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Autore: imperfectjosie    04/05/2014    4 recensioni
Ripensò al momento in cui avrebbe rivisto quelle lentiggini e quel sorriso.
|Ace/Elsa|
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Portuguese D. Ace
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Cross-over!One Piece / Frozen
Pairing: Ace/Elsa
Rating: Arancione (come il cappello del protagonista!)
Note: La mia prima cross-over. Ci tengo e spero vi soddisferà abbastanza da non vomitare.
 

Io non mi accontento di niente
Io mi accontento se tu resti qua.

 
 

Se per tutte le cose ci fosse un punto di stabilità, sarebbe un mondo perfetto.
Sarebbe, se tu restassi qua.

 

Non riusciva proprio a capacitarsi di come fosse finito dal bel mare soleggiato e tranquillo del suo mondo, a quella landa di terre ghiacciate e desolazione. Ace continuava a guardarsi intorno, osservando la fitta coltre di neve circondare ogni dove. Eppure Marco gli aveva raccomandato di non cacciarsi nei pasticci.
« Ace, non fare stronzate! Lo sai che al Babbo non piace quando prendi un'iniziativa troppo azzardata. »
Di tutta risposta il Comandante della seconda flotta aveva riso spavaldamente in faccia al compagno, mostrando come al solito il suo lato competitivo. Ma forse, affrontare Orso non era stata una brillante idea. Non credeva che quel dannato bestione usasse i poteri del suo frutto su un figlio di Barbabianca. Almeno non senza l'appoggio della Marina. Invece, ecco fatto! Era nei guai fino al collo.
« Dannazione! » imprecò, tenendosi le spalle con entrambe le mani.
Odiava il freddo. Un po' grazie al Mera Mera che aveva mangiato da bambino e un po' per indole personale. Osservando un cumulo di neve schiantarsi al suolo e abbandonare il ramo di un pino, si mosse in quella direzione, pestando i pesanti stivali sul prato bianco. Camminò per qualche minuto, continuando a far vagare gli occhi su quella che sarebbe stata la sua nuova terra, almeno fino al ritorno di Bartholomew. Sapeva che la flotta dei Sette lo avrebbe costretto ad andare a riprenderlo, per evitare una guerra di proporzioni gigantesche contro il suo Capitano. Ghignò a quella prospettiva. Odiava sinceramente quella massa di idioti. Grazie all'appoggio del Governo Mondiale, si sentivano in dovere di fare i loro comodi. Continuò a camminare, almeno finché una figura non lo costrinse a finire con il sedere a bagno nella dannata polvere bianca. Bagnata e insopportabile. Ace starnutì.
« Ehi! Stai più attento quando cammini, amico! » inveì contro la sagoma sconosciuta di fronte a lui.
« Scusami. Ti sei fatto male? »
La voce che arrivò alle sue orecchie non era affatto quella di un uomo. Sollevò lo sguardo, incontrando due occhi azzurri sinceramente preoccupati e una mano tesa ad aiutarlo. Da bravo gentiluomo quale era, si alzò accettando di buon grado l'aiuto e spolverandosi i pantaloni dalle ultime tracce di neve.
« Non importa! Cose che capitano » minimizzò mostrandole un sorriso « Piuttosto, mi sai dire dove ci troviamo di preciso? Cioè, che posto strano è mai questo? » domandò, corrugando la fronte all'ennesimo ciuffo di neve che cadeva al suolo.
La ragazza rise lievemente, coprendosi la bocca con una mano. Era esile e ai suoi occhi davvero bellissima. Elegante, gli occhi vispi e le labbra sottili, ma carnose. Rosse, come una mela appena colta dall'albero. I capelli si scioglievano in una treccia laterale e sembrava brillassero di luce propria. Si ritrovò a fissarla senza quasi volerlo.
« Sei nei pressi di Arendelle. Mi chiamo Elsa, sono la regina di questo regno. » rispose, con voce lievemente imbarazzata. « Tu chi sei? »
Sembrava curiosa. Ace si riscosse, mostrandole un inchino appena abbozzato. Faceva davvero troppo freddo per concedere qualcosa di più.
« Il mio nome è Portgas D. Ace. Ace, per gli amici! »
Le sorrise, con quel modo così malizioso che di solito faceva infuriare le donne. Eppure, quella strana ragazza gli rispose, senza avanzare alcuna pretesa. Sembrava le andasse bene qualsiasi forma di gentilezza. Era elegante e raffinata. Avrebbe di certo capito che si trattava di una regina, senza che lei glielo confidasse.
« D'accordo. Mi dispiace, sai? Il mio regno non è così di solito. E' colpa mia. » affermò, chinando il capo in un gesto di pura vergogna.
« Colpa tua? » chiese confuso, sollevando un sopracciglio.
« E' una lunga storia! »
Sembrava non avesse alcuna voglia di parlarne, ed Ace non continuò. La guardava, accorgendosi che pure lei lo stava fissando, prima incuriosita, poi quasi preoccupata.
« Non puoi andare in giro vestito in quel modo! » lo apostrofò, indicando il buffo – a detta sua – cappello da cowboy e il petto nudo. A contatto con il nevischio, il moro cominciava a sentire le forze abbandonarlo. Non riusciva quasi a stare in piedi e senza volerlo le franò addosso.
« S-Scusami. L'acqua non è una mia grande amica! » biascicò, abbozzando un sorriso.
Elsa fece fatica a sorreggerlo. La superava di parecchi centimetri ed era molto più robusto di quanto lei non fosse. Si fece coraggio, mettendoci tutta la forza di cui era capace e senza neppure rivolgergli parola, lo trascinò verso il castello. Era una regina e se quell'uomo si trovava nella foresta, di certo faceva parte del suo popolo. Anche se, a dirla tutta, ai suoi occhi non sembrava una faccia conosciuta.
« D-Dove stiamo andando? »
Non riusciva a tenere salda la mascella, batteva i denti, tremando vistosamente.
« Ti porto al castello, hai bisogno di scaldarti. » gli rispose premurosa.
Ace non glielo impedì. Quella ragazza cominciava davvero ad incuriosirlo.


Dove si trovava? Era forse svenuto?
Strizzò gli occhi, mettendo a fuoco la stanza. Non aveva mai dormito su di un letto così comodo. Molleggiò sul materasso, godendosi la sensazione di leggerezza che lo invase. Era morbido e profumato. Immediatamente spostò lo sguardo dal lenzuolo alla camera. Le pareti erano azzurrine, il soffitto davvero alto e spazioso, la mobilia degna di un palazzo reale.
« Ti porto al castello, hai bisogno di scaldarti. »
Un piccolo ricordo gli arrivò alla mente. Un palazzo. Ma certo! Quella strana ragazza nella foresta! Con un colpo di reni, si tirò in piedi, scendendo dal letto a baldacchino nel quale si trovava. Osservò il pugno, allargando e serrando le mani per saggiare la condizione delle sue articolazioni. Stranamente si sentiva bene. E caldo. Lasciò che una palla di fuoco gli invadesse gli arti superiori, sorridendo sornione alla scoperta di aver riavuto il pieno controllo dei suoi poteri.
« C-Cos'era quello? »
Una voce lo fece sobbalzare, costringendolo a spegnere in fretta il piccolo incendio. Dedicò la sua attenzione alla figura della ragazza dai capelli bianchi sull'uscio della porta, che impietrita lo osservava.
« Quello cosa? » domandò in risposta, cercando di non dare nell'occhio.
Non voleva spaventarla, gli aveva salvato la vita, il minimo che potesse fare era di non ucciderla con qualche infarto a sorpresa. Ma lei, entusiasta, lo raggiunse a grandi falcate. Un grosso sorriso stampato sul volto. Era radiosa.
« Anche tu! Pensavo di essere l'unica! Credevo di essere un mostro » terminò, spegnendo quasi il tono della voce.
Ace era sinceramente confuso. Di che diavolo stava parlando? Un mostro? Perchè credeva di essere un mostro? E sopratutto, anche lui che cosa? La guardava. Le mani giunte sotto al mento e un'espressione di pura felicità.
« Puoi rifarlo? Ti prego! » lo implorò, osservandolo speranzosa.
Quella mocciosa iniziava ad essere molesta. A lui non piacevano le persone impiccione ed invadenti. Eppure quello sguardo nascondeva un alone di tristezza e solitudine. Lo sapeva, lui conosceva bene quelle emozioni, e anche il modo per celarle. Sospirò.
« Non so di cosa tu stia parlando »
« Non trattarmi come una stupida, l'ho visto! Non sono pazza! » lo aggredì, chiudendo gli occhi a due fessure pericolosamente sottili. La ragazza aveva carattere. Ghignò. Lasciando che le fiamme lo invadessero, stando attento a lasciare gambe e piedi fuori da quello spettacolo.
Elsa si illuminò di gioia. Era davvero inebriante vederla così felice. Aveva un viso che sembrava fatto per sorridere.
« Fantastico! »
Lo abbracciò, curandosi di aspettare che lui sopprimesse i poteri del frutto. Ace era pietrificato. Nessuno, oltre il suo fratellino, lo aveva mai stretto in quel modo. Quasi come se da lui dipendesse il suo futuro. Ma cosa aveva quella ragazza? Era davvero strana. Sciolse l'abbraccio, guardandola con un certa diffidenza.
« Ma tu chi sei? »
« Mi dispiace, non posso darti spiegazioni adesso, devo uscire di qui, devo trovare quel bestione e tornare a casa! Nel mio mondo! » fu tutto quello che ebbe da dire in merito. La scansò, dirigendosi verso l'enorme portone di legno lavorato.
« Aspetta! »
Suonava come una supplica ed Ace si fermò, senza tuttavia voltarsi.
« Ti prego, non andartene! Non ho capito nulla di quello che hai detto, ma resta ancora qui con me. » lo implorò. Pugno di fuoco non aveva mai ceduto ad una richiesta in tutta la sua vita. Eppure, si sorprese da solo del fatto che al solo suono di quella voce si fosse fermato per ascoltarla.
« Guarda! » lo esortò. Tuttavia non si girò fino a quando una strana luce bianca riempì la stanza. E quando lo fece, per poco la mascella con gli cadde a terra dalla sorpresa. Se lui poteva essere fuoco, quella strana ragazza poteva essere ghiaccio. Che avesse mangiato un frutto del Diavolo? No, sarebbe stato da escludere. Quello non era il suo mondo. E se anche fosse stato il contrario, quel potere apparteneva già ad Aokiji. Ed era risaputo, non esistevano due frutti uguali. Deglutì, andandole in contro.
« Assurdo. Non è possibile! » commentò, toccando lo strato congelato e pericolosamente acuminato delle sue mani. Una goccia d'acqua gli imperlò il dorso della mano. Piangeva. Perchè piangeva?
« Ohi » tentò di rassicurarla. Era ovvio che quel potere lei non lo vivesse come facevano le persone del suo mondo. Sembrava quasi rifiutarlo. Ne era spaventata. Le spalle scosse da visibili tremori.
« Stai calma, non è nulla »
Ace non era bravo a consolare la gente. Non ci riusciva neppure da piccolo. Aveva picchiato Rufy svariate volte durante le sue scenette lacrimose e irritanti quando erano bambini. Non sopportava vedere qualcuno piangere. E sopratutto provava disprezzo per chiunque mostrasse debolezza di carattere. Eppure quella ragazza era diversa. Scoprì il suo lato tenero osservandola disperarsi in quel modo. E quando toccò il suo petto con la propria fronte, Ace sussultò.
« Ci sono nata. I-io ho paura, non so come controllarlo. Non posso fare nulla per il mio popolo, ho congelato un intero regno! Sono un mostro » decretò, stretta a quel corpo sconosciuto che per qualche strano motivo le dava sicurezza. Pugno di fuoco sorrise, ricambiando finalmente l'abbraccio.
« Stai tranquilla. Senti, facciamo una cosa. Dubito che chi mi deve venire a prendere si faccia vivo presto, perciò se vuoi resto qui e ti aiuto a gestire il tuo potere. Ok? » propose, addolcendo il tono di voce e dandosi mentalmente dell'idiota subito dopo. Quello non era Portgas D. Ace. Ma cosa gli prendeva? Maledisse Orso per averlo ficcato in quella situazione.
« Dici davvero? N-Non mi prendi in giro? »
La voce soffocata di chi è troppo impegnato a cercare conforto per staccarsi lo intenerì, ricordandogli vagamente il suo fratellino. Si domandò stranamente se stesse bene, ripromettendosi di contattarlo una volta tornato indietro.
« Dico davvero. » le concesse dolcemente.
Si imbarazzò quando, nonostante tutto, non accennava a staccarsi. Quella fu la prima volta che Pugno di fuoco arrossì.
 

« Beh, è un inizio! » elargì Ace, tirandosi su il cappello con un dito, visibilmente divertito. Il tono sarcastico del moro ebbe cura di fare infuriare Elsa ancora di più. Ma cosa pretendeva? Da dove veniva lui non si era mai ritrovato a dover fare da maestro a qualcuno che avesse dei poteri. Quella ragazza aveva appena congelato mezzo salone reale, comprese due armature di ferro e cinque quadri. Era ovvio che la scena risultasse esilarante!
« Non sei divertente, lo sai? » rimbeccò contrariata, osservando la risata scomposta del pirata.
« Ti agiti troppo, devi essere più calma e sopratutto riuscire ad utilizzare i tuoi poteri solo quando ne hai bisogno. Devi sopprimerli per tutto il resto del tempo. Non vorrai congelare qualcuno, vero? » domandò retorico, addolcendo un po' il tono di voce. Metterla sotto pressione non sarebbe servito a nulla, anzi, avrebbe peggiorato la situazione. La regina si guardò le mani pensierosa.
« Coraggio, riprova! » la incitò « sposta le braccia, cercando di bloccare il ghiaccio. »
Lo sguardo determinato di Elsa per Ace era davvero da dipinto. Impegnata come una bambina che infilava il filo in un ago. Sorrise, stando attendo a non farsi notare. Quando dalle mani della ragazza non scaturì niente, il suo sorriso si allargò e subito le braccia del moro furono una destinazione allettante. Lo strinse, saltando di gioia!
« Grazie! Davvero Ace, non so come ringraziarti! Ce l'ho fatta! »
« Sì ce l'hai fatta, brava! » le concesse, ridendo divertito della situazione mentre il cappello arancione gli scivolava sulla schiena. « Ma adesso calmati! »
Tuttavia la regina sembrava non sentirlo nemmeno. Continuava a bearsi della sua conquista, lasciando il corpo del moro subito dopo, ma senza distogliere lo sguardo.
« Senti » cominciò imbarazzata « ti ho preparato la stanza degli ospiti. E' molto spaziosa e calda e... beh, ci puoi rimanere quanto vuoi! » il rossore sulle gote decretò la fine della frase. Ace sogghignò, quella mocciosa provava un certo disagio nel fissare i suoi occhi. Sembrava interessante. Si sporse, fino a sfiorarle il naso con il proprio respiro, curandosi di non lasciare quel sorrisetto. Adorava mettere in soggezione le persone. E gli riusciva pure bene!
« Grazie Elsa. »
« M-Ma figurati. I-Io... è il minimo c-che potessi fare! » rispose, spostando la testa indietro per evitare qualsiasi contatto. La risatina divertita del ragazzo la riscosse.
« Ehi, ma mi prendi in giro? » il tono di consapevolezza scatenò del tutto l'ilarità di Ace.
« Scusami, non ho resistito! E comunque visto che ti do' lezioni gratis, almeno fammi divertire! »
La vide gonfiare le guance indispettita.
« Io vado a controllare le cucine, tra poco è pronta la cena. Ti unisci a me? »
Il sopracciglio inarcato fu un chiaro segno per farle capire il controsenso di quella domanda. Arrossì fino alla punta dei capelli, girando su i tacchi e abbandonando la sala grande, accompagnata dalla risata sguaiata del pirata. Lo mandò mentalmente al diavolo.
« Insopportabile, rozzo e maleducato! » mormorò tra se, fermandosi oltre il portone. Eppure, con un dito sulle labbra, Elsa rimuginava su quanto la sua vita fosse migliorata dopo il suo arrivo. Nonostante le raccomandazioni del padre, che comunque le aveva sempre intimato di nascondere il suo potere e non di provare a controllarlo, non era mai riuscita in grandi imprese. Ad Ace invece era bastato meno di un mese per aiutarla seriamente. Gli avrebbe chiesto dopo cena chi fosse, si disse che visto il vitto e l'alloggio gratis, almeno ad alcune domande avrebbe dovuto rispondere.
 

« Mi spieghi come fai a farlo? »
« Come faccio a fare cosa? » domandò, da sopra un sostanzioso pezzo di carne. Aveva convinto Elsa a portare in stanza alcuni stuzzichini dopo cena. Con assoluta sorpresa della ragazza, Ace mangiava come un vero bisonte. Aveva dato fondo ad almeno metà delle scorte reali. E in meno di un'ora.
« Il fuoco. Ci sei nato anche tu? » lo incitò incuriosita. Dal lato del letto, lo fissava come rapita. Non aveva mai conosciuto una persona in grado di fare cose analoghe alle sue, ne era del tutto affascinata. Guardò il pezzo di carne scivolare nella gola del moro e poi ascoltò ogni singola parola, come se fosse oro colato.
« No. Ho mangiato un frutto. »
Ma quelle parole non bastarono alla regina, che lo guardava per esortarlo a continuare. Voleva sapere tutto, era chiaro. Sorrise, intenerito da tanta curiosità, più consona ad un bambino che ad una persona del suo calibro sociale.
« Un frutto del diavolo. Nel mio mondo non sono l'unico ad avere dei poteri, sai? Mio fratello è fatto di gomma. Un ammiraglio della Marina Militare ha le tue stesse capacità. C'è chi diventa magma, chi luce pura, chi si trasforma in un vero Buddha d'oro, chi può tagliare le persone in due e scomporne i pezzi, chi invece può addirittura scomporsi da solo. Chi ha il potere di creare veri e propri terremoti, chi invece dopo aver mangiato un frutto può attirare a se qualsiasi arma. Ce ne sono diversi. Io ho il dono del fuoco. » concluse, senza smettere di masticare. Elsa era affascinata. Lontano da quel mondo, c'erano persone proprio come lei. Non riusciva a crederci.
« E tu chi sei? Voglio dire, nel tuo mondo, chi sei? » domandò, con crescente curiosità.
« Io sono un pirata. Ricercato per di più! Quello che mi ha spedito qui ha il potere di aprire porte verso nuovi mondi! Ma non solo. E' un tipo abbastanza pericoloso. »
La ragazza sembrava tuttavia più interessata alla premessa iniziale.
« Un pirata? » domandò scettica. Poi, per la prima volta da quando era nata, Elsa rise di gusto. Si teneva la pancia con entrambe le mani, incapace di fermarsi.
« Oddio! S-Scusami, ma è davvero assurdo! Un pirata! » continuò a ribadire il concetto, sempre più divertita dalla stranezza di quella affermazione! Un pirata ad Arendelle, era davvero incredibile!
« Non è divertente » la intimò, minacciandola con un cosciotto di cinghiale. A quella vista, l'ilarità della ragazza si fece più violenta.
« Finiscila di ridere! Sono pericoloso! » continuò a minacciarla, assolutamente convinto delle proprie parole.
« Certo, ahahahaha, e cosa hai intenzione di fare? Mi farai secca con il re dei suini? » domandò retorica, indicando l'enorme pezzo di carne. Si stese sulle lenzuola bianche, incapace di fermare le risa e battendo una mano sul materasso. Ace osservò la scena per qualche secondo, prima di rendersi conto da solo dell'assurdità di tutta quella faccenda. E presto si ritrovò ad accompagnare quella voce, rovesciando la testa all'indietro e ridendo a sua volta, come non gli capitava da tempo.
Elsa fu la prima a ricomporsi. Si asciugò gli occhi, continuando a sorridere.
« Sei un tipo davvero singolare, lo sai? »
Il moro abbassò lo sguardo, cercando di nascondere un piccolo sorriso. Quella ragazza era davvero assurda. Era bella, e tanto. Ma decise di non compromettersi e di mantenere le dovute distanze. Stava già facendo molto per lui e non aveva intenzione di approfittarne ulteriormente. Era abituato a prendersi ciò che voleva dalle donne, ovviamente non senza il loro consenso, ma per quella volta avrebbe fatto un'eccezione.
« Hai una sorella o sbaglio? Me ne avevi accennato ieri sera » cambiò argomento, finendo finalmente il suo pasto. La vide annuire, abbozzando un leggero sorriso.
« Già. Ma è via con il suo fidanzato! Non tornerà prima di qualche settimana »
Ace la osservava. Sembrava che il fatto di non avere un ragazzo la rattristasse, contro ogni sua previsione si scoprì felice della notizia. Elsa era libera. Provò ad avvicinarla, ma prima che potesse fare qualsiasi mossa, l'enorme porta si spalancò, rivelando il volto preoccupato di una guardia.
« Maestà, scusi il disturbo, c'è una rivolta fuori dai cancelli del palazzo! »
A quella affermazione, la regina si alzò, dirigendosi verso l'uscita. Ma Pugno di fuoco aveva imparato a captare il pericolo nella voce delle persone e preso da un moto di vaga preoccupazione, seguì i due senza pensarci troppo su. La cosa non gli piaceva per niente, sentiva odore di guai.
 

« A MORTE LA REGINA! MOSTRO! SEI UN MOSTRO! »
Elsa, alla vista di donne e uomini con in mano armi di vario genere, non riuscì a trattenere un espressione di pura angoscia e sgomento, seguita da calde lacrime salate. Ace, apparentemente noncurante della situazione, se ne stava appoggiato agli infissi dell'enorme portone reale, con le braccia incrociate e lo sguardo saldo sulla massa di gente. Osservava di tanto in tanto il corpo della ragazza, scosso da violenti brividi di dolore. Non era fisico, ma il pirata sapeva perfettamente quanto fosse sottile quella linea. Si mosse solo quando un enorme forcone le andò incontro, sollevandola in aria per spostarla dalla traiettoria dell'arma. Era veloce. Elsa se ne stupì. La posò delicatamente a terra, volgendo tutta la sua rabbia sullo stormo di ignoranti che aveva di fronte.
« Ma che diavolo vi prende? Siete impazziti? E' la vostra regina. Mostrate rispetto! E' così che trattate chi vi da il mangiare e governa il vostro popolo? » domandò irato. Era furioso. Quelle erano il genere di cose che lo mandavano in bestia e minacciavano di far esplodere tutto il sangue che aveva ereditato da Gol D. Roger.
« Tu chi sei, ragazzo? Fatti da parte! Vogliamo che questa strega se ne vada! »
Forte del fatto che se avesse mostrato il suo potere, avrebbero compreso il loro errore di giudizio, Ace alzò il braccio al cielo, lasciando che una copiosa quantità di fiamme si liberasse in aria e sbigottendo molti dei presenti, fra cui Elsa stessa. Aveva compreso perfettamente la motivazione di quel gesto, e arrossì con gli occhi lucidi di emozione. Lo stava facendo per lei.
« Sei un mostro anche tu! » gli inveirono contro. No, di certo non aveva funzionato. Poco male, si disse. Agguantò la ragazza per la vita, trascinandola nel palazzo e intimando alle guardie di chiudere tutti i cancelli. Una volta dentro, Elsa crollò.
« M-Mi odiano! Credono che sia una s-strega » cantilenò con voce sofferente. Ad Ace mancò un battito. Quella ragazza così fragile, ma allo stesso tempo determinata e forte, si era piegata a lui umiliandosi e solo per quel branco di zotici ingrati. Digrignò i denti e poi la scosse, prendendola per le spalle.
« Non dirlo neanche per scherzo, hai capito? Quelli non meritano niente! Tu sei una persona fantastica, Elsa. Non lasciare che la gente sminuisca questo enorme dono »
Il tono fermo e deciso la costrinse a guardarlo negli occhi. Il nero di quelle iridi bruciava di passione. Era rassicurante come il moro si infiammasse per la giustizia e il valore umano. E osservandolo attentamente fece vibrare un labbro, perdendosi in nuove lacrime che andò ad asciugare contro il suo petto nudo. Non era sola, non lo era più. Lui le accarezzò i capelli, posando le labbra su quella chioma così chiara e diversa dalla sua. La pelle diafana, quasi trasparente tanto era candida, cozzava terribilmente contro quella scura e abbronzata del pirata. Eppure il contrasto era quanto più di meraviglioso potesse esserci in quel mondo così bianco e privo di colore.
 

« Ci devi riuscire, Elsa! »
Erano ore che lavoravano al disgelo del regno, ma con scarsi risultati. Una settimana dopo l'episodio dei cancelli, la regina si era intestardita per ridare ad Arendelle la sua vita, la sua stagione. Ace si impegnava per aiutarla, convinto che potesse riuscirci, ma Elsa era ormai arrivata allo stremo. Ansimava, osservando l'enorme lastra di ghiaccio non sciogliersi neppure di un millimetro. Era frustrante. Osservandola, il moro capì che aveva bisogno di una pausa e la esortò a rientrare a palazzo.
« Non posso! » scosse la testa con vigore « Ci devo riuscire a tutti i costi! »
Sorrise di quella determinazione. Nel suo mondo sarebbe potuta tranquillamente diventare una piratessa di tutto rispetto. All'apparenza esile, nascondeva nell'animo uno spirito da vera guerriera. Non vantava un corpo molto prosperoso, Ace era abituato a donne di altro genere, eppure più passava del tempo insieme a lei e più nasceva la voglia di accarezzarla. Le si avvicinò dolcemente, stringendole un polso con garbo, per farle abbassare la guardia.
« Per oggi basta così, mi merito un bagno caldo. Non pensi? » domandò ironico.
Lo osservò per un po', valutando la richiesta e gli donò un risolino davvero adorabile, almeno, secondo lui. Si rilassò sotto il tocco delle sue dita, precedendolo verso gli interni del castello.
« Sto morendo di fame! » decretò, toccandosi lo stomaco, agonizzante. E non era una bugia, potè sentire ogni singolo gorgoglio provenire da quella sacca senza fondo che era il suo organismo. Gli rivolse uno sguardo disgustato e sconvolto.
« Ma abbiamo appena finito di cenare! » commentò, allucinata. Era davvero incredibile. Il fatto che si limitasse a risponderle solo con una alzata di spalle vagamente indolente, però, lo era di più. Mascherò le labbra con una mano, ridendo appena.
« Va bene, sarai accontentato! Poi però dopo il bagno vai a riposarti, è tardi! » gli concesse, abbastanza divertita. Di tutta risposta Ace le regalò uno dei suoi rari sorrisi smaliziati.
 

Il pomeriggio del giorno dopo, lo convinse ad accompagnarla nel bosco per fare una di quelle solite passeggiate che tanto la mettevano di buon umore. Elsa non era pretenziosa, a lei bastava passare del tempo in pace, circondata dal silenzio che quel regno riusciva a donarle e alla quiete che trasmetteva.
« Come fai a muoverti con disinvoltura in questo mare di neve? »
La voce roca del pirata la riscosse, si voltò in direzione della figura salda a terra. E quasi senza preavviso, rise alla scena che ebbe di fronte. Ace non riusciva a disincastrare i pesanti stivali dal fitto manto bianco che ricopriva il terriccio e continuava a tenersi entrambe le spalle con un'espressione contrariata, ma decisamente adorabile.
« Dovresti proprio vederti! » commentò, additandolo divertita. Il moro inarcò un sopracciglio, abbozzando un leggero sorriso di sfida.
« Non mi sto affatto divertendo, vostra maestà! E continuo a pensare di essere finito in un inferno di ghiaccio. Io sono il fuoco, baby. Come puoi farmi questo? » domandò retorico, con un tono di voce volutamente suadente. Elsa si bloccò, arrossendo a quelle strane parole. Nessuno le aveva mai parlato in quel modo strafottente, nessuno aveva mai osato tanto.
« Bada a come ti rivolgi a me, signorino! » lo apostrofò, senza celare un pizzico di ironia. Per una ragione che ancora non riusciva a spiegarsi, assecondava ogni piccolo battibecco con assoluta naturalezza. Ace la metteva di buon umore e nonostante l'apparenza, si sentiva a proprio agio insieme a lui. Si rese conto, mordendosi un labbro, che stava lentamente sciogliendo il suo cuore di ghiaccio. Fu però lo sguardo attento del pirata a scuoterla da quei pensieri che poco si addicevano ad una regina.
« Cosa c'è? » domandò, osservandolo perplessa. Senza che lui dicesse nulla, seguì quello sguardo magnetico in direzione del bosco, posando gli occhi su una enorme impronta ovale impressa nella neve. Ebbe paura. Da piccola suo padre la metteva spesso in guardia, continuando a ripeterle che fra quegli alberi viveva un enorme orso selvatico. In principio era convinta si trattasse di una mera scusa per non farla uscire di casa, ma in quel momento ripensò alle parole del re e ogni sua convinzione si dissolse.
« Ace, andiamo via! » il tono vibrava di terrore.
« No » si sentì rispondere. E per convincerlo gli volse tutta la sua attenzione. L'espressione del ragazzo era indecifrabile. « Stai tranquilla, non è un orso. »
« Ma allora- » cominciò, confusa.
« Bartholomew »
E con quella singola parola, zittì ogni sua frase. Elsa lo osservava in assoluto silenzio. Sembrava sinceramente scosso e preoccupato. Chiunque fosse il tizio di cui Ace stava parlando, aveva un potere enorme. Decisamente più spaventoso del suo.
« A-Ace? » chiese mesta. Aveva paura. Lo raggiunse, fasciandogli il polso con le esili dita e cercando di convincerlo in una muta domanda a lasciare quel luogo, trascinandolo appena nella sua direzione.
« Sì, Elsa, tranquilla ce ne andiamo. » le concesse con voce atona.
Detto questo, senza che riuscisse a distogliere lo sguardo da quell'impronta, seguì la ragazza verso le porte del regno, in rigoroso silenzio. Ace sapeva perfettamente cosa significava quel simbolo. Era chiaro che Orso fosse venuto a riprenderlo, era evidente. Avrebbe dovuto però spiegare anche a lei come stavano le cose, e si convinse del fatto che non sarebbe stato così semplice. Si sentì improvvisamente di nuovo solo.
 

« No, non è vero! NON VOGLIO! »
Le urla disperate della regina, attirarono l'attenzione delle due guardie di servizio. Spalancarono la porta delle stanze reali preoccupati da quel tono imperativo.
« Vostra maestà? » La guardia più giovane si rivolse direttamente a lei, ma la sua attenzione venne catturata dallo sguardo di Ace. Lo ammoniva, assicurandogli che non c'era alcun problema. Trascinandosi il collega fuori dalla camera, si richiuse in fretta il portone alle spalle. Il pirata tornò ad osservare quel corpo scosso da violenti tremori di angoscia.
« Mi dispiace Elsa! Devo ripartire, io devo tornare a casa, cerca di capirmi! Ma conosco Orso, quello era un avviso. Abbiamo ancora tutta la serata a disposizione per stare insieme, non me ne andrò prima di domattina. » tentò di rassicurarla, andandole incontro cauto. Aveva paura di peggiorare la situazione. Non seppe dire con esattezza quando fosse diventato così calmo. Ma Pugno di fuoco cominciava a rendersi conto di come quella ragazza aveva ammorbidito ogni difetto di carattere. Non si riconosceva più. Non aveva mai provato in vita sua un moto di terrore e solitudine così grande nel perdere qualcuno. Lui era Portgas D. Ace, per l'amor del cielo! Che diavolo gli stava succedendo? Si chiese se Elsa avesse anche il potere di ammaliare le persone per piegarle al suo volere. Ma lo escluse quasi immediatamente.
« Ace » disse quasi sottovoce, andando a rifugiarsi in quella che ormai era diventata la sua tana. Il suo posto sicuro dove nascondersi. Strusciò il viso contro quel petto forte e scolpito dalle molteplici battaglie, bagnandolo di lacrime.
« Come faccio senza di te? Ti prego, resta »
Si addolcì a quella richiesta straziante e con un sorriso le sollevò il mento, perché incontrasse i suoi occhi. Voleva che lo vedesse, che capisse che anche lui avrebbe sentito quella assenza. Che le sarebbe mancata. E anche tanto.
« Vuoi mica dormire qui, stanotte? » Ma subito comprese il controsenso di quella richiesta e si affrettò a rimediare. Non aveva alcuna intenzione di punzecchiarla in quel momento, era serio. « Non in quel senso, voglio dire... insomma hai- »
« No. » lo bloccò immediatamente, con uno sguardo deciso che regalò ad Ace un brivido lungo tutta la spina dorsale. Quello sguardo celava dell'altro e il suo cuore mancò un battito.
« Questa volta preferirei accettare proprio il controsenso, Ace »
Terminò la frase sorridendogli imbarazzata. Non aveva mai fatto nulla del genere, non si era mai donata a nessuno. Eppure conscia del fatto che con tutta probabilità non lo avrebbe rivisto mai più, sentiva di doverglielo. Percepiva chiaramente quanto quell'esperienza appartenesse a lui. La voce allucinata del moro le arrivò chiara e forte e si affrettò a posargli una mano sulla guancia per tranquillizzarlo.
« N-Non puoi dire sul serio. Elsa! Non ti farei mai nulla del genere, io non- »
« Per favore. »
Era quasi una supplica. Continuava a stroncare ogni possibilità dell'altro di ribattere, eppure stranamente Ace non lo trovava fastidioso. La sua voce era così dolce e carezzevole che in qualsiasi modo la utilizzava, riusciva a piacergli comunque quel suono.
« Ma- » anche questa volta le parole non andarono a segno.
Gli aveva chiuso la bocca. Letteralmente. Aspettò che lui comprendesse il significato di quel gesto e che la lasciasse entrare, perché ne aveva bisogno. Non passò molto che accolse quella disperazione e la fece sua. Schiuse le labbra, permettendole l'avanzare di quella lingua così calda e liscia, che quasi spezzò tutti i suoi freni inibitori. Doveva controllarsi, non poteva spaventarla. Lei non era come le altre. Elsa ispezionò ogni singola porzione di quella bocca, saggiandone la consistenza e soffocando in quella gola un gemito di sorpresa, quando lui la sollevò, portandola sul letto. Si stese su di lei sciogliendo il bacio. La guardava. E la regina capì perfettamente.
« Non l'ho mai fatto, hai ragione. Però mi fido di te » ammise con una punta di timidezza, senza smettere di guardarlo negli occhi. Ace giurò di aver sentito il proprio cuore cessare di battere per almeno una manciata di secondi. Quella ragazza non smetteva di sorprenderlo. Si stava davvero concedendo a lui? Aveva davvero scelto un pirata per quella esperienza tanto importante? L'assurdità delle risposte che gli arrivarono fu quasi esilarante. Con studiata lentezza e mani tremanti, Elsa andò a sfiorargli il petto, indugiando sulla cintura e osservandolo, quasi chiedendogli se stesse facendo bene. Ace sorrise, intenerito dalla sua sconfinata purezza.
« Se vuoi, se davvero vuoi, continua e liberami da questa cintura in fretta. Voglio aspettare che tu lo faccia, per andare avanti. Sarà il gesto che mi spingerà a comprendere se sei pronta e se davvero vuoi me. Devo saperlo. Sono un pirata, ma non mi approfitto delle donne. » terminò la frase senza smettere di fissarla negli occhi. Lei tremò a quelle parole. Capiva perfettamente l'enorme significato che avevano, tuttavia era decisa a farlo. Lo voleva. Ne sentiva l'esigenza. Così, quasi sfidandolo apertamente, slacciò la fibbia dell'accessorio, abbozzando un leggero sorriso. Ace di tutta risposta ghignò furbesco. La cosa si stava facendo davvero interessante. Quella ragazza riusciva a spiazzarlo ogni dannata volta. Il cuscino si congelò. In quelle condizioni non riusciva a governare i suoi poteri, e in ogni caso aveva appena imparato a farlo. Le emozioni stavano diventando troppe e troppo potenti da gestire. Guardò il letto seguire l'esempio del primo e subito si allarmò. La mano di Ace andò a toccarle la guancia, spostandola delicatamente di nuovo, per tornare a guardarlo.
« Stai calma. Ci sono io. Ci completiamo, lo sai? Congela pure, io scioglierò » asserì con voce dolce. Elsa quasi pianse di gioia. Aveva sempre più voglia di donarsi a lui e ne era sempre più convinta. In quel letto si sentiva a casa. Come non lo era stata da tempo. Scese con le mani a liberarlo dei bermuda, lasciando che toccassero il pavimento, mentre lui continuava ad accarezzarle le cosce, sollevando piano l'abito azzurrino che la fasciava. Si scoprì nel notare quanto fosse realmente bella. Una piccola porzione di seno si era liberata dalla stoffa e poteva osservarlo alzarsi ed abbassarsi al ritmo dei suoi sospiri. Con studiata gentilezza, le allargò le gambe, posizionandosi in mezzo per darle un ultimo sguardo interrogativo. Doveva esserne certo. La vide annuire piano, sempre colorita di un rosso evidente. Era adorabile. Lei, dal canto suo, avvertiva una chiara eccitazione invaderla e sentire il bisogno più forte di averlo vicino, sempre più vicino. Lo prese per il collo, strattonandolo perché scendesse sul suo petto. Sentiva la risata divertita quasi toccare il soffitto e si beò di quel timbro così caldo e rassicurante. Lo baciò di nuovo, questa volta con più urgenza.
« F-Fai piano » gli raccomandò all'orecchio, soffiando. Non sapeva che facendolo, il muro di autocontrollo che si era costruito sarebbe crollato.
« Promesso » disse di rimando, accarezzandole la lunga treccia argentea.
Con lentezza e facendo violenza su se stesso per non esagerare, scivolò in lei bloccandosi al primo gemito di dolore.
« S-Scusa » ansimò, guardando i suoi occhi strizzarsi dalla sofferenza. Si mordeva le labbra, cercando di adattarsi a quel corpo estraneo. Era tutto così nuovo, tutto così assurdo ma terribilmente giusto, che Elsa si impose di esserne all'altezza. Voleva dargli piacere. Voleva soddisfarlo come era convinta avessero fatto svariate altre donne prima di lei.
« S-Sto bene. C-Continua ti prego » lo supplicò, arpionando con le unghie la carne dei suoi bicipiti. Lo stringeva così forte che lui comprese perfettamente quanto quelle parole non fossero vere. Stava mentendo. E lo stava facendo esclusivamente per lui. Le sorrise, spingendosi un po' più in profondità. Un altro urlo invase i suoi timpani e si fermò.
« N-No, continua » si sentì rispondere quasi in tono autoritario.
« Elsa, n-non voglio- » azzardò. Se lei stava provando dolore, lui nel frattempo sentiva un'onda di piacere travolgerlo. Era stretta e dannatamente invitante, ma doveva fermarsi. Doveva farlo per lei. Di tutta risposta, le sue parole vennero sostituite da un grido soffocato, quando senza preavviso sollevò il bacino, lasciando che gli scivolasse completamente dentro.
Due urli si scontrarono e lei fece violenza su se stessa per smorzare il proprio. Invece Ace si accasciò sul suo petto, lasciando che le due ciocche di capelli pece ondulati andassero a sfiorarle le spalle. Ansimava violentemente ed Elsa non riuscì a pensare a nulla di più bello. Iniziò a muoversi, incitandolo a fare lo stesso. Dapprima il dolore continuò ad invaderle il ventre, per poi lasciare spazio ad un sincero e altrettanto violento senso di piacere. Puro e travolgente.
« E-Elsa pi-ahhh-no » la ammonì, godendo di quelle spinte come mai gli era successo prima di allora. « C-Ci sono quasi e n-non voglio venire p-prima- voglio- » azzardò incerto, ma lei non era dello stesso avviso. Alla parola “venire” aumentò il ritmo, mordendogli una spalla e liberandosi del corpetto di cristallo che le impediva di andargli incontro. Voleva sentirlo. Voleva dargli il piacere che meritava.
« E-Elsa-ahhhh » con un gemito violento lasciò libero il suo seme di invaderla e quando quell'asta andò a strusciarle chiaramente il clitoride, lei inarcò la schiena raggiungendolo poco dopo. Rimasero fermi in quella posizione per svariati minuti, senza riuscire a proferir parola, tentando di regolarizzare il respiro. Fu lei a spezzare il silenzio.
« Grazie. » disse solo, con quella voce impastata dall'orgasmo che ebbe cura di farlo sorridere malizioso. 
« Non devi ringraziarmi » rispose. Ma la regina non poteva sentirlo. Ace la guardò, ridendo appena. Che pure lei soffrisse di narcolessia? Si era addormentata nel giro di pochi minuti, lasciando il pirata solo con i propri pensieri. E così si ritrovò a domandarsi se potesse stringere un accordo con Orso. Di certo la Marina ne sarebbe rimasta all'oscuro e al Comandante della seconda flotta di Barbabianca non si poteva dire di no. Avrebbe spiegato al Babbo cos'era successo e lui gli avrebbe di certo dato la sua benedizione. Si disse che sarebbe stato semplice costringere quell'energumeno a spedirlo ad Arendelle di tanto in tanto, ma decise di non dire nulla ad Elsa. Stava dormendo e non aveva alcuna intenzione di svegliarla. Sarebbe stata la sorpresa d'addio. Il fatto che un addio non fosse, avrebbe aperto su quel volto candido un sorriso talmente luminoso da far impallidire persino il ghiaccio stesso. Su questi pensieri, il pirata si addormentò, stringendo nel sonno l'esile figura che aveva invaso il suo petto.


Verso le otto del mattino, Elsa osservava quel nuovo sentimento lasciare la sua vita per sempre. All'ombra delle nuvole che minacciavano nuova neve, legate a quelle emozioni, guardava la figura di Ace guardarla dispiaciuto.
« Non farlo, non guardarmi in quel modo Elsa! Ascolta » cominciò, avvicinandosi appena « Tornerò, d'accordo? E' una promessa! »
Lei non sapeva molto sui pirati e sul loro onore, ma si sentì di credere a quelle parole e allargò le sottili labbra in un sorriso. Poi, lasciò che si allontanasse, accorgendosi dell'enorme sagoma alla fine del vialetto, certamente in attesa che Ace gli andasse incontro. Quando fu abbastanza lontano, lo chiamò concitata.
« ACE! »
Quella voce lo invogliò a voltarsi, ignorando apertamente Orso che osservava la scena del tutto indifferente. Il volto gli si illuminò nel guardare la figura ansimante d'aspettativa di lei, che le regalava un ultimo sorriso, chiaro e luminoso come mai ne aveva visti. La vide tenersi la gonna per scendere le scale e allargare le braccia, puntando le mani verso l'alto.
« GUARDA! » lo incitò. E sotto lo sguardo meravigliato del pirata, la vide andargli incontro, mentre tutto il ghiaccio del palazzo si scioglieva al suo passaggio liberando piccole stelle azzurre che andarono a levarsi in cielo. Senza abbassare le braccia, correva nella sua direzione, felice come una bambina. Correva, ed Ace si ritrovò ad aprire le braccia a sua volta per accoglierla. Quando tutta la neve scomparve, Elsa stava già ascoltando i battiti di quel cuore, così diverso dal suo eppure così somigliante, così ipnotico, che diverse lacrime bagnarono nuovamente il petto di Ace. La stringeva forte, posandole un leggero bacio dapprima sulla fronte, poi quando la vide sollevare la testa per guardarlo negli occhi, sulle labbra. Leggero, come solo lei poteva essere.
« Ce l'hai fatta! Adesso puoi sistemare le cose! Sarai una regina fantastica, Elsa. So che sarà così! » asserì eccitato. Si sentiva felice. Quella bocca sempre armata del solito ghigno malizioso, si aprì in un sincero sorriso rassicurante e gioioso. Lei rise tra le lacrime, osservandolo sciogliere l'abbraccio per sparire tra il tocco poco gentile dell'enorme uomo che stava a pochi passi dietro di loro. Si ritrovò a stringere l'aria, quando anche l'unico collegamento con il mondo di Ace scomparve.
Ma glielo aveva promesso, Elsa ci avrebbe creduto fino all'ultimo. E non lo avrebbe mai dimenticato. Ferma ad osservare il cielo, ripensò al momento in cui avrebbe rivisto quelle lentiggini e quel sorriso. Ed era convinta che quelle macchie scomposte su quegli zigomi sarebbero tornate da lei molto presto. Credeva in lui. Credeva in ogni cosa le aveva lasciato. Fiducia, forza, coraggio e speranza.
« Ciao, Pugno di fuoco. »
Con quel singolo saluto, abbandonò il vialetto ormai sgombro di tutta la sua sofferenza.

 

END.

  
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