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Autore: nightswimming    07/05/2014    10 recensioni
Sherlock aveva imparato il codice Morse in cinque minuti, a dieci anni, nel bagno dello studio dentistico dove stava attendendo il proprio turno.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: non li posseggo, tutto ciò non è vero, e non ci guadagno nemmeno una sottile increspatura sulla superficie del mare del nulla.

Dedicata a Doralice che l’ha richiesta, e poveretta se la deve cuccare scritta da me <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sherlock aveva imparato il codice Morse in cinque minuti, a dieci anni, nel bagno dello studio dentistico dove stava attendendo il proprio turno.

Non che ai tempi pensasse a un’eventuale utilità pratica di quello sforzo intelletuale, ma qualunque cosa era meglio che aspettare insieme a Mycroft in quell’orrenda saletta dalla moquette color senape.

 

*

 

Il dentista si era poi rivelato un inetto – lui l’aveva capito subito dal modo in cui appendeva i quadri, ma nessuno l’aveva ascoltato. Nonostante i vari apparecchi il suo sorriso negli anni non migliorò affatto.

Per fortuna non era mai stato uno da sorridere tanto. Preferiva di gran lunga ghigni di studiata arroganza. Difatti le labbra serrate equivalevano a minore espressività, che agli occhi degli altri equivaleva a maggior controllo di sé.

E così almeno non si sarebbero visti gli incisivi leggermente distaccati.

 

*

 

La prima volta che John gli aveva sorriso, durante la loro prima corsa in taxi, vedendo quelle due belle file regolari di denti bianchi Sherlock aveva pensato (forse per un’associazione mentale retaggio dell’infanzia): John è punto linea linea linea, linea linea linea, punto punto punto punto, linea punto.

 

*

 

Ogni tanto si sorprendeva a suonare il suo nome al violino. Piccoli colpi d’archetto seguiti da brevi pause, o da note più prolungate, a ricalcare i dit e i dat del codice Morse.

Non sapeva se ne venisse fuori una musica piacevole, o di un qualche merito artistico; ma la cosa non gli importava più di tanto.

 

*

 

Poi si sorprese a tamburellare quelle quattro lettere mentre aspettava che John gli preparasse il toast la mattina. Poi, qualche volta, sul finestrino dei taxi. Poi, quasi sempre, sulla base del microscopio – un tic nervoso di concentrazione, quasi involontario.

Alla fine smise di sorprendersi di sé stesso e trasmise il suo nome ovunque gli fosse possibile.

 

*

 

Si era spesso ripromesso di non dire mai ti amo a nessuno, nemmeno se un giorno si fosse accorto di essersi innamorato davvero. Troppa esposizione: sentiva che si sarebbe rovinato, come una pellicola fotografica al sole.

John d’altro canto sembrava così portentosamente, stupidamente impermeabile a tutti i segnali che Sherlock gli lanciava, che la prima volta in cui il detective batté l’archetto del violino sul divano a comporre quelle due parole, quasi non sentì nessuna ondata di terrore – le quali l'avrebbero sicuramente sommerso se anche solo le avesse sussurrate nel buio della propria stanza, da solo, di notte.

John stava guardando Doctor Who, e rideva, e non se ne accorse nemmeno.

 

*

 

Una sera lo stava guardando leggere nella sua poltrona davanti al camino, ticchettando come suo solito le unghie sul pc che teneva aperto di fronte a lui, quando John si schiari la voce e prese a battere le nocche sul camino.

Sherlock, perplesso, alzò lo sguardo su di lui. Sorrideva, ed era arrossito un poco in faccia.

Aggrottando le sopracciglia, gli ci volle un po’ per capire che John gli stava rispondendo.

Sei… un… idiota.

Il sorriso di John si allargò. Sherlock, con il cuore che pareva volesse sfondargli la cassa toracica, lo guardò alzarsi e chinarsi sul divano dove lui era seduto.

Con uno sguardo colmo di calore (il sole, che rischia di rovinare la pellicola - ti sei esposto troppo - John è un militare, certo che conosce il codice Morse, sei così sciocco -silenzio, Mycroft!) John allungò un braccio oltre la sua testa.

Sherlock temette - cioé spero - cioé temette di sperare - che John volesse abbracciarlo. Invece si limitò a battere di nuovo le nocche , molto lentamente, sul muro alle loro spalle.

A… n… c… h…e… i-

Oh.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: ispirato a un post su Tumblr, che maledizione non riesco a linkare, il quale suggeriva uno Sherlock che tamburella ti amo ovunque gli sia possibile, pur di buttarlo fuori in qualche modo, e un John che un giorno gli risponde.

 

   
 
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