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Autore: LauraDreamer    01/05/2014    0 recensioni
Questa è la storia di due uomini, anzi, di uno, costretto a lottare per entrambi contro solitudine, false speranze, un mondo che sta crollando: il suo mondo, Alex.
“Avanti, piccolo, su. Muoviti.” sussurrò, intento a cogliere anche il più piccolo gesto dell’altro. “Svegliati. Fallo per noi.” supplicò.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Introduzione.


Era una placida sera di fine estate. Il vento sussurrava tra i rami delle alte querce al Johnson River Oaks Hospital. Il lungo viale di fronte all’edificio era percorso da innumerevoli persone: alcune in camice bianco se ne andavano a passo svelto, come a voler abbandonare il luogo subito, preoccupati di non avere altre occasioni per farlo; altre camminavano con una strana impassibilità, mascherando i loro pensieri, rallentando man mano che la distanza con l’ospedale si faceva minore, quasi cercando di non arrivare mai ad entrarvi. Forse per paura di vedere la malattia solcare il volto dei loro cari, forse per il rischio, anche se praticamente impossibile, di ammalarsi a loro volta, o forse semplicemente perché spogli della voglia di sentirsi dire ancora una volta che non c’è più niente da fare.
Parole dure da sentire; parole a cui il giovane Joseph era ormai talmente abituato da riuscire a ignorarle senza troppi problemi. Non provava più rabbia, nel sentirsele dire, ne aveva intenzione di rassegnarsi ad esse. L’unica cosa che faceva da un po’ di tempo, non appena il suo dottore gliele riferiva, era iniziare a pregare. E ormai pregava da quasi un’ora per la persona stesa sul letto di fronte a sé, tanto amata, custodita gelosamente per quattro mesi, coccolata, a volte, rincuorata spesso, e mai lasciata sola da lui, che tanto la amava, e che mai per un solo minuto aveva abbandonato le speranze.
“Padre Nostro, che sei nei Cieli..”
La luce iniziava a mancare, segno che era trascorso un altro giorno senza nuovi segni vitali: privato di movimento, suo marito giaceva ancora di fronte a lui, immobile, in coma vegetativo. Il ticchettio dell’acqua all’interno della sacca collegata al braccio del suo amante rendeva l’atmosfera nella stanza alquanto surreale; la solitudine iniziava come ogni notte ad abbracciare il giovane uomo, che sentiva la stanchezza ma non la voglia di arrendersi, per entrambi.
“..sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in Cielo, così in terra. Dacci” si fermò, accigliandosi, per cercare una conferma a quanto aveva appena visto. “Alex?”
Un piccolo movimento della mano destra aveva attirato l’attenzione di Joseph. Che se lo fosse sognato? Rimase in allerta, gli occhi fissi su quel dito che, no, non se l’era immaginato, si era mosso. Impettito sulla sedia, immobile, concentrato, per non lasciarsi sfuggire un altro segno, una possibile conferma dell’imminente risveglio del suo amato, provò a motivarlo. “Avanti, piccolo, su. Muoviti.” sussurrò, intento a cogliere anche il più piccolo gesto dell’altro. “Svegliati. Fallo per noi.” supplicò.
Una lacrima scese lenta sul suo viso. L’improvvisa speranza di poter sentire di nuovo la sua voce, di rivedere i suoi occhi azzurri sorridere ascoltando le sue stupidaggini, di poterlo baciare un’ultima volta senza sentirsi una vedova al funerale del marito, l’aveva pervaso fino a colmarlo di gioia e, in meno di un minuto, l’aveva poi abbandonato, lasciandolo vuoto e inerme. Si rilassò di nuovo sullo schienale, riprendendo la triste litania della preghiera, senza però distogliere lo sguardo dalla mano di suo marito.
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi… Basta.” si fermò, frustrato, alzandosi di colpo e prendendo a camminare avanti e indietro per la stanza. “Perché? Perché? Alex, scemo, perché? Perché ci hai fatto questo? Sono mesi che ti aspetto. Ti prego, svegliati. Te lo chiedo ogni notte. Ogni notte, ogni singola notte da mesi. Perché non ascolti? Ti sto aspettando. Ti stiamo aspettando tutti. Non ci pensi? A noi, alla tua famiglia, gli amici, il lavoro, la tua vita. Ti stiamo aspettando tutti. Che stai sognando di così interessante da lasciarci fuori?”
Trascorse così l’ennesima notte in bianco, passeggiando per la stanza e ogni tanto uscendo a cercare la macchinetta del caffé, giusto per non crollare troppo presto. Aspettando inutilmente un altro segno di Alexander, faceva due chiacchiere con le infermiere che, in quei quattro mesi, aveva avuto modo di conoscere. Talvolta le salutava con un cenno, troppo impegnate per essere disturbate da lui, un paziente malato di speranza, mentre altre si fermavano subito riconoscendolo come ‘il marito del caro ragazzo della 106’, chiedendogli di progressi che non si manifestavano, dispiacendosi inutilmente per una persona che non avrebbero aiutato. E alla fine tornando nella sua stanza, sedendosi sulla sedia che il dottore stesso gli aveva portato dopo appena una settimana di permanenza, e carezzando dolcemente la tiepida mano di Alexander, Joseph si addormentò, entrando in un sonno travagliato e non molto diverso dalla realtà.
  
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