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Autore: Fragolina84    05/05/2014    0 recensioni
Sequel di "I belong to you"
"Non posso smettere di essere Iron Man perché il mio compito è proteggervi"
Il palladio gli sta avvelenando il sangue e l'America è di nuovo sotto attacco terroristico. Iron Man dovrà cercare la Chiave del Domani per salvare se stesso e le persone che ama.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tony Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A te che sei giunto fin qui, devo fornire un avvertimento:
questa storia è il seguito di "I belong to you" che troverai pubblicata in questa sezione.
Guardando (e riguardando!) Iron Man 2, non ho potuto che mettermi a pensare a come il mio personaggio
(Victoria, la ragazza di New York che ha stregato il cuore di Tony, riuscendo perfino a mettergli l'anello al dito)
avrebbe agito se si fosse trovata lì.
É nato così questo piccolo lavoro che spero ti piacerà.
Se hai già visto il film, ne riconoscerai alcune scene, dialoghi compresi:
sono le mie scene preferite e le ho volute mantenere così come sono nel DVD.
Se ciò che leggerai ti sembrerà buono (ma accetterò qualsiasi parere: c'è sempre spazio per migliorare),
ti prego di farmelo sapere, lasciandomi una recensione.
Grazie e buona lettura!

 

Victoria sedeva con le gambe accavallate su una cassa vuota e, dal punto in cui stava, vedeva il palco deserto. Il brusio creato dal pubblico era notevole: in moltissimi erano accorsi alla cerimonia inaugurale della Stark Expo, l’ultima trovata di Tony, e tantissimi altri stavano ancora aspettando il proprio turno per entrare.
Pepper era in piedi, accanto a lei, e sembrava nervosa. Guardò l’orologio per l’ennesima volta e si voltò.
«Vorrei tanto sapere dove si è cacciato» sbottò.
«Come se non lo conoscessi, Pep» replicò Victoria.
«Spero sempre che cambi, man mano che passa il tempo con te».
Victoria rise. «Non sono in grado di guarire un ritardatario patologico. Se è con me, è obbligato a darsi una mossa, ma non posso rispondere per quando è autogestito!»
Pepper si abbandonò ad una risata. Poi alzò la testa, in ascolto.
«È lui» confermò Victoria, che avvertiva il leggero sibilo provenire dall’alto. Entrambe fissarono lo sguardo all’apertura nel soffitto, ma Tony fu una meteora. Piombò a velocità supersonica sulla pedana bianca che era stata preparata per lui, atterrando con un ginocchio a terra.
Mentre le luci del palco esplodevano in un caleidoscopio di colori, Ironman si alzò in piedi, sollevando le braccia, mentre la folla inneggiava in delirio davanti al suo idolo. Le ballerine che erano state ingaggiate per lo spettacolo si esibirono nel loro numero, ma gli occhi dei fan erano tutti per Ironman. Ad un suo gesto, la pedana circolare su cui era atterrato prese ad aprirsi e alcuni bracci robotici si sollevarono per aiutarlo a liberarsi dell’armatura.
Il primo elemento ad essere tolto fu il casco. Tony sorrise e la folla gridò ancora più forte, mentre Shoot to thrill degli AC/DC rimbombava nell’auditorium. In breve Tony fu liberato dall’armatura rosso e oro e apparve in doppiopetto nero gessato, camicia bianca e papillon.
Mentre la musica arrivava all’apice, le ballerine si avvicinarono a Tony facendogli corona intorno. L’uomo attese la fine della musica poi allargò le braccia, mentre le ragazze lasciavano il palco ancheggiando.
«Oh, è bello essere di nuovo qua» esclamò, mentre si voltava verso il pubblico. «Vi sono mancato» disse, come prendendo atto di una cosa ovvia.
«Fa saltare in aria qualcosa!» gridò una voce dal pubblico e Victoria scosse la testa, sorridendo.
«In aria qualcosa?» chiese Tony. «L’ho già fatto» disse con un mezzo sorriso.
Poi si fece serio. Il pubblico ora taceva, pronto a bersi le sue parole.
«Non voglio dire che il mondo goda del suo periodo più lungo di pace ininterrotta dopo anni grazie a me».
Grida e applausi echeggiarono nella sala. Victoria aggrottò le sopracciglia.
«Non voglio dire che dalle ceneri di una barbara prigionia non si sia mai personificata metafora più grande della fenice nella storia dell’uomo».
Tony fece un piccolo inchino con la testa, cosa che il pubblico salutò con un’ovazione. Victoria abbassò il capo e si coprì gli occhi con una mano, sospirando rassegnata.
«Gli hai scritto tu il discorso per oggi?» le chiese Pepper.
«Sì» rispose Victoria.
«Questo discorso?»
«No, ovviamente».
Dopo il matrimonio, Victoria aveva accolto l’invito di Tony a lasciare il mondo del teatro e dello spettacolo. In fondo, c’era un figlio in arrivo e dopo ciò che era successo con Christopher Roberts – ferita che era ancora abbastanza fresca da far male – non era più così sicura di voler stare tanto tempo lontana da Tony come la carriera di attrice richiedeva. C’era già lui che aveva abbastanza impegni per entrambi.
La decisione era maturata in viaggio di nozze – un mese trascorso in una paradisiaca isoletta delle Hawaii che Tony aveva affittato per intero – quando aveva cominciato a scrivere e ne era venuto fuori qualcosa di veramente buono. L’ispirazione aveva rotto gli argini e le parole turbinavano nella sua testa accavallandosi per uscire e trovare la loro destinazione sulla pagina virtuale del programma di videoscrittura. Aveva già messo la parola fine al suo primo lavoro, una storia per ragazzi sul genere fantasy che tanto piaceva ai giovani, e l’aveva inviato ad un paio di case editrici, nella speranza di trovare qualcuno che lo volesse pubblicare.
Tony non sapeva nulla, ovviamente. Sapeva che stava scrivendo un libro per ragazzi ma era convinto che ci stesse ancora lavorando. La donna non aveva voluto dirgli nulla per evitare che insistesse per intervenire, “sponsorizzando” il suo lavoro. Ormai, chiunque la conosceva come la moglie di Tony Stark, quindi non poteva impedire che la sua ombra la seguisse, ma voleva almeno provare a farcela da sola.
L’aveva inviato poco più di un mese prima ma sapeva che quelle cose erano piuttosto lunghe e non aveva ancora iniziato a disperare.
Quando Pepper aveva saputo che Victoria stava scrivendo, le aveva chiesto se voleva prendersi in carico di scrivere i discorsi per Tony, per le manifestazioni a cui era continuamente invitato. Era un lavoro che aveva sempre fatto lei, ma era più che disposta a cederlo a Victoria che aveva acconsentito, sebbene con un pizzico di trepidazione. Tuttavia, se l’era cavata egregiamente e Tony si affidava sempre a lei. Solitamente finiva per dare comunque una sua impostazione ai discorsi,  ma Victoria riusciva sempre a distinguere la propria impronta. Ma non stavolta: le parole che lui continuava a pronunciare le erano totalmente estranee.
«Non voglio dire» proseguì Tony sul palco «che lo zio Sam possa starsene sprofondato in una poltrona a sorseggiare un the freddo perché finora non ho incontrato qualcuno abbastanza uomo da competere con la mia forza e potermi sfidare!»
Victoria scosse la testa. «Avrei dovuto aspettarmelo: la Stark Expo è la sua creatura, era inevitabile che volesse dargli colore in questo modo. A volte è così teatrale».
«Beh, tu sei un’attrice di teatro. Dovresti apprezzare» disse Pepper.
«Io apprezzo il buon teatro, non…» indicò con un cenno del capo il palco «questo!»
Pepper rise.
«Non ero d’accordo né con l’entrata dal cielo né con…» indicò le ballerine mezze nude che gironzolavano nel retropalco «loro!» mormorò.
«Si tratta di ciò che noi scegliamo di lasciare alle generazioni future» stava dicendo Tony e Victoria riconobbe un passo del discorso che aveva scritto per lui.
«Ecco, questo è il mio discorso» disse, stiracchiando la schiena e posando una mano sulla pancia prominente. Era al settimo mese di gravidanza e le cose procedevano senza intoppi. Era tra il 40% di fortunate che non soffriva di nausee nei primi mesi e, a meno che non cambiasse qualcosa nei due mesi successivi, non aveva avuto alcun tipo di problema.
«Ecco perché, per il prossimo anno, per la prima volta dal 1974, gli uomini e le donne più in gamba di società e nazioni di tutto il mondo, metteranno insieme le loro risorse, condivideranno la loro visione, per gettare le basi di un futuro più roseo» disse Tony.
«Bel passaggio» la complimentò Pepper e Victoria accolse il commento con un sorriso.
«Quindi non si tratta di noi» proseguì Tony. «Se c’è una cosa che voglio dire, se proprio devo dire qualcosa, è bentornati… alla Stark Expo!»
Il pubblico esplose in un applauso. Le grida si moltiplicarono finché Tony chiese il silenzio, annunciando un importante messaggio dall’aldilà. Sullo schermo alle sue spalle apparve suo padre, Howard Stark, mentre presentava l’edizione della Expo del 1974.
Tony lasciò il palco.
«Ehi, ho le mie tre donne preferite qui» esclamò, raggiungendole dietro le quinte. «Pepper, le è piaciuta la mia entrata?»
«Di effetto, come sempre, Tony» replicò la sua assistente.
«Ciao, splendore» mormorò poi con voce morbida e calda, rivolto a Victoria, avvicinandosi per baciarla.
«E ciao anche a te, piccola» disse, chinandosi verso la pancia di Victoria.
Sapevano ormai da un po’ che di lì ad un paio di mesi sarebbe nata una bambina. Non lo sapeva nessuno, eccettuata Pepper, nonostante i tabloid si fossero scatenati nel cercare di indovinare il sesso del nascituro: come sempre, tutto ciò che riguardava Tony Stark creava un turbine di gossip e notizie.
«Bello il tuo discorso» mormorò Victoria.
«Vero? L’ha scritto mia moglie» replicò Tony con la massima tranquillità.
«Non mi sembra che la parte iniziale fosse nel suo stile» obiettò Victoria.
«Può darsi che io abbia fatto qualche cambiamento. Ma la parte finale era uguale alla virgola».
«La parte molto finale» evidenziò Victoria, sorridendo.
«Questo non significa che io non apprezzi quello che fai per me. È che a volte mi lascio trascinare».
«Sei impossibile!» ridacchiò Victoria, e Tony la baciò di nuovo. Poi si staccò.
«Vuoi scusarmi un attimo, dolcezza?» disse e si allontanò.
Victoria rimase ad osservarlo finché non scomparve alla vista e tornò a rivolgere l’attenzione allo spettacolo sul palco.
Tony si accertò che lei non lo vedesse ed estrasse dalla tasca della giacca un piccolo apparecchio. Era uno strumento più piccolo di un pacchetto di sigarette. Aveva un display e sulla parte alta era stampigliata una scritta: Stark Medical Scanner.
L’uomo si punse il dito con l’ago di cui era dotato l’apparecchio e sul display apparve la segnalazione che il livello di tossine nel suo sangue era salito al 19%.
Sbirciò di nuovo verso Victoria, ancora seduta sulla cassa, che guardava suo padre Howard sul maxischermo. Diavolo, quel problema proprio non ci voleva.
Si era accorto della cosa la settimana prima quando, uscendo dalla doccia, aveva notato nello specchio quella lieve ragnatela sottopelle. Quei segni partivano proprio dal piccolo reattore Arc installato al centro del suo petto.
Non che non se lo aspettasse. Sapeva che alla fine il palladio che alimentava il reattore avrebbe finito per avvelenargli il sangue, ma pensava che sarebbe successo molto più tardi. Aveva fatto calcoli e calcoli, ma fondamentalmente il problema era uno solo: l’applicazione del reattore Arc che aveva fatto su di sé era la prima in assoluto, quindi non aveva dati su cui basarsi.
A Victoria non aveva detto nulla, né lo avrebbe fatto in seguito. Che senso aveva farla preoccupare? Mancavano un paio di mesi al parto, non era il caso di farla agitare. Jarvis era al lavoro ventiquattr’ore su ventiquattro sulla questione e prima o poi avrebbe trovato qualcosa. Nel frattempo, Tony avrebbe mantenuto la sua facciata di normalità.
Perciò calò sul viso la maschera dell’invincibile Anthony Edward Stark, quello sicuro di sé e con il mondo in pugno, e tornò da Victoria.
Sul palco si stava esibendo la splendida Katy Perry, la prima di una lunga serie di star che avrebbero calcato il palco della Expo, e Victoria canticchiava sommessamente.
«Hai voglia di camminare un po’?» chiese Tony e lei annuì, tendendogli le braccia perché l’aiutasse a scendere dalla cassa su cui era seduta.
Si tese per baciarlo, ridacchiando perché il pancione la intralciava. Poi Tony la prese per mano e la trascinò in giro per l’Expo, mostrandole con orgoglio le novità e la disposizione dei padiglioni.
Victoria lo ascoltava rapita: la Expo era sua, lui l’aveva voluta, lui l’aveva fatta ricostruire a Flushing, facendola tornare a quell’antico splendore che non aveva più dal 1974. E ora ne parlava con gli occhi scintillanti, desideroso di condividerla con lei. Parlava talmente in fretta che la donna perdeva qualche parola qua e là, ma era contenta di stare al suo fianco con il dolce peso della creatura che portava in grembo.
I festeggiamenti per la cerimonia inaugurale sarebbero andati avanti per tutta la notte almeno, ma Tony non aveva intenzione di restare. Perciò, terminati gli impegni istituzionali, chiamò Happy e attese con Victoria che li raggiungesse presso una delle uscite secondarie. Happy arrivò dopo pochi secondi, seguito da Gary. Brian, l’altro bodyguard, aveva già parcheggiato la limousine all’esterno, in attesa.
«È uno zoo lì fuori» li avvertì Happy e fece cenno all’inserviente alla porta di aprirla.
Tony e Victoria uscirono e la piccola folla che era lì si scatenò. Con l’aiuto di Happy e Gary ci si gettarono in mezzo, mentre Tony distribuiva autografi e pacche sulle spalle, cingendo la vita della moglie e avanzando come uno squalo in un banco di sardine.
Victoria notò gli sguardi delle donne: erano sguardi famelici quando si posavano su Tony come se lui fosse ancora libero e non un uomo sposato e prossimo a diventare padre. E, quando per errore sfioravano lei, erano di invidia come minimo e al massimo di odio. Suo malgrado, nonostante l’aura che Tony emanava, rabbrividì.
Finalmente raggiunsero la seconda porta e furono fuori. Brian stazionava accanto alla portiera posteriore della Rolls e al suo fianco c’era una ragazza. Indossava una gonna nera lunga fino al ginocchio e una camicetta violacea. I capelli erano sciolti sulle spalle e incorniciavano un viso da ragazza della porta accanto.
«Salve» disse la giovane, porgendogli la mano. «Ho una citazione».
«Un’eccitazione?» domandò Tony con ironia. Poi si voltò verso Victoria. «Scusa, cara» disse con la faccia di un cherubino pentito. La donna non replicò, ma sorrise tra sé.
«Molto lieta, Tony» disse invece la ragazza con voce roca, ritirando la mano.
«Da dove viene?» chiese Tony.
«Bedford» rispose quella e il modo in cui osservava Tony irritò Victoria.
«E che ci fa qui?»
«Cerco lei» affermò la ragazza.
Tony sollevò un sopracciglio. «Accidenti. Temo che sia arrivata tardi, mia cara. Sono un uomo sposato ormai» disse e Victoria stentò a reprimere un sorriso.
«È un mandato di comparizione» disse, porgendogli una busta sigillata.
Tony rovesciò gli occhi nelle orbite. Ma che diavolo stava succedendo? Non era sufficiente quel maledetto problema al reattore Arc? Ora ci si metteva anche lo Stato?
«La prendo io» intervenne Victoria. «Lui odia che gli porgano le cose».
«Sì, lo trovo seccante» confermò.
«Dovrà comparire davanti alla commissione per i servizi armati del senato domani mattina alle ore nove» spiegò la ragazza.
«Mille grazie, signorina» rispose Tony. E senza attendere risposta aiutò Victoria a salire sulla Rolls e la seguì sul sedile posteriore. Happy salì con loro e Gary prese a posto a fianco di Brian, che era al volante.
Victoria aprì la busta e lesse.
«Non c’è scritto molto di più di quanto ti abbia detto la ragazza» disse, porgendogli la lettera.
Tony la scorse in velocità. «Vorranno darmi una medaglia al valor militare» scherzò lui, mantenendo volutamente un tono leggero.
«Non scherzare» lo rimproverò Victoria.
Lui le accarezzò la guancia. «Non sarà niente di che, vedrai. Non voglio che ti preoccupi».
«Partiamo subito?» chiese Victoria.
«Io e Happy partiamo. Tu no, amore. Ti riporto in albergo».
«Non credo proprio» obiettò Victoria. «Non ti lascio andare a Washington da solo».
L’uomo riconobbe il tono burrascoso e le scoccò uno dei suoi sorrisi assassini. «Tesoro, sei al settimo mese di gravidanza. Non vedo la necessità di strapazzarti con un viaggio del genere».
In realtà, il viaggio non sarebbe stato un problema. Aveva pensato di andare in auto, ma poteva sempre andare con il suo jet privato, cosa che lo rendeva immune da ritardi e check-in e garantiva a lui e a Victoria ogni comodità possibile. E Washington non era lontana.
La verità era che non voleva che lei ci fosse: sapeva che cosa volevano da lui. Volevano Ironman. E non sarebbe stato un bel momento. Non c’era altro motivo per cui potessero convocarlo, dato che da qualche mese aveva completamente rinunciato a qualsiasi contratto militare, facendo virare la sua compagnia verso l’innovazione tecnologica e la ricerca nel settore delle energie rinnovabili.
«Non ho intenzione di restarmene qui in albergo» disse risoluta. Poi addolcì il tono: «Queste cose vanno affrontate insieme. Quindi, vengo con te».
Tony sapeva per esperienza che non serviva a nulla farla ragionare. Perciò le posò un bacio sulla fronte. «Non credevo che avrei mai trovato una persona più testarda di me». Poi si rivolse a Happy: «Chiama Leonard, per favore. Digli di preparare il jet».
Nel frattempo Tony si mise in contatto con Pepper. Dato che con Victoria occupava una suite al Ritz Carlton lì a New York, le domandò di occuparsi di spostare la prenotazione su Washington e le chiese di raggiungerli all’aeroporto.
Quando vi arrivarono, il jet bianco delle Stark Industries era pronto sulla pista e Pepper era già lì. Il viaggio fu brevissimo e, poco più di due ore dopo aver ricevuto il mandato di comparizione, Tony e Victoria erano già sistemati in albergo.
L’indomani sarebbe stata una lunga giornata perciò si infilarono subito a letto. Victoria si addormentò in brevissimo tempo, ma Tony non fu così fortunato. Perciò rimase a guardarla dormire, cosa che calmava sempre la sua inquietudine.
Victoria dormiva sul fianco sinistro, voltata verso di lui. I capelli ramati erano sparsi sul cuscino e la donna respirava profondamente. Le scostò con delicatezza una ciocca dalla fronte, indugiando in una lieve carezza, e la donna sospirò sommessamente.
Poi aggrottò le sopracciglia, senza aprire però gli occhi. Senza svegliarsi portò una mano al ventre e la tenne posata lì. Tony sorrise: Victoria dormiva sempre di fianco, ma la bambina aveva già dimostrato di non apprezzarlo. Sicuramente stava scalciando, cercando di comunicare alla mamma che voleva che cambiasse posizione.
Tony mise la propria mano accanto a quella della moglie e sentì la bambina muoversi. Avvertì una possente stretta al cuore: non mancava mai di stupirsi di quel piccolo miracolo che cresceva ogni giorno e che tra poco avrebbe visto la luce.
Dio, come sono cambiato, pensò fra sé.
Se guardava indietro, al Tony Stark di due anni prima, vedeva un uomo completamente diverso. Quello di allora era un uomo viziato, legato ai suoi miliardi. Certo, i miliardi c’erano ancora e se voleva comprarsi un’auto da mezzo milione di dollari o regalare a Victoria una parure di diamanti non stava neanche a pensarci su. Ma adesso c’era qualcosa che veniva prima.
Quel Tony Stark usava le donne per il proprio piacere e le gettava via senza alcun rimorso. Tante di loro non aveva neanche avuto il coraggio di scaricarle, lasciando che fosse Pepper ad accollarsi quell’incombenza. E improvvisamente, tutto era cambiato.
  
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