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Autore: Gumball    02/05/2014    3 recensioni
Sogno: dal latino "somnium" (accusativo di somnus = sonno), fenomeno psichico che si sviluppa mentre si dorme, basato sulla percezione.
I sogni non sono sempre solo immagini che affiorano alla nostra mente mentre dormiamo. Spesso hanno un significato, e spesso noi non lo conosciamo.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Chapter I
(Not) In the Dark
 
Erba. Solo questo appariva davanti ai suoi occhi. Erba verde, di quella così profumata che quando respiri ti penetra fin nelle ossa e tu non puoi fare niente per far sì che ciò non avvenga. Ma in fin dei conti era una sensazione che a Ciel* piaceva. Si sarebbe letteralmente tuffata su quel manto soffice… se solo non avesse saputo che tutto quello che la circondava in quel momento non era reale. Sapeva che stava sognando. Chissà come, riusciva sempre a distinguere il sogno dalla realtà. Non è da tutti. Di solito quando siamo completamente immersi nel sonno, perdiamo la concezione della realtà e non sappiamo più cosa sta davvero succedendo e cosa è solo frutto della nostra immaginazione; ma Ciel era speciale in questo campo.
Aveva imparato ad osservare i dettagli e a saper distinguere la realtà dalla fantasia. Era stata costretta ad insegnarselo, nel momento in cui si era resa conto che stava cominciando ad impazzire.
I suoi sogni infatti erano sempre stati così particolari, così impegnativi, così… incredibilmente reali; di quelli che nel momento in cui ti svegli sei così sottosopra, così scosso, che l’unico sentimento che riesci a provare è rabbia. Ciel aveva sempre provato una forte rabbia verso se stessa. Era per questo che al mattino era sempre così acida. Perché si odiava. Odiava il fatto di essere una persona così semplice e contemporaneamente così complicata quando si trattava delle sue notti. Notti in cui dormiva profondamente e in cui perdeva il controllo sul proprio corpo, sulla propria fisicità, sulla propria anima. In effetti, sembrava proprio che fosse questo ad allarmarla. Si sentiva come se qualcuno si avvicinasse di soppiatto e piano piano cominciasse a staccarle, lembo dopo lembo la propria anima dal corpo. Provocava un dolore atroce e le succedeva tutte le notti, nel suo letto.
Fino ad ora. Non era notte, non era nel suo letto… e stava comunque accadendo.

Appena si era resa conto di aver perso conoscenza aveva avuto paura; si era ritrovata sola nel solito stanzino costruito dalla sua mente: un antro completamente buio, non si vedeva niente né si sentiva alcun suono; poteva percepire, solo il freddo la struttura della sedia di metallo sulla quale si trovava seduta, completamente nuda. Sapeva che da un momento all’altro sarebbe arrivato,  il butcher**, come lo chiamava lei. Aveva sentito la sua presenza avvicinarsi, aveva percepito i brividi, con cui negli anni aveva fraternizzato, scorrerle lungo la spina dorsale; aveva sentito i battiti del proprio cuore accelerare, il respiro trattenuto dai suoi polmoni dilatati  che lasciava spazio a quello affannoso di quella creatura in avvicinamento. Non l’aveva mai visto in volto, ammesso che ne avesse uno. In verità non sapeva neanche se esistesse o se fosse frutto della sua immaginazione, così come tutti i rumori che lo accompagnavano. I passi sempre più strascicati le avevano fatto capire che mancava poco. Ciel aveva strizzato gli occhi. Non voleva vedere, non aveva mai voluto farlo. Si era sentita afferrare, non era in grado descrivere da cosa,  e d’istinto si era conficcata le unghie nelle cosce. 
Aveva iniziato a sentire l’attaccatura dei capelli staccarsi lentamente, centimetro per centimetro, fino a lasciare il cranio nudo e indifeso. Dire che faceva male come se un leone la stesse dilaniando sarebbe stato un eufemismo.  Si era morsa il labbro fino a farlo sanguinare, pur di non gridare. Subito aveva portato una mano alla testa, ma i suoi capelli erano ancora lì e non c’era niente ad afferrarli, proprio come sempre. Eppure si era sentita già più vuota. Non aveva avuto il tempo di formulare un pensiero sensato, che il polpaccio sinistro aveva cominciato a pulsarle, i muscoli contratti e il sangue che pompava come non mai. A quel punto non era più riuscita a trattenersi, aveva spalancato la bocca e aveva lanciato un grido carico di rabbia e dolore.
Nello stesso istante in cui l’urlo aveva lasciato le sue corde vocali si era pentita di averlo fatto; immediatamente il processo di separazione era aumentato, si  era sentiva cadere a brandelli una parte dopo l’altra: guancia, fronte, schiena, coscia, unghie. Aveva sentito le lacrime scorrerle sul volto, bruciando come un fiume di lava sulla sua carne viva senza protezione, ma sapeva che era tutto frutto della sua immaginazione, e ne avrebbe avuto la conferma se solo avesse avuto le forze di alzare il braccio e toccarsi il viso, ma la sola cosa che era riuscita a fare era crollare sulle ginocchia.

Un lampo di lucidità attraversò la sua mente, quel tanto che bastava perché Ciel alzasse lo sguardo offuscato verso il cielo. Quello le apparve limpido e azzurro, senza che neanche una nuvola andasse a disturbare quell’omogeneità.
Tutto intorno a sé vide solo questo: erba. Mosse impercettibilmente la mano, sfiorando il manto morbido. Poi vi si accasciò  sopra e, esausta, chiuse gli occhi.


NOTA DELL’AUTORE
*Ciel: si pronuncia “Sièl
**Butcher: è inglese, significa Macellaio, Massacratore
  
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