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Autore: Tomocchi    03/05/2014    10 recensioni
Perché è così difficile dare un titolo ad una storia?
In questo breve racconto, ecco a voi un possibile motivo...
Dedicato a Bijouttina
Genere: Generale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La maledizione dello scrittore

Dedicato a Irene, i cui titoli sono sfuggenti come lucertole
ma che quando li afferra,
sono i più belli del mondo.

 

La maledizione dello scrittore

Ovvero
quando ti ritrovi a che fare con vere megere

 

 

Roald era un uomo comune.
Un uomo come tutti, la cui arte era saper usare le parole, metterle in un certo ordine tale da farle sembrare un fiume tranquillo, scorrevole, piacevole e rinfrancante.
Non c’era persona nel paese che non chiedesse qualche sua storia, qualche sua frase, in modo da poter iniziare la giornata con il sorriso sulle labbra con rinnovata energia.
L’uomo era soddisfatto, perché si era reso conto di poter regalare sensazioni positive a chi gli stava attorno, a chi aveva bisogno, con il solo potere delle parole.
Ma le parole possono anche ferire, con le parole si può combattere.
Ed è quello che fa Roald.

Un giorno una donna dai lunghi capelli neri si trasferì in paese, e non ci volle molto prima che scoprisse del talento del proprio compaesano.
Ella era vanitosa e fiera di sé, perciò fu molto curiosa di sapere che parole avrebbe potuto riservare un tipo simile per lei.
Si recò alla sua casa, ben vestita e agghindata, e bussò alla sua porta, rimanendo in attesa per qualche minuto.
“Buongiorno, lei deve essere Beatrice, la nuova signora della casa di fronte alla piazza. Prego, entri.” La invitò l’uomo, cordiale, con un sorriso a fior di labbra, scostandosi per farla accomodare.
La donna camminò fino a trovarsi nel salottino dell’abitazione, un salottino dai toni marroncini che sapeva di vissuto, caldo e accogliente nonostante il disordine che lo ornava.
Il sole entrava da una grande porta finestra, illuminando il tavolo su cui erano presenti pile e pile di libri, numerosi fogli e qualche matita smozzicata insieme ad una penna stilografica.
“Scusi, stavo finendo il mio manoscritto, ad essere sincero, proprio il titolo. Cosa posso fare per lei?” domandò Roald, indicandole una comoda poltrona di un rossiccio scuro.
“Vorrei anche io sentire qualche vostro racconto. Mi è stato detto che sapete allietare qualunque animo.” Rispose Beatrice, fissandolo con insistenza.
L’uomo sorrise ancora, annuendo con un leggero cenno del capo: “ La mia fama è giunta in fretta anche al vostro orecchio. Ebbene sì, il mio potere, se così si può dire, è quel che vi han detto. Che genere di racconto vi serve? Incoraggiante? Confortante? Allegro? Oppure…”
“Vorrei che scriveste qualcosa su di me.” Lo interruppe la corvina, alzando il mento fiera e superba: “Un racconto che descriva le mie qualità, un racconto che mi permetta di ergermi al di sopra di ogni donna che abita questo paese. Un racconto che sappia incuriosire qualche uomo, così da ricevere una proposta di matrimonio il più presto possibile. Sa, la mia età da marito è ormai finita, ma non dispero. Sono certa che lei potrà aiutarmi.” Soffiò, con gli occhi azzurri brillanti e pieni di aspettativa.
Roald la ascoltò, non la interruppe e nemmeno la derise. Semplicemente, fu molto chiaro a spiegare ciò che lui faceva, perché quella signora non ne aveva alcuna idea, a quanto pare.
“Gentile Beatrice –iniziò, raccogliendo le mani e iniziando a massaggiarsele- mi duole informarla che i miei scritti non sono quello che lei cerca.
I miei scritti su e per ogni persona di questo paese a me tanto caro non sono assolutamente atti a rendere qualcuno migliore rispetto ad un altro, ma servono solo ad allietare i loro animi stanchi o a confortare la mente nel caso di una vicenda incresciosa. A donar loro un raggio di sole quando vedono solo buio, a tendere la mano quando il cammino si fa difficile, a regalar un bicchiere di conoscenza quando han sete di sapere.” Sperava di essere stato quanto esauriente possibile, ma la donna insisteva.
“Potreste fare uno strappo alla regola. Solo per questa volta.” Lo pregò, congiungendo le mani.
“No.”
“Potrei pagarla. Sono ricca, qualunque cosa desidera la avrà. Magari una domestica per questo…”
“No.”
“Piaceri carnali?” domandò maliziosa mentre faceva scivolare una spallina del suo vestito blu scuro.
“No!” rispose scandalizzato Roald da tanta indecenza, arretrando fino al tavolo dei suoi scritti.
“Ogni uomo ha un prezzo. Qual è il suo?”
“L’umiltà.” Sputò il romanziere, leggermente alterato.
“La semplicità, la volontà di sapersi accontentare di poco. Perché signora, glielo dico con il cuore, che la felicità sta nelle piccole cose.”
“Andiamo!” la donna scoppiò a ridere : “Non mi vorrà dire che uomo solo come lei è felice?”
“ È così.” Confermò Roald. “Io sono felice perché con le mie parole riesco a regalare un sorriso. Un sorriso di riconoscimento è quello che mi basta. Le persone mi chiedono storie semplici, e altrettanto semplicemente mi ripagano. Questo è… il meglio che la vita mi offre, e io lo accetto.” Spiegò, incrociando le braccia al petto, a testa alta.
“Ogni giorno io scrivo, scrivo, scrivo e poi riordino le storie per generi. Quando giunge qualcuno, chiedo cosa gli serve e in base al suo bisogno io leggo i titoli di ogni mio racconto. I titoli sono importanti, perché sono la faccia della storia stessa, e senza di esso è come se non si sapesse da che parte guardare, su cosa puntare lo sguardo per poter inquadrare ciò che si ha davanti.”
Beatrice si alzò in piedi di scatto: “ E sentiamo, grand’uomo, quale sarebbe il titolo per una storia su di me, visto che sei così bravo?” lo sfidò, con gli occhi ridotti a fessure.
“La megera triste e sola.” Rispose aspramente l’uomo, semplice e diretto.
La donna barcollò per un attimo, colpita dalla rapidità del responso, ma si riprese in fretta, irrigidendosi e puntando l’indice proprio contro Roald.
“Tu. Tu, non sai contro chi ti sei messo.” Sibilò, mentre l’aria si raffreddava, il vento iniziava a soffiare forte e il sole spariva, sostituito dai più densi e carichi di pioggia nuvoloni che si fossero mai visti. “Tu, non perderai questo tuo dono. Ma io ti maledico. Maledico te e la tua razza, te e tutti gli scrittori di questa generazione e di quelle a venire.
Non riuscirai mai più a trovare facilmente un titolo, non ci riuscirai nemmeno quando chiederai aiuti o consigli: solo la fortuna o un qualcosa di veramente ispirante te lo darà. Qualche volta inciamperai, avrai dei blocchi e il più delle volte non riuscirai a portare a termine la storia, che questa sia la tua e di tutti gli scrittori!” La donna rise forte, pregustando il malocchio gettato contro quel pover’uomo.
Roald si sentì mancare, dovette aggrapparsi al bordo del proprio tavolo per sorreggersi e accusare quel colpo che lo aveva privato di una parte importante di sé.
Non era possibile, Beatrice era una strega, una vera strega.
E aveva usato i suoi poteri contro di lui.
Lo scrittore strinse i denti, mentre guardava la donna uscire, vittoriosa nella sua sconfitta.

 

 

Parla Tomocchi: … e nulla, questa storiella è per Irene Pistolato alias Bijouttina su EFP <3 Mi ha ispirato questa storia un po’ così… nulla di speciale, ma mi sembrava un’idea carina e un po’ romanzata xD Stavamo riflettendo su che titolo mettere per una sua storia, questa storia e… dopo le è venuta una bellissima illuminazione <3 Sei un genio.
Dedicata anche a tutti/e coloro che fanno fatica a trovare un titolo per una storia… ora sapete perché, ahah! X°D
Chi invece inventa titoli come nulla, avete tutta la mia invidia e ammirazione, davvero xD
Spero che questa cosina vi sia piaciuta e… beh, grazie per essere passati, letto e, dal caso accadesse, aver commentato *si inchina e saluta*
Alla prossima <3
   
 
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