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Autore: Tatuata Bella    02/05/2014    6 recensioni
Notte insonne. Erano diventate frequenti per Sam. Solo che quella notte, in quel motel di San Francisco c'era qualcosa di diverso, e non solo perché era il suo compleanno. Quella notte non era l'unico a non riuscire a dormire.
Scritta per il compleanno di Sam, OS ambientata nella Settima stagione tra la puntata 16 e la 17, che ovviamente non è la data esatta del compleanno di Sam, ma concedetemi una piccola licenza poetica.
Dedicata alle meravigliose ragazze di "The Family Business".
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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2 maggio
ORE 8:30 a.m.
 
Dormire non era mai stato così difficile come in quel periodo. Era una condizione comune, un dato di fatto, e mai come in quei giorni i Winchester si rendevano conto dell’importanza che potevano avere anche solo un paio d’ore di sonno per notte.
Pensava questo Dean Winchester, rigirandosi inquieto fra le lenzuola del letto del motel di San Francisco dove. Aveva dormito male, si era svegliato un sacco di volte, ma per lo meno aveva dormito, anche se disturbato dai soliti incubi e dall’ansia per la salute del fratello, che invece, ne era sicuro, non aveva dormito nemmeno un minuto. Come tutte le notti.
Improvvisamente, con uno scatto, si tirò su e si sedette sulle lenzuola: si era quasi dimenticato del compleanno di Sam.
Si voltò verso il letto del fratello, ma lo trovò vuoto. Dean aggrottò le sopracciglia, confuso: quella notte, alle tre, si era svegliato di soprassalto e aveva constatato che Sam non era lì. Non si era preoccupato molto, capitava spesso da quando il fratello era insonne; a volte si alzava e andava in giro, per non sentire la stanchezza. Per sicurezza Dean  gli aveva lasciato un messaggio in segreteria e, già che era sveglio, aveva pensato di lasciargli i regali per il suo compleanno sul cuscino. Ma adesso non c’erano né i regali né suo fratello.
Si passò una mano tra i capelli, mentre si sciacquava velocemente la faccia.
Come minimo Sam era andato in giro a cercare Leviatani senza di lui, e come minimo si era messo nei casini. Doveva trovarlo immediatamente.
Si mise una camicia e il solito paio di jeans e si fiondò fuori dalla stanza.
Poteva essersi cacciato ovunque, non sapeva nemmeno da che parte cominciare a cercarlo. E poi chi cavolo lo sapeva come funzionava il cervello di una persona in preda ad allucinazioni di Lucifero? Ma Dean non aveva tempo per le domande, doveva trovarlo subito, avrebbe cominciato dal complesso di uffici in cui stavano facendo ricerche il giorno prima, e poi…
“Le dico che sono sicuro! Deve solo controllare meglio! Oppure per qualche strano motivo non vuole dirmelo…”
Dean tirò un sospiro di sollievo nel sentire la voce di suo fratello provenire dalla reception.
“Le assicuro di no! Quella stanza era vuota, non c’era nessuno. Adesso, per favore, se vuole tornare nella sua stanza io posso riprendere a fare il mio lavoro…” rispose la signorina della reception.
“Sto soltanto chiedendo un’informazione! Non capisco perché continua a trattarmi come se fossi…che ne so…un pazzo instabile…”
“Io qualche idea ce l’avrei…” disse Dean, spuntando a fianco del fratello. “Che ne dici di venire un secondo a fare due chiacchiere, fratellino?”
Sam, esausto, un po’ per la frustrazione, un po’ per l’effettiva mancanza di sonno, annuì e seguì il fratello.
“Lo scusi, eh…mio fratello soffre di insonnia ed è un po’…irritabile.” Spiegò Dean alla receptionista, che annuì, comprensiva, un po’ rapita dagli occhi verdi di Dean.
“DEAN!” lo richiamò Sam, che aveva già imboccato il corridoio che portava alla loro stanza.
Dean sorrise alla ragazza e seguì Sam in stanza.
“Allora. Hai intenzione di spiegarmi?” esordì il maggiore.
“Cosa?”
Dean lanciò un’occhiataccia a Sam, ma si fermò di fronte agli occhioni spalancati che il fratellino stava sfoderando.
“A proposito…buon compleanno Sammy…” disse Dean, addolcendo il suo sguardo.
“Grazie…e grazie anche per i regali, l’album con le foto di papà e mamma è davvero un pensiero bellissimo. Ma come hai fatto a trovarle?”
“Ho le mie fonti…” disse Dean sorridendo.
“Avrei evitato la bambola gonfiabile però…”
“Ma come? Era quello il vero regalo! L’hai già gonfiata?” chiese Dean curioso.
“Assolutamente no…e non intendo farlo!” rispose Sam, divertito.
“Ah, andiamo, avrai bisogno di passare il tempo in qualche modo ora che praticamente non dormi più…”
Sam si rabbuiò immediatamente, come se si fosse improvvisamente ricordato di tutto quello che stava passando in quel periodo.
“A proposito….” Cominciò Dean. “Mi vuoi dire dove sei stato stanotte?”
“Al solito, Dean, in giro, qui attorno all’albergo, per cercare di distrarmi…”
“E perché stamattina stavi litigando con la signorina alla reception? Chi stavi cercando?” continuò Dean.
“nessuno”
“Allora. Adesso tu ti siedi qui e mi racconti che è successo stanotte. E, Sammy…tutto.”
Sam si lasciò cadere seduto sul letto, sospirando rassegnato. Sapeva di non poter scappare.
“D’accordo…d’accordo…Allora…
 
 
2 maggio
ore 2:58 a.m.
 
Sam si era appena svegliato di soprassalto, in preda al panico e con gli occhi sbarrati, grazie alle immagini orribili che Lucifero continuava a mettergli in testa a contaminargli la mente.
Si alzò, stropicciandosi gli occhi. Non serviva a nulla continuare a stare sdraiato ad illudersi di poter finalmente riposare.
Dean, nel letto a fianco al suo, stava dormendo profondamente.
Forse era meglio fare un giro, in corridoio o lì intorno, così non avrebbe rischiato di svegliarlo.
Cominciò a camminare avanti e indietro lungo il corridoio, cercando di pensare  a qualsiasi cosa tranne che alle voci nella sua testa, ma l’unico pensiero che aveva in mente a parte i pensieri di Lucifero, era “ho bisogno di dormire”.
3…4…5 passi
ho bisogno di dormire
6…7…8 passi
ho assolutamente bisogno di dormire
9…10…11 passi
ho dannatamente bisogno di dor…
“Hey!”
Sam si bloccò di scatto, voltandosi verso la direzione da cui proveniva la voce.
“Dico, continuerai a passeggiare avanti e indietro ancora per molto? Hai un’andatura estremamente irritante!”
Lo sguardo della ragazza che stava parlando stava letteralmente tentando di incenerire Sam. Forse era a causa del blu intenso degli occhi indagatori della ragazza, ma il cacciatore in quel momento si sentiva molto a disagio.
“Beh? Sei muto?” continuò la ragazza, senza muoversi dal vano della porta. Avrà avuto circa venticinque anni, lunghi capelli corvini scomposti che le ricadevano mossi lungo la schiena e se ne stava lì ferma senza problemi nonostante indossasse solamente dei micro shorts di felpa e una canottiera sottile che le lasciava scoperto l’ombelico.
“No. Parlo.” Ottimo inizio, Sam, complimenti.
“Wow. Da non credersi, e senti…potresti andare a passeggiare tipo dentro la tua stanza?” proseguì la ragazza con un tono arrogante.
“Non vorrai farmi credere che ti sei svegliata a causa del rumore delle mie scarpe sulla moquette…che hai, il superudito?”
La ragazza fece un sorrisetto: “Chissà…magari è vero…”
Sam rimase impietrito per un secondo. Per un attimo era stato sicuro che lei non stesse scherzando affatto.
“Comunque no. Ero già sveglia. E mi stai disturbando.”
Sam stava per risponderle, quando venne interrotto dalla segreteria del suo cellulare.
“Sono Sam Winchester, lasciate un messaggio e sarete richiamati.”
“Sam, sono Dean, non ci sei, non ti stai cacciando nei casini, vero?”
Sam non fece in tempo a prendere il cellulare che la ragazza lo interruppe, uscendo dalla sua stanza e avvicinandosi a Sam.
“Tu sei Sam Winchester?” chiese, spalancando gli occhioni blu, incredula.
“Aehm. Sì. Quindi?”
“Sam Winchester…il cacciatore?”
Sam trasalì: “Chi diavolo sei tu?” chiese alla ragazza.
Lei gli tese la mano. L’aria arrogante era completamente scomparsa: “Sono Elizabeth Lee. Sono una cacciatrice, vengo da Boston.”
Sam gli tese la mano.
 
 
2 maggio
ore 8:45 a.m.
 
“Ok, quindi…hai incontrato questa cacciatrice in corridoio. Perché cavolo non mi hai svegliato?” sbottò Dean.
“Dean, per favore, fammi andare avanti se vuoi sapere tutta la storia…”
Dean annuì. “Vai avanti…”
“Ok…quindi le ho fatto qualche domanda, ma continuava a rispondere in modo molto evasivo e…”
“Pessimo segno. Avresti dovuto svegliarmi.”
“Dean vuoi stare zitto un attimo?”
“Scusa.”
Sam riprese: “Sembrava volesse chiedermi qualcosa senza esporsi troppo. In pratica eravamo a un punto morto, finchè a un certo punto…
 
 
2 maggio
ore 3:30 a.m.
 
“Devo andare a fumare.” Disse Elizabeth, all’improvviso. “Mi aspetti qui qualche secondo e mi accompagni fuori?”
Sam annuì, mentre la ragazza rientrava in camera, dandogli le spalle.
“E…Sam?” aggiunse, voltandosi. “Ti prego, non andartene, ho davvero bisogno di chiederti una cosa.”
“Ok. Stai tranquilla, non mi muovo da qui.”
Un breve sorriso, poi Elizabeth scomparve dietro la porta.
Dopo una manciata di minuti uscì di nuovo, con indosso un paio di shorts di jeans,  una maglietta, una giacca di pelle nera e ai piedi un paio di anfibi da cui spuntavano dei calzettoni pesanti grigi.
Con la sigaretta già tra le labbra e i capelli raccolti in un muccio al centro della testa, fece cenno a Sam di seguirla giù per le scale.
Appena arrivarono fuori dal motel, nel terrazzo che affacciava sul parcheggio delle auto, trafficò con l’accendino con un’urgenza inaudita.
“Ne vuoi una?” chiese.
“Non fumo.” Rispose Sam. Era troppo occupato a studiare ogni movimento di quella ragazza per pensare a qualcosa di sensato da dire. Non sapeva nemmeno perché, ma c’era qualcosa di magnetico in lei.
“Cosa devi chiedermi?” disse Sam, impaziente di saperne di più.
“Siete qui per un caso, giusto? C’entrano i Leviatani?”
Sam tossicchiò: “E tu che ne sai  dei…”
“Lo so e basta. Ho fatto tante ricerche, è l’unica causa possibile per spiegare tutto quello che sta succedendo.”
“E sei arrivata a questa conclusione da sola?”
Elizabeth guardò Sam con un po’ di rimprovero: “Pensi che sia stupida?”
“Assolutamente no. E’ solo strano. Fai le ricerche da sola, cacci da sola…come sei diventata cacciatrice? Hai sempre cacciato sola? E’…impossibile.”
La ragazza alzò le spalle: “Invece è così.”
Sam sbuffò. Stava cominciando a stancarsi di quel giochetto a chi dei due era più riservato: “Ok, senti, se tu non parli chiaro io non ti dico un bel niente sui Leviatani. E scordati il mio aiuto.”
“Non mi serve il tuo aiuto.”
“Ah davvero? Io penso di sì.”
Elizabeth si zittì, abbassando lo sguardo: “D’accordo.” Disse infine. Si sedette sulla ringhiera esterna, dondolando le gambe.
“Sono sulle tracce di chi ha rapito mio fratello e credo c’entrino questi Leviatani. E mi serve il tuo aiuto, tuo e di tuo fratello, perché…” la voce di Elizabeth si ruppe, come sopraffatta da troppe emozioni. Sam incatenò il suo sguardo agli occhi blu di Elizabeth, cercando di trasmetterle il sostegno necessario per farla continuare.
“Perché io devo ritrovarlo…è tutto quello che mi rimane, ormai mi è rimasto soltanto lui…prima devo trovare mio fratello. Dopo farò a pezzi quei bastardi dal primo all’ultimo. Non voglio solo ucciderli li voglio sterminare, uno per uno.”
Sam si avvicinò ad Elizabeth di qualche passo. Aveva un impulso irrefrenabile di “coccolare” quella ragazza, di fare l’impossibile per alleviare anche solo per un secondo tutto il suo dolore.
“Chi hai perso?”
“Cosa?”
“I Leviatani hanno ucciso qualcuno della tua famiglia, vero? Riconosco quell’odio, ce l’ha solo chi ha perso qualcuno di importante.” Disse Sam.
Elizabeth si fissava la punta delle scarpe, insistentemente, e rispose a Sam solo dopo qualche secondo: “Il mio fidanzato. Eravamo solo noi tre, fino al mese scorso. Stavamo seguendo un caso, ma ci siamo resi conto subito di avere fra le mani qualcosa di più grosso del solito. E’ finita male…il mio ragazzo è morto e mio fratello è scomparso. Non c’era più e basta…quindi ho bisogno che mi dici tutto quello che sai sui leviatani, se davvero è di quelle creature che si tratta…”
“Loro…sono creature orrende. Hanno l’aspetto di persone normali, ma la loro vera forma è quella di mostri orribili. Sono carnivori, si nutrono di esseri umani.”
Elizabeth trasalì: “Mangiano…mangiano gli umani?”
Sam in quel momento avrebbe voluto sotterrarsi. Elizabeth non lo sapeva. Non sapeva come era probabilmente morto il suo fidanzato. Avrebbe venduto un rene pur di non dover vedere il suo viso mentre realizzava cosa era successo alla persona che amava.
“Non…non l’hai visto succedere?” chiese Sam.
Lei scosse la testa.
Sam indugiò. Stava cercando di trovare le parole giuste, ma in quel caso era praticamente impossibile.
“Loro hanno…mangiato il mio ragazzo?” chiese. Era sconvolta, aveva gli occhi gonfi di lacrime. Sembrava una persona completamente diversa dalla ragazzetta arrogante che stava sulla porta della stanza d’albergo. Sembrava quasi più piccola, con gli occhi smarriti.
Sam non rispose. La prese per mano, non poteva fare altro in quel momento.
“Potrebbe essere successo anche a mio fratello? Ho pensato che l’avessero preso perché non ho trovato…resti insomma.” Disse Elizabeth. Stava disperatamente cercando di mantenere il controllo sulla sua emotività.
“Può darsi che sia vivo…non smettere mai di cercarlo finchè non sarai sicura di cosa gli è successo, Elizabeth.” Disse Sam.
“Chiamami Ellie.”
 
 
2 maggio
ore 9:05 a.m.
 
“Sei impazzito? Hai raccontato alla prima che passa tutto sui Leviatani solo per un paio di occhioni dolci?” Dean lo interruppe di nuovo.
“Stai calmo. Non le ho detto niente su come sono arrivati qui…”
Dean grugnì in segno di assenso.
“Però forse ho detto qualcos’altro che non dovevo dire…”
“Sammy…”
“Non è colpa mia! Ellie è così intuitiva…praticamente me l’ha tirato fuori dalla bocca…”
“Che le hai detto?”
“Adesso ti spiego…
 
 
 
 
2 maggio
ore 3: 45 a.m.
 
“E tu?” chiese Ellie, passandosi con forza una mano sugli occhi, per asciugarli.
“Io?” chiese Sam.
“Stavi passeggiando nel corridoio alle tre di notte, hai degli occhi talmente gonfi che sembra che ti abbiano preso a botte e continui a toccarti una mano ogni trenta secondi da un’ora. E’ evidente che hai un problema.”
Sam alzò le sopracciglia, pensando a un metodo per schivare la domanda. Che poi…aveva veramente voglia di evitare la domanda? Da quanto tempo cercava di soffocare il casino che aveva in testa senza trovare mai una valvola di sfogo?
“Ho…un piccolo problema con l’insonnia.” Rispose.

“Incubi?”
“Qualcosina di più.”
Ellie abbassò il viso per cercare di intercettare lo sguardo di Sam: “Io ti ho parlato della mia famiglia, e non è stato facile e tu non vuoi nemmeno spiegarmi perché hai sonno?”
Aveva ragione, glielo doveva.
“Hai mai sentito qualcuna delle storie che raccontano su di noi?” chiese.
“Credo di averle sentite tutte. Mio fratello vi adora, siete i suoi idoli. Principalmente adora Dean, ma…”
Sam ridacchiò: “non avevo dubbi”
“Comunque sì, so tutto di voi. Dicono che avete causato l’apocalisse, che siete stati all’inferno, che avete visto gli angeli. Dicono anche che tu sei un mezzo demone o qualcosa del genere. Ah, e ho sentito anche dire che tuo fratello riesce a fare sesso per quattro ore consecutive…” disse Ellie.
“Ehm…beh…alcune cose sono vere altre…altre no.”
“Comunque questo che c’entra con il tuo sonno?”
“Una delle cose vere era che sono stato all’inferno. E anche in qualche posto peggiore. E questa cosa ha lasciato degli strascichi troppo profondi per riuscire a dormire ancora. Ho delle visioni. Delle allucinazioni terribili di quando ero…in quel posto che mi impediscono di dormire.”
“Da quanto tempo non dormi?”
“Qualcosa più di una settimana.”
“Wow. E come fai a stare in piedi?”
Sam alzò le spalle.
“…e…che posto esiste peggio dell’inferno?”
Sam tornò a guardarla negli occhi: “Ti giuro che ti auguro di non scoprirlo mai.”
Ellie rise piano, mentre si accendeva un’altra sigaretta: “Ma la pianti o no di fare la parte dell’uomo vissuto? Quanti anni hai?”
“Ventinove. Ah, cioè…adesso trenta. Da quattro ore.”
Ellie saltò giù dalla ringhiera e si piazzò di fronte a Sam: “Davvero? E’ il tuo compleanno?” Si alzò sulle punte e gli stampò un bacio innocente sulla punta delle labbra. “Tanti auguri.”
Sam era sicuro di essere diventato rosso e adesso era abbastanza a disagio e non sapeva cosa fare.
“G…grazie.” Disse.
Ellie sorrise, riappropriandosi del visino malizioso e un po’ beffardo che aveva qualche ora prima.
“grazie degli auguri o del bacio?” chiese.
“Di entrambi.” Rispose Sam, cercando di riguadagnare un po’ di terreno.
“Se ti bacio un’altra volta mi dici a che punto sono le vostre indagini?” chiese Ellie.
Sam scosse la testa: “Ho paura di non poterlo fare.”
“Potrei pedinarti” Ellie si avvicinava sempre di più al viso di Sam, con un atteggiamento decisamente più sensuale della prima volta.
“Potrei accorgermene e chiuderti a chiave nella tua stanza.” Ribattè Sam, cercando di stare al suo gioco.
“uhuuu, con te dentro?”
Sam rise: “No, solo tu.”
“Peccato.”
Ellie azzerò completamente le distanze e baciò Sam sulle labbra, questa volta seriamente, con un’intensità studiata. Un po’ troppo studiata, pensò Sam, che comunque in quel momento considerava la spontaneità della ragazza come un problema di cui si sarebbe occupato dopo. Ricambiò il bacio, mettendole una mano dietro la schiena per avvicinarla ancora un po’ a lui.
“Se dormo con te, domani mi porti insieme a voi a cercare i Leviatani?”
A quel punto Sam si rese conto della situazione e la allontanò, facendo pressione sulla sua spalla.
“Senti Ellie, ma per chi cazzo mi hai preso?” chiese, un po’ amareggiato.
“Ah, d’accordo. Ti avevo chiesto di aiutarmi, non mi vuoi aiutare? Bene. Ci andrò da sola a cercare i mostri che hanno ucciso il mio ragazzo e rapito mio fratello. Complimenti. Incontrare uno dei famosi Winchester è stata una vera delusione, perché sei davvero uno stronzo.” Ellie gli voltò le spalle e scese di corsa le scale, fino al parcheggio.
“Ellie!” la chiamò Sam. Non sapeva bene come, ma improvvisamente era diventato lui lo stronzo e lei la vittima. Le capacità di quella ragazza di manipolare i pensieri era assurda.
“Vaffanculo.”
“Ellie ma dove vai?”
La ragazza aveva attraversato il parcheggio e si era messa a camminare lungo la corsia di emergenza della Highway.
Ok. Fanculo.
Sam scese le scale di corsa e la raggiunse in pochi minuti.
“Ellie, dannazione fermati…” la afferrò per un braccio.
“Lasciami, Sam, o ti faccio male.”
Nonostante la sua stazza gracile, Sam sapeva che quando un cacciatore dice ‘ti faccio male’ di solito è vero, ma nonostante ciò l’ultimo dei suoi pensieri era quello di lasciarla andare.
“Dove diavolo vuoi andare adesso?” chiese.
“Lontano da qui. A cercare mio fratello, ovunque, visto che non vuoi dirmi nemmeno dove cercarlo.” Rispose Ellie. Aveva il respiro affannato e sembrava decisamente in preda al panico.
Sam desiderava soltanto calmarla. La abbraccìò, prendendola fra le braccia e accarezzandole piano i capelli. Sentiva il respiro di Ellie che lentamente cominciava a regolarizzarsi.
“Ti riporto dentro…”
“No…”
“Domani ti aiuto a cercare tuo fratello. Te lo prometto. Però ora torna dentro…”
Ellie annuì e si lasciò condurre da Sam verso il motel.
“Vai a riposare qualche ora Ellie…” le consigliò Sam, arrivati di fronte alla porta della sua stanza.
“Sono le cinque. Non credo che riuscirò a dormire ormai.”rispose la ragazza.
“Buonanotte Ellie.” Insistette Sam, ma Ellie non si muoveva dal vano della porta, era nella stessa identica posizione in cui era all’inizio di quell’assurda notte. Continuava a guardarlo e non si muoveva di un millimetro.
Sam era nel pieno di un conflitto esistenziale.
Sapeva che era la cosa sbagliata.
Il suo ragazzo era appena morto.
Suo fratello era scomparso.
Lei era sconvolta, aveva appena avuto una crisi di panico, e per di più meno di un’ora prima aveva cercato di sedurlo in cambio di un aiuto a cercare il fratello che  lui aveva deciso di concederle comunque.
Era decisamente la cosa sbagliata, e Sam, quando si trovava di fronte a una scelta, faceva sempre la cosa sbagliata. Uno sbaglio in più cosa mai sarebbe stato?
Fece un passo avanti e la baciò, spingendola contro la porta. La prese in braccio e lei intrecciò le gambe attorno alla sua vita, senza staccarsi dalle sue labbra.
“Ellie…” tentò di dire Sam, preso da un’improvvisa crisi di scrupoli “Solo…” ansimò “Solo se sei sicura…”
La ragazza allungò una mano dietro di sé, chiudendosi la porta alle spalle con uno scatto, incatenando gli occhi a quelli di Sam.
Ok. Era sicura.
Sam le prese una mano e la tirò sul letto, seduta a cavalcioni sulle sue gambe. Continuava a far scorrere le mani lungo la sua schiena magra, sopra la stoffa della sua maglietta, aspettando il momento giusto per togliergliela. Decise che era il momento giusto quando avvertì una mano di Ellie che si muoveva lentamente sopra il cavallo dei suoi pantaloni. La maglia sottile della ragazza cadde a terra in meno di un secondo, seguita dalla t-shirt di Sam. Lui la prese saldamente per la vita, sciogliendole i capelli che caddero in morbide onde sopra la schiena della ragazza.
Baciandole il collo, le slacciò il reggiseno…
 
 
 
 
2 maggio
ore 9:30 a.m.
 
“Sam! Quante dannate volte ti ho detto di non raccontarmi questo genere di dettagli?!” sbottò Dean alzandosi in piedi di scatto.
“Scusa…”
“Era indispensabile per la comprensione della storia?”
“Beh…forse non proprio…”
“Ok” disse Dean, sedendosi di nuovo sul letto. “Poi…?”
 
 
 
 
 
 
 
2 maggio
ore 7:50 a.m.
 
“E’ tardissimo. O forse dovrei dire prestissimo…” disse Sam, rimettendosi le scarpe, mentre Ellie era intenta a cerchiarsi gli occhi di nero di fronte allo specchio.
“Dove devi andare?” chiese la ragazza.
“Da nessuna parte. Ma non ho richiamato Dean, ieri notte. Se si fosse svegliato ci sono ottime possibilità che sia uscito a cercarmi per tutta San Francisco.” Spiegò Sam.
“Dovete volervi molto bene…”
Sam sorrise, guardò in basso, senza rispondere.
Lasciò un bacio a Ellie e uscì dalla stanza, rientrando nella sua.
Trovò Dean che dormiva profondamente, con la bocca semiaperta, sprofondato nel cuscino.
Notò anche due pacchetti appoggiati sopra il suo letto. Sì, Ellie aveva ragione, gli voleva un bene dell’anima.
Dopo aver aperto i pacchetti (e dopo aver riposto la bambola gonfiabile ancora chiusa nella sua confezione dentro al cassetto del comodino), cercò il cellulare nella tasca, per controllare l’ora e decidere se fosse il caso o meno di svegliare Dean.
Ma che strano, non riusciva a trovarlo…
“Accidenti.” Imprecò appena si rese conto di quello che era successo. Ellie doveva avergli rubato il cellulare, era l’unica che poteva averlo fatto…e aveva sicuramente trovato tutti i dati delle ricerche sui leviatani nelle mail inviate, e quindi l’indirizzo del palazzo della Sucrocorp infestato dai Leviatani.
Doveva trovarla. Subito.
Uscì correndo dalla stanza, correndo verso la stanza di Ellie, ma trovò la porta aperta e la stanza completamente vuota.
Era arrivato tardi.
 
 
 
 
2 maggio
ore 9: 40 a.m.
 
“E nel frattempo tu ti sei svegliato. Il resto della storia lo sai” concluse Sam.
“Wow. Complimenti, fratellino, sei stato sedotto, abbandonato, e pure derubato.” Commentò Dean, incapace di non notare il lato ironico della faccenda.
“Puoi evitare di prendermi in giro? Dobbiamo trovarla…”
“Beh, che ti frega, è una stronza, se si fa ammazzare dai Leviatani peggio per lei…”
“Rivoglio il mio telefono.”
Dean lo fulminò con lo sguardo: “Ah, andiamo, Sammy, non dire stronzate…”
“Ok, d’accordo. Potrei essere preoccupato per lei. Forse. E comunque…ha agito così soltanto per trovare suo fratello. Chiunque l’avrebbe fatto.” Disse Sam, e Dean non potè che convenire.
“D’accordo, andiamo a cercarla. E’ sicuramente al Grattacielo della Sucrocorp, muoviamoci.”
 
 
 
 
2 maggio
ore 10:30 a.m.
 
Ellie stava girando intorno a quel grattacielo da venti minuti, cercando di ideare un modo per entrare eludendo i sistemi di sicurezza. Era certa che suo fratello fosse lì dentro. O meglio, in quel momento non era certa di nulla, ma se suo fratello era vivo, c’erano alte possibilità che fosse lì dentro. Ma perché avrebbero dovuto tenerlo in vita?
Ellie scosse la testa, scacciando quei pensieri dalla sua mente.
Ok. Doveva tentare di entrare. Scavalcare il cancello sul retro sembrava la cosa migliore. Era pieno giorno ma l’ingresso posteriore affacciava su una stradina minuscola e per niente trafficata, quindi non ci sarebbero stati testimoni scomodi.
Prese la rincorsa e saltò, aggrappandosi alle sbarre del cancello, ma immediatamente si sentì trattenere per un piede.
“Dove diavolo credi di andare?”
“Sam?” fece Ellie, incredula. Ci aveva messo molto meno tempo di quello che pensava ad accorgersi del furto.
“Già. Piacere. Io sono Dean” disse il maggiore, tendendo una mano verso Ellie, ancora aggrappata al cancello. Lei non la strinse e li fissò con lo sguardo di un gatto selvatico.
“Ti do ragione, Sam, ne valeva veramente la pena di farsi usare come un uomo oggetto da una ragazza così carina.”
Sam tirò un pestone al fratello.
“Sam…mi dispiace per…per tutto. Però devi lasciarmi andare. Sento che lì dentro c’è mio fratello.”
“Ehi. Ti avevo promesso che ti avrei aiutato a trovarlo e lo farò, ma se scavalchi quel cancello ti troveranno in meno di dieci minuti.”
Ellie si arrese e saltò giù dal cancello.
“Finalmente ti sei decisa.” Commentò Dean.
“E allora? Come facciamo a entrare?” chiese Ellie.
“La tattica più semplice, e anche la più efficace.”
“Cioè?”
Dean alzò le spalle: “Diversivo.”
 
 
 
 
 
2 maggio
ore 10: 45 a.m.
 
Dean sfondò con un calcio il cancello principale dell’edificio. Le braccia spalancate alzate in aria, aria beffarda e andatura baldanzosa
“HEY” urlò a pieni polmoni. “NON C’E’ NESSUNO QUI?”
Era prevedibile, i leviatani avrebbero aspettato che entrasse nell’edificio per cercare di ucciderlo. Aprì la porta principale ed entrò, sicuro di sé.
“Andiamo.” Bisbigliò Sam all’orecchio di Ellie. La ragazza scattò e si intrufolò dall’ingresso posteriore. Sam sfondò la porta con un calcio e seguì Ellie all’interno.
“Andiamo verso le cantine…” disse la ragazza.
“No. E’ meglio il deposito, al dodicesimo piano.” Disse Sam.
L’edificio era deserto. Dean stava facendo bene il suo lavoro, al piano terra. Sam sperava solo che non si trovasse in difficoltà.
Arrivati al dodicesimo piano, Sam indicò ad Ellie la porta del deposito. Aveva studiato a memoria le piante di quell’edificio nei giorni precedenti.
“Tony!” urlò Ellie addentrandosi nella stanza.
“Eccolo, Eccolo!” la ragazza corse verso una gabbia, nascosta nel fondo della stanza. Dentro c’erano cinque o sei persone. Sparò al lucchetto e corse ad abbracciare il fratello.
“Ohmiodio Credevo che non ti avrei più rivisto…”
Sam, nel frattemo era  sospettoso. Era così strano che non ci fosse nemmeno un custode…forse era sceso anche lui…
“Che nessuno si muova.”
Sam si voltò di scatto e trovò il fratello di Ellie che le teneva un coltello premuto contro la gola.
Sam pensò che doveva aspettarselo. Era stato uno stupido. Quello non era il fratello di Ellie, era solo l’ennesimo trucco dei Leviatani.
Il cacciatore alzò le braccia, posando la pistola caricata con il detersivo per terra.
“Ok. Non farle del male.” Disse Sam.
“Dov’è mio fratello?” chiese Ellie.
“Zitta.” Le intimò il Leviatano. “Mai sentito parlare di ‘scorte per l’inverno’?”
“E’ vivo?” chiese ancora Ellie.
“Per ora. Lo stiamo facendo ingrassare. Lo mangeremo tra qualche mese, ed questa la sorte che toccherà anche a te.”
“No!” urlò Ellie.
Poi accadde tutto in un secondo: il suono di uno sparo, il Leviatano che scattò, trasformandosi nella sua vera forma per un istante, Ellie che cadeva a terra e Sam che raccoglieva la pistola con il detersivo e sparava contro il leviatano.
Dean, dietro le sue spalle, teneva ancora fra le mani la pistola fumante, mentre suo fratello mozzava di netto la testa del leviatano.
“Wow, Dean. Come ti è venuto in mente di sparare al Leviatano?” chiese Sam, mentre il fratello aiutava Ellie ad alzarsi.
“Vi serviva qualcosa che facesse un po’ di confusione. Come un diversivo.”
“Grazie.” Mormorò Ellie.
“Dobbiamo sbrigarci. La porta del deposito non reggerà ancora per molto. Dobbiamo prendere tuo fratello, quello vero, intendo, e dobbiamo trovare il modo di scendere dalla finestra. Siamo al dodicesimo piano, non sarà facile.” Disse Dean.
“…come sarebbe ‘prendere mio fratello’? non sappiamo dov’è…”
“Ci dev’essere una parete apribile da qualche parte. Tuo fratello è per forza qui.”
Fu Ellie a trovarlo. Aveva gli stessi occhi blu spaesati e spaventati della sorella, ma era ancora vivo, ed anzi, ingrassato anche di qualche chilo.
Ma la luce che era apparsa negli occhi di Ellie appena aveva realizzato di aver davvero ritrovato suo fratello era qualcosa di impagabile, qualcosa che fece ricordare a Sam e Dean il senso stesso del perché facessero i cacciatori. Aiutare la gente, anche quando si trattava di colleghi.
 
 
 
 
2 maggio
ore 3:40 p.m.
 
Ellie stava fumando l’ennesima sigaretta, appoggiata nuovamente alla stessa ringhiera della notte prima. Guardava le macchine sfrecciare veloci davanti ai suoi occhi, persa nei suoi pensieri.
“Ehi.” La voce di Sam la raggiunse.
“Ehi.” Rispose la ragazza con un sorriso. “Hai un aspetto orribile.” Disse.
Sam si stropicciò gli occhi pesti e arrossati per il sonno: “Carino da parte tua…”
“Devi cercare di dormire. Ma davvero, ti ammalerai se continui così.” Disse la ragazza, preoccupata.
“Lo so. Non è così semplice.” Disse Sam.
“Non è mai semplice.”
Un secondo di silenzio.
“Sam…” disse infine Ellie “Credo che questo sia tuo.” Gli restituì il cellulare.
“Mi dispiace per quello che ho fatto. Ero disperata…”
“Lo so. TI capisco.”
“Ma non voglio che tu pensi che la scorsa notte sia stata solo per questo insomma…io…non è andata così.” Ellie era palesemente a disagio. L’incapacità di confrontarsi con i sentimenti doveva essere una caratteristica dei cacciatori.
Sam sospirò. Erano ore che cercava il coraggio per chiederle quello che voleva chiederle.
“Vieni con noi.”
Ellie spalancò gli occhi, incredula: “cosa?”
“Tu…e tuo fratello, intendo. Venite con noi. Potrete aiutarci a cacciare i Leviatani…io ne sarei felice.”
Ellie fissò Sam negli occhi, con uno sguardo serio, adulto, che era la prima volta che gli rivolgeva.
“Siamo cacciatori, Sam. Noi ci mettiamo in cammino solo verso il luogo in cui dobbiamo andare. E abbiamo tutti un luogo dove andare.” Si avvicinò a Sam e, come la sera prima, si alzò sulle punte e gli sfiorò le labbra con un bacio leggero.
“Magari un giorno ci incontreremo ancora. Magari in un momento migliore”
Sam annuì. Sapeva che Ellie aveva ragione.
Lei prese lo zaino che aveva appoggiato in terra e scese le scale, dirigendosi verso la sua macchina. Entrò, al posto del guidatore e accese il motore, aspettando il fratello che sarebbe arrivato a breve.
A quel punto Sam le lanciò un ultimo sguardo, attraverso il vetro dell’auto, le voltò le spalle e tornò dentro. Non aveva intenzione di rimanere a guardare l’auto immettersi in strada ed allontanarsi, fino a diventare un punto lontano che si confondeva con l’orizzonte.
Tornò nella sua stanza, dove trovò Dean che aveva già messo la loro poca roba negli zaini.
“Allora?”
“Partono.” Rispose Sam.
“Hai preso l’ennesimo rifiuto, eh, Sammy? Ma quanto sei sfortunato con le donne…” disse Dean. La stava buttando sul ridere, nel tentativo di riportare tutto alla normalità, come se avessero appena risolto un caso come un altro.
“Ma stai zitto…” rispose Sam, stando al gioco.
“Non essere triste. Ti ho messo la bambola gonfiabile nello zaino. Nel caso stasera volessi consolarti…”
“DEAN! Piantala!”
Dean scoppiò a ridere: “Forza, andiamo. E’ il tuo compleanno, bisogna festeggiare. Entro stanotte saremo a Las Vegas. Sei felice?”
Sam sorrise, scacciando l’ennesima visione toccandosi di nuovo la mano.
“Andiamo.”
 


ANGOLO DELL'AUTRICE:
Hello everybody!
Complimenti per essere arrivati alla fine e grazie per aver ignorato la vocetta nella vostra testa che a un certo puntoha cominciato a dire "ma quando finisce questa OS?"
E niente...le solite cose...recensite, se vi va, perchè sono sempre felice di leggere un segno del vostro passaggio :)
Ancora una volta voglio ringraziare tutte le meravigliose ragazze del gruppo The Family Business: Concy, Cla, Desy, Frè, Manu, Glass, Diana, Valeria, Valentina, Chiara, Terry, Teresa, Sara, Solo, Anamaria...vi voglio bene girls!!!!
Ire

 
  
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