Dedicato a
Irene, i cui
titoli sono sfuggenti come lucertole
ma che quando li afferra,
sono i più belli del mondo.
La
maledizione dello scrittore
Ovvero
quando ti ritrovi a che fare con vere megere
Roald era un
uomo comune.
Un uomo come tutti, la cui arte era saper usare le parole, metterle in
un certo
ordine tale da farle sembrare un fiume tranquillo, scorrevole,
piacevole e
rinfrancante.
Non c’era persona nel paese che non chiedesse qualche sua
storia, qualche sua
frase, in modo da poter iniziare la giornata con il sorriso sulle
labbra con
rinnovata energia.
L’uomo era soddisfatto, perché si era reso conto
di poter regalare sensazioni
positive a chi gli stava attorno, a chi aveva bisogno, con il solo
potere delle
parole.
Ma le parole possono anche ferire, con le parole si può
combattere.
Ed è quello che fa Roald.
Un giorno
una donna dai lunghi capelli neri si trasferì in paese, e
non ci volle molto
prima che scoprisse del talento del proprio compaesano.
Ella era vanitosa e fiera di sé, perciò fu molto
curiosa di sapere che parole
avrebbe potuto riservare un tipo simile per lei.
Si recò alla sua casa, ben vestita e agghindata, e
bussò alla sua porta,
rimanendo in attesa per qualche minuto.
“Buongiorno, lei deve essere Beatrice, la nuova signora della
casa di fronte
alla piazza. Prego, entri.” La invitò
l’uomo, cordiale, con un sorriso a fior
di labbra, scostandosi per farla accomodare.
La donna camminò fino a trovarsi nel salottino
dell’abitazione, un salottino dai
toni marroncini che sapeva di vissuto, caldo e accogliente nonostante
il
disordine che lo ornava.
Il sole entrava da una grande porta finestra, illuminando il tavolo su
cui
erano presenti pile e pile di libri, numerosi fogli e qualche matita
smozzicata
insieme ad una penna stilografica.
“Scusi, stavo finendo il mio manoscritto, ad essere sincero,
proprio il titolo.
Cosa posso fare per lei?” domandò Roald,
indicandole una comoda poltrona di un
rossiccio scuro.
“Vorrei anche io sentire qualche vostro racconto. Mi
è stato detto che sapete
allietare qualunque animo.” Rispose Beatrice, fissandolo con
insistenza.
L’uomo sorrise ancora, annuendo con un leggero cenno del
capo: “ La mia fama è
giunta in fretta anche al vostro orecchio. Ebbene sì, il mio
potere, se così si
può dire, è quel che vi han detto. Che genere di
racconto vi serve?
Incoraggiante? Confortante? Allegro? Oppure…”
“Vorrei che scriveste qualcosa su di me.” Lo
interruppe la corvina, alzando il
mento fiera e superba: “Un racconto che descriva le mie
qualità, un racconto
che mi permetta di ergermi al di sopra di ogni donna che abita questo
paese. Un
racconto che sappia incuriosire qualche uomo, così da
ricevere una proposta di
matrimonio il più presto possibile. Sa, la mia
età da marito è ormai finita, ma
non dispero. Sono certa che lei potrà aiutarmi.”
Soffiò, con gli occhi azzurri
brillanti e pieni di aspettativa.
Roald la ascoltò, non la interruppe e nemmeno la derise.
Semplicemente, fu
molto chiaro a spiegare ciò che lui faceva,
perché quella signora non ne aveva
alcuna idea, a quanto pare.
“Gentile Beatrice –iniziò, raccogliendo
le mani e iniziando a massaggiarsele-
mi duole informarla che i miei scritti non sono quello che lei cerca.
I miei scritti su e per ogni persona di questo paese a me tanto caro
non sono
assolutamente atti a rendere qualcuno migliore rispetto ad un altro, ma
servono
solo ad allietare i loro animi stanchi o a confortare la mente nel caso
di una
vicenda incresciosa. A donar loro un raggio di sole quando vedono solo
buio, a
tendere la mano quando il cammino si fa difficile, a regalar un
bicchiere di
conoscenza quando han sete di sapere.” Sperava di essere
stato quanto
esauriente possibile, ma la donna insisteva.
“Potreste fare uno strappo alla regola. Solo per questa
volta.” Lo pregò,
congiungendo le mani.
“No.”
“Potrei pagarla. Sono ricca, qualunque cosa desidera la
avrà. Magari una
domestica per questo…”
“No.”
“Piaceri carnali?” domandò maliziosa
mentre faceva scivolare una spallina del
suo vestito blu scuro.
“No!” rispose scandalizzato Roald da tanta
indecenza, arretrando fino al tavolo
dei suoi scritti.
“Ogni uomo ha un prezzo. Qual è il suo?”
“L’umiltà.” Sputò
il romanziere, leggermente alterato.
“La semplicità, la volontà di sapersi
accontentare di poco. Perché signora,
glielo dico con il cuore, che la felicità sta nelle piccole
cose.”
“Andiamo!” la donna scoppiò a ridere :
“Non mi vorrà dire che uomo solo come
lei è felice?”
“ È così.”
Confermò Roald. “Io sono felice perché
con le mie parole riesco a
regalare un sorriso. Un sorriso di riconoscimento è quello
che mi basta. Le persone
mi chiedono storie semplici, e altrettanto semplicemente mi ripagano.
Questo è…
il meglio che la vita mi offre, e io lo accetto.”
Spiegò, incrociando le
braccia al petto, a testa alta.
“Ogni giorno io scrivo, scrivo, scrivo e poi riordino le
storie per generi.
Quando giunge qualcuno, chiedo cosa gli serve e in base al suo bisogno
io leggo
i titoli di ogni mio racconto. I titoli sono importanti,
perché sono la faccia
della storia stessa, e senza di esso è come se non si
sapesse da che parte
guardare, su cosa puntare lo sguardo per poter inquadrare
ciò che si ha
davanti.”
Beatrice si alzò in piedi di scatto: “ E sentiamo,
grand’uomo, quale sarebbe il
titolo per una storia su di me, visto che sei così
bravo?” lo sfidò, con gli
occhi ridotti a fessure.
“La megera triste e sola.” Rispose aspramente
l’uomo, semplice e diretto.
La donna barcollò per un attimo, colpita dalla
rapidità del responso, ma si
riprese in fretta, irrigidendosi e puntando l’indice proprio
contro Roald.
“Tu. Tu, non sai contro chi ti sei messo.”
Sibilò, mentre l’aria si
raffreddava, il vento iniziava a soffiare forte e il sole spariva,
sostituito
dai più densi e carichi di pioggia nuvoloni che si fossero
mai visti. “Tu, non
perderai questo tuo dono. Ma io ti maledico. Maledico te e la tua
razza, te e
tutti gli scrittori di questa generazione e di quelle a venire.
Non riuscirai mai più a trovare facilmente un titolo, non ci
riuscirai nemmeno
quando chiederai aiuti o consigli: solo la fortuna o un qualcosa di
veramente
ispirante te lo darà. Qualche volta inciamperai, avrai dei
blocchi e il più
delle volte non riuscirai a portare a termine la storia, che questa sia
la tua
e di tutti gli scrittori!” La donna rise forte, pregustando
il malocchio
gettato contro quel pover’uomo.
Roald si sentì mancare, dovette aggrapparsi al bordo del
proprio tavolo per
sorreggersi e accusare quel colpo che lo aveva privato di una parte
importante
di sé.
Non era possibile, Beatrice era una strega, una vera strega.
E aveva usato i suoi poteri contro di lui.
Lo scrittore strinse i denti, mentre guardava la donna uscire,
vittoriosa nella
sua sconfitta.
Dedicata anche a tutti/e coloro che fanno fatica a trovare un titolo per una storia… ora sapete perché, ahah! X°D
Chi invece inventa titoli come nulla, avete tutta la mia invidia e ammirazione, davvero xD
Spero che questa cosina vi sia piaciuta e… beh, grazie per essere passati, letto e, dal caso accadesse, aver commentato *si inchina e saluta*
Alla prossima <3