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Autore: SynesthesiA    03/05/2014    8 recensioni
Syr è impulsiva e ribelle e le regole le stanno strette.
Ginger è troppo intelligente per non porsi domande.
Sniper vorrebbe solo che suo padre lo lasciasse libero.
Trevor porta sulle spalle il peso di un'eredità antica.
Quattro ragazzi che vengono da quattro mondi differenti, legati solo da un eterno conflitto. Quando l'equilibrio viene stravolto da inspiegabili eventi, la scelta è solo una.
Cercare chi è il vero Nemico.
Genere: Azione, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~Syr~
La ragazza in metropolitana
 
La metropolitana parte sbuffando e traballando. Matt si guarda intorno. Il vagone è praticamente vuoto. Ci sono solo una vecchietta con la borsa della spesa, due ragazzi che confabulano tra loro e un’altra ragazza in disparte. Matt si lascia cadere su un sedile sbiadito con un sospiro stanco.
Il lavoro non sta andando bene. Il capo se l’è di nuovo presa con lui, e di nuovo per uno dei casini di Edward. Quell’uomo è un idiota patentato, fa solo danni. Ma è raccomandato, e per quanto lui si fosse battuto, il capo non l’avrebbe mai licenziato. E così lui come al solito si deve prendere la responsabilità.
E ogni maledettissima volta è sempre peggio.
Se il capo si sveglia una mattina e decide di licenziarlo, che cosa farà? Sua moglie non può mantenere l’intera famiglia solo con il suo misero stipendio, e già così è difficile andare avanti... e tra poco è anche il compleanno della sua bellissima bambina, e non potrà organizzarle una festa decente...
Matt cerca di non pensarci guardandosi intorno e cercando di distrarsi. I neon danno al piccolo vagone un’aria metallica, squallida. Sulla parete sporca del vagone c’è una vecchia scritta, ormai quasi del tutto cancellata: due nomi circondati da un cuore. Una a maiuscola inscritta in un cerchio sta incisa sullo schienale del sedile di fronte. I due ragazzi, qualche fila di sedili più in là, sghignazzano tra loro con in mano gli smartphones. Capelli tirati su con il gel, dilatatori esagerati alle orecchie e jeans troppo larghi. Il rumore di fondo della metropolitana copre le loro conversazioni sussurrate. La vecchia dev’essere scesa la fermata prima, perché non c’è. La ragazza è ancora seduta al suo posto, con le cuffie nelle orecchie e gli occhi chiusi.
Il treno si ferma e riparte altre due volte. Matt è quasi a casa: ancora tre stazioni e potrà finalmente tornare. La ragazza davanti a lui si alza e si muove verso la porta. È molto giovane, probabilmente non ha più di sedici o diciassette anni. È tutta vestita di nero, e le sue braccia sembrano ancora più bianche dove escono dalle maniche. Indossa un bracciale di pelle nera, semplice, con un disegno contorto inciso sopra. Passandogli di fianco, si accorge che lui la sta fissando e ricambia lo sguardo. I suoi occhi sono dorati, grandi, sereni. Sembrano un mare straripante di tranquillità. La calma che lei emana sembra uscire da quegli strani occhi dorati ed entrare nei suoi, invaderlo, calmarlo.
Il contatto visivo dura appena un istante. La ragazza distoglie lo sguardo, si risistema la borsa a tracolla. La metropolitana si ferma, le porte si aprono con uno sbuffo e lei esce.
Matt chiude gli occhi, improvvisamente sereno.
*
Anfibi di pelle nera che fasciano due gambe sottili fanno solo un lieve rumore sulle piastrelle grigiastre del pavimento della stazione. La ragazza cammina lentamente, le mani nelle grandi tasche del giubbotto nero, gli occhi dorati fissi a terra. Ha i capelli lunghi una decina di centimetri, più neri del cielo, sparati in tutte le direzioni. Sul viso pallido spiccano gli occhi grandi, circondati da troppa matita sfumata su tutta la palpebra. Gli Avenged Sevenfold gridano “It’s your fuckin’ nightmare!” a un volume troppo alto dalle cuffiette.
Raggiunge le scale e le sale lentamente, riemergendo all’aria aperta. Il cielo è grigio e la luce è poca, anche se sono le quattro e mezza del pomeriggio. Cade una pioggia sottile; due gocce le scivolano sugli zigomi come lacrime.
Si ferma e tira su l’ampio cappuccio del giubbotto. Un paio di ciocche nere le ricadono sul viso, celandolo in parte. Riprende a camminare tra l’asfalto grigio e i palazzi grigi, mentre tutto intorno a lei le persone vanno e vengono.
È un fantasma nero in mezzo a un mondo grigio. Nelle sue orecchie risuona l’intro sottile di Fade to Black, e James Hetfield canta con una voce stranamente sottile.
La ragazza osserva le persone che le passano accanto quasi senza vederla, osserva i loro volti, i loro movimenti.
Persone normali. Che non sanno niente.
Si chiede come dev’essere vivere normalmente, senza sapere niente di niente. Come il tizio sulla metropolitana. Lui non avrebbe mai saputo cosa lei gli aveva fatto. Non avrebbe dovuto, certo, aveva disobbedito alle regole. Ma la sua preoccupazione permeava l’aria e lei non aveva potuto fare a meno di sentirla.
La ragazza si dirige verso casa, le mani in tasca, guardando in basso.
*
«Dove diamine sei stata tutto questo tempo?»
Tamara, l’istruttrice, la aggredisce quasi ringhiando appena mette piede nel quartier generale. La squadra da capo a piedi con occhio critico, soffermandosi sul giubbotto bagnato e gli occhi seminascosti dai capelli.
«In nessun posto particolare» risponde lei, evitando il suo sguardo e andando avanti.
«Non mi inganni, Syr» ribatte l’istruttrice sbarrandole nuovamente il passo.
«Le sai le regole. Hai già due richiami.»
«Lo so» sospira Syr, scansando Tamara e i suoi occhi inquisitori. Non reggerebbe un altro confronto con la donna. Finirebbe con una punizione pesante, e Syr vuole assolutamente evitarla. Ha compiuto diciassette anni da quasi cinque mesi, gli altri della sua età vanno già in missione. Perché lei no? Aveva provato a chiedere spiegazioni, con il solo risultato di innervosire Tamara. Che non è mai una buona cosa.
Syr richiama Ahlyn con un fischio modulato, continuando lungo il corridoio bianco fino all’ascensore. Il suo Sprite le svolazza accanto, scuotendo i dorati capelli evanescenti. Le porte si aprono silenziosamente, e la ragazza entra e preme il pulsante per il terzo piano.
Esce in un ampio corridoio bianco, con la parete di sinistra che è un’unica lunga vetrata che dà sulla strada. Sulla parete di destra, invece, ci sono a intervalli regolari delle porte grigie.
Syr percorre il corridoio fino alla porta contrassegnata dal numero 305. Entra e chiude a chiave la porta dietro di sé.
È una stanza piccola, quadrata, dipinta di azzurro tenue. Come il corridoio, la parete opposta alla porta è un’unica vetrata coperta da tende blu. Addossati al muro di sinistra ci sono due letti a castello, a destra un grosso armadio e due scrivanie. Mobili e pavimento sono di legno, di un colore caldo.
Syr toglie gli anfibi e si butta sul letto sotto, con Ahlyn raggomitolata sul cuscino in un mucchietto dorato e spettrale. La ragazza riprende le cuffie e chiude gli occhi, perdendosi in un delicato e malinconico arpeggio di chitarra.
*
Un rumore secco e fuori tempo rispetto alla batteria perfora il muro di suono attorno alla mente di Syr. La ragazza sospira. Valuta se sia il caso di ignorare chiunque stia bussando alla porta. Ma poi il qualcuno grida qualcosa che lei non sente, coperto dal suono vibrante e compatto di Master of Puppets.
Syr mormora qualcosa, interrompe la canzone e va ad aprire.
«Maledizione, quante volte ti ho detto di non chiudere?» la assalta subito una ragazza che probabilmente non arriva al metro e sessanta in altezza, fissandola in cagnesco e con le mani sui fianchi.
«Non è certo colpa mia se non ti porti mai le chiavi» risponde Syr, mentre quella entra come un tornado nella camera in un fruscio di minigonna e capelli piastrati. Lei non risponde, appoggia una borsa enorme sulla scrivania più ordinata delle due e si toglie le scarpe con il tacco – ecco perché le sembrava più alta del solito – mentre si controlla minuziosamente il trucco davanti allo specchio.
Syr si butta poco elegantemente sul letto, osservando con aria sconvolta le scarpe fucsia che si è appena tolta, altissime e molto probabilmente anche assurdamente scomode.
«Non posso credere che tu sia andata a combattere con quelle» le dice.
«Non sono andata a combattere» risponde l’altra, «Era solo una ronda.»
«Durante una ronda può capitare di combattere, sai?»
«Ne sono convinta» La ragazza sembra aver finito di risistemarsi una linea di eyeliner già perfetta. «Ma se anche fosse, sono certa di potermela cavare bene... sono comodissime, sai?»
Syr scoppia a ridere.
«Sei impossibile, Ashley»
«Mai quanto te, Syr» le risponde l’altra, strizzandole l’occhio.
*
Ashley si sporge dal letto sopra in una ventata di odore di smalto e dice qualcosa. Syr toglie una cuffia e la guarda con un’espressione eloquente. L’amica sospira e alza gli occhi al cielo, fingendo esasperazione.
«Ti stavo dicendo che c’è un’esercitazione domani mattina» Syr mugugna qualcosa di incomprensibile. «E se tieni la musica a un volume così alto diventerai sorda»
«Non sei mia madre» ribatte la ragazza dagli occhi dorati con un mezzo sorriso.
«Esercitazione di...?»
«Boh, non ne ho la minima idea. So solo che andiamo al parco. Probabilmente sarà una Caccia»
Syr annuisce, soddisfatta.
«La Caccia è la mia preferita»
«In teoria siamo noi e l’altra classe. Spero di non essere in gruppo con Gabriel. Non lo sopporto»
«Nessuno lo sopporta, Ash. A parte i due idioti che si trascina dietro ovunque»
«E speriamo che non piova! Voglio mettere le scarpe nuove»
È il turno di Syr di alzare gli occhi al cielo, ridendo.
«Che poi non ho capito perché ci fanno ancora fare ‘ste cavolo di esercitazioni» riprende la ragazza castana «Abbiamo tutti diciassette anni, no? Dovremmo ormai avere finito con l’addestramento»
Syr fulmina l’amica con gli occhi.
«Lo sai qual è il problema»
«Non è una cosa che puoi controllare...»
Si interrompe quando sente voci e risate sguaiate in corridoio. Anche Ahlyn se ne accorge, perché improvvisamente si alza in volo. Si mette a girare in aria emettendo il suo solito fischio modulato, e quando qualcuno bussa alla porta si blocca a mezz’aria, i capelli sparati da tutte le parti e fulmini indaco dalle mani.
Syr sa cosa significa questo e sta in guardia. Ashley scende dal letto fluttuando per dare manforte all’amica. La ragazza dagli occhi dorati apre la porta, affiancata dallo Sprite alla sua sinistra e dall’altra ragazza alla sua destra.
Nel riquadro della porta appare un ragazzo. È biondo, con gli occhi azzurrissimi, gli occhiali da sole tra i capelli – anche se fuori piove a dirotto, nota Syr – ed è abbronzato. Lo stereotipo del surfista californiano, insomma. Sulla sua spalla sta appollaiato uno Sprite più giallo che dorato, a forma di rapace. Dietro al tizio stanno altri due ragazzi, più alti e dall’aria feroce.
«Gabriel Tempest» Syr sputa il suo nome come fosse un insulto. «Che cosa vuoi?»
Il ragazzo sorride mostrando una sfilza di denti bianchissimi.
«Siamo acidi oggi, Syr Collins» le risponde per le rime.
Lei non risponde e lo fissa con sguardo torvo, le braccia incrociate.
«Venivo solo ad augurarti buona fortuna per la Caccia di domani» sghignazza Gabriel.
«Cerca di non far esplodere niente, stavolta, ok? Così forse si fideranno di te e ti manderanno in missione»
«Almeno io faccio qualcosa, non me ne sto nascosta come una codarda con la scusa del potere dell’invisibilità mentre i miei mastini fanno tutto il lavoro sporco»
Il sogghigno si spegne sul viso di Gabriel.
«Vedremo» ringhia, andandosene. «Non ti conveniva metterti contro di me, sei solo una misera Esterna» grida, ormai in fondo al corridoio.
«Una misera Esterna più potente di te!» ribatte lei. Non avrebbe dovuto. Ma non è riuscita a controllarsi.
Chiude la porta della stanza sbuffando.
«Stronzo di un Erede» borbotta sottovoce, per poi immergersi nuovamente nella sua musica, con Ahlyn, finalmente tranquilla, accanto a lei.




 
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Ciao, sono Vyolet e sono quella che scrive i capitoli dispari di questa storia, così sapete con chi prendervela se fa schifo :P
Questa storia è un esperimento, spero vi piaccia... Se lasciate una recensione ne sono felice ;)
Questi sono due disegni che ho fatto io di Syr, scusate la mia scarsa abilità nel disegno... è decisamente meglio se scrivo, invece di disegnare, ma mi andava, e la lezione di latino era particolarmente noiosa :P
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