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Autore: Mania    02/05/2014    2 recensioni
{ Loki/Sigyn }
{ Fa parte della serie «La fedeltà sboccia da un cuore di sale», ma NON ne è necessaria la conoscenza }
« I brividi le si insinuavano sotto i tessuti, sospinti dai refoli di vento glaciale, carezza grezze di una brezza troppo selvatica per conoscere morbidezza, e li lasciava scorrere assecondandoli, facendo crescere la pelle d’oca senza desiderio di scacciarla con eccessiva fretta. Seduta sulla nuda roccia ai bordi della superficie congelata dell’immenso bacino d’acqua, attendeva il ritorno di Loki con i polpastrelli a disegnare figure arabesche nella neve tutt’attorno a lei, chinandosi in avanti per arrivare al candore dei fiocchi ai suoi piedi. Anche se le unghie avevano preso una sfumatura bluastra, non ritrasse la mano sotto il mantello, continuando a perseverare in quell’innocuo passatempo, apprezzando gli aghi di gelo a conficcarsi con maggior determinazione – vi era quasi un moto di soddisfazione nel sentir accrescere il freddo nel proprio corpo, una gara con se stessa per scoprire quanto ne poteva sopportare. »
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La fedeltà sbocciata da un cuore di sale '
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PROLOGO

C A P I T O L O   U N I C O ▬
“ La neve, lei se ne frega

« Copre antenne e furgoni
gli ospedali e gli incroci
desideri e intenzioni
e fanali che fanno già meno luce
io ti guardo negli occhi
hai le ciglia bagnate
e prometti di tutto
e nevica ancora da togliere il fiato »
La neve se ne frega - Ligabue



Le venature bianche si intrecciavano nella superficie liscia dell’acqua gelata, insinuandosi in percorsi nel blu verdastro – cunicoli e crepe disegnate dalle particelle ordinate dell’immenso lago, situato alle alte quote della catena montuosa principale di Goðheimr. Erano dedali di sentieri, insenature a ricalcare strade impraticabili, unicamente visibili agli occhi di Lady Sigyn attenti a tale spettacolo naturale su cui stava prestando la sua totale attenzione.
Aveva freddo nonostante la folta pelliccia. I brividi le si insinuavano sotto i tessuti, sospinti dai refoli di vento glaciale, carezza grezze di una brezza troppo selvatica per conoscere morbidezza, e li lasciava scorrere assecondandoli, facendo crescere la pelle d’oca senza desiderio di scacciarla con eccessiva fretta. Seduta sulla nuda roccia ai bordi della superficie congelata dell’immenso bacino d’acqua, attendeva il ritorno di Loki con i polpastrelli a disegnare figure arabesche nella neve tutt’attorno a lei, chinandosi in avanti per arrivare al candore dei fiocchi ai suoi piedi. Anche se le unghie avevano preso una sfumatura bluastra, non ritrasse la mano sotto il mantello, continuando a perseverare in quell’innocuo passatempo, apprezzando gli aghi di gelo a conficcarsi con maggior determinazione – vi era quasi un moto di soddisfazione nel sentir accrescere il freddo nel proprio corpo, una gara con se stessa per scoprire quanto ne poteva sopportare. Sarebbe potuta rimanere nel chiarore veemente di quei luoghi solitari senza mai provare noia, riempiendo gli occhi di quella meraviglia unica che l’inverno privo di fine faceva nascere in lei. Il bianco sommergeva il mondo, sotto una coperta fasullamente delicata pronta a divenire trappola mortale alla minima leggerezza, trasformando la magnificenza in terrore.
Alzò le iridi nere verso il sentiero che Loki aveva intrapreso tempo prima, per recarsi in un santuario perduto nelle pieghe della memoria degli eoni trascorsi, alla ricerca di nuove conoscenze, nuovi poteri, nuovi obbiettivi da conquistare – l’infossarsi su di uno solo lo avrebbe reso troppo prevedibile, e il dio degli inganni non sarebbe stato tale se le sue mosse potevano essere intuite dai suoi nemici.
I passi di Loki affondavano nella neve senza causargli alcuna difficoltà nel proseguire, nonostante l’ostacolo che rappresentavano nella fluidità dei movimenti, non gli impedivano di apparire come sempre elegante nei suoi modi regali, privo di sbavature. Naturalmente, si ritrovava a proprio agio come lo era in qualsiasi luogo, perché ad alcunché avrebbe mai concesso il favore di toglierli la linearità dei propri gesti, sottraendogli la teatralità della più piccola movenza. Ma nell’accecante biancore dei monti intrappolati nella morsa del pallido senza posa, Loki acquisiva una scioltezza quasi maggiore, come se fosse quello l’ambiente più consono al principe e non lo splendore dell’oro perpetuo di Asgard.
«Possiamo tornare» asserì avvicinandosi a Sigyn, porgendole una mano come invito a rialzarsi – gentilezza dedicata unicamente a lei, racchiusa nell’imperativo della propria affermazione. Quando le dita di lei si appoggiarono sul proprio palmo e avvertì quanto fossero divenute pallide a causa del clima, con le vene visibili come se la sua pelle fosse divenuto uno strato quasi invisibile, Loki inclinò appena il capo di lato per cercare in lei cosa l’avesse portata a mettersi a giocare con la neve – una bambina troppo entusiasta per rendersi conto di non aver intrapreso la scelta migliore, senza senso del pericolo o della misura, come lo era sempre stata. Nelle ciglia su cui vi erano gocce di condensa a incorniciarle lo sguardo, vi scorse i riflessi degli occhi di Sigyn, abitati dal desiderio di ammirare quei luoghi dimenticati, ammantati di un fascino lontano da quello a cui era abituata. «A meno che tu non voglia rimanere ancora un po’» propose, intuendo già la risposta di lei.
Rendere felice Sigyn era un modo sottile, un capriccio, per avvertire in quei momenti in cui il suo sorriso risplendeva nella stessa luce dei soli, quello stesso sentimento di cui vibrava il volto della donna insinuarsi anche in se stesso, abbeverano la propria anima e il proprio cuore di un’effimera soddisfazione – per quanto flebile, minuscola, era l’unica che avesse mai provato ed era solamente a lei che doveva il conoscere la forma di quell’emozione di cui cercava continuamente la realizzazione.
Le strinse la mano, prima di passare il braccio di lei sotto il suo, in modo da poterla tenere accanto a se mentre prendevano a passeggiare sulla superficie di diamanti d’acqua del lago. La osservò con un ghigno divertito, all’inizio, tenersi maggiormente a lui per timore di scivolare sul ghiaccio, con i passi incerti e la sensazione di un equilibrio precario a renderla maggiormente incerta su come compiere la propria avanzata. Ma Sigyn era sempre stata esageratamente cocciuta per chiedere aiuto e insieme particolarmente portata all’apprendimento, dunque non ci mise molto prima di trovare la via per seguire Loki senza alcuna difficoltà, appoggiandosi a lui con l’unico scopo di sentirlo vicino in quel momento ritagliato per essere di loro esclusiva proprietà. Era un anfratto di tempo rubato, un gioiello unico come lo erano i fiocchi di neve, un pezzo di eternità sottratta per essere plasmata esclusivamente su loro due, trasformandosi in una di quelle rare situazione in cui vi erano unicamente loro due, senza titoli, scopi, piani, intrighi o guerre a cui pensare – spogliati di qualsiasi reflusso della vita quotidiana, per poter assaporare il profumo delle loro esistenze intrecciarsi senza i pesi di cui si sobbarcavano solitamente.
«Mi piace qui. Ad Asgard non fa mai così tanto freddo, come se l’inverno non potesse permettersi di smorzare lo splendore dorato della capitale» asserì Sigyn dopo vari minuti di silenzio, quando ormai avevano lasciato le sponde del lago dietro di loro di diversi metri, spiegando il motivo per il quale quel luogo le sembrasse così meraviglioso.
«Credo tu sia l’unica asgardiana a cui non piaccia il bel tempo, eppure la cosa non mi sorprende» rispose Loki, che per quanto ormai avesse esplorato le divergenze di Sigyn dal resto dell’autoproclamata normalità, risultava essere formata da sempre più particolarità strane di quante ne potesse immaginare da solo.
«Può benissimo esserci il sole, un cielo terso come se fosse primavera e persino qualche cinguettio anche con la neve» chiosò la donna ridacchiando, prima di alzare il capo verso l’alto per osservare sporadici raggi di sole insinuarsi nelle onde plumbee delle nuvole – montagne al rovescio, cumuli dalle sfumature grigie cariche di neve pronte da riversare nuovamente sulle vette.
«Meglio un inverno eterno a un’estate perpetua, dunque» concluse Loki, preferendo depositare la propria attenzione su di lei, piuttosto che seguire il suo sguardo verso il cielo. Aveva sempre trovato l’essenza di Lady Sigyn curiosa, un dinamismo incontrollabile, una personalità complessa difficile da comprendere a fondo, i cui pensieri erano ingarbugliati in intrecci tanto complessi da non poter essere percorsi da chiunque; e lui si era voluto perdere in tutto quel miscuglio di apparente disordine e insensatezza, scoprendo fino a quale punto aveva la sua fedeltà e ritrovandosi imbrigliato in una relazione che in realtà non lo costringeva a nulla. Lo assecondava, in qualsiasi scelta per quanto terribile fosse, e le condivideva per dividerne il carico con lui, in modo da non lasciarlo da solo nell’oscurità nella quale aveva preteso di vivere – regalandogli la luce dei propri capelli di un biondo pallido, scolorito, e la sicurezza della propria lama quando del proprio amore.
Molti avrebbero frainteso quando le loro azioni non si fossero più relegate nelle macchinazioni al servizio di Asgard, non avrebbero compreso il reale ruolo di Lady Sigyn, l’avrebbero abbassata a semplice servitrice come se lei fosse mai stata ubbidiente, come se lei non avesse preso da sola ogni singola scelta e Loki avesse mai potuto sperare di plasmare la sua mente. L’amore che provava per Sigyn derivava proprio dall’assenza di qualsiasi controllo su di lei – aveva deciso di voler mettere a suo uso le proprie abilità perché condividevano lo scollamento della comune visione del mondo, perché Sigyn aveva trovato in lui l’unico re che mai avrebbe voluto vedere sedere sul trono.
Mai aveva avuto importanza dove tale decisione l’avrebbe condotta, se alla gloria o alla morte. Loki non era la scelta per chi sognava di realizzare fiabe da “felici e contenti”, ma per chi aveva l’anima contorta, con pezze a nascondere l’assenza dei normali sentimenti di moralità che avrebbe dovuto possedere e che da sempre le erano mancate – era per chi preferiva il caos alla regolarità dell’ordine, per chi desiderava l’imprevedibilità alla conformità del quotidiano, era per Lady Sigyn.
Per tali motivi e altri impossibile da elencare – troppi e troppo personali – che non fu affatto sorpresa quando la fine fu vicina e il Ragnarok stava per abbattersi sui Nove Regni, sotto la guida di Loki. Come lei non ebbe alcun tremito o insicurezza nell’essere anche in quell’ultimo momento al suo fianco, anche il dio degli inganni non fu scosso da perplessità nel ritrovarla nell’unico posto adatto a Sigyn – ferma, senza cedimenti accanto a lui.
Le costellazioni di intessevano nella perpetuità della notte, l’ultima dei Nove Regni così com’erano stati per millenni di anni e come non lo sarebbero più stati, intessendosi in arazzi ricamati sapientemente da stelle e pianeti, meteoroidi e nebulose a colorale il gelo del cosmo. La mano appoggiata sull’elsa della spada, teneva le iridi di liquida tenebra a rimirare l’immensità estendersi sopra le loro teste con un sorriso calmo – serenità della consapevolezza e dell’aver mantenuto fede alla propria promessa di fedeltà fino all’ultimo frammento di tempo a loro concesso.
«Ve lo ricordate quando abbiamo passeggiato sul lago ghiacciato?» domandò Sigyn, rompendo l’immobilità del silenzio prima dell’inizio, intrecciando le sottili falangi libere con quelle di lui, dita lunghe e dinoccolate, della mano sinistra libera dalla presa dello scettro a differenza dell’altra.
«È stata un’eternità fa» chiosò Loki, con voce monocolore – una barriera a mettere fine al passato, preferendo evitare di ridestarne le ceneri proprio nell’occasione dell’epilogo, della distruzione suprema, forse per impedirsi anche il più blando dei cedimenti o per non avvertire la nostalgia di ciò che non avrebbe più potuto compiere.
«Ma ve lo ricordate», soddisfatta, Lady Sigyn sottolineò con le labbra curvate in una dolcezza strana per l’incombente fato ad attenderli. Era bizzarro il senso di predestinazione quando si palesava, era strano come non causasse alcun terremoto, ma al contrario regalasse un mare calmo sul quale godersi lo scorrere di correnti indomabili verso un porto che si conosceva senza desiderio di mutare. La consapevolezza della fine non implicava infondere meno dedizione nelle propria gesta, non sfibrava la forza del proprio animo, riusciva quasi a rendere maggiormente adamantina la determinazione nel voler interpretare l’ultimo atto di una vita, che in fin dei conti non sarebbe mai potuta essere conclusa in altro modo.
«Scordarlo non sarebbe semplice, mia sposa. Perché ne rammentate ora il ricordo?», con le sopracciglia a infossarsi creando crepe di rughe, si rivolse a Sigyn in cerca di chiarezza su come i suoi pensieri potessero rievocare in quel momento immagini trascorse sotto il peso di tante guerre, sangue, tradimenti e morte.
«Perché manca poco e quando giungerà, credo che sarà gelido come quel giorno» asserì con sicurezza, pregna di una calma inflessibile – delicata, a modo suo. «E perché spero che anche nella prossima vita, ci incontreremo per poter camminare nuovamente nella neve e sul ghiaccio.»
Si girò completamente verso di lei, ricambiando la presa delle dita della donna prima di alzare la mano stretta nella propria, fino a poter sfiorare con le proprie labbra il suo dorso a inchiodarsi tra le nocche. «A dispetto di quello che pare, le certezze non sono molte, ma questa è una di quelle», mormorò Loki con il fiato caldo a scivolare sulla pelle bianca di sua moglie, regalandole un brivido di tepore.
«Millantatore, fino all’ultimo», rise piano prima di prendersi probabilmente l’estremo bacio – stretta contro il suo corpo, respirando nel suo stesso respiro, mordendo le sue labbra e sentendo anche i denti di lui affondare nelle proprie, in un rude abbraccio possessivo.
«Come piace a te, mia Sigyn.»
Nella brezza proveniente da mondi in rovina, gelidi come una promessa di devastazione, si persero fini fiocchi di neve a decorare il cuore tetro della notte. Una danza imperitura, un’eleganza algida a far da cornice allo spettacolo magnifico del terrore della distruzione finale, ad accompagnare l’artefice e la sua dama nel loro ultimo viaggio – inflessibili, imperturbabili come il candore della neve a perseverare nel proprio percorso.




M A N I A’ s  W O R D S
Questa one-shot è nata tutta per colpa del titolo, che poi è parte della canzone che ho citato e quindi di Ligabue. Ho trovato tale frase particolarmente ispiratrice, un prompt non voluto o cercato che ho accostato immediatamente a Loki e che non ho potuto evitare di non adoperare.
L’ultimo pezzo, spero sia chiaro come pare a me, si ambienta poco prima che Loki porti il Ragarok e quindi i Nove Regni abbiano fine, per poi rinascere – attenendomi alla mitologia e non ai fumetti. Ho immaginato, che per quanto i piani di Loki possano essere ben studiati, finemente lavorati e preparati sapientemente, lui sappia benissimo che non avrà successo fino in fondo, che comunque toccherà anche a lui e a Sigyn morire come contrappasso per poter distruggere l’ordine attuale dell’universo - e che lo sappia benissimo anche lei. Quindi ho lasciato questa sfumatura angst di predestinato, nonostante in realtà l’idea fosse di fare qualcosa di assolutamente fluff, ma poi la cosa è degenerata – e poi il fluff con Loki è alquanto sempre molto relativo, mi si contorcono le budella a vedermelo in effusioni sdolcinate.
Però c’è sempre la promessa della reincarnazione, del ritrovarsi anche se nessuno avrà memoria o sentore di chi fosse stati prima, ma è comunque un pensiero confortante, nonostante tutto, no? No?
La storia l'ho inserita nella serie "La fedeltà sboccia da un cuore di sale", perché comunque faccio riferimento alla Sigyn di cui tratto nelle precedenti storie e non va in contrasto con alcun fatto narrato in esse, però per chi non le ha lette non c'è problema, essendo comunque un pezzo estratto e scollegato dagli eventi narrate nelle due precedenti long.
Spero che la shot vi sia piaciuta, e come sempre vi chiedo di lasciarmi una piccola recensione per rendermi una ragazza felice quanto saltellante ♥

Mania

  
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