Fanfic su attori > Jamie Campbell Bower
Segui la storia  |       
Autore: calamity julianne    04/05/2014    3 recensioni
Jamie Campbell Bower ha ventitré anni è arrogante, splendido, presuntuoso e vanitoso. Si crede il migliore in tutto quello che fa ed è perennemente arrabbiato con il mondo.
Julie Marin ha solo diciassette anni, è bella, forte e semplice ed è fuori dalla portata di Jamie: è la sua nuova sorellastra.
Quando la madre di Julie si trasferisce insieme alla figlia a casa di Jamie e di suo padre, inizierà la guerra.
Julie e Jamie si trovano costretti a passare tutta l'estate da soli, in balia dell'odio reciproco e dell'attrazione che provano l'uno per l'altra.
Amore. Odio. Gelosia. Segreti. Bugie.
I due si troveranno risucchiati nel vortice dell'odio e dell'amore impossibile che li vede protagonisti.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jamie Campbell Bower, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Magnetic.
Capitolo uno.


 
 
Quando la madre di Julie Marin le aveva detto che aveva finalmente trovato l’uomo della sua vita, lei di certo non si aspettava di venire catapultata in un universo parallelo.

La famiglia di Julie non era mai stata ricchissima come non aveva mai dichiarato la bancarotta. Con il passare del tempo tuttavia, le spese aumentarono: il matrimonio, la nascita di Julie, la loro prima ed unica figlia e tutte quelle piccole spese che si facevano sempre più grandi.
Dodici anni dopo il loro matrimonio, un incidente aveva trasformato la vita di John Marin in cenere al vento così sua moglie Ashley aveva dovuto mandare avanti la famiglia e crescere la piccola Julie che all’epoca, aveva solo dieci anni.
La morte di John era ancora una ferita aperta quando per caso, Ashley incontrò in una libreria David Bower, l’uomo grazie al quale lei era riuscita ad amare di nuovo.

Ashley faceva su e giù per un piccolo corridoio della libreria, con il capo chino sul libro che l’aveva rapita e non si era nemmeno accorta dell’ uomo che aveva davanti finché non urtò contro di lui in modo imbarazzante e doloroso.
E da lì era nato il loro amore. Ashley e David amavano raccontare ad amici e parenti la storia del loro primo incontro, prendendosi le mani e lanciandosi quelle occhiate complici che nascondevano un amore inatteso ma desiderato.
Julie era felice per sua madre. Non era quel tipo di adolescente che quando vede la madre che si risposa le urla contro, tirando su una vera e propria tragedia greca. Aveva visto Ashley piangere per notti intere, l’aveva vista crogiolarsi in quel dolore immenso che lei poteva solo immaginare e vederla sorridere, dopo anni di agonie e delusioni, era la vittoria più bella.
 
La questione “matrimonio” tra Ashley e David era ancora un argomento in sospeso. Erano entrambi scettici e spaventati dall’idea di un altro fallimento, così si divertivano a fare la coppietta di adolescenti nonostante avessero quarant’anni.
Poi un giorno d’agosto, mentre assaporavano la brezza degli ultimi giorni d’estate David le chiese di fare i bagagli e andare a vivere a casa sua, insieme a Julie ovviamente.
Ashley accettò ed ora Julie, si trovava a fare i conti con un mondo decisamente diverso dal suo.
 
David aveva un figlio di ventitré anni e Ashley non faceva altro che fantasticare su come lui e Julie avrebbero potuto diventare amici. Sognava una famiglia unita, dove i genitori si amavano come se fosse il primo giorno e i figli erano anche migliori amici.
La diciassettenne Julie però temeva di non piacere al figlio di David, ma si tenne i suoi dubbi per sé per evitare che intralciassero la felicità ritrovata di sua madre.
 
***

Casa Bower non aveva niente a che fare con casa Marin. Sembrava una sorta di palazzo reale. Un enorme cancello e una stradina che sembrava non finire mai, diedero il benvenuto a Julie e Ashley in quella villa gigantesca che poteva contenere dieci volte l’appartamento dove vivevano loro.

Manca solo il maggiordomo, pensò Julie.

Scesero dalla vecchia auto blu mezza rotta e presero i loro bagagli. Varcarono la soglia di casa, dove ad attenderle c’era una signora sulla sessantina, con gli occhi piegati dalle rughe e un sorriso stampato sul volto.
«Benvenute», disse la signora. «Io sono Mary, la governante. Vado a dire al signor Bower che siete arrivate», sorrise ancora e sparì dalla loro vista.
«Mamma?», sussurrò Julie verso sua madre.
«Sì?».
«È stato inquietante»,mormorò la ragazza.
Ashley le diede una piccola gomitata sul fianco. «Comportati bene».

La somiglianza che legava Ashley e Julie era pazzesca. Soprattutto gli occhi che erano praticamente identici. Entrambe avevano occhi grandi color cioccolato, incorniciati da lunghe ciglia nere. Entrambe avevano i capelli mossi lunghi, con l’unica differenza che Julie li aveva più scuri e più mossi rispetto a quelli della madre.
 
Poco dopo, David raggiunse Ashley e Julie che erano rimaste a contemplare la meraviglia di quella casa.
In soffitto era alto, ornato da un grande lampadario in cristallo. C’era un’ enorme rampa di scale a pochi metri dalla porta di ingresso e le pareti erano riempite da quadri che raffiguravano paesaggi o personaggi sconosciuti.

David baciò Ashley con un sorriso sulle labbra e guardò la sua amata per un attimo come se volesse ricordarne ogni piccolo dettaglio, per paura di dimenticare il colore dei suoi occhi o la piccola fossetta al lato della sua guancia sinistra.
Poi si voltò verso Julie. «Tu devi essere Julie, è un piacere conoscerti», le strinse la mano e le baciò le guance.
«Anche per me è un piacere conoscerla», disse Julie imbarazzata.
«Dammi pure del tu, cara», si affrettò a dire David. «Tua madre mi ha parlato molto di te, ma non mi aveva detto che eri così bella».
Julie arrossì e mormorò un ringraziamento, pregando che quella tortura finisse al più presto. Non era uno di quei tipi a cui piace stare al centro dell’attenzione e non era nemmeno una di quelle ragazze che crede ai complimenti delle persone. Li vedeva come semplici parole buttate al vento dette solo per cortesia e nulla più.

«Vi accompagno nelle vostre stanze, sicuramente vorrete riposarvi un po’».
Ordinò a Harold, un uomo alto circa un metro e novanta, con la carnagione chiarissima, più di Julie – e non era facile trovare qualcuno più pallido di Julie – con indosso una specie di uniforme, di prendere le valigie e portarle nelle loro stanze.
 Salirono le scale e arrivati al secondo piano, David mostrò ad Ashley la loro grande camera da letto. Al centro della stanza c’era un grande letto con la spalliera in ferro che disegnava eleganti ghirigori. Ai lati del letto c’erano due comodini uguali in legno e una grande cassa riposava ai piedi del letto. Nella stanza c’erano altre due porte: una portava al loro bagno personale, l’altra alla cabina armadio.

La camera di Julie, si trovava al terzo piano, dove c’erano altre stanze compresa quella di Jamie, il suo fratellastro che lei non aveva ancora avuto modo di incontrare.
La camera di Julie era grande ed arredata secondo lo stile classico. Un grande letto in legno padroneggiava la stanza accompagnato da due comodini uguali ai lati del letto e da un armadio che era tre volte quello che Julie aveva a casa sua. C’era anche un “piccolo” bagnetto personale nella sua stanza.
«Ti piace?», chiese David sulla soglia della stanza di Julie.
«Moltissimo, è tutto bellissimo», ammise Julie.
David uscì dalla sua stanza e si chiuse la porta alle spalle. Una volta sola Julie si gettò sul letto e sorrise.

Magari non andrà tanto male.

***
«Signorina Julie?», la chiamò per la centesima volta Mary.
Era l’ora di cena e Julie si era addormentata sul suo letto. Mary, la governante bussava alla sua porta da dieci minuti senza ricevere alcuna risposta.
Julie sussultò sentendo la mano di Mary che sbatteva sempre più forte contro la sua porta.
«Chi è?», farfugliò Julie.
Si voltò verso il comodino e vide che la piccola sveglia che vi era appoggiata segnava le otto e mezza. «Signorina, sono Mary. A cena attendono solo lei», disse Mary.
Julie si alzò dal letto e di guardò allo specchio. Era uno straccio.

«Cinque minuti e sono da voi», disse infine la ragazza. Mary tirò un sospiro di sollievo e andò al piano di sotto.
Julie si sistemò davanti allo specchio e per un attimo si chiese se avrebbe dovuto mettere un abito da sera, ma infine optò per un paio di jeans e una maglietta nera a maniche corte.
Era il sei luglio e faceva un caldo insopportabile.
Julie scese le scale e arrivò in cucina dove l’attendevano sua madre, David e un posto vuoto. «Eccoti, finalmente», disse Ashley vedendola arrivare.

«Mi sono addormentata», spiegò Julie.
David sembrava irritato, anzi lo era parecchio. Aveva una mano sulle labbra e l’altra chiusa in pugno sul tavolo.

Jamie non era ancora tornato e sapeva benissimo che quel giorno si sarebbero trasferite Julie e Ashley. Jamie non era mai stato un tipo facile, non era esattamente quel tipo di adolescente tranquillo che fa quello che i genitori gli dicono.
Jamie era ribelle, era arrogante. Jamie era difficile, se così può definirsi. Inoltre, odiava suo padre. Non era quell’odio che urlano i quattordicenni da dietro una porta, quell’odio che voleva solo dire “non è giusto che non mi fai uscire stasera”  o quelle cose banali.
Jamie lo odiava davvero. Lo odiava con tutto sé stesso, lo odiava oltre i limiti del normale. Per questo, quando aveva compiuto diciotto anni, dopo aver preso il diploma si era cercato un lavoro e con quel lavoro si era comprato un appartamento il più lontano possibile da suo padre.

I Bower navigavano nell’oro e Jamie avrebbe perfettamente potuto chiedere un tot di soldi al padre per comprarsi una casa, ma odiava dipendere da lui, odiava qualsiasi cosa riconducibile a lui.
E una padre di sé, odiava anche Ashley e Julie, nonostante non le conoscesse.
 
Julie sentì una chiave che ruotava nella serratura. La porta dell’ ingresso di aprì e si richiuse emettendo un tonfo, che fece sobbalzare Julie.
Una figura alta si presentò sotto i loro occhi subito dopo.
Il viso di Jamie sembrava impassibile. Jamie era alto, biondo e con due occhi azzurri da far paura. Erano quel genere di occhi che sembrano parlare, ma gli occhi di Jamie urlavano. Urlavano e Julie rabbrividì nel guardarli.

«Era ora», disse seccato David.
«Ho avuto da fare», rispose Jamie semplicemente.
«Ti presento Ashley e Julie», continuò David. «Lui è Jamie, mio figlio».
Jamie attraversò la sala da pranzo e andò a sedersi nella sedia di fronte a quella di Julie.
«Ciao Jamie, è un piacere conoscerti, tuo padre mi ha molto parlato di te», disse Ashley.

Jamie non la guardò nemmeno. «Posso immaginare», rispose secco.
Quando due cameriere portarono la prima portata, Julie spostò involontariamente lo sguardo su Jamie. Stava giocando con il tovagliolo di stoffa disegnandovi ghirigori immaginari con l’ indice mentre l’altra mano era chiusa in un pugno, poggiata sulla sua guancia.
Jamie sentì gli occhi di Julie addosso e sollevò lo sguardo verso di lei. Quando gli occhi di Julie si scontrarono con quelli di lui, lei abbassò lo sguardo sperando che lui non riuscisse a vederle le guance rosse.

Ma Jamie non distolse lo sguardo. Le diede quindici anni. Aveva il viso fresco, con appena un po’ di mascara.
Arricciò il naso guardandola. Non gli interessava più di tanto avere un fratello, tantomeno una sorella. E dentro, pensò che sia lei che sua madre sarebbero state due palle al piede.

«Jamie, la tua sorellastra Julie ha diciassette anni sai? Frequenta lo stesso liceo che frequentavi tu», disse David.
Jamie distolse lo sguardo dalla ragazza  e puntò un paio di occhi azzurri infuocati negli occhi del padre. «Non siete nemmeno sposati e già si parla con termini di parentela».
Fu una piccola frase, ma Julie si sentì rifiutata e Ashley provò la stessa cosa.
Non le voleva in casa sua, ecco tutto.

«Jamie», lo ammonì il padre.

«No, Jamie un corno. Cosa pensi, che una cena ci farà diventare una bella e allegra famiglia? Pensi che potrò mai chiamare questa donna “mamma” e quella ragazzina “sorella”?», sbottò Jamie e poi si rivolse verso Ashley. «E tu non t’illudere, sei la terza da quando ha divorziato con mamma, lo sai? Goditi questo lusso, perché finirà in fretta. Dagli giusto il tempo di trovarsene un’altra più giovane e bella e vedrai che fine farà tutto il vostro amore», si alzò in piedi e sparì dalla sala, lasciando Ashley ferita e Julie infuriata.
David mortificato nei confronti di Ashley e Julie, urlò il nome del figlio che però si era già chiuso in camera, sbattendo la porta.

«Perdonatelo», disse David. «Jamie è fatto così».
 
***

Durante il resto della cena, Julie non proferì parola e quando ebbe finito andò verso la sua stanza.
Si perse un paio di volte prima di trovare la sua stanza: finì in uno sgabuzzino, in un bagno che era tre volte la sua stanza, in una camera da letto per gli ospiti e nell’ ultima stanza dove avrebbe voluto entrare.

Aprì la porta di scatto, convinta che quella fosse la sua stanza. Invece, trovò Jamie stirato nel letto a dorso nudo, con lo stereo che suonava una canzone dei Nirvana. «Scusa, pensavo fosse la mia stanza», ammise Julie.

Dannazione a te, Julie Marin. Si rimproverò la ragazza mentalmente.
Jamie sollevò gli occhi dal libro che aveva tra le mani e la guardò privo di un’espressione in viso.
«Evidentemente non lo è», rispose acido Jamie.
«Che problemi hai con noi?», disse Julie, convinta di averlo solo pensato.
Il ragazzo abbassò il volume dello stereo mediante un telecomando e puntò quelle iridi azzurre contro quelle di Julie. «Scusa?», disse lui fingendo di non aver sentito.

Ormai Julie aveva parlato, non poteva tirarsi indietro. «Sai benissimo a cosa mi riferisco», disse lei. «Il tuo bel discorso non è  stato il massimo della gentilezza».
Jamie alzò le spalle. «È quello che penso».
Julie fece una smorfia che non sfuggì a Jamie. «Ma che vuoi? Sei a casa mia, nella mia stanza quindi evita quest’aria di sufficienza».
«Se hai qualche problema, se sei frustrato o che so io, prenditela con qualcun altro», sbottò Julie ma Jamie la interruppe.
«Ehi ehi, ragazzina modera i termini», sembrava sinceramente infastidito.

«No, taci e fammi parlare. Mia madre, che tu lo voglia o no, si sposerà con tuo padre e questa non è più solo casa tua, è anche casa mia, perché che ti piaccia o no sono la tua sorellastra. Mi odi? Non è un problema mio, quindi vedi di iniziare a trattare bene mia madre. Insultami quanto vuoi, ma non mancarle di rispetto».
Jamie non parlò per un istante, stupito dalle parole pungenti di quella che sembrava una semplicissima ragazzina vuota e innocua. «Lui le spezzerà il cuore», disse infine ed esitò un attimo a continuare la frase. «Ed io spezzerò il tuo».

Non era sicuro che quello che aveva detto avesse un senso, ma era tanto sicuro di sé, tanto vanitoso da credere che tutte le ragazze che
incontrava sarebbero cadute ai suoi piedi. Sorellastre comprese.
Non che questo non gli fosse successo, intendiamoci.
«Non so che genere di film guardi tu, ma nel mio mondo fratello e sorella non hanno relazioni».
Jamie rise infastidito. «Sparisci dalla mia vista, ragazzina».

«Non chiamarmi ragazzina», sibilò Julie e poi chiuse la porta della camera di Jamie sbattendola e sperò che il ragazzo si fosse arrabbiato per il suo gesto.
Andò nella sua camera, s’ infilò i pantaloncini e la canotta del pigiama e sgattaiolò dentro le sue coperte.
Julie aveva un quadernetto che riassumeva la sua vita. Era una sorta di diario, dove Julie scriveva, disegnava e appiccicava foto che in qualche modo le suscitavano un ricordo.

Quella sera, Julie era troppo esausta per scrivere ma era nervosa e arrabbiata e sentì l’impulso di sfogarsi.
Scrisse tutto. Scrisse del viaggio in macchina, del palazzo in cui era andava a vivere, di Mary e della sua sveglia brusca, dell’accoglienza di David, della felicità di sua madre e dell’arroganza di Jamie e dell’odio che pian piano si faceva spazio verso di lei.
Poggiò il quadernetto sul comodino e si addormentò.
 
***

David e Ashley erano usciti presto per andare a lavorare e avevano lasciato soli Jamie e Julie. Quest’ultima si svegliò circa mezz’ora dopo Jamie e il primo pensiero fu il cibo. Scese le scale a piedi nudi con indosso ancora i pantaloncini e la canotta del pigiama e i capelli disordinati.
In cucina, vide Jamie a petto nudo che sorseggiava una tazza di caffè e con l’altra teneva in mano quello che Julie vide come un libro. Lui le dava le spalle appoggiato al bancone.
Jamie la sentì arrivare e si voltò verso di lei con aria divertita, nascondendo la mano con il libro dietro la schiena. «Oh, buongiorno».

Julie prese del caffè e una tazza. «Buongiorno», mormorò. Si sedette su una delle sedie del tavolo della cucina, più piccolo rispetto a quello della sala da pranzo. Solo allora si rese conto che Jamie aveva un’espressione beffarda stampata in viso e nascondeva in modo morboso qualcosa dietro la schiena.
«Che nascondi lì? Roba porno?», disse Julie sorseggiando il suo caffè.
Jamie ridacchiò. «No, in realtà è più divertente, vuoi che ti faccia vedere?», chiese lui.
Julie sollevò le spalle e Jamie iniziò a leggere.

«Tutto in questa casa mi sembra estraneo. Mary mi ricorda una di quelle signore anziane che interpretano le streghe nei film ma sembra dolce. Mia madre era contentissima ed io sono felice per lei e David, che mi sembra un brav’uomo e spero davvero tanto che non sia come suo figlio Jamie».

Julie impallidì sentendo quelle parole. Era il suo quadernetto.
Si alzò di scatto e andò verso Jamie per riprendersi il suo quadernetto. «Dammelo!», urlò Julie ma Jamie non fece caso a lei e la bloccò senza problemi.
Nonostante Julie fosse alta, Jamie lo era circa quindici centimetri più di lei ed era indubbiamente più forte. La fece ruotare su se stessa fino a farle poggiare la  schiena contro il suo petto mentre le teneva i polsi stretti con una mano.

«No no, qui arriva la parte migliore», disse Jamie e si schiarì la gola con fare teatrale. «Jamie è presuntuoso, arrogante, sgarbato e vanitoso. Crede di avere il mondo ai suoi piedi e si sente in diritto di calpestare gli altri per divertimento personale. Lo odio, esattamente come lui odia me. È un mostro che si crede migliore degli altri quando invece non è nient’altro che un pagliaccio idiota».

La presa sui polsi di Julie allentò e lei si sollevò sulle punte prendendo il suo quadernetto velocemente. «Come hai potuto? È una cosa privata, tu non avevi nessun diritto di leggere!», sbottò Julie.
Quella notte, Jamie si era intrufolato nella camera di Julie senza un motivo ben preciso e la prima cosa che aveva notato, era stato proprio il quadernetto che Jamie lesse tutto.
Julie si sentì scoperta a sapere che lui aveva letto i suoi pensieri, aveva visto i suoi disegni e le sue foto. Lo odiò più di prima, lo odiò con quell’ odio autentico che provano solo poche persone.
«Così sarei un mostro?», disse Jamie senza fare caso alle parole della ragazza.

«Se prima lo pensavo, adesso lo so per certo», disse Julie.
Jamie rise e andò fuori dalla cucina.
Ci vollero qualche secondo e moltissimi respiri per far ritrovare a Julie la calma che ultimamente perdeva spesso, sempre a causa della stessa persona.
Appoggiandosi contro il bancone, urtò senza accorgersene contro un vaso che cadde e si frantumò per terra.
Oh Dio.
 
Ma prima che potesse pensare o fare qualsiasi cosa, un Jamie spaventato e infastidito si presentò sulla soglia della porta.
«Ma che hai combinato?», disse Jamie guardando i pezzi di ceramica attorno alla ragazza.
«Non l’ho fatto di proposito», mormorò la ragazza affrettandosi a raccogliere più pezzi di ceramica che poteva.
Jamie sospirò. «Ferma, stai ferma», ordinò.
Andò verso di lei e calpestò con gli scarponcini i pezzi di vetro poi, senza dire nulla sollevò le gambe di Julie e la prese in braccio.
«Che fai? Mettimi giù», disse Julie con le guance che iniziavano a colorarsi di rosso, a contatto con le mani di Jamie che le stringevano le cosce.
«Lo farei, ma sarei responsabile del tuo faccino ricoperto di sangue, quindi taci», disse lui.

Poi ordinò a Mary di raccogliere i pezzi di vetro e tenendo Julie ancora in braccio salì le scale verso il bagno della sua stanza. Julie poggiò le mani sulle sue spalle e guardò per tutto il tempo altrove, nonostante la vicinanza fra i due implicasse almeno uno sguardo per piano.
Entrarono nella camera di Jamie che era nel più totale casino ed entrarono nel bagnetto personale di Jamie.
Era identico a quello di Julie, solo che il suo sembrava più grande.
Poggiò Julie sul bordo della vasca e la costrinse ad aprire il palmo della mano per controllare le ferite.
C’erano tagli su tutta la mano, ma non erano troppo profondi.  Senza dire una parola, Jamie prese del cotone e lo intinse nel disinfettante per poi tamponarlo lentamente sui graffi della mano di Julie. La ragazza sussultò un paio di volte per il bruciore causato dal disinfettante a contatto con la ferita, ma strinse il labbro inferiore tra i denti per fare in modo che lui non si accorgesse che stava provando un po’ di dolore, nonostante fosse palese. «Fatto», disse Jamie fasciando la mano di Julie.
«Grazie», mormorò Julie.

Jamie non rispose, così Julie andò nella sua stanza.
Passò il tempo a disegnare, stare all’aperto e aiutò Mary in alcune faccende domestiche nonostante lei gli avesse ripetuto più volte di non aver bisogno del suo aiuto.
La verità era che Julie avrebbe fatto tutto, tutto pur di non sentire la presenza di Jamie accanto.
La sera, a cena Ashley e David parlarono con i ragazzi.
«Da un po’ di tempo io e Ashley volevamo fare un viaggio», esordì David. «così abbiamo prenotato un volo per stanotte. Andiamo a Miami».
«E quindi? Dobbiamo venire con voi?», disse Jamie.
«No, questo è il punto. Abbiamo pensato che magari lasciandovi da soli per così tanto tempo, potrete stringere… amicizia», continuò David che non era nemmeno lui tanto sicuro di cosa stava dicendo.
«Tanto tempo? Quanto tempo starete a Miami?», chiese Julie.
«Fino alla fine dell’estate», disse Ashley.
A Jamie andò di traverso l’acqua e tossì rumorosamente. «Cosa?».
«Hai sentito, Jamie», disse David. «Confidiamo nella vostra responsabilità e speriamo che questo tempo servirà per unirvi di più».
O per scannarci a vicenda, pensò Jamie.
«No?», disse David guardando prima Julie poi Jamie.
«Certo», disse Julie.
«Sicuro», disse Jamie contemporaneamente a Julie.
 
No, non ce la posso decisamente fare, pensò Julie.
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Jamie Campbell Bower / Vai alla pagina dell'autore: calamity julianne