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Autore: Monijoy1990    06/05/2014    1 recensioni
Mary è una ragazza di 22 anni. A seguito della scomparsa prematura di sua madre si ritrova a gestire le continue assenze di suo padre dilaniato dal dolore, oltre che fare i conti con le nuove responsabilità.
La sua unica ancora di salvezza è Andrea, suo fratello minore.
La sua vita, ormai giunta a un punto morto, cambia inesorabilmente con la partenza di suo fratello per il Giappone. Un insolito scambio, catapulterà un giovane e aitante ragazzo orientale in casa sua, sconvolgendo la sua vita ormai ordinaria.
Riuscirà Mary a gestire quest’altro uragano nella sua vita? E quell’insolito e misterioso ragazzo, quali segreti avrà in serbo per lei?
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Hyunjoong
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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  Salve a tutti voi della comunità EFP. Ho sempre adorato leggere, ma scrivere è tutta un’altra cosa. Proprio perché ne sono consapevole, non mi reputo una scrittrice, ma più che altro una improvvisatrice di immagini scritte. Prima che sullo schermo di un computer, le mie storie prendono corpo nella mia mente e nel mio cuore.  Spero di riuscire a comunicare questa stessa passione a voi che leggerete la mia prima storia. 
Oggi ho finalmente trovato il coraggio di condividerla, confidando nella vostra clemenza e sperando non sarete troppo duri nei commenti.
Anche se non si rivelerà il capolavoro del secolo, ha comunque richiesto quasi tre anni di stesura. Ho dovuto ritagliarmi degli spazi limitati nella mia vita frenetica, per riuscire a completarlo. Spero possiate apprezzarne, se non la resa impeccabile, almeno lo sforzo creativo che ho profuso per dargli forma e sostanza.
Ho deciso di pubblicarla dopo tre anni per non correre il rischio di lasciar scorrere troppo tempo tra un capitolo e l’altro. Odio le lunghe attese e non mi piaceva l’idea che qualcun'altro sopportasse la medesima sofferenza anche nel mio racconto.
Questa storia è scritta senza scopo di lucro. I miei personaggi sono ispirati a personalità note nella scena Kpop, ma questa storia non ha nulla a che vedere con la loro vita reale. 
Essi compariranno nel mio racconto alla stregua di figuranti, non mostrandosi mai nelle loro vesti più note ne con i loro nomi specifici,  Quindi, prendo in prestito solo i loro volti e le loro relative personalità sottolineando, ancora una volta, che le vicende narrate non sono mai realmente accadute. Le scene  descritte sono frutto della mia completa immaginazione,. Di  conseguenza, non avendo mai vissuto in prima persona i momenti trattati, preciso che non è mia intenzione offendere, ferire o ledere la sensibilità o la dignità di nessuno. Grazie per l' attenzione, e vi auguro una buona lettura! 

CAPITOLO 1
 
IL COLORE BLU DEI RICORDI




 
 
 
ITALIA
 
 
 
 
 
“Si, ora mi sento al sicuro!
Nessuna paura, nessuna tristezza e neanche questo vuoto, che sento dentro può ferirmi.
Dopo tanto mi sembra di aver trovato un angolo di pace in questo caos.
Voglio solo fingere di non esistere per il mondo. Voglio essere un fantasma che si muove senza lasciar traccia, senza poter ferire ed essere ferito.
Ecco, forse ci sto riuscendo: sento l'eco del mio cuore affievolirsi fino ad annullarsi, mentre il mio respiro si spegne come una candela giunta alla fine della sua corsa. In questa doccia, rannicchiata con la testa sulle gambe, quasi mi sembra di aver trovato la quiete del mio animo, ma è solo un'illusione!
In fondo sento ancora la vita scorrermi dentro.
Sono queste gocce che mi colpiscono , con così tanta avidità, a ricordarmelo.
Scavano solchi profondi nella mia anima. E’ come se ad ogni loro colpo sulla mia schiena il mio corpo si risvegliasse da un lungo letargo..
Basta ! Deve esserci un motivo, uno solo! Dov'è? Voglio trovarlo!
Voglio alzarmi trovare la forza di reagire, ma le gambe non si muovono!
Lacrime…
Le sento calde scendere sulle mie guance. Mi sorprendo a pensare che in fondo non è di così cattivo gusto piangere.
Almeno sarà come un dolce soffrire, giacché mi riscaldano il cuore, facendomi compagnia in questa doccia piena di amarezza.
Essere sola è così piacevole!
Poter star male così liberamente da gioirne, non è forse un miracolo? Per me lo è!
Un miracolo che anche oggi mi ha salvato la vita”.
 
Mary era chiusa da più di due ore in quel bagno, una stanza che era divenuta riflesso di quel suo modo interiore, che non era più capace di contenere.
Una musica per un attimo allontanò i suoi pensieri.  Era quasi sicura provenisse dal piano di sopra.
Le sembrava una vita ormai che si trovava in quella posizione, le ginocchia le dolevano e le sue mani erano diventate simili a stracci vecchi.
Trascinandosi uscì da quella prigione di vetro che, per poche ore, era diventata il suo rifugio.
Uno specchio dinanzi a sé incombeva minaccioso come fosse il grande Golia pronto a sfidare il Davide biblico.
Ma quel giorno Mary non aveva proprio il coraggio di confrontarsi con la sua immagine, quindi reclinò il capo e infilato l'accappatoio si arrese alla sua mancanza di coraggio. Uscì lentamente come fosse un condannato a morte pronto alla sua disfatta.
La sua stanza era straordinariamente in ordine. Almeno su quello non aveva perso il controllo.
Quel giorno non era andata all'Università, aveva deciso di trascorrere la giornata nella totale immobilità, lasciando che il tempo scorresse lento senza lasciare tracce significative nella sua vita.
Da quando era partito suo fratello Andrea, di due anni più piccolo, si era chiusa ancora più in se stessa. Tra loro c'era un rapporto profondo fatto di complicità, sincerità e comprensione.
Strano da credere. Di solito ci si aspetterebbe che tra due ragazzi poco più che ventenni si litighi piuttosto spesso invece che rendersi complici l'uno della vita dell'altro. Ma nel loro caso la vita aveva fatto un'eccezione.
Mary per suo fratello, era un libro aperto e per lei, dopo la morte della madre, Andrea era diventato un supporto, ma anche un bene prezioso da proteggere e tutelare con ogni mezzo in suo possesso.
Mentre la camicia blu le scivolava dolcemente sulle spalle i ricordi si tinsero di quello stesso colore riportandole alla mente il momento in cui aveva preso la difficile decisione di lasciarlo libero di volare via da lei e da quell' atmosfera triste e demotivante, che si respirava in casa loro da circa un anno .
Mary inizialmente non voleva che Andrea partisse per quello scambio culturale. La sera prima, infatti, litigarono animatamente, dicendosi parole che neanche pensavano, ma che segnarono ferite profonde nel cuore di entrambi.
Mary il mattino dopo si svegliò di buon'ora per scusarsi con suo fratello. Quelle parole egoiste e crudeli che le erano uscite dalla bocca la sera prima avrebbe voluto rimangiarsele tutte.
Sapeva che quella partenza rappresentava, un modo per esorcizzare il dolore dato dalla morte prematura di loro madre, avvenuta da poco più di un anno.
Andrea si era ripromesso che sarebbe partito appena avesse finito il liceo. Il suo sogno era diventare un interprete.
Mary cercò di fare il più piano possibile per non svegliare il padre che ancora dormiva in quel letto vuoto per metà. Guardandolo sentì un colpo nel petto e un’onda di tristezza pervadere la sua anima .
Si rese conto inevitabilmente in quel momento che un'altra parte importante della sua vita stava per lasciarla e che anche questa volta non avrebbe potuto fare molto per fermare gli eventi.
Giunti a questo punto la cosa più giusta era appoggiare quell'unica persona che era stata capace di darle un motivo per non mollare.
Era arrivato il momento di essere forte e rendere il gesto.
Giunta dinanzi a quella porta, per un attimo, esitò. Sentì una lacrima scenderle lenta sulla guancia: era calda e amara. Sapeva che non poteva permettersi attimi di cedimento. Prese tutta la forza che aveva e bussò.
Non ebbe risposta, ritentò ancora, finché non si decise ad entrare anche senza un invito ufficiale. Ciò che vide fece sciogliere le sue ultime difese.
Andrea era seduto sul letto a busto nudo mentre a capo chino piangeva, tra le mani teneva stretta una camicia blu come la notte tormentata che probabilmente avevano trascorso entrambi.
Non alzò il capo e non si smosse neanche di un millimetro, neppure dopo aver sentito i passi della sorella che si avvicinavano.
Mary si chinò verso di lui e piangendo silenziosamente allungò le sue braccia verso il corpo del fratello immobile quasi avesse smesso di respirare. Strinse così forte che si sorprese lei stessa della sua forza. Poi dolcemente le braccia ancora esili di lui l' avvolsero a sua volta.
Non ci furono parole perché in quel momento i loro gesti dissero tutto. Restarono così per pochi minuti ancora, poi Mary si distaccò dolcemente e guardandolo negli occhi ancora arrossati gli sorrise amaramente:
«Buon viaggio fratellino! Non scordarti di scrivermi qualche e-mail ogni tanto. Mi mancherai! Cerca di fare più esperienze possibili, capito? E non perdere tempo dietro le ragazze, sai che sono gelosa”.
E mentre si dirigeva verso la porta sentì qualcosa scivolarle sulla testa e per qualche secondo vide tutto blu. Andrea si avvicinò e abbracciandola per l'ultima volta alle spalle pronunciò quella parola che inaspettata colpì Mary dritta al cuore: “Grazie!».
 
 
In televisione quella mattina non c'era molto da vedere, Mary l'accese solo per routine.
La sua mente era completamente piena, e qualsiasi informazione dall'esterno non trovava posto che per qualche minuto nella sua mente. Si sedette e dopo aver fatto colazione, decise che si sarebbe distesa sul letto. I suoi capelli neri umidi avevano lasciato delle grosse macchie scure sulle spalle della camicia che suo fratello le aveva lasciato. Un indumento, che scoprì essere capace di farla sentire meno sola.
Erano le nove e mezza. Era arrivato il momento di aprire l' e-mail che Andrea le aveva inviato. Si sedette alla scrivania e aspettò che il computer si avviasse.
Aperta la schermata iniziale inserì la password e dopo l'invio attese il caricamento del sistema operativo. Non era un computer di ultima generazione ma assolveva ai suoi doveri più di quanto si ci potesse aspettare.
Apparve sullo sfondo un'immagine che le mise subito un po' di allegria: era una foto vecchia che ritraeva lei e suo fratello da piccoli. Ricordava ancora il momento in cui era stata scattata, lei aveva 7 anni.
Quel giorno era arrabbiata perché aveva perso la sua bambola in ceramica preferita e mentre si rifiutava di parlare con tutti vide Andrea andarle in contro con un enorme cono al cioccolato stracolmo di panna. Giunto a pochi centimetri da lei prese un po' di panna con un dito e gliela spalmò sul naso scoppiando in una sonora risata, così forte da lasciarla sbigottita.
 
Con un leggerò sorriso aprì la posta elettronica e tra tante pubblicità e messaggi intravide quello che realmente le interessava:
 
 
 
mitt.: Andr.1992t@yahoo.it
 
oggetto: Lettera per una rompiscatole ;-)
 
Ciao sorellina sono appena arrivato a Tokyo, è una città meravigliosa.
Sono così felice di fare quest'esperienza nuova. Giunto all'aeroporto ho preso un taxi e sono arrivato al centro di Tokyo in men che non si dica. Non puoi immaginare la gente e la vita frenetica, gli odori e i colori. Quanto vorrei che tu fossi qui per condividere questa esperienza con me. Mi manchi.
Quasi dimenticavo, per favore, avverti papà che mi hanno accolto benissimo e che appena possibile vi invierò altre e-mail. Vi voglio bene e mi mancate tanto. Mi sento un po' come John Lennon chissà se anche io incontrerò la mia Yoko Ono. ;-)

 
Mary leggendo che il fratello era arrivato a destinazione sano e salvo, tirò un sospiro di sollievo. Adesso era giunto il momento di rispondere. Sperava, con tutto il suo cuore, di non lasciar trapelare la tristezza che in fondo al cuore provava, così riempì quasi senza volerlo quella e-mail, di smile.
Sembrava un campo minato. Non aveva scritto molto. Ovvero che lei e suo padre stavano bene e che suo fratello si sarebbe dovuto riguardare. Dopo averla riletta un paio di volte, calcolò il fuso orario: se in Italia erano le dieci di mattina da lui dovevano essere le sei di pomeriggio.
Con il mouse portò il cursore su invia. Attese il caricamento della e-mail.
Un po' di musica l’avrebbe distratta, pensò mentre vedeva la barra del caricamento avanzare sullo schermo. In fin dei conti non c'era nessuno in casa. Prese un cd a caso e lo infilò nel lettore.
Poi attese.
La musica partì.
Il suono dolce e malinconico di un pianoforte echeggiò nella casa vuota.
Appoggiò la testa sulle braccia incrociate sopra la scrivania. Senza rendersene conto  gli occhi le si chiusero mentre la mente ritornava a rifugiarsi nei rassicuranti ricordi antecedenti la morte della madre.
 
Un profumo di carne arrosto la ridestò dai suoi sogni. Era evidente dai brontolii del suo corpo che anche il suo stomaco reclamava delle attenzioni. Si alzò, spostando con fare annoiato la sedia, che fece un rumore stridulo a contatto con il pavimento. Ancora frastornata si guardò allo schermo ormai spento del computer, che rifletteva l'immagine di una ragazza con un viso tondo e degli occhi verdi incorniciati da dei lunghi capelli neri tutti arruffati che finalmente asciutti avevano ripreso la loro forma ondulata.
Sul volto i segni dei bracciali che indossava avevano lasciato dei solchi profondi sulla guancia destra. Dopo aver guardato quello spettacolo ringraziò il cielo che in casa non ci fosse nessuno. Il cd doveva aver smesso di suonare da almeno un’ora. Dopo aver spento il computer si allontanò dalla scrivania.
Pigramente si aggiustò la camicia tutta arruffata che indossava. Non aveva neanche messo dei pantaloni. A luglio il caldo era davvero insopportabile e in casa si faceva la sauna.
Aprì la porta della stanzetta distrattamente. Giunta in soggiorno notò qualcosa d’insolito.
Per un attimo vedendo quelle valige credette che Andrea fosse tornato a casa.
Ingenuamente se ne rallegrò, poi capì che anche se piacevole, quel pensiero non era conciliabile con la realtà.
Si guardò intorno con circospezione, finché lo sguardo cadde su un corpo che giaceva inerme e addormentato sul divano. Incominciò ad incamminarsi verso lo sconosciuto, mentre aveva preso a stringere nella sua mano destra una scopa lasciata lì, a pochi metri dal divano. Giuntagli davanti sempre tenendo stretta la sua arma si chinò per guardarlo meglio. Per un attimo il cuore le sembrò esplodergli in petto. Era un ragazzo dai lineamenti orientali, poteva avere la sua stessa età, aveva dei capelli biondi e lisci con un ciuffo che gli copriva parte della fronte e dell'occhio destro. Le sue labbra erano appena socchiuse, il naso piccolo ma proporzionato e poi quelle linee così sottili degli occhi e quelle ciglia così lunghe. Per un attimo le parve di aver ritrovato la bambola in ceramica che da piccola aveva perso. Sembrava così indifeso sdraiato immobile sul quel divano che per un momento Mary fu colta dall’inspiegabile volontà di cedere ala tentazione di allentare la presa sulla sua arma di difesa.
Indossava una camicia bianca a maniche larghe, un jeans stretto e delle converse nere e bianche, alle orecchie portava dei piercing. Era davvero molto carino.
Ma cosa ci faceva in casa sua? Avrebbe dovuto svegliarlo?
Poi senza accorgersene la scopa le scivolò dalle mani e cadde sul pavimento provocando un rumore netto che svegliò l’ignoto visitatore. Mary lo vide stropicciarsi gli occhi e sgranchire le articolazioni mentre grugniva come un gatto che fa le fusa. Rimase immobile a osservarlo, non sapeva cosa fare. Le gambe erano bloccate e dal busto in giù si sentiva come incastrata nelle sabbie mobili, ma le bastò incontrare  quegli occhi scuri e profondi per sentirsi affogare nell’oceano.
I’insolito visitatore non sembrava affatto infastidito, ne sorpreso della sua presenza. La guardava semplicemente con curiosità malcelata. E lì, che quasi colta da un infarto, Mary razionalizzò che era nuda per metà.
Immediatamente, colta da un imbarazzo indescrivibile, si rannicchiò sul pavimento, portando la camicia giù fino alle caviglie. Guardando per terra, con ostinata convinzione, non osava alzare lo sguardo, mentre premeva con forza il mento sulle ginocchia.
In quel momento avrebbe preferito essere come una tartaruga, per rifugiarsi dietro il suo guscio e sfuggire da quella situazione spiacevole.
Poi una mano delicata, con due anelli uno nero e l’altro di ebanite, si mostrò proprio davanti  ai suoi occhi. Alzò lo sguardo.
Le sembrò che tutto intorno a lei fosse cambiato. Non esistevano più vergogna timidezza  o timore quel ragazzo con un solo sorriso era riuscito a cancellare tutto. La mano le si mosse quasi in piena autonomia andando a stringersi a quella del ragazzo. Un calore partì da quel contatto e le salì fino alle guance. Sentiva il viso in fiamme. Non fece in tempo ad abituarsi a quel contatto che lo stesso si spezzò. Lui continuava a sorriderle e per un attimo lei ricambiò finché il campanello giunse a interrompere quella situazione per certi versi ancora imbarazzante. Mary corse subito a vedere chi fosse. Si accostò alla porta con delicatezza e il suo cuore per un attimo riprese il battito regolare di un tempo. Era enormemente felice di vedere che il vetro convesso dello spioncino restituiva l'immagine leggermente deformata di suo padre.
Non ci pensò due volte ad aprire.
«Papà!».
«Buongiorno Mary! Beh che hai cucinato di buono oggi? Sai che abbiamo ospiti, vero?».
Mary lo scrutava confusa. «ospiti...?». Nel frattempo Luigi il padre di Mary era già entrato in casa e guardando di lato si accorse delle valige.
«Noto che l'ospite è già qui...». Mary fece mente locale e si rese immediatamente conto che la situazione si stava facendo un po’ troppo complicata. Subito dal soggiorno comparve l'ignoto personaggio su cui, fino a pochi minuti prima, erano calamitati tutti i suoi pensieri.
« Good morning! My name is Eichi Kitamura, nice to meet you!» e il giovane intruso fece un inchino oneroso verso il padrone di casa, che ricambiò con un ampio sorriso.
«Piacere di conoscerti caro ragazzo! Credo che avremo qualche problema di comunicazione in questa casa» gli strizzò un occhio complice, «comunque anche da parte mia nice to meet you!» concluse prima di aiutarlo a prendere le valigie, «Mary credo sia ora che ti copra, o ancora non ti sei resa conto che abbiamo ospiti in casa? E gradirei che iniziassi a cucinare qualcosa. Questo ragazzo ha fatto un lungo viaggio deve avere una gran fame! Su, su! Muoviti che aspetti lì impalata?» la esortò.
«Papà scusa ma davvero non capisco. Chi sarebbe questo ragazzo e come ha fatto ad entrare? E poi perché sono sempre l'ultima a sapere certe cose? Non è possibile scoprire ogni volta tutto a fatto compiuto!». Il padre mosse verso di lei uno sguardo misto a irritazione e rassegnazione. «Forse sarebbe meglio parlarne dopo non credi? E poi queste valigie pesano!» e allungando un braccio verso la spalla di Eichi lo spronò a seguirlo. Mary restò lì per pochi secondi ancora esitando a muoversi, poi entrò in camera sua e per un attimo, rivedendo la sua stanza così come l'aveva lasciata , sperò che si trattasse solo di un sogno. “Chissà come sarà vivere con un estraneo per casa?”. Un sorriso le illuminò il volto “un estraneo davvero carino tutto sommato non è proprio un brutto inizio!”.
 
 
 
La tavola era piena di ogni genere di prelibatezza. Di certo a Mary non le si poteva rimproverare la mancanza di creatività in cucina. I tre presero posto. Ognuno dal canto suo non proferì parola se non fino a cena conclusa.
Luigi un uomo dall'aspetto robusto e con una folta barba incolta prese la sua pipa e incominciò ad aspirarne il fumo. L'odore del tabacco vanigliato era così intenso che nel giro di pochi minuti aveva invaso tutta la casa. Mary guardava suo padre. Aspettava risposte che sembravano tardare ad arrivare.
«Mary non guardarmi con quel broncio!  Come al solito la tua memoria si rivela davvero precaria... ».
«cosa vorresti insinuare? che ho la testa tra le nuvole o cosa? guarda che non sapevo nulla di questa storia.»
«E mi sembra anche ovvio , ogni volta che noi affrontavamo l'argomento trovavi una scusa qualsiasi per evitare di ascoltare. Comunque ora ti chiarirò la situazione».
Mary non poteva evitare di guardare di sottecchi Eichi che per tutto il tempo era rimasto in silenzio: durante la cena non aveva fatto domande sul cibo ma mangiò tutto senza fare obbiezioni.
Forse aveva intuito la situazione e aveva deciso di non interrompere la discussione tra Mary e suo padre.
«Non so se ricordi un mio collega che si è trasferito a Tokyo...»
«si ..e quindi?»
«beh siccome non potevamo sostenere le spese per il viaggio di tuo fratello, ho deciso di contattare questo mio amico in modo da poter gestire la situazione con soluzioni più economiche. È stato così gentile da propormi una soluzione che non potevo assolutamente rifiutare. Andrea avrebbe vissuto con lui e la sua famiglia e noi in cambio avremmo ospitato Eichi, suo nipote, che avrebbe, una passione speciale per il paese di origine di sua madre».
«quindi vuoi dirmi che Eichi è il figlio della sorella di questo tuo collega? E che resterà con noi per quasi un anno?».
«Si! Esatto!».
Mary aveva una faccia che sembrava un patchwork di espressioni facciali contrastanti. Si poteva rintracciare rabbia, rassegnazione e un pizzico di curiosità per quella nuova situazione. Si lasciò scivolare dolcemente sulla sedia mentre fissava il tavolo con sguardo contemplativo. Poi un rumore stridulo la riscosse. Alzò la testa e vide il padre mettere al suo posto la sedia vicino il tavolo. Appena giunto dinanzi alla porta della cucina si voltò verso la figlia con espressione autoritaria.
«Mi auguro, tu abbia capito la situazione. Voglio che ti comporti cortesemente nei confronti di questo ragazzo, e che lo aiuti ad inserirsi con facilità in questo nuovo ambiente. Come primo passo non sarebbe male se gli preparassi il letto per la notte. È il nipote di un mio collega ma anche di un mio grande amico e ci tengo che si trovi bene e si senta a suo agio in questa casa anche perché so che Andrea sarà trattato alla stregua di un figlio».
Mary non proferì parola, fece di si con la testa e dopo iniziò a sparecchiare.
Lavati gli ultimi piatti si diresse vero la camera di suo fratello. Le sembrava così strano che da oggi un estraneo avrebbe dormito nel suo letto, tanto da incominciare, in maniera inconscia, a nutrire del risentimento nei confronti di Eichi che da oggi avrebbe preso per certi versi il posto di suo fratello. Bussò una, due, tre volte poi sentì il suono di passi sicuri che si avvicinavano e poco dopo un ragazzo con gli occhi a mandorla le aprì la porta. Lei si sforzò di fargli un sorriso che risultò  visibilmente forzato. Lui si fece da parte permettendole di entrare nella stanza, Mary intimidita stringeva al petto le lenzuola, dalle stesse si sprigionava il  profumo pulito e fresco, tipico del bucato appena ritirato.
Non perse tempo. Si mise a rifare il letto del fratello.
Nello stesso tempo, però, osservava la camera: nulla era stato modificato o almeno non ancora.
Eichi evidentemente non aveva disfatto ancora i bagagli. Dopo aver finito le ultime pieghe alle lenzuola si mosse verso la porta. Stava per fare pressione sulla maniglia, quando sentì una voce alle sue spalle, calda e delicata.
«Grazie!».
Non le sembrava vero che fossero le stesse parole che suo fratello pronunciò quel giorno. Le lacrime sgorgarono da sole non disse nulla ma frettolosamente richiuse la porta alle sue spalle e scappò in camera sua. Non voleva che qualcuno la vedesse in quello stato.
 
Il mattino seguente non incominciò nei migliori dei modi per Mary: Luigi l'aveva letteralmente catapultata giù dal letto con modi non proprio delicati.
«Mary svegliati!» le sollevò frettolosamente le coperte. Ebbe un brivido di freddo e senza pensarci troppo, riprese le lenzuola e si ricoprì questa volta quasi completamente voltando le spalle al padre che incominciava a irritarsi.
«Da oggi cambieranno un po' di abitudini in questa casa. Alzati ho detto!!» la intimò ancora una volta e questa volta la trascinò letteralmente fuori dal letto. Mary aveva ancora sonno e gli occhi le bruciavano per le lacrime versate la notte prima. Appena realizzò che il padre stava perdendo realmente la pazienza si decise a dargli ascolto: ancora per metà sul letto, si sollevò stropicciandosi gli occhi.
«Va bene papà ora mi uaaalzuooo!!» disse sbadigliando.
«Bene, da oggi ti alzerai presto tutte le mattine e preparerai una colazione degna di questo nome, non dimenticare che abbiamo ospiti. Eichi è già sveglio!».
«Ma che ora è?»
«Sono le otto cara mia ed è ora che ti alzi! Non dovevi dare un esame oggi?»
«Oh cavolo è vero!!!».
Mary saltò in piedi si sistemò alla meglio e andò in cucina. Lì ovviamente, come aveva preventivato, c'era Eichi. Il nuovo ospite guardava la tv prendendo appunti. Appena si rese conto dell'arrivo della ragazza le rivolse un grande sorriso e dopo averle fatto un cenno di saluto ritornò a scrivere sul suo blocchetto. Mary si meravigliò che fosse così interessato a qualcosa di noioso come il telegiornale. Dopo aver sistemato le tovagliette e le tazze andò a preparare il latte e il caffè. Era da molto che non faceva colazione con il padre. Da quando era morta sua madre in casa si erano perse un po' di abitudini. Luigi, infatti, il più delle volte non rientrava a casa neanche a pranzo. In tutto questo l'insolita presenza di Eichi amplificava l'atmosfera già inconsueta di quella mattina. Preparato tutto il necessario per la colazione, i tre presero posto e in silenzio iniziarono a consumare il primo pasto della giornata.
Luigi prese la sua solita tazza di caffè con due biscotti al burro. Eichi non esitò a riempirsi una bella tazza di latte e a buttarci dentro un grande quantitativo di cereali. Mary per pochi minuti ancora rimase interdetta a osservare quella scena insolita, dopo di chè prese una fetta biscottata e vi stese sopra uno strato spesso di marmellata alle fragole incominciando, subito dopo, ad addentarla con una certa avidità.
Ogni tanto alzava lo sguardo verso l'orologio della cucina, era davvero in ritardo. Con tutta la confusione del giorno prima aveva completamente dimenticato l’esame che avrebbe dovuto sostenere quella mattina.
Finita la sua magra colazione, notando che tutti avevano finito di consumare il necessario per sopravvivere fino all'ora di pranzo, incominciò a sparecchiare.
Messi i piatti in lavastoviglie si avviò verso il bagno. Fortunatamente suo fratello ne aveva uno tutto suo in camera e quindi non correva il rischio di trovarsi in situazioni spiacevoli con Eichi. Si sistemò come tutte le mattine. Lavati i denti, aggiustati i capelli alla meglio proseguì con il trucco. Non poteva proprio evitarlo senza si sentiva nuda, ormai era diventato meglio di una maschera vera, la faceva sentire sicura e protetta. Ormai non poteva proprio farne a meno.
Dopo aver terminato un trucco che reputò accettabile per quella mattina, sentì bussare alla porta. Aprì e si ritrovò Eichi con un bigliettino tra le mani che la guardava come un cane bastonato. Mary notò subito, sporgendosi dalla porta del bagno, che la luce nello studio del padre era spenta. Probabilmente era andato via già da un po' e quello che Eichi teneva stretto tra le mani era un messaggio per lei.
Osservando la sua espressione , Mary intuì che probabilmente era già a conoscenza del contenuto di quel pezzo di carta. Lo prese e incominciò a leggere...
 
 
Mary oggi porterai con te Eichi all'Università non accetto obbiezioni e poi gli farai fare un bel giro della nostra città,
P.s.
Non tornerò per pranzo, ti ho lasciato dei soldi sul tavolo, non sarebbe male se mangiaste fuori insieme in modo da conoscervi meglio.
 PAPA'

 

Ecco ci risiamo… E ora che faccio?”.
 
Mary prese quel foglietto e dopo averlo accartocciato tra le mani guardò negli occhi Eichi. Capì che per quella mattina non le restavano altre soluzioni. Fece un sospiro, lo prese per un braccio e lo trascinò in camera sua, prese i libri e libretto universitario, diede un' ultima occhiata all'orario dal telefonino: erano le nove ed erano in enorme ritardo.
Era per strada con Eichi che la seguiva come un cagnolino, soffermandosi curioso a osservare tutto quello che succedeva nel suo piccolo quartiere di periferia. Entrarono in metropolitana. Mary aveva fatto i biglietti per entrambi. Saliti sul treno sedettero l'uno accanto all'altro in silenzio. Notò subito che molti si voltavano verso di loro. Soprattutto le ragazzine che evidentemente interessate a quel ragazzo così affascinante.
Mary odiava sentirsi al centro dell'attenzione. Non osava immaginare cosa sarebbe successo all'Università e quante cose avrebbe dovuto spiegare ai suoi compagni.
Il viaggio che solitamente non durava più di dieci minuti fu vissuto come fosse un'eternità da Mary che non vedeva l'ora di scendere da quell'inferno di metallo pieno di occhi curiosi.
Per tutto il viaggio l’insolito ragazzo al suo fianco, non aveva fatto nessuna domanda, rivelandosi un pessimo conversatore. In compenso, però, osservava tutto con grande attenzione.
Per l'intero viaggio, seduto vicino al finestrino, si era limitato a esaminare quei paesaggi che per Mary erano entrati nella routine di tutti i giorni ma che per lui rappresentavano chiaramente una novità davvero invitante.
Mary sorrise pensando a quanto fosse strano il destino, e per la prima volta osservò con occhi diversi quel panorama che scorreva rapido davanti ai suoi occhi.
A vederlo così curioso lo si poteva confondere con un bambino se non fosse stato per la sua altezza e il suo fisico. Mary si sorprese a pensare che le sue spalle anche se non troppo grandi sembravano davvero forti e poi il suo collo era così sottile ed elegante. Scosse la testa stranita da quei pensieri.
Ma cosa faccio? Inizio anche a fantasticare come una sciocca? Se faccio così non sarò poi tanto diversa da quelle ragazzine. Ormai dovrei aver imparato la lezione....” sospirò e inseriti gli auricolari nelle orecchie si predispose all'ascolto di alcuni dei suoi brani preferiti, tanto la conversazione tra lei e Eichi era a un punto morto.
Il pianoforte le rilassava sempre i nervi prima di una prova. Era diventato un rito propiziatorio. Ascoltare quelle note prima di un esame le dava la tranquillità necessaria per affrontare qualsiasi prova. Si, quella musica la faceva davvero sentire in pace con il mondo. Inoltre per lei aveva un significato più profondo.
Tutto il mondo scompariva e l’unica cosa a rimanere erano le note di quella musica malinconica. Ascoltarla rendeva tutto meno difficile. Poi d’un tratto si sentì sfilare uno degli auricolari. Capì immediatamente che si trattava di Eichi. Lo prese senza neanche chiederle il permesso e incominciò ad ascoltare....
Mary lo guardava sconcertata. Era davvero sfacciato. Fino a quel momento quella musica era stato il suo rifugio privato, vi si rintanava quando si sentiva persa e smarrita. Rappresentava parte di quello che era e quel gesto così improvviso e sfacciato fu come una irruzione forzata nel suo mondo solitario, uno spazio che voleva tenere per se. Senza pensarci troppo strattonò il filo dell'auricolare guardando Eichi in cagnesco. Lo stesso rimase interdetto con uno sguardo stupito e colpevole. Mary senza tergiversare, prese l'mp3 e lo ripose nella borsa.
Dopo pochi minuti una voce annunciò l'arrivo al capolinea.
Mary si alzò seguita da Eichi.
Durante il tragitto gli mandava delle occhiatine interessate. Notò che il ragazzo aveva un sguardo sostenuto, serio ma anche in un qualche modo dispiaciuto.
Ora non era il momento giusto per affrontare l'argomento, più tardi forse gli avrebbe spiegato il motivo della sua reazione, o almeno ci avrebbe provato, ma adesso era davvero in ritardo. Giunsero di fronte a un enorme palazzo di periodo fascista. La facciata ristrutturata non mostrava alcun segno degli anni trascorsi. Mary entrò senza esitare sempre seguita da Eichi. All'ingresso l'accolse Angela, una sua compagna di corso ma anche un'amica davvero importante. Il loro rapporto era un po' particolare. Non erano quel genere di amiche appiccicose, ma entrambe sapevano di poter contare l'una sull'altra nei momenti difficili. E Mary ne aveva passati parecchi in quel periodo.
Angela era più grande di lei di due anni ma la differenza non si avvertiva a causa della sua corporatura minuta. I capelli, lunghi fino alle spalle, erano di un candido castano chiaro, gli occhi rigorosamente scuri e vivaci guardavano disperati la nuova arrivata. Mary capì subito che qualcosa non andava.
«Hei Mary! Per fortuna che sei qui, non sai cosa è successo!»
«Angela calmati! Cosa è successo di così grave?»
«la prof. oggi si è alzata con la luna storta, sta bocciando tutti. E’ una strage!!»
«come? Ha già fatto l'appello?» Mary aveva il cuore a mille. Sperava con tutta se stessa che il suo ritardo non compromettesse l’esito dell’esame.
«Si si! Le ho detto che mancavi a causa di un ritardo dei treni! Mi hai preso in tempo stavo per scappare a dire il vero, è inutile fare questo esame, già so che mi boccerà. Ricordi che non mi reggeva durante le lezioni? figurati ora!».
Angela sporgendosi oltre le spalle di Mary notò un viso nuovo, che sembrava evidentemente interessato alla loro conversazione. Si avvicinò all'amica con atteggiamento sospettoso sussurrandole all'orecchio.
«Scusa Mary ma tu lo conosci quel tipo? Perché continua a fissarci in quel modo?! Sai che odio la gente invadente».
Angela anche se piccolina era un tipetto niente male: abbastanza irascibile sotto vari aspetti e se qualcuno le dava fastidio non esitava a dirlo.
Era proprio così che si erano conosciute al loro primo anno. Per difenderla da un'idiota, che l'aveva presa di mira stuzzicandola in vari modi, Angela insorse gridando come una pazza e dandogli un bello schiaffo dietro la nuca durante la lezione. Per proteggerla era stata ripresa dal professore che l'aveva invitata ad abbandonare l'aula in compagnia di quel ragazzo. Alcuni dicono che dopo lei lo avesse messo al tappeto con un calcio nei bassi fondi, ma questi sono solo pettegolezzi. Da quel momento erano diventate grandi amiche e quel ragazzo non si era più avvicinato a nessuna delle due.
 
 
Scusa Mary ma non pensi anche tu che gli serva una lezione perché impari a farsi i fatti suoi?».
Angela era già scattata superando l'amica, ma Mary la raggiunse appena in tempo per fermarla. «Angela calmati, lui è con me!». L'amica si voltò guardandola stupita.
Mary sospirò e mentre si avviavano verso l'aula le spiegò tutto.
«Che storia assurda! Ma lui non capisce proprio nulla d' italiano?» e lo indicò con il pollice portandolo oltre le sue spalle.
Eichi nel frattempo le seguiva a un metro di distanza.
«No a dire il vero parliamo un po' in inglese, ma nella maggior parte dei casi resta in silenzio e quindi ci capiamo a gesti. Sai che io in inglese sono una pippa.
Per certi versi sospetto che mio padre lo abbia fatto venire apposta perché mi decidessi a studiarlo una volta per tutte!».
Mary entrò in aula e subito si scusò con la docente per il ritardo, questa la guardò scocciata senza proferir parola alcuna.
Era una donna elegante, con il naso all'insù con quel modo di fare da nobildonna che Mary e Angela non perdevano occasione di ridicolizzare. Non la sopportavano per niente. Insegnava Estetica ed era impeccabile nelle competenze ma davvero eccessivamente pignola. Pretendeva che i ragazzi le leggessero nella mente.
Ogni qualvolta formulava una domanda tutti cadevano in panico, sembrava quasi chiedesse di risolvere dei rebus impossibili.
Insomma competente ma vipera. Mary era convinta di essere preparata sull'argomento solo fino a cinque minuti prima di entrare in aula, ora era nel panico totale. Non faceva altro che controllare e ricontrollare gli appunti cercando le annotazioni prese durante le lezioni sperando che le potessero tornate utili. Eichi osservava le due ragazze intente a darsi consigli per l'esame mentre attendevano il loro turno. Era davvero curioso osservare come funzionavano le università in Italia e poi sperava di poter dare un occhiata migliore alla struttura. Appena entrato aveva notato dei quadri e dei lavori di scultura che lo avevano incuriosito. Aveva intuito da questi che si trattava di un'Accademia di Belle arti e non di una semplice università. Angela ogni tanto lo guardava circospetta forse non si fidava molto di lui: anche dopo essersi presentati lei lo aveva squadrato da capo a piedi con occhi sospetti, come se nascondesse qualcosa. Sicuramente era una tipa davvero strana. Lui appena poteva distoglieva lo sguardo, aveva capito che a quella ragazzina così minuta quel modo di fare invadente poteva dare fastidio.
Finito il terzo gruppo della giornata, la professoressa rinfilò quegli occhialini davvero eccessivi per il suo portamento classico. Erano di uno sgargiante color evidenziatore, un eccesso imputabile forse più a una bizzarria estetica che da un reale deficit visivo. Una volta posizionati sul naso incominciò a sfogliare gli statini, uno dopo l’altro, senza esitazione. Poi due nomi riscossero le due ragazze dai loro pensieri.
«.....Maria Elisa Carducci e...... Angela Turi. »
Mary e Angela si alzarono simultaneamente per poi posizionarsi vicino la cattedra. Per fortuna erano state chiamate insieme. Almeno questo era l'unico lato positivo, che le due vedevano in tutta quella situazione.
Eichi che per tutto il tempo aveva preferito rimanere in piedi alle loro spalle per non infastidirle ora si era seduto dove prima aveva preso posto Mary e osservava con attenzione quello che stava succedendo. Notò che appena consegnato il libretto universitario Mary aveva radicalmente cambiato atteggiamento: sembrava più sicura, e dava l'impressione di voler sfidare con quell'atteggiamento la professoressa che guardava annoiata questo nuovo gruppo di ragazzi che avrebbe messo in difficoltà in tutti i modi possibili.
Al contrario Angela sembrava aver abbandonato completamente la spavalderia dimostrata fino a quel momento, era come un agnellino spaesato davanti al lupo famelico.
Echi era davvero curioso di scoprire come si sarebbe evoluta quella circostanza.
L'esame iniziò.
Eichi analizzava la situazione da una discreta distanza, ma questo non gli impediva di notare tutto quello che succedeva, con una estrema precisione.
Il primo quesito era stato rivolto proprio ad Angela che incredibilmente, contro ogni aspettativa, rispose con tranquillità senza esitare. Probabilmente quella domanda era su un argomento che aveva studiato e quindi non ebbe problemi a dare la risposta giusta con serenità. Non ancora soddisfatta la professoressa decise di torturarla con altre quattro domande con lo scopo di metterla evidentemente in difficoltà. Mentre lei cercava di rispondere ostentando una certa sicurezza, Eichi notò Mary che la guardava, probabilmente cercando di infondere all'amica, con il suo sguardo tutto il suo sostegno . Era bello poter contare su un'amicizia così forte, pensò Eichi, che da quel momento si era ritrovato a non perdere un singolo movimento di Mary. A pensarci aveva appena scoperto che il suo nome completo era Maria Elisa, era davvero carino, non poteva fare a meno di pensare che ricalcasse perfettamente l'idea che si era fatto sin dall'inizio su di lei.
Le era sembrata come un fiore delicato ma che ancora non aveva aperto i suoi boccioli al mondo. Si era davvero così che l'aveva vista quella prima volta: timida, impacciata. Ma adesso era tutt'altra cosa. Sembrava aver messo fuori una sicurezza che non si sarebbe mai immaginato possedesse. Sorridendo pensò che aveva ancora molto da scoprire su quella ragazza e che forse non avrebbe dovuto dare tutto troppo per scontato.
Poco dopo toccò a Mary, non ebbe incertezze, rispondeva con sicurezza alcune volte imponendo delle sue teorie sull'argomento altre volte sostenendo dei propri pensieri a favore delle tesi esposte dal libro in esame. Aveva un fascino travolgente in quel momento, inoltre il suono delle sue parole sembrava provenire da un'altra persona dava l'impressione di essersi illuminata di una luce nuova. Eichi poteva capirlo lontano un miglio che adorava quel mondo di colori e di immagini.
L'esame era finalmente finito e il risultato fu soddisfacente per tutti e quattro i ragazzi. Non ci furono bocciature e Angela e Mary ne uscirono non proprio distrutte: la prima prese un modesto 25 meglio di quanto potesse sperare, mentre Mary ne uscì con un 28 niente male oltre che con un sorriso a trentadue denti.
 
Appena terminata la seduta di esame abbandonarono l'aula.
Mary non poteva crederci, un altro ostacolo era stato superato, solo pochi esami e si sarebbe potuta laureare. Ma adesso non era tempo di pensare agli altri libri che l'aspettavano, perché da quel momento per lei iniziavano le vacanze estive. I suoi pensieri andarono velocemente al mare, al sole e al relax che si sarebbe goduta per un mesetto. Questo almeno finché non fu interrotta nel suo divagare da una voce alle sue spalle.
«Congratulations!» era rimasto in silenzio e in disparte per tutto quel tempo che nella gioia del momento Mary quasi si era dimenticata di lui.
«Oh grazie Eichi!».
«Ma che fai gli parli in italiano? Ti sei già dimenticata che non lo capisce? »
«Hai ragione Angela!» e con una mano si diede un colpo leggero sulla testa come avesse dimenticato qualcosa di ovvio e corresse immediatamente la sua affermazione:
«thank you Eichi!» e gli mostrò un sorriso davvero splendente che fulminò Eichi. Gli sembrò come un lampo a ciel sereno.
Era la prima volta che la vedeva sorridere di gusto e poi per così poco “… le ragazze sono proprio di un altro pianeta basta un niente per renderle felici e altrettanto poco per ferirle....”
lui lo sapeva bene purtroppo, era anche per quello che si trovava lì!
 
«Beh visto che ne usciamo tutti felici, che ne dite di festeggiare?» mentre camminavano per i corridoi dell'accademia Angela sembrava quella più soddisfatta del risultato ottenuto, ma anche la più desiderosa di festeggiare.
«Non sarebbe male come idea!» e voltandosi verso Eichi Mary gli scoccò un occhiolino complice dopo avergli tradotto quello che aveva appena proposto Angela. Eichi dovette rassegnarsi e rimandare la visita all'istituto ad un altro momento.
Uscirono dal palazzo universitario e vista l'ora (era mezzogiorno passato) decisero di dirigersi verso un locale a pochi isolati di distanza dall'Accademia. Si chiamava Terra di Mezzo proprio come l'omonimo luogo di provenienza del piccolo hobbit Frodo. Infatti l'intero locale era organizzato perché desse l'idea di ritrovarsi nel libro di Tolkien. I tre entrarono e fu Angela a chiedere se c'era un tavolo disponibile per tre persone.
Il cameriere un tipo alto e magro con una lunga barba indossava un completo medievale in netto contrasto con il palmare di ultima generazione usato per le ordinazioni che stringeva tra le mani. Invitò i tre nuovi clienti ad accomodarsi a un tavolo sul fondo della sala, accanto all'enorme statua di un dragone rosso con le fauci spalancate. Le sue fattezze erano straordinariamente realistiche tanto che Mary non poteva evitare di sentirsi leggermente a disagio.
Presero posto su di una panca lunga in legno massiccio.
Consumarono un pasto fugace stile american pub: Hamburger e patatine. Poi uscirono dal locale.
«Mary, io ora devo lasciarvi. Eichi, è stato un piacere conoscerti.» e tirandogli un bel pugno amichevole sul braccio, Angela salutò il ragazzo dagli occhi a mandorla. Non sapeva il perché, ma aveva uno strano presentimento. In cuor suo sperava davvero di sbagliarsi perché a vederlo così taciturno e tranquillo Eichi sembrava un tipo apposto e poi chissà sarebbe potuto diventare un’ ottima distrazione anche per la sua amica che ultimamente aveva vissuto solo abbandoni dolorosi. Magari un nuovo arrivo avrebbe riportato un po' di gioia nella sua vita.
I due ragazzi adesso erano soli. Salutata Angela, si mossero verso il centro della città. Erano le quattro passate.
Camminavano l'uno accanto all'altro senza proferir parola. Mary sapeva di averlo ignorato volutamente dopo quella storia della musica in metropolitana e che avrebbe dovuto rimediare e spiegargli l'accaduto.
Ma come fare?
Si fermò improvvisamente. Pochi passi dopo di lei si bloccò anche Eichi, e si voltò verso Mary che a capo chino ricominciò a camminare nella sua direzione lentamente. Stava frugando concitatamente nella sua grande borsa di pelle nera in cerca di qualcosa. Giuntagli a pochi centimetri di distanza gli mostrò il motivo della sua ricerca: era un mp3 spento con gli auricolari ancora attaccati.
Mary non alzò il capo ma semplicemente glielo porse con un gesto lento e misurato, come fosse una reliquia preziosa.
«I'm sorry!».
Eichi le si avvicinò e prendendo le mani di lei tra le sue le avvolse su se stesse avvicinandole subito dopo al petto di lei. Mary alzò il suo sguardo e ritrovò Eichi che la guardava con occhi pieni di comprensione. Era come si fossero capiti senza che una sola parola fosse uscita dalle loro bocche. Senza capirne il motivo vide il suo bel viso candido avvicinarsi al suo. Era troppo vicino cosa aveva intenzione di fare?
A pochi centimetri dal suo naso sollevò il mento e cingendole la testa con le sue mani le schioccò un bacio sulla fronte.
Quel contatto inaspettato portava con se il sapore di ricordi dolci e amari che Mary avrebbe voluto lasciarsi alle spalle. Sorpresa dagli eventi, rimase immobile faccia a faccia con quel ragazzo così bello da mozzare il fiato.
Da quando Eichi si era avvicinato al suo volto i suoi polmoni avevano smesso di funzionare, bloccandole completamente il respiro. Questo fino a quando le labbra dello stesso abbandonarono la sua fronte. Ringraziando il cielo, subito dopo, i polmoni ripresero la loro normale attività, a dispetto del cuore che non voleva saperne di rallentare il suo battito, ormai evidentemente fuori controllo.
Cosa le stava succedendo? Poteva un ragazzo scuoterla in quel modo? Dopo tutto poteva ancora provare a credere nell' am....? No! Impossibile! Lo aveva promesso a se stessa e l'errore non si sarebbe ripetuto! La sua mente e il suo cuore non avrebbe sopportato quel dolore una seconda volta.
«don't worry!..... it's ok!»
Eichi era lì che la studiava con tenerezza.  
Che sciocca che sei Mary! Come pensavo le ragazze si rattristano davvero per poco. Di ragazze sofferenti ne ho viste anche troppe. Non sarai la prossima ad affliggersi per colpa mia te lo prometto”.
Eichi prese per mano Mary e la trascinò verso la città. Voleva visitare così tanti posti, e poi questa volta poteva contare su una guida d’eccezione.
Incominciarono dal centro della città, Mary lo portò a visitare i luoghi di maggior ritrovo dei ragazzi, oltre le vie con i negozi migliori. La giovane e inesperta guida era in evidentemente difficoltà con il suo livello d'inglese e quindi per lo più cercava di farsi capire a gesti.
Eichi dal canto suo guardava la realtà di quella nuova città così diversa da quella del suo paese con gioia e serenità; era da tanto che non si sentiva così libero, leggero, senza responsabilità troppo grandi da sostenere.
Senza pressioni sentiva che poteva davvero ricominciare a respirare.
Camminando per la città si era fatto davvero tardi e l'umidità della sera incominciava a nuocere alle ossa.
I due ragazzi si sedettero per riposare su una panchina, semi umida, del lungomare.
Alla luce della luna tutto diventava elegante e prezioso. Mary non poteva fare a meno di pensarlo ogniqualvolta osservava il mare brillare di mille luci iridescenti.
Si sentiva sempre così ricca dinanzi a quello spettacolo, come se quelle luci fossero diamanti splendenti. Ma quella sera qualcos'altro le sembrò brillasse più delle stelle e della luna messe insieme.
«So che non potrai capire quello che sto per dirti e per altri versi credo sia meglio così, ma sai questo è uno dei miei posti preferiti. Potrei definirlo il mio rifugio segreto. Ricordo ancora quando mia madre ci ha lasciati. Per me fu tremendo sapere che mentre io ero con i miei amici e scherzavo su cose futili i miei genitori erano stati coinvolti in un incidente stradale. L'idea mi travolse come un treno in corsa. Io e mio fratello raggiungemmo l'ospedale il prima possibile ma per mia madre era già troppo tardi. Erano le nove di sera quando espirò lasciandoci per sempre e io non ero lì con lei.
Mentre sorridevo spensierata mia madre... mia madre..» le lacrime incominciarono a imperlarle il volto ma prima che Eichi potesse accorgersene Mary si sollevò e si avvicinò alla ringhiera a strapiombo sul mare teso e splendente di quella sera.
«mio padre ne usci incolume ma sono convinta che in quel momento avrebbe preferito morire con lei in quell'ospedale piuttosto che vivere una vita senza il suo sorriso.».
Mary si asciugò le lacrime che avevano raggiunto il collo con un movimento veloce della mano.
«Sai Eichi, forse per lui il pensiero che il destino avesse scelto di separarli in maniera così crudele lo dilaniava più dell'idea della morte stessa. L'amava davvero molto. In quel momento intorno a me c'era solo tanto dolore. Era stato tutto troppo rapido e ancora non capivo cosa tutto questo avrebbe comportato per me. In quel momento vedendo mio padre sofferente, chino a piangere sul corpo di mia madre, capii che dovevo riprendere il controllo di me stessa, se non lo avessi fatto molto probabilmente mi sarei lasciata morire anch'io in quella stanza d'ospedale.
Uscì e incominciai a correre, poi a camminare, fin quando mi fermai, ripresi fiato e senza sosta procedetti finché non giunsi qui. Volevo lasciarmi alle spalle l'immagine di mia madre inerme su quel letto e recuperare tutti i bei ricordi legati a lei, non volevo dimenticare il suo sorriso.
Ma non riuscivo a distanziare la mia mente da quell'immagine. Sai è proprio come quando osservi una luce intensa e chiudendo gli occhi vedi quelle macchie oscure impresse sulla tua retina, e sai che non basterà un batter d’occhi per cancellarle».
Mary inspirò profondamente assaporando l'aria fresca e il profumo del mare, per poi continuare quello che sembrava più un monologo che una vera conversazione.
«Sai Eichi, il mare per come lo ricordo, era proprio come lo vediamo io e te questa sera: calmo quieto.
Ricordo che lentamente dalle nuvole emerse un'enorme sfera luminosa: era la luna.
Le stelle intorno ad essa sembrarono risplendere ancora più intense dopo la sua comparsa.
In quello specchio nero e senza fine avevano trovato come far parte di questo mondo.
Ovvero illuminandolo e impreziosendolo con la loro bellezza e ci riuscivano anche così lontane da esso.
Mi sentii in parte rincuorata da quella rivelazione.
Capii che anche nell'oscurità più profonda, mi sarebbe bastato attendere l'arrivo del vento che con la sua forza avrebbe potato via tutti i ricordi più tristi per lasciar risplendere ancora una volta la luce.
Ero convinta che mia madre, proprio come quelle stelle, anche se lontana avrebbe impreziosito ugualmente il mio cammino grazie all'amore che mi ha saputo donare.
Ero consapevole che così facendo non ci sarebbe stato rimpianto o rimorso o dolore che avrebbe rimosso quei sentimenti gioiosi dal mio cuore.
Avrei fatto di tutto per non permettere alla mia mente e al mio cuore di cancellarli.
Anche se sommersi da lacrime di amarezza li avrei sempre custoditi dentro di me.
Decisi che sarei stata vento e luce per mio padre e mio fratello».
Eichi era lì che la osservava parlare. Pur non guardandola in volto poteva avvertire ugualmente la tristezza delle sue parole oltre che la profonda solitudine che provava.
«E' la prima volta che ne parlo con qualcuno, ma credo non valga molto visto che non puoi capirmi. Che sfogo inutile!.»
Mary si voltò e inaspettatamente Eichi si era già alzato.
Era accanto a lei. Provò a sorridergli con gentilezza. Ma notò che il suo sorriso andava sprecato.
Eichi guardava dritto dinanzi a se immerso nei suoi pensieri.
Probabilmente avrà smesso di badare a me già da un po' di tempo. Che stupida sperare di poter essere compresa da lui!”.
Quest'ultimo osservava quella distesa oscura e senza fine proprio come lei aveva fatto fino a pochi minuti prima.
Chissà da quanto tempo è li? Probabilmente mi avrà preso per una pazza che parla da sola! “.
Lo guardava mentre la luce bianca della luna lo illuminava facendo emergere dal buio i suoi morbidi lineamenti. Erano proprio diversi dai suoi anche se il naso aveva un ché di simpatico tondo e leggermente schiacciato com’era.
Si era un ragazzo unico su questo non c'erano dubbi: era capace di scegliere con disinvoltura il comportamento da adottare in ogni situazione. Sapeva quando mettersi da parte e quando intervenire con gesti risoluti. A vederlo così serio e riflessivo sembrava essere pieno di sicurezze a cui ancorarsi, al contrario di lei che le vedeva diminuire giorno dopo giorno. Osservava i suoi occhi brillare vivacemente illuminati dalla luce della luna. Mary pensò tra se e sé, che sarebbe stato capace con la sola forza del suo sguardo di reggere tutte le difficoltà di questo mondo.
E inaspettatamente si ritrovò a invidiarlo un pò.
Quanto avrebbe voluto riavere Andrea lì con se. Poterlo anche solo stringere ogni tanto le dava la forza per affrontare tutto, ma ora diventava difficile mascherare il dolore che provava.
 
La luna è davvero bella vista da qui”.
Pensava Eichi mentre scrutava i riflessi che la stessa rilasciava sulle oscurità marine.
Forse era il posto più bello in cui si fosse mai trovato. Quelle luci erano straordinariamente diverse da quelle a cui era abituato. Non lo rendevano ansioso, ma gli trasmettevano un senso di appagamento e tranquillità. Fotografò con il pensiero quel momento ripromettendosi di custodito per sempre come un ricordo prezioso.
Mary era ancora lì accanto a lui. Aveva smesso di piangere e adesso lo guardava con un sorriso di cortesia che lui evitò volutamente di ricambiare. Aveva capito quello che stava provando e quel sorriso di circostanza non le si addiceva per niente. Avrebbe preferito vederla sfogarsi del tutto ma ovviamente non poteva aspettarsi che lo facesse proprio davanti a lui.
Odio le persone che reprimono i loro sentimenti perché prima o poi esplodono e quando lo fanno lasciano ferite troppo profonde da poter essere cancellate. È allora che si rischia di perdere tutto”.
 
Si girò verso di lei e le indicò una fermata dell'autobus. Era arrivata l'ora di tornare a casa.
Mary acconsentì prima di muoversi verso di essa. I due salirono sul primo autobus.
Non si parlarono per tutto il viaggio di ritorno, ognuno chiuso nei propri pensieri.
Non avevano ancora capito quanto il destino fosse stato generoso nel farli incontrare, ma ben presto se ne sarebbero resi conto.
 
 
NEI SOGNI
 
Corro, corro, fino a sentire una fitta al fianco. Non posso fermarmi devo trovarlo prima di perdere i sensi per la stanchezza. La gola mi brucia per colpa dell'aria fredda che con grossi respiri porto ai polmoni.
Ma dov'è? Non lo trovo! Dannazione!”.
Quelle ombre mi stanno per raggiungere....anzi mi hanno raggiunto e ora mi circondano...
Lo sapevo qui non c'è e ora che faccio?”.
Cado a terra distrutta e inizio a gridare usando le poche forze che mi restano, finché non avverto un dolore intenso e graffiante alla gola...
Che strano! Posso percepire le mie corde vocali vibrare ma non riesco a sentire il suono della mia voce!”.
Porto le mani introno al collo con la speranza di lenire il dolore… ma nulla!
Perché nessuno viene qui in mio aiuto?”.
Non riesco a respirare, il panico mi assale.
Morirò me lo sento!”.
Una sagoma piena di luce emerge dal nulla, tiro un sospiro di sollievo.
Il mio strillare come una pazza non è state del tutto inutile!”.
 
Sorrido soddisfatta dei miei sforzi.
Le ombre si ritraggono infastidite. Io mi avvicino trascinandomi verso quella fonte inaspettata di salvezza. Ormai sono esausta. Ma più mi avvicino e più sento un calore intenso propagarsi per tutto il mio corpo sino ad avvolgerlo completamente. La sensazione è davvero piacevole. Sento di non aver più paura. Arrivo a pochi passi e quel calore incomincia ad aumentare. E’ troppo forte... più mi avvicino e più mi sembra di prendere fuoco. Allora mi fermo.
E noto che le mie mani iniziano a sudare radice mentre dalla fronte incominciano a scendermi delle gocce di sudore che asciugo distrattamente con la mano.
La sagoma luminosa mi osserva... lo sento, più che vederlo realmente, perché la luce è troppo forte. Siamo immobili e ci osserviamo. Poi inizia a muoversi vero di me...il calore aumenta...
«Ti prego fermati non avvicinarti!» ma la sagoma non arresta il suo cammino.
«Ti supplico non respiro più!».
Ora è troppo vicino... gli occhi incominciano a bruciarmi per colpa del sudore che mi imperla il viso fino a bagnarmelo completamente... mi sento male la vista mi si appanna mentre scorgo a pochi passi da me l'immagine sfocata di un paio di converse nere.... poi tutto si riempie di una luce intensa....
«Hey! you feel good?» una voce agitata chiamava Mary da più di dieci minuti. Ma lei non se ne era accorta, se non fino a quel momento.
Aprì gli occhi compiendo uno sforzo sovrumano e vide un volto famigliare stragli vicino, troppo vicino. Era Eichi. Il ragazzo aveva una mano stretta sul suo polso mentre con attenzione meticolosa controllava i battiti del suo cuore.  
Sembrava seriamente preoccupato.
Dopo pochi secondi si staccò da Mary. Uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle.
Mary non riusciva a muovere un muscolo. Sentiva i capelli appiccicati al suo volto umido. Doveva aver sudato parecchio, pensò, mentre cercava inutilmente di sollevarsi. Ma ogni sforzo era vano. Tutte le volte che ci provava le braccia cedevano e lei ritornava stesa al punto di partenza.
Si arrese dopo la terza volta che ci provava.
La gola le faceva male, provò a parlare, ma quello che ne uscì fu solo un rantolo senza significato.
Tutto a un tratto la porta si spalancò con violenza e ne emerse la faccia preoccupata di Luigi.
Prese posto su una sedia accanto a lei.
«Come ti senti?» domandò preoccupato.
«Mm....». Fece Mary di risposta con una leggera smorfia di dolore.
«Hai la febbre altissima e non hai fatto altro che gridare come una pazza per tutta la notte...».
Ecco perché mi fa così male la gola!” pensò la ragazza nel letto.
«Ora è meglio che non parli. Non muoverti e non cercare di parlare troppo. Ancora non riesco a capire come tu abbia fatto a prendere l'influenza in piena estate! Sei un caso patologico!».
Poi si alzò, prese una ciotola piena d'acqua dalla quale si avvertiva un intenso odore d'aceto e vi immerse con cautela un fazzoletto bianco, lo strizzò alla meglio e poi lo poggiò sulla fronte bollente della figlia.
Subito a Mary vennero i brividi al contatto con quella stoffa fresca e umida.
L'odore d'aceto era davvero insopportabile.
Povera me, dovevo coprirmi meglio quella sera sul lungomare! Stupida, stupida Mary! Guarda in che condizioni sei! Bel lavoro, complimenti! E adesso si che te lo sogni il mare! Anzi a proposito di sogni cos'era quell'incubo orrendo?
Luigi era ancora lì che osservava la sua “bambina” persa con lo sguardo nel vuoto del soffitto. Odiava vedere i suoi figli star male perché si sentiva davvero impotente e impacciato in quelle situazioni. Di solito era Clara a prendersi cura di loro quando erano malati e lui le faceva solo d'assistente.
Quanto le mancava sua moglie. Guardando il profilo di sua figlia notò quanto crescendo incominciasse ad assomigliarle.
«Hei Mary!» la richiamò. Ma lei continuava a guardare il soffitto pensierosa.
«Quando avrai riacquistato la tua voce credo ti convenga ringraziare Eichi...». Mary si voltò di scatto corrugando le sopracciglia in una smorfia perplessa.
“E per quale motivo dovrei ringraziarlo?”, sembrò istintivamente leggere sul volto della figlia Luigi, che si apprestò a chiarirle immediatamente la situazione.
 
«...tu non lo sai, ma è stato lui ad accorgersi che avevi la febbre stanotte. Io dormivo profondamente e non ti ho sentito gridare, mentre Eichi, notando che qualcosa non andava è entrato in camera tua e ti ha visto agitarti nel sonno. Resosi conto che avevi la febbre, ha preparato degli impacchi con acqua e aceto ed ha incominciato a tamponarti la fronte e i polsi finché non ti è calata un po' la temperatura. Dopo è venuto a svegliare me.
Vedendo la situazione mi sono proposto di sostituirlo, ma lui ha insistito per starti vicino. Credo si sentisse in colpa per il tuo stato di salute anche se francamente non riesco proprio a capirne cosa centri lui con la tua totale mancanza di buonsenso».
Mary stava quasi per ribattere ma poi notando lo sguardo accigliato del padre comprese che fosse avrebbe fatto meglio a tacere.
In fin dei conti non aveva tutti i torti, si sarebbe dovuta coprire meglio quella sera.
Luigi notando l'espressione colpevole della figlia le rivolse un sorriso comprensivo e rassicurante che la risollevò un pochettino.
«Beh! Quel che è fatto è fatto. Ora non sforzarti e riposa. Devo andare al lavoro. Eichi si occuperà di te fino al mio ritorno! Credi di resistere senza combinare guai?».
Mary mosse la testa in segno di assenso.
Luigi si alzò e avvicinandosi alla figlia, con una mano, le tirò un leggero pizzicotto sulla guancia mentre lei di rimando gli sorrise complice. Poi uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle, questa volta più delicatamente.
Mary era sola adesso in quella camera vuota in cui l'unico elemento a persistere era l'odore penetrante dell'aceto a cui le sue narici si stavano gradualmente abituando.
Chiuse gli occhi e tornò a dormire. Si sentiva debole e stanca. Poco dopo i suoi occhi si richiusero.
 
 
Era ormai sera quando si risvegliò.
Il sole doveva aver rinunciato a illuminare la sua stanza già da parecchio tempo.
Mary era al buio, completamente al buio.
Le ore di sonno le avevano sicuramente fatto bene, perché si sentiva nuovamente in grado di sollevarsi e scendere dal letto.
Puntati i piedi sul pavimento si diede uno scatto forse un po’ troppo rapido, la testa le girò e per un momento perse l'equilibrio ricadendo seduta sul letto.
Riprovò con più delicatezza e questa volta riuscì a sollevarsi senza problemi. Infilò le sue infradito e si diresse, un po' barcollando, verso la cucina. È vero che sentiva di aver recuperato le forze, ma in compenso il suo stomaco era completamente vuoto.
Giunta in corridoio notò la luce che filtrava dalla stanza di Andrea.
Eichi deve essere ancora sveglio”.
Cercò di fare il più silenziosamente possibile in modo da non doverlo incontrare.
Non voleva che la vedesse in quelle condizioni. Avrebbe fatto sicuramente di tutto per aiutarla e questo non andava bene per niente!
Già era troppo per lei il pensiero che si fosse prodigato tutta la notte perché stesse meglio,  non voleva assolutamente permettere che il debito nei suoi confronti crescesse ulteriormente.
Così si diresse silenziosamente in cucina. Le gambe le tremavano ancora. Aprì il frigorifero per cercare qualcosa di commestibile. Trovò degli yogurt, un'insalata e della carne. Si girò per dare un'occhiata all'orologio.
Cavolo le dieci!”.
Era veramente tardi! Ecco perché non sentiva la voce di suo padre dallo studio. Probabilmente era già andato a letto. Prese gli yogurt e un pacco di cereali e si sedette per consumare il suo pasto minimal. Anche se il suo stomaco reclamava cibo lei in realtà non aveva tanta voglia di mangiare. Lo faceva più che altro per calmare i brontolii del suo stomaco.
Mangiava lentamente, senza voglia, mentre il rumore delle lancette dell'orologio erano l'unica nota sonora a farle compagnia in quella stanza vuota.
Ho dormito così tanto che adesso non ho più sonno... uffa devo pensare a cosa fare tornata in camera. Forse potrei vedere un film. No, idea pessima: a quest'ora dubito trasmettano qualcosa di decente in televisione!”. Pensò un po' delusa.
Poi tornò a rifletterci su per qualche altro minuto, finché non le si illuminò il volto.
Ho trovato! Leggerò qualcosa!
Mm... vediamo... quale libro lasciato a metà potrei leggere?
Il ritratto di Doryan Gray?
No, troppo deprimente
Il signore degli anelli?
No, troppo impegnativo!
Mm.... trovato! Rileggerò un classico: Alice!
Si quella storia mi mette sempre di buon umore...”.
Tolse di mezzo i bicchierini degli yogurt.
Senza rendersene conto ne aveva divorati tre: uno alla mela verde, l'altro bianco e per finire uno ai frutti rossi.
Dopo aver cancellato ogni traccia del suo passaggio dalla cucina, spense la luce e fece il percorso inverso fino alla sua stanza. Chiuse delicatamente la porta per paura di svegliare il padre e farsi scoprire da Eichi, poi prese un libro dalla mensola e si rimise a letto. Istintivamente portò una mano sulla fronte. Non doveva avere più la febbre perché era fredda.
Si posizionò per la lettura sistemandosi il cuscino dietro la schiena e iniziò a leggere. Non calcolò l'orario, giunse a venti pagine oltre la metà del libro e subito si rese conto che in fondo un pensiero non faceva che distrarla in continuazione.
Doveva rileggere almeno due volte la stessa frase per afferrarne il senso. Eppure era un libro per bambini. E allora qual era il problema?
Si alzò e rimise sullo scaffale il volume riempiendo l'unico spazio vuoto lasciato nella mensola.
E incominciò ad andare avanti e indietro per la stanza.
 
Ehi tu dagli occhi a mandorla perché non mi vuoi lasciare in pace?
Si può sapere chi ti ha chiesto di aiutarmi! Io no di sicuro!
Oddio che vergogna!” e istintivamente si portò le mani sulle guance, cercando di contenere l'imbarazzo che provava, “chissà se ho russato o fatto altro di compromettente quando dormivo!?
Ma insomma Mary che pensieri ti fai adesso!
Sicuramente avrai dormito come un angioletto!
Mm….impossibile! Papà ha detto che ho gridato per tutta la notte... oddio sarò sembrata una pazza posseduta! Ma possibile che certe cose succedano solo a me?”
Mary era immersa ancora nei suoi pensieri sulla notte appena trascorsa, quando si arrestò improvvisamente.
“Che sbadata! Ora che ci penso in preda a tutta questa confusione mi sono dimenticata della mail di Andrea!”.
Prese la sedia vicino al suo letto e la riavvicinò alla scrivania, si sedette e accese il computer.
Come da routine, attese che internet Explorer caricasse la pagina, poi iniziò a spulciare tra le varie e-mail di Facebook e le pubblicità. Finalmente la trovò.
Il volto le si illuminò riprendendo colore.
 
 
 
mitt.: Andr.1992t@yahoo.it
 
Ciao Mary, chi ti parla e tuo fratello? Ti ricordi?
Un tipo alto, affascinante, con occhi da cervo e fisico da leone! Ahahaha!
Scherzo ovviamente, come potresti dimenticarti di un ragazzo bello come me!
 
Ma quanto è modesto il mio fratellino!” e sorrise contenta di sentirlo felice.
Poi continuò a leggere con interesse.
 
Qui mi hanno accolto benissimo. Ho una stanza tutta per me: è spaziosa e ha una bella vista sulla città. La casa è proprio in centro quindi puoi immaginare quanto sia caotico ogni mio risveglio.
La camera in cui mi hanno sistemato è del nipote di quel collega di papà, il signor Marini, che si è trasferito qui a Tokyo. Ricordi che ne avevamo parlato giusto? Conoscendoti immagino di no... comunque mi stavo appunto chiedendo come Eichi si stesse comportando con la mia sorellina. Dalle foto sembra proprio un bel ragazzo. Spero che tu non ti lasci abbindolare da lui. Sai, non voglio che uno chiunque, tocchi la mia sorellina senza il mio consenso, soprattutto dopo l'ultima volta. Non voglio vederti soffrire ancora come quella volta!! Poi qui dicono che abbia la fama di latin lover. Quindi non cedere alle sue avance!
Purtroppo, a differenza mia, Eichi non ha nessuna sorellina carina e quindi dovrò rassegnarmi a trovare la mia Yoko Ono fuori dalle mura di questo appartamento! Che tristezza! >.<
Ora vado, ti aggiornerò presto. Un bacio sorellina! Salutami papà!
 
Mary non sapeva da dove incominciare. Sicuramente avrebbe evitato di dirgli della febbre e degli incubi che aveva fatto e di sicuro non poteva neanche riferirgli di come, quel ragazzo spudoratamente, già le avesse dato un bacio sulla fronte. Sicuramente solo a sentirlo avrebbe preparato le valige e sarebbe tornato in Italia per dargli una bella lezione. Così concluse che tra tutte le cose accadute l'unica che fosse degna di essere raccontata, senza creare problemi, era il superamento del suo esame. Scrisse il giusto indispensabile, evitando prolungamenti inutili e tagliando fuori Eichi dalla loro conversazione elettronica.
Preferiva sorvolare sull'argomento, almeno per il momento. Riletta, un paio di volte, spinse l'invio e attese il messaggio di conferma per poi spegnere il computer.
Si rimise nel letto e cercò di riaddormentarsi. Poco dopo gli occhi le si richiusero trasportandola in un sonno senza incubi.
 
Eichi era nel suo letto. L'orologio sulla scrivania segnava le undici e non riusciva ancora a dormire. Ripensava alle grida di quella ragazza. Certo che lo aveva davvero spaventato a morte urlando in piena notte come una pazza.
A pensarci era la prima volta che accudiva così qualcuno. Fino a quel momento non gli era mai capitato di fare da infermiere a nessuno. Era abituato più ad avere attenzioni che a darle.
Da un lato si sentiva orgoglioso del lavoro che aveva fatto, ma la soddisfazione per il suo operato fu però immediatamente sostituita dal dispiacere e dal senso di colpa: sapeva benissimo che se Mary stava male era anche per colpa sua che aveva insistito con il visitare tutta la città fino a tardi.
Che egoista che sono, non imparerò mai.”
Sospirò rassegnato.
I suoi pensieri per Mary, furono però immediatamente sostituiti dall'interesse per un problema più imminente.
Il caldo qui è davvero insopportabile! Mamma mia! Insopportabile!”.
Mentre cercava inutilmente di sventolarsi con la mano per trovare un po' di refrigerio, notò la rivista sulla scrivania. La stessa che si era ripromesso di buttare appena giunto in Italia.
Da quando era arrivato però non aveva trovato ancora il coraggio di farlo.
Si alzò e la recuperò, rigettandosi subito dopo sul letto in malo modo.
Incrociò le gambe e incominciò a sfogliare le pagine annoiato. Giunse nel punto che lo interessava strappò la pagina e la piegò in quattro, riponendola successivamente nel cassetto del comodino, dove aveva sistemato l'intimo.
Distrattamente lasciò cadere il giornale sul pavimento, e girandosi su un fianco chiuse delicatamente gli occhi.
Il resto dell'articolo non voleva neanche leggerlo. Ma l'immagine non trovava proprio il coraggio di buttarla. Anche se non voleva ammetterlo sapeva che il passato era troppo difficile da cancellare solo lasciandoselo alle spalle. E lui non era ancora pronto a cancellare lei.
 
   
 
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