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Autore: Lisa_Pan    05/05/2014    3 recensioni
Cappuccetto rosso beve malibù e cola in un pub semi-underground di non so che strada al centro della capitale lituana, dove gli uomini non sanno cosa sia una barba e dove le donne hanno il dono del lunedì mattina con una botta di mascara e via.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Irish true

 

Irish True

Ai peli nel piatto

ai pancake di patate

e a voi e agli abbracci in aeroporto

Cappuccetto rosso si è persa stasera. E’ che fa un freddo boia e le mani non riescono a infilarsi bene nelle tasche del cappotto. E poi si cammina male su quelle strade, con un paio di jeans neri e due carrarmati ai piedi. C’è che non ci si capisce più niente, continuiamo a ridere senza motivo, ci guardiamo ad uno specchio con le lampadine fulminate e ci scopriamo stanche, esasperate, disidratate ma anche euforiche e mosse da qualcosa che è un mix di alcool e disinibizione; ci urliamo da un capo all’altro del locale frasi sconnesse, la musica frammenta le parole, i respiri, entra nei polmoni e in poco meno di un secondo prende il posto della stanchezza e della rabbia e c’insegna la lingua universale del delirio. Una settimana di accenni, gesti e di un inglese scadente e l’ultimo giorno, solo l’ultimo giorno, capiamo qual è la lingua con cui ci saremmo dovute esprimere da sempre.

Cappuccetto rosso beve malibù e cola in un pub semi-underground di non so che strada al centro della capitale lituana, dove gli uomini non sanno cosa sia una barba e dove le donne hanno il dono del lunedì mattina con una botta di mascara e via. E’ persa nel bosco di occhi azzurri e vegetazione bionda, vomita tazze d’acquerello color caffè e consuma suole camminando tutta la notte in cerca di taxi.

Ci sono lupi ovunque, nei piatti di una catena di ristoranti, lungo il lago, sotto casa stesi insieme ai panni del vicino, nel market davanti al reparto alcolici persi tra vodka e pesce essiccato, nello scarico rotto, nella puzza di piscio alle sei del mattino e nella chiusa a 2048; ci sono lupi nell’hard disk nascosto nel marsupio di un altro, nei centri di scambio che con le litas si assicurano per una settimana il tuo sonno, la tua fame e la tua igiene. Ci sono lupi negli sguardi che ti trapassano.

E poi ci sono i cacciatori, rari come il bidet, la pasta e le patatine classiche.

Loro hanno la barba, occhi scuri e si siedono di fianco a lei sotto un cielo che comincia a schiarirsi, nel silenzio da orecchie ovattate che scompaiono sotto una nuvola di fumo. Lo ha notato il pomeriggio prima, seduto allo stesso tavolino, piegato sul telefono con le dita sul 1024 e il 32. Il vetro vibra sotto il cappuccio e le stelle scompaiono nel chiarore dell’alba, lei stretta nel cappotto, lui fiero nella sua Irish true.

Il cacciatore chiede se ti va una sigaretta e se ti dispiace se metto un po’ di musica, è stanco e tira lunghe boccate dalla sigaretta.

Ci sono momenti in cui ci si chiede quale sia la normalità e se in un posto come quello si possa ritrovarla e mettere in valigia come souvenir. E’ difficile trovarla nelle sostanziali differenze che ci si ritrova di fronte, in quella lingua impastata, nel freddo a Maggio, nelle cene che sembrano colazioni e nei pranzi che sembrano cene, nella difficoltà di farsi una doccia calda e nei pomeriggi su una panchina a parlare di quello di cui non ti sei mai chiesta o che non hai mai voluto ammettere.

E poi c’è un momento, probabilmente più di uno, in cui ci si rende conto che non ci sono poi così tante differenze tra quell’emisfero e il nostro di emisfero. E’ una serata tranquilla per lei, è una serata come le altre per lui, è una sigaretta, una canzone indie rock, un malibù e cola piuttosto buono e un gruppo di amici che si divertono dentro il locale.

In momenti come questo si sviluppa la consapevolezza che partendo, infilandosi in un bosco nuovo, disimparando la propria lingua, mischiandosi con una fauna diversa, si cercherà sempre e costantemente quella tranquilla familiarità che ci farà sentire a casa e in pace con noi stessi come in qualsiasi altro posto e in qualsiasi altro corpo. E’ come se ci rigirassimo nel letto a distanza di chilometri; a pancia in giù nella mansarda di casa con Charlie e le foto sul muro e a pancia in su’ a Vilnius con un colpo di fulmine di fianco e un gruppo di amici colti dalle convulsioni all’interno di un locale senza insegna.

Sono momenti importanti.

Di quei momenti in cui Cappuccetto si perde e…poi si ritrova.

 

   
 
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