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Autore: JulieDashwood    02/05/2014    2 recensioni
‶ Si preparava a dirmi addio, sapeva anche lui che non sarei tornata viva, non questa volta.
Erano quelli i nostri ultimi momenti insieme? Non l'avrei davvero mai più rivisto? La risposta era affermativa e lo sapevo, ma non riuscivo a realizzarlo. ″
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Last Goodbye

 

« Saremmo dovuti fuggire nei boschi. » Mi disse con la voce rotta, non dal pianto, ma da qualcosa di peggiore. La voce rotta dal terrore, terrore che potevo percepire dalla stretta disperata sui miei polsi, dal tremolio del suo corpo, dallo sguardo sbarrato e spaventato, come se avesse visto la morte e in realtà la stava vedendo: vedeva la morte insieme a me. Si preparava a dirmi addio, sapeva anche lui che non sarei tornata viva, non questa volta.

Erano quelli i nostri ultimi momenti insieme? Non l'avrei davvero mai più rivisto? La risposta era affermativa e lo sapevo, ma non riuscivo a realizzarlo. Troppe emozioni si scatenavano dentro di me; sentivo il dovere di proteggere Peeta, dovevo farlo, lui non poteva morire, lui era troppo buono ed era ingiusto che avesse conosciuto gli orrori degli Hunger Games. Peeta doveva vivere, non potevo permettere che accadesse qualcosa del genere, a costo di morire io.

A mia madre ci avrebbe pensato Prim… tutto doveva andare bene per tutti e il mio sacrificio non sarebbe stato poi così vano.  Solo così il Presidente Snow avrebbe avuto ciò che desiderava, solo così le rivolte si sarebbero placate e si sarebbe ritornati alla stessa, misera esistenza di sempre nei distretti.

Sarebbero stati felici? No, questo era certo, ma almeno non avrebbero concluso i loro giorni nel peggiore dei modi. Chissà che i pacificatori non dessero un po' di tregua agli abitanti dei distretti, chissà.

« Catnip, a cosa stai pensando? ASCOLTAMI. » Mi sentii strattonare e, quasi come se uscissi da un coma, mi guardai attorno confusa. Ci misi qualche istante prima di tornare con i piedi per terra e non seppi se fossero più angoscianti i miei pensieri o quella realtà. Sentivo la vista appannarsi e le guance bagnarsi, ma non avevo la forza di dire o fare qualcosa, neanche mi resi conto di piangere, fino a quando non sentii le dita calde di Gale asciugarmi il volto. « Gale, io… » Lo sguardo non riuscivo a distoglierlo, non riuscivo a distoglierlo da quel filo d'erba che veniva mosso violentemente dal vento. L'avrebbe sradicato? Poteva un filo d'erba, così piccolo e calpestato e malconcio, resistere a quel vento così distruttivo e spaventoso?

Guardai gli occhi grigi e lucidi di Gale e vidi il mio riflesso in quelle iridi; ero più bella riflessa nei suoi occhi, che con tutti gli abiti che Cinna poteva disegnare per me o il trucco che mi stampavano in faccia.

 Dovevo ricordarmi quell'immagine, dovevo ricordarmi di quell'immagine nel momento in cui sarei morta. Quando avrei sentito la vita abbandonare il mio corpo, avrei ricordato la ninna nanna di Rue anche se nessuno sarebbe stata lì a cantarmela, avrei ricordato l'odore del pane di Peeta anche se le narici sarebbero state piene del tanfo del sangue, il mio. Avrei ricordato mio padre e i nostri boschi, mia madre e Prim chine su una qualsiasi persona, pronte a salvarle la vita. Avrei ricordato, infine, Gale e i suoi occhi grigi e il mio riflesso nei suoi occhi, il mio riflesso negli occhi della persona che amo.

« Gale, ti amo. » Dissi all'improvviso, facendolo sussultare e in tutta risposta circondò il mio corpo tra le sue braccia, affondando poco dopo  la testa nell'incavo del mio collo. Sussurrò poche parole, parole calde e piacevoli e familiari come il suo fiato sulla mia pelle. « Amo solo te Catnip, per sempre. »

Non contai i minuti che passarono da quelle parole, dubitai persino esistesse qualcosa come "il tempo"; sembrava un'eternità e un respiro, il tempo impiegato da quando mi aveva sussurrato quelle cose e quando ci separammo per qualche secondo, incrociando i nostri sguardi nuovamente, per evitarli subito dopo, tornando ad abbracciarci.

 Non c'era felicità nel suo viso e non doveva essercene neanche nel mio. Entrambi avremmo preferito forse non conoscerci in quel momento, entrambi avremmo preferito non provare nulla del genere, non soffrire un dolore del genere. Il nostro amore era impossibile, sarebbe morto con me in quell'arena e Gale doveva andare avanti senza di me.

 

 

Si prova un sentimento o una sensazione definibile come "strazio", in occasioni del genere; qualcosa  di così terribile, che posso augurarla solo al Presidente Snow.

Mi sentivo lacerata in due, ma non capivo quale parte di me facesse più male; se mi uccidesse di più il pensiero di Gale che andava avanti lasciandomi indietro o Gale che non andava avanti e non riusciva a lasciarmi andare.

E inoltre, quale senso di colpa era più grande e doloroso? Quello di non riuscire ad essere completamente felice al pensiero che lui semplicemente andasse avanti senza di me, oppure quello di non riuscire a concedermi nulla, neanche l'abbandono totale al dolore in un momento come questo?

Dovevo sentirmi più in colpa per come mi comportavo con lui, dimostrando egoismo, o per come mi comportavo con me, non lasciandomi un attimo di tregua?

La mia mente lavorava incessantemente e il battito del cuore accelerava a ritmi inauditi, al punto che avrei potuto vederlo schizzare via dal petto da un momento all'altro. Ormai mancava poco, quelli sarebbero stati i nostri ultimi minuti insieme da soli e non sapevo cosa dire o cosa fare, sentivo di sprecarli.

Gale non accennava ad allentare la presa, comprendeva i miei silenzi: probabilmente anche la sua mente era affollata da pensieri. Quando dopo quella che sembrava un'eternità, sciogliemmo l'abbraccio, capii che ormai dovevamo darci l'addio.

Ci guardammo per l'ultima volta, sicuramente ci saremmo visti poche altre volte prima della mia partenza, ma non saremmo più riusciti a guardarci. Rimanemmo immobili, quasi in contemplazione l'uno dell'altro. Gale chiuse gli occhi, stavo per urlargli contro, come poteva privarmi dei suoi occhi proprio adesso?

Le sue labbra furono però più veloci delle mie, bloccando sul nascere le mie parole. Ci baciammo per l'ultima volta. Mi succhiò il labbro inferiore e io lo rividi tra i banchi di scuola, all'ultimo piano, con lo sguardo sempre volto nella direzione dei boschi – ancora non ci conoscevamo.

Schiusi le labbra, il suo fiato entrò nei miei polmoni e sentii il corpo andarmi in fiamme. C'eravamo io e lui, al funerale dei nostri padri. Sentivo di potere essere compresa soltanto da quel ragazzo, ma ancora non si erano legate le nostre vite.

I nostri denti si scontrarono appena, dall'impaccio, impaccio che fortunatamente non durò che qualche istante. Quando le nostre lingue si trovarono, s'intrecciarono e iniziarono a dare il via alla danza più infuocata del fuoco stesso. Eravamo nei boschi, nei boschi dai quali dipendeva la sopravvivenza delle nostre famiglie, i boschi che videro nascere la nostra amicizia e il nostro amore, i boschi che legarono le nostre vite.

Una volta Gale mi disse che sorridevo solo nei boschi, ed era vero, lo è ancora. Sorridevo nei boschi perché ero lontano da tutto e tutti, ma insieme a lui. Sorridevo nei boschi perché mi davano speranza, in qualche modo quelle enormi distese verdi alimentavano i miei sogni di una fuga, ma non da sola, con la mia famiglia, quella di Gale e lui.

Quei sogni mi facevano sorridere, quei momenti mi facevano sorridere, lui mi faceva sorridere.

Lasciai andare le sue labbra, conscia del fatto che mai più le avrei baciate.

« Addio Gale. »

Le parole più ingiuste, dolorose, terribili, terrificanti che avessi mai pronunciato. E corsi via, corsi incontro al mio destino ingiusto, doloroso, terribile, terrificante: il mio destino senza Gale. 

  
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