conosciuto, come quel ragazzo così contorto mi aveva colpito sin dal primo istante.
«Vi lascio sole, scusate», l’infermiera uscì dalla stanza, mentre mia madre prendeva posto nella sedia accanto al mio letto.
«Hazel, non sei più andata al gruppo di supporto da quando sei finita qui», iniziò a passare i polpastrelli sulla mia mano, accarezzandomela delicatamente, come se avesse paura di farmi del male.
«E, da quanto tempo sono qui?», chiesi.
L’atmosfera si intrise di un’aria irrespirabile, situazione che rese i miei polmoni ancora più tesi. Annaspai quando mia madre iniziò a parlare ed in quel momento l’aria tornò respirabile –per quanto mi fosse possibile.
«Un anno, e non hai conosciuto nessun Augustus Waters negli ultimi anni», quelle sue parole mi colpirono in pieno petto, così adesso non solo sentivo i polmoni scoppiare, ora anche il cuore stava dando i suoi problemi.
Mi agitai «Non può essere, io ho conosciuto Augustus Waters! L’ho conosciuto»
Ma io ne ero sicura, io avevo conosciuto Augustus Waters, quello stesso ragazzo che mi aveva fissato durante il gruppo di supporto. Quel ragazzo che conoscendomi da poche ore mi aveva portato a casa sua con la scusa di guardare quel film –V per vendetta, me lo ricordo ancora- io ero sicura di aver conosciuto quel ragazzo dal sorriso sexy.
Forse il mondo ce l’aveva con me, forse dovevo subirne i suoi capricci, ma non è colpa mia se avevo il cancro. Forse potrebbe essere colpa delle stelle, se tutto questo era accaduto. Forse, questo difetto era stato causato da loro.
Può essere che per ogni persona viva, ci sia una stella nel cielo che brilla? Forse. In questo caso la mia stella era quella dalla luce più sbiadita, quella che amava prendersi gioco di me alle mie spalle. Era colpa sua se ho conosciuto un ragazzo che nemmeno esiste.
Quando, dopo una settimana, mi avevano fatto tornare a casa, sono andata con mamma al cimitero a cambiare i fiori alla tomba di papà. La mamma mi ha raccontato che mentre ero in coma, papà è entrato in depressione: non usciva più, era stato licenziato dal lavoro e tutto lo stress gli aveva fatto male, fino a far fermare il suo cuore. Scoprirlo al mio risveglio è stato come ricevere una pugnalata in pieno petto. E io lo so, la colpa era delle stelle, sono loro che fanno girare il mondo.
Negli ultimi giorni stavo perdendo le forze. Non ero riuscita nemmeno a dire addio a mio padre e, in parte, è anche colpa mia non solo delle stelle.
Il mondo, in quel momento, si era fermato, la lapide di papà mi scavò dentro un buco profondo. Non credevo che avrei pianto così tanto. Non riuscivo a fermarmi e per una volta mi sentivo annegare e non era colpa dei miei polmoni questa volta.
«Lui ti voleva bene»
«Lo so, anche io»
Non era così che sarebbe dovuta finire. Papà sarebbe dovuto invecchiare, fino a che piccoli capelli bianchi gli fossero spuntati sulla sua testa. Avrebbe dovuto vivere per poter combattere insieme a me la mia battaglia.
Lui avrebbe dovuto vedere sua figlia morire.
Difetti, solo imperfezioni in tutto. Non era così che doveva andare.
L’essere andata in coma era stato un piccolo difetto, un’imperfezione fatale che aveva sconvolto il mio mondo. E se nel mio mondo ancora non esisteva, forse in quel Qualcosa con la Q maiuscola Augustus Waters poteva esistere. E io lo avevo conosciuto veramente. Ma finchè sarò nel mondo reale, dove Hazel Grace ha il cancro, l’aver conosciuto Gus è stato solo un sogno fatale, che era risultata un’imperfezione  inevitabile.
   
 
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