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Autore: Birra fredda    05/05/2014    0 recensioni
Prendete una manciata di flaconi di tinte per capelli, qualche piercing, una pagella scolastica deprimente, un fisico scarno, un sorriso strafottente, un paio di occhi vispi e allo stesso tempo velati di malinconia, un pacchetto di Marlboro rosse, una bottiglia di vodka alla menta e un dito medio perennemente alzato. Ora mischiate il tutto ed ecco a voi...
Chris Gaskarth!
Diciassette anni, batterista, pelle chiara, marijuana, rabbia repressa.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alex Gaskarth, Altri, Jack Barakat, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era stato strano tornare a scuola, avere addosso gli sguardi di tutti ancor più del solito. Ci era sempre stato abituato, Chris, a essere osservato. Non è che fosse proprio facile passare inosservati essendo il fratello minore di Alex Gaskarth, insomma, ma il primo giorno in cui era rientrato a scuola dopo tre giorni di ospedale e una settimana a casa era stato ancora peggio.
Chris si era sentito come se stesse camminando sotto una lente di ingrandimento.
E, benché Wendy, Sam e Pete non lo avessero lasciato solo neanche per un istante e avessero fronteggiato ogni sguardo dei compagni, Chris si era sentito tremendamente imbarazzato e in soggezione.
Non si era di certo aspettato indifferenza totale da parte dei ragazzi della scuola, ma neanche che fossero tanto spudorati nel guardarlo.
Pete gli aveva detto che durante i suoi giorni di assenza si era parlato molto del pestaggio e che il gruppo di bulli che lo avevano picchiato era stato sospeso per quattro giorni.
La cosa non aveva fatto altro che mettere ancora più ansia addosso Chris, che aveva temuto che potessero fargliela pagare. In realtà, poi, i bulli non lo avevano calcolato affatto, non gli avevano lanciato neanche uno sguardo, come se fosse invisibile ai loro occhi.
Questa era stata una cosa positiva, ma non la sola. Infatti lui e Wendy si erano fidanzati, per la gioia di Samantha e di Alex, e da quel momento entrambi sembravano aver ritrovato lucentezza nello sguardo.
L’estate, intanto, si avvicinava. Ormai era maggio e a Baltimora si cominciava a sentire il primo caldo dell’anno. A scuola i tempi si restringevano, tutti studiavano di più e frequentavano di più. Persino Chris passava molto più tempo chino sui libri, ben sapendo che se si fosse fatto bocciare avrebbe perso la fiducia guadagnata in quel mese e mezzo passato tranquillo tra pomeriggi con Wendy e serate con solo un drink tra le mani.
Era già passato un mese e mezzo di relazione con Wendy. Esatto, proprio il ragazzino disadattato era riuscito a trovare una fidanzata dolce e timida che sembrava un po’ essere il suo opposto, il lato del suo carattere pacato e romantico tenuto nascosto. Wendy e Chris sembravano compensarsi.
Era stato un mese e mezzo di quiete, quello. Un mese e mezzo pieno di pomeriggi soleggiati trascorsi su una panchina con un gelato tra le mani e un libro di scuola sulle gambe. Un mese e mezzo di mani nelle mani sotto i tavoli della mensa scolastica, di baci rubati prima di entrare a scuola o appena usciti, di sguardi infinitamente lunghi durante le ore di biologia.
Era stato un mese e mezzo che Chris, prima della relazione con Wendy, non si sarebbe mai aspettato, tantomeno avrebbe voluto. Eppure, se ne rendeva perfettamente conto, non avrebbe barattato nessun sorriso della fidanzata con venti bottiglie di vodka.
Chris, tra l’altro, aveva quasi vinto la scommessa con Sam, mentre Pete l’aveva persa, non essendo riuscito a mantenere la ragazza che aveva trovato neanche per due settimane.
Tutto sembrava essersi messo a posto, tutti i tasselli di un enorme e invisibile puzzle parevano essersi incastrati alla perfezione una volta per tutte.
Eppure, è ben noto, quando c’è troppo silenzio ci si deve preparare all’arrivo di una tempesta. E una di quelle forti, s’intende.
Era una serata tranquilla, quella, o almeno sembrava tale. Samantha e la sua fidanzata se ne stavano tranquille sedute una accanto all’altra con le gambe penzoloni a pochi centimetri dall’acqua scura del porto. Pete e Chris bevevano birra poco distanti, in piedi uno di fronte all’altro chiacchierando del più e del meno in attesa di Wendy.
Wendy era sempre in ritardo, Chris aveva imparato presto questa sua caratteristica. Anche quando era pronta, c’era sempre qualcosa che aveva dimenticato di fare e quindi perdeva altro tempo. Era assurda e, in qualche modo altrettanto assurdo, al fidanzato piaceva questo suo essere una ritardataria cronica.
Era una serata tranquilla ma accadde quello che non si sarebbe potuto evitare.
Marcus, il capo della banda di bulli del liceo, passò loro davanti con una sigaretta tra le labbra e l’aria strafottente. Probabilmente, col buio, non li aveva riconosciuti e non lo avrebbe comunque fatto se Pete non gli avesse cominciato a urlare contro.
Chris cercò di trattenere il suo amico. Davvero. Si aggrappò alle spalle di Pete, gli tenne ferme le braccia, tentò di trascinarlo via, ma nulla fu sufficiente.
Prima ancora che Sam e la fidanzata potessero capire effettivamente cosa stava succedendo, Pete e Marcus si stavano picchiando.
E non picchiando come i bulli avevano fatto con Chris. No. Molto peggio.
Chris non perse tempo e si gettò nella mischia, tentando di dividere i due.
“Vattene, idiota” gli gridò Pete allontanandolo con una manata in pieno petto.
C’erano pochissimi lampioni, laggiù nel posto più cupo del porto, dove di solito attraccavano le barche di piccole dimensioni che se ci saliva uno con qualche chilo di troppo le sfondava. C’erano pochissimi lampioni e la buona metà non funzionava.
Sam andò a chiamare aiuto e, mentre Chris si beccava una gomitata nello stomaco e Marcus un pugno sul naso, una signora chiamò la polizia.
C’era sangue sull’asfalto quando gli agenti arrivarono a sirene spiegate.
Trovarono due ragazzi sfiniti che si picchiavano e uno, così mingherlino che sembrava dover essere spazzato via da una folata di vento da un momento all’altro, che con una mano si reggeva lo stomaco e con l’altra tirava la maglietta di uno dei degli altri due affinché lasciasse andare l’altro.
Non badarono a nulla, quando li divisero, li sollevarono in piedi di peso e li ammanettarono. Non badarono né al sangue sui loro visi né alla rabbia di quel mingherlino che cominciò a scalciare e a dimenarsi fino a che un poliziotto lo costrinse contro il portabagagli dell’auto e gli mise le manette ai polsi.
 
La telefonata giunse alle due meno sette minuti.
Alex scattò a sedere nel letto e diede una manata al marito blaterando il telefono, squilla il telefono, rispondi, Jack rotolò su un fianco, afferrò la cornetta e ci biascicò dentro un lamento assonnato.
“Salve, polizia di Stato, lei è il signor Gaskarth?” domandò l’agente dall’altro capo.
“Sono il marito” disse il chitarrista tirandosi a sedere ed evitando lo sguardo del cantante.
“D’accordo. Volevamo comunicare che Chris Gaskarth è stato arrestato in seguito a una rissa. Essendo un minore non avremmo dovuto portarlo in centrale, però il ragazzo ha già dei precedenti...” Jack udì chiaramente il poliziotto sospirare. “Domani a mezzogiorno potete venire a prenderlo.”
A Jack si ghiacciò il sangue nelle vene. Alex avrebbe dato fuori di matto.
“Co-come sta?” chiese cercando sul lenzuolo la mano del marito per stringerla nella sua.
“È quello che sta meglio dei tre ragazzi che abbiamo arrestato, incredibilmente tutti e tre con precedenti penali” rispose l’agente. “Dal punto di vista fisico intendo, perché sotto il punto di vista morale è quello ridotto peggio.”
Jack si morse il labbro con forza. “Va bene, grazie agente” si costrinse a dire, col tono di voce più distaccato possibile.
“Buonanotte.”
Il chitarrista appese e poi si voltò a guardare Alex, che lo stava fissando con gli occhi spalancati dal terrore e le labbra socchiuse.
“Era la polizia” disse il cantante. Non era una domanda, ma un’affermazione.
“Hanno arrestato Chris” spiegò Jack, stringendogli più forte la mano. “Per rissa” aggiunse subito dopo. “Il poliziotto mi ha detto che non si è fatto troppo male. Domani a mezzogiorno andiamo a prenderlo.”
Alex annuì con la testa, incapace di spiccicare una sola parola.
Si era illuso che sarebbe andata meglio con Chris. Dopo quel mese e mezzo di tranquillità aveva pensato che, forse, suo fratello era cambiato e non si sarebbe più messo nei casini.
Ma, ovviamente, si era sbagliato.
Era un illuso. Uno stupido che aveva abbassato la guardia troppo presto e, non appena lo aveva fatto, era stato preso alla sprovvista.
Avrebbe dovuto immaginare che Chris ne avrebbe combinata un’altra delle sue, dopotutto. Non avrebbe dovuto lasciarsi crogiolare in quel mese e mezzo in cui se n’era stato buono con la fidanzata senza tornare a casa ubriaco neanche una sera e senza scappare di casa.
Conosceva suo fratello e avrebbe dovuto sapere che non sarebbe rimasto buono e calmo a tempo indeterminato.
Tra l’altro, questa volta ne aveva combinata una ancora più grossa del solito.
Era stato riportato a casa dai poliziotti già altre volte e una volta era stato portato anche alla centrale di polizia, ma all’arresto non ci era mai arrivato. Aveva solo diciassette anni, dopotutto, ma evidentemente questa volta proprio non avevano potuto evitare di sbatterlo in una cella.
Mentre Jack lo stringeva a sé e lo cullava dolcemente, Alex si figurò suo fratello, con il viso pieno di lividi e le guance bagnate di lacrime, seduto a terra contro un muro al buio di una prigione.
Pensò ai suoi genitori e al dolore che avrebbero provato la mattina quando li avrebbe chiamati e avrebbe detto loro cosa aveva combinato il loro ultimo figlio.
Non faceva altro che dar loro sofferenze, Chris.
Non faceva altro che rovinarsi la vita, trasportando nel suo turbine di rabbia e ribellione tutti quelli che gli erano vicini, rovinando le vite di costoro a loro volta.
“Jack...” borbottò Alex dopo un po’, afferrando un lembo della maglietta del pigiama del marito con fare nervoso.
“Lex” lo chiamò Jack accarezzandogli la testa. “Lex, hey, guardami...”
Alex scosse con forza il capo, e abbassò ancora di più lo sguardo per evitare quello del chitarrista.
“Lo ammazzo sul serio questa volta, giuro che lo faccio” blaterò il cantante tremando contro il corpo dell’altro. “Ho sopportato fin troppo, tutti abbiamo sofferto a causa sua e questa volta...”
“Non ammazzerai proprio nessuno” lo bloccò Barakat. “Andrà tutto bene, ci sono io con te. Domani andiamo a riprenderlo e pensiamo a come agire” cercò di consolarlo. “Adesso dormiamo” aggiunse subito dopo stendendosi nel letto senza mai lasciarlo andare. “Cerca di rilassarti, pensiamo a tutto domani.”





















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Al posto di studiare storia dell'Arte sono qui ad aggiornare, quindi pretendo delle recensioni.
...a parte questo, spero che il capitolo vi piaccia anche se non mi convince moltissimo. Purtroppo in questo periodo sto sudiando moltissimo e ho poco tempo anche per accendere il pc LOL
In ogni caso, vi ringrazio se ancora non avete abbandonato questo frutto della mia mente malata.
Echelon_Sun

 
  
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