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Autore: Euridice100    07/05/2014    11 recensioni
"Avresti continuato a baciarla per l’eternità; o forse hai continuato a baciarla per l’eternità, e il tempo ha perso ogni presunta linearità, è divenuto un circolo in cui tutto si ripete, si avviluppa su se stesso e ha come punto focale quel bacio, inizio e fine della tua fiaba."
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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And I’ve held your hand through all of these years
 
- L’eterno ritorno dell’uguale -
 
 
 

Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere perdono per ogni peccato,
cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno

“La guerra di Piero” - Fabrizio de André
 

 
 
È un istante.
Un dolore improvviso, e un lampo invade la tua visuale; un fuoco sconosciuto si impadronisce della mente, dominandone ogni angolo.
Non c’è il tempo di scostarsi, resistere, di urlare: a un tratto la morsa del ferro ti coglie e un sapore pungente pervade la bocca.
Stramazzi al suolo lasciandoti sfuggire solo un roco gemito che si perde nell’aria, mentre attorno infuria la battaglia, la terra si colora di rosso e i clangori di spade accompagnano la tua caduta.
Non avevate speranze: eravate truppe inesperte e mal assortite, mandate allo sbaraglio per illudersi di rallentare l’avanzata nemica; una manciata di settimane d’addestramento non poteva colmare le lacune di una vita.
Non è tanto questione di abilità tecnica, quanto di mentalità: possono dotare un filatore di una spada lunga quanto il suo braccio, ma mani abituate alla lana mai si adatteranno all’elsa, se è l’anima a ribellarsi.
E tu non sei mai stato un guerriero.
Non tu.
 
 
 
C’è una strana ironia nel cielo che assiste tacito alla disfatta.
Mentre migliaia di uomini perdono la vita dovrebbe piangere lacrime di orrore, dovrebbe spaccarsi e lasciar tracimare la sua furia, come cantano le antiche ballate; e invece è terso come mai avevi ammirato prima, di un azzurro talmente puro da apparire irreale, frutto della tavolozza di un pittore visionario più che della natura imperfetta.
L’azzurro di quel cielo ti fa male, e non per la sua luminosità, quanto per il ricordo che porta con sé.
Il suo sguardo.
Mentre agonizzi, sai per certo che non la vedrai mai più. È un pensiero talmente doloroso da farti dimenticare ogni altra cosa. Non esiste più il sangue che ruscella, non esistono più le urla che già si fanno più lontane, non esiste più l’agonia; esiste solo il rimpianto, che uccide più di quanto mille ferite potrebbero fare.
Non la vedrai mai più.
Non la vedrai mai più perché qui, oggi, tu morirai.
 
 
 
Non riesci in alcun modo a ricordare quando l’hai conosciuta: in un modo o nell’altro, lei c’è sempre stata.
Hai la vaga memoria di una ragazzina che vendeva fiori col padre, di un’adolescente che chiacchierava con la nipote della locandiera; nulla di più preciso prima di quella sera che porti impressa nell’anima anche ora, circondato dal fango e dalla disperazione.
Era estate quando il tuo sguardo si è posato su di lei e, per la prima volta, non è scivolato oltre.
Lughnasadh aveva raccolto l’intera Storybrooke nella piazza. Le fanciulle in età da marito danzavano attorno ai falò, le vesti che si gonfiavano come corolle al vento mentre il calore del fuoco e l’eccitazione della festa arrossavano le loro gote.
Lei era lì con la sua migliore amica, ed esplodeva in risate argentine quando Ruby le faceva notare divertita di aver attirato le attenzioni di qualche ragazzo.
Nei loro volteggi spensierati le giovani si avvicinavano a chiunque; e proprio quando Belle è passata vicino a te, è inciampata.
Non ci hai nemmeno pensato: ti sei gettato e l’hai afferrata, ritrovandoti all’improvviso vicinissimo al suo volto.
Entrambi avete sgranato gli occhi, incapaci di distogliere lo sguardo o di allontanarvi; e per un momento sei stato colto dalla certezza di aver già vissuto una situazione simile.
I presenti, accortisi di quanto successo vi stavano fissando; persino la musica che prima vibrava impetuosa all’improvviso sembrava essersi zittita.
Ti sei scostato subito e hai risposto ai suoi ringraziamenti con un mugugno inintelligibile che l’ha lasciata non poco perplessa, come testimoniava la sua espressione prima di essere trascinata via per ricominciare a danzare; e tuttavia, la festa sembrava non coinvolgerla più come prima perché – te ne sei accorto – di tanto in tanto si voltava a guardarti ancora, come se qualcosa l’avesse colpita.
Te ne sei andato di lì a poco, perché all’improvviso quel luogo non ti sembrava più adatto a te. Quel banale incidente aveva segnato la serata: bussava imperioso alle porte della tua mente, come se nei gesti istintivi compiuti ci fosse qualcos’altro, una memoria che scalpitava per riemergere.
Che assurdità, ti sei detto rimuovendo in fretta le immagini che si ripetevano.
Ora sai che il folle sei stato solo tu.
 
 
 
Qualche giorno dopo avevi già iniziato a lavorare quando qualcuno ha bussato alla porta. Per poco non ti è preso un colpo alla vista di quell’inconfondibile massa di capelli ramati e di due occhi cerulei che ti fissavano gentili, ma risoluti.
Era rossa in viso, come se avesse corso o fosse emozionata.
- Salve… So che sarei dovuta venire prima, perdona il ritardo, – ha esordito senza aspettare una risposta – Sono qui per ringraziarti per l’altra sera. E per presentarmi, perché non ricordo di averlo fatto… Sono Belle, Belle French.
Ha teso una mano che hai stretto senza grande convinzione prima di rimetterti all’opera.
- Dovere, – hai mormorato, un po’stupito dallo strano gesto della ragazza. In fin dei conti, non avevi fatto nulla di particolarmente valoroso, anzi; non c’era ragione di dimostrare tanta riconoscenza.
Pensavi se ne sarebbe andata subito, ma così non è stato: è rimasta nel locale, osservandoti incuriosita pur senza parlare. Hai provato a ignorarla, ma sapevi di avere il suo sguardo puntato addosso, e questa consapevolezza ti provocava una strana sensazione alla bocca dello stomaco, un insieme di disagio e strana emozione che non riuscivi a spiegare razionalmente in alcun modo.
- Posso esserti d’aiuto? – hai sbottato alla fine, con meno gentilezza di quella che avresti voluto imprimere alla tua voce.
- Te l’ho detto, volevo solo ringraziarti, – ha dichiarato stringendosi nelle spalle – No, non è vero, – si è corretta subito – Ora che sono qui, ho una proposta da farti.
Si è avvicinata a te prima di proseguire.
- Questa bottega è disordinatissima, c’è talmente tanta polvere che quasi non si respira. Posso pulirla?
L’hai guardata sbigottito: se un animale parlante fosse appena entrato nella stanza, forse ti saresti stupito di meno.
- Sarebbe anche un modo per sdebitarmi… – ha aggiunto senza lasciar trapelare quella nota di delusione che, ora lo sai, le mordeva il cuore.
- Ma non c’è nulla di cui tu debba sdebitarti, te l’ho già detto. E comunque, – non ti sei trattenuto dal sottolineare piccato – Me la cavo benissimo da solo.
- Io non direi, – ha replicato franca.
Era ben diversa dalle altre donne del villaggio, così timide e remissive; nelle sue iridi di ghiaccio - incredibilmente messe in risalto dall’abito celeste che indossava - c’era un fuoco che scalpitava per divampare e che lei non aveva intenzione di smorzare.
Hai ignorato il suo commento, turbato dall’invasione dei tuoi spazi.
- Non avrei di che pagarti.
- Ma questo non è un problema! – ha esclamato sollevata – Non c’è bisogno che tu mi paghi, è una cosa che faccio perché voglio rendermi utile.
- Grazie per l’interessamento, ma c’è gente che ha più bisogno di me. Vai da Jefferson, se vuoi, a un vedovo con una figlia piccola un aiuto farà comodo.
- Io voglio aiutare te.
L’improvvisa confessione ti ha distratto facendoti sfuggire la lana dalle dita.
- Non ha senso. Non ho bisogno di te e nemmeno mi conosci.
- In teoria io mi sarei appena presentata. E viviamo nello stesso posto da sempre, e qui tutti ci conosciamo. Tu sei Rumpelstiltskin, so di chi sei figlio, so quanti anni hai, cosa fai nella vita e so che ti piacciono le cose dorate, perché ogni volta che passa il rigattiere ti incanti davanti a quel che luccica; tu sai chi sono io, chi è e cosa fa mio padre, e se non lo sapessi mi piace leggere, anche se ho pochi libri perché costano troppo. Quindi, direi che questa è una base da cui partire.
È pazza, è stato questo il tuo unico pensiero. Qualche volta avevi sentito delle stravaganze della figlia di French e ora ne avevi la conferma. Ma pensava prima di parlare? Cosa diamine andava blaterando? E soprattutto, cosa potevi dire per negarle le libertà che si stava prendendo?
- La gente mormorerà, – hai obiettato, nella speranza che il fantasma delle maldicenze le facesse cambiare idea.
- E tu lasciala mormorare. Evidentemente non ha di meglio da fare, bisogna compatirla…
Hai deglutito, ancora più stupito dalla veemenza con cui sosteneva la sua causa a dispetto di ogni preconcetto.
Al giorno d’oggi, ancora ridi della futilità del tuo misero tentativo.
A Belle non è mai importato niente delle chiacchiere di paese che l’accompagnano tuttora.
- Tuo padre che ne pensa?
- Lui non sa nulla, – è stata costretta ad ammettere infine, dopo una lieve esitazione – Per lui dovrei trascorrere le giornate a preparare il corredo e migliorare le mie abilità culinarie per il mio futuro marito. Continua a ripetere che non metto abbastanza sale nel pasticcio di carne, cosa assolutamente falsa, tra l’altro… Quando posso, trascorro la mattina con Ruby. Ma negli ultimi tempi ha un sacco di lavoro alla locanda, quindi l’alternativa sarebbe stare in casa ad annoiarmi. Dai, conviene a entrambi: tu lavorerai in un ambiente migliore, e le mie mattine passeranno più in fretta!
Hai sospirato mentre capitolavi.
- E sia, – tanto dopo un giorno non si farà più rivedere, tanto vale accontentarla – Ma non devi disturbarmi mentre lavoro.
Un sorriso luminoso è stata la sua unica risposta.
 
 
 
La mattina seguente, puntualissimo, un ciclone ha spalancato la porta della bottega e, senza perdere tempo, ha rivoluzionato la tua vita.
Cosa che ha dimostrato sin dal primo istante, Belle amava parlare.
Eppure, non sei mai riuscito a ricomprendere ciò tra quelle forme di “disturbo” che categoricamente le avevi proibito. È stata una strana novità per te passare dal cigolio dell’arcolaio come unica compagnia alle chiacchiere incessanti della tua governante, come amava definirsi pomposamente per gioco.
All’inizio ne eri sconvolto: possibile che non si stancasse mai?
Fino ad allora, nella tua vita non c’erano state molte parole. Non hai conosciuto tua madre, morta quando eri neonato; e tuo padre, troppo codardo per assumersi le responsabilità di genitore, ha preferito andarsene per il mondo affidandoti alle cure di due vecchie zie. Loro ti hanno voluto bene, lo sai, ti hanno cresciuto con amore e insegnato il mestiere che ti ha dato di che vivere, ma non sono state certo prodighe di complimenti e gesti affettuosi.
Sei diventato uomo con la ferma convinzione che le parole fossero un bene prezioso, che avessero una sorta di potere intrinseco. Con le parole concludevi gli accordi che ti permettevano di lavorare, promettevi di non venir meno a quanto concordato, impegnavi il tuo onore; no, non potevi permetterti di giocare con le parole.
E invece, Belle le usava in modo del tutto diverso. Pronunciava frasi che non avevi mai sentito per descrivere il mondo attorno a lei, rendendolo un posto migliore di quel che in realtà fosse. A sentirla, sembrava quasi che Storybrooke fosse magica, e non il monotono paesino in cui nulla succedeva; lei lo colorava di allegria e mistero, lo rendeva un luogo ricco di fascino, in cui ogni cosa era diversa da come appariva a prima vista.
Lei lo colorava d’amore.
A poco a poco, senza quasi accorgertene, anche tu stavi cambiando.
Se all’inizio ancora resistevi alle domande di Belle, che avevano tanto il sapore di un assalto, di una deliberata violazione della tua intimità, e cercavi di scoraggiarla - nessuno l’aveva ancora vista, era ancora in tempo per finirla qui con quell’assurdo capriccio e uscirsene con la reputazione intatta, sicura di non aver cambiato idea? Sicura? -, alla fine è stata lei a vincere.
Come ogni volta.
La sua tempra da guerriera ha avuto la meglio sul tuo animo, e te ne sei reso conto quando ormai era troppo tardi, quando ti sei scoperto a raccontarle di tuo padre, dell’abbandono che non avevi scordato e della solitudine che, fino al suo arrivo, non ti era mai pesata, e che ora era un macigno insopportabile.
E lei ascoltava. Sapeva ascoltare senza interrompere, e suggerire sempre il consiglio più adatto, garbata ma presente. Attenta.
Erano piccole cose, ma avevano la forza irresistibile dei mutamenti, indici di un tumulto che iniziava a non darti più tregua.
Un tumulto cui sapevi dare un nome.
 
 
 
Avevi già conosciuto l’amore, una volta, quando eri giovane e la vita ancora inesplorata.
Lei era bella ed estroversa, e la risata ti faceva tremare nel profondo; era durata un anno, il cui dolce ricordo ancora serbavi gelosamente. Avresti volentieri sposato Milah, costruito un futuro insieme; e già ti immaginavi con lei, anziano e felice, circondato da nugoli di nipotini cui narrare di quando la nonna era andata a dire al nonno che la partita di lana sarebbe arrivata in ritardo e un acquazzone l’aveva sorpresa costringendola a fermarsi da lui mezza giornata.
Evidentemente il vostro però era un amore univoco, visto che dopo poco lei era fuggita con un baldanzoso giovane di un villaggio vicino che le aveva offerto l’avventura da lei tanto sognata.
È andata meglio così, ti eri detto infine, quando all’incredulità, alla rabbia e alla disperazione era subentrata la rassegnazione. Meglio esserci lasciati ora, che un domani. Se ci fossimo sposati, se avessimo avuto figli, adesso non sarei stato l’unico a soffrire…
Meglio così.
Da allora c’era stata qualcun’altra. Un paio di donne incontrate durante i tuoi viaggi, avventure di una notte o poco più. Nessuna, cui affidare il tuo vecchio cuore malandato.
Ma Belle era diversa.
Belle rideva, e quel suono era balsamo per ogni ferita, una promessa di primavera destinata a non sfiorire.
I rari giorni in cui era di malumore, lo eri anche tu; ti scoprivi preoccupato quando non arrivava puntuale e inferocito contro il tempo tiranno che faceva volare le mattine con lei e scivolare lentamente, troppo lentamente, le ore in cui eravate lontani.
Cosa faceva le rare volte in cui non si presentava in bottega?
Dedicava mai un pensiero a te?
Di cosa sapevano quelle labbra rosse che tanto avresti voluto assaggiare?
Questi pensieri non avevano senso, ne eri certo; erano solo i deliri di un pazzo cui la vicinanza di una ragazza tanto giovane e bella stava dando alla testa, facendogli venire illusioni irrealizzabili.
Se non l’avessi lasciata perdere in fretta, ti saresti coperto di ridicolo.
Anche perché Belle era innegabilmente, perdutamente, definitivamente innamorata.
Lo capivi dai suoi occhi che brillavano, e non solo d’entusiasmo. Viveva come su una nuvola, e tu pregavi perché nessuno la facesse mai cadere bruscamente a terra, infrangendo i suoi sogni, spezzandole il cuore.
Lo capivi dai discorsi che faceva: avere il coraggio di trovare la propria speranza, i propri sogni, di inseguirli.
Di trovare il proprio amore.
Hai sussultato udendo quella parola, e quelle che erano seguite.
“Perché l’amore è la cosa più meravigliosa al mondo. È speranza, riempie i sogni. E quando sei innamorato, devi goderti quello che hai. Perché l’amore, a volte, non dura per sempre.”
L’ha detto guardandoti negli occhi, e per un istante ti è sorto il dubbio che non fosse un caso, che ci fosse un motivo per aver dato voce all’idea, per averlo fatto proprio dinanzi a te.
E a questo non volevi neanche pensare.
Una volta si era presentata con una rosa rossa, inequivocabile simbolo d’amore. L’aveva fissata a lungo, prima di chiedere a bassa voce: – Posso lasciarla qui?
Un pegno, hai pensato, il dono di un innamorato.
Il fatto che avesse lasciato il fiore accanto all’arcolaio e non l’avesse portato via con sé non ti hanno fatto riflettere, convinto com’eri che fosse un modo per nascondere il regalo al padre. Era normale che alla sua età avesse qualche cotta; e non avresti dovuto stupirti quando un giorno non sarebbe più venuta da te e magari l’avresti vista mano per mano con qualche ragazzotto…
L’idea di Belle con un altro faceva male, non hai mai avuto la sfrontatezza di negarlo: era una spina piantata a fondo nel cuore, e respinta tanto selvaggiamente quanto vanamente.
Non avevi alcun diritto di avanzare pretese sulla ragazza; non avevi neanche diritto di provare quel che provavi nei suoi confronti.
Dovevi lasciarla andare.
Allontanarla da te.
Nulla la convinceva a farlo: era la creatura più cocciuta, più determinata, più testarda e più adorabile che avessi mai conosciuto.
Ogni tuo tentativo finiva nel vuoto: era inutile sottolinearle che il suo debito era più che estinto, che il suo lavoro non ti serviva più; con un battuta sagace riusciva sempre a zittirti, a farti notare le contraddizioni dei tuoi ragionamenti e a renderti incapace di replicare.
E tu ne eri sempre più innamorato.
C’era un solo modo per allontanarla: far sì che qualcuno la vedesse da te. Suo padre sarebbe venuto a saperlo e le avrebbe impedito di venire ad aiutarti.
Un po’di lontananza avrebbe sortito l’effetto sperato, ne eri certo: all’inizio avrebbe sofferto, magari ti avrebbe pure odiato, ma alla fine avrebbe capito. Un giorno ti avrebbe ringraziato per averle permesso di non rovinarsi l’esistenza.
Ricordi bene lo stupore sul suo volto quando le hai chiesto di andare a fare delle commissioni per te in pieno giorno.
- Sei sicuro? – ha balbettato mentre ombre scure le attraversavano gli occhi.
Hai annuito con un ghignetto.
Cosa c’è?, una parte sconosciuta di te avrebbe voluto sbraitarle contro, dici di voler essere coraggiosa e poi temi che ti scoprano?
Non ha aperto bocca. Si è limitata ad afferrare il cesto, calcarsi il suo mantello verde bene in testa e uscire senza salutare.
Quando è sparita dalla tua vista, hai seppellito il volto tra le mani e represso un sospiro che aveva il sapore amaro delle lacrime.
Ogni oggetto attorno a te portava impresso il tocco di Belle - e ora, lei non avrebbe fatto ritorno.
Sarebbe divenuta un ricordo: sempre più sbiadito, sempre più flebile e lontano da te; ma presente, perché sapevi bene che non sarebbe mai scomparsa dalla tua mente. Sarebbe vissuta eterna nella memoria, circondata da quell’aura di magia e tristezza proprio di ciò che non tornerà.
Ma non sarebbe scomparsa.
Aveva attraversato la tua vita portando una luce, un calore che non immaginavi esistessero davvero, e che non avresti potuto fingere non fossero esistite; era stata un bagliore di luce in un oceano d’oscurità.
In ogni persona avresti cercato un po’di Belle; e non l’avresti trovata. Perché lei era unica, speciale e tu... Tu l'amavi.
Non devo rimpiangerla
 È meglio così.
Lo faccio per lei.
Erano trascorsi al più quindici minuti da quando ti eri nuovamente seduto a quell’arcolaio che non leniva le tue pene, quando uno schianto terribile ti ha fatto sollevare il capo.
Lei era davanti a te.
In quel momento non hai finto. Non avresti saputo farlo.
- Perché? – ha urlato – Dimmi solo perché!
Aveva il volto rosso di rabbia e le tremavano le mani. Ha gettato il cesto lontano, come se bruciasse, e si è avvicinata a grandi passi.
- Ho cercato di fartelo capire in tutti i modi. Te l’ho detto tra le righe, te l’ho dimostrato con i gesti, ho lottato per mesi ed ero sicura che anche tu l’avessi capito! E so che per te è la stessa cosa – non osare negare, non osare farlo, so che è come dico io!
- Sei convinto di non meritare nulla, e io non so chi ti abbia messo in testa quest’idea, ma chiunque sia stato si sbaglia, e sbagli ancora di più tu dandogli retta! Saresti potuto essere felice se solo avessi avuto la forza di crederci, di non nasconderti dietro la tua corazza, ecco la verità, se la vuoi sapere! Ma ora hai fatto la tua scelta, e la rimpiangerai per sempre.
Si è incamminata verso la porta a testa alta, senza lasciar vincere il dolore che i suoi occhi lucidi lasciavano trapelare.
Se ne stava andando.
Pochi passi la separavano dalla porta che già si accingeva ad aprire; pochi passi e la magia sarebbe svanita dalla tua vita.
Lo volevi davvero? No, ma era la cosa giusta da fare; ciò cui miravi – e avresti dovuto gioire per essere finalmente riuscito a ottenerlo.
Ma allora, perché il cuore ti si stava spezzando in schegge talmente piccole che il tempo nulla avrebbe potuto fare per ricomporle?
- Aspetta, – hai mormorato tutto d’un tratto, senza nemmeno avere coscienza delle tue azioni.
Non si è fermata.
L’hai raggiunta e l’hai stretta per il polso.
Ha chiuso la mano a pugno, le unghie che martoriavano la carne tenera del palmo.
- Aspetta…
L’hai baciata.
In quell’istante ti è esploso il cuore. Hai avuto la certezza – disperata, assurda, meravigliosa, perfetta – di aver incontrato dopo mille vite il frammento mancante di te.
Di averlo già incontrato, di essertelo lasciato sfuggire e di non voler ripetere mai più quell’errore.
È stato un pensiero rapido e inspiegabile, svanito con la stessa velocità con cui era apparso; ma è stato il pensiero che ha fatto cadere ogni maschera residua, ogni finzione.
Ogni schermo.
Avresti continuato a baciarla per l’eternità; o forse hai continuato a baciarla per l’eternità, e il tempo ha perso ogni presunta linearità, è divenuto un circolo in cui tutto si ripete, si avviluppa su se stesso e ha come punto focale quel bacio, inizio e fine della tua fiaba.
Quando vi siete allontanati, avevate entrambi il volto in fiamme e il respiro corto; dal suo sguardo hai intuito come anche lei avesse avuto lo stesso strano pensiero.
Avresti dovuto dire qualcosa; ma ti sembrava di aver perso ogni facoltà di parola, aver dimenticato come formulare le lettere.
Eri lì, paralizzato dall’amore che non avevi soffocato.
È stata lei a baciarti ancora, mentre permetteva alle lacrime a lungo combattute di scivolare sulle sue guance.
- Scusami, – ha sussurrato appena, sorridendo – Non so perché piango. Ma sono felice. Felice come non sono mai stata finora.
Sono state le tue dita ad asciugare quelle perle d’acqua.
Se fossi morto allora, saresti morto felice.
 
 
 
Non c’è stato bisogno di spiegazioni, né quel giorno né quelli seguenti. Vi eravate ritrovati; ogni altra cosa sarebbe stata vana dinanzi alla verità che i vostri gesti urlavano.
Vi amavate, e questa consapevolezza racchiudeva tutto il potere del mondo.
Belle continuava a venire da te, ma se prima erano il lavoro e le chiacchiere a occupare il vostro tempo, ora la scopa giaceva in un angolo, inutilizzata, e l’arcolaio funzionava ormai solo quando lei non c’era.
Eravate troppo impegnati a scoprire il sentimento che vi univa, a scoprire voi stessi.
Eravate troppo impegnati ad amarvi.
Una volta avevi sentito dire di stare attento a ciò che si desidera, perché lo si potrebbe ottenere.
E tu hai scoperto sulla tua pelle la sincerità contenuta in quel monito.
Il tuo piano iniziale, purtroppo, si è avverato: qualcuno ha visto Belle entrare più di una volta nella tua bottega e uscirne dopo decisamente troppo tempo concitata, le labbra gonfie e i capelli spettinati.
Materiale più che succulento per ricamare una storia di passioni proibite che, nell’arco di pochi minuti, era volata di bocca in bocca per tutta Storybrooke.
Te ne sei reso conto una mattina: al tuo passaggio il consueto cicaleccio si è tramutato in un ostinato silenzio troppo pesante per passare inosservato.
Ti sei guardato attorno stupito: qualcuno ha chinato il capo, altri, più sfrontati, ti fissavano con un misto di curiosità e repulsione.
Caso volle che giungessero anche Belle e Ruby.
È stato allora che la strada è esplosa in un brusio che ti ha gelato il sangue nelle vene.
La certezza di quanto accaduto è sopraggiunta cristallina e gelida: sapevano.
Ti sei imposto di non guardare Belle, sebbene in quel momento fosse l’unica cosa che entrambi desideraste; ma anche lei aveva capito tutto, ne eri certo, e avrebbe intuito la ragione del tuo apparente disinteresse. D’ora in avanti ogni vostro gesto sarebbe stato passato sotto la lente di ingrandimento, studiato, chiacchierato e gonfiato a dismisura; provocare la folla sarebbe stato ben poco saggio.
Lei ha proseguito per la sua strada conversando con l’amica, senza curarsi delle risatine che si levavano, mentre tu ti sei allontanato a passettini svelti che urlavano la tua colpevolezza, conscio di star sbagliando e incapace di rallentare.
Ma tu non sei mai stato come lei. Non hai mai avuto la forza di fronteggiare il mondo.
Lei combatte.
Tu scappi.
Quel giorno avreste dovuto incontrarvi; ma lei non è venuta.
Prevedibile, ti sei detto, fingendo di non dolertene. Non poteva durare. Siete troppo diversi, e poi qui si scopre tutto subito. Sapevi che sarebbe finita così.
Erano state settimane meravigliose, in cui c’era stato spazio solo per voi; non provare paura per la prima volta in vita tua era stata l’esperienza più bella che potessi provare, perché era lei a infonderti coraggio. A starti accanto anche quando era lontana.
Ti eri sentito così forte, così vivo, quando le sensazioni erano amplificate dal suo pensiero.
Ed era stato bellissimo.
Era stato.
E non sarebbe più stato per la tua maledetta scelta di quel maledetto, benedetto giorno.
Ma il destino voleva andasse così, e tu non ti saresti opposto. Solo il tempo le avrebbe permesso di ripulirsi dal fango che le stavano gettando addosso.
Era troppo giovane per conoscere la vergogna; ma si sarebbe ricostruita una vita e avrebbe conosciuto la felicità che le auguravi, ti sei scoperto a ripeterti ancora una volta nel giro di così poco tempo.
E mentre lo dicevi, sapevi di mentire.
 
 
 
Quando, quella notte, hai udito un temibile frastuono, hai pensato a una retata organizzata dal padre di Belle per vendicare l’onta subita dalla figlia.
Cercavi spasmodicamente una via di fuga quando, dopo un ulteriore fragore, si è levato l’ululato di un timbro di voce che ben conoscevi.
Sei accorso in aiuto della tua maldestra - ex - domestica che, finita per terra, imprecava tra i denti.
- Perché hai spostato il tavolo? – si è lamentata tenendosi il ginocchio destro – Resterò zoppa a vita, ora sì che mi hai rovinata!
Nonostante il dolore, i suoi occhi si sono accesi vedendoti.
Le hai porto la mano e, quando lei l’ha afferrata, non hai potuto frenare uno sfarfallio nel petto.
- Ho fatto cadere una tazza, – ha mormorato colpevole, indicando la stoviglia di coccio rotolata un po'più in là – Si è sbeccata… Mi spiace…
- È solo una tazza, –  hai replicato, stupefatto per quanto si preoccupasse di una simile inezia dopo essersi ficcata in una situazione ben più grave.
A Storybrooke le mura avevano occhi e orecchie anche di notte: cosa sarebbe successo se qualcuno avesse visto Belle intrufolarsi a notte fonda a casa di colui col quale pareva avere una tresca?
Si era scavata la fossa da sola, la folle.
- Che sei venuta a fare? – hai chiesto perentorio, soffocando ogni accenno di tenerezza e ogni desiderio di baciarla.
Così, bravo. Un taglio netto. Soffrirà meno.
- Come che sono venuta a fare! – ha esclamato meravigliata – Oggi non sono riuscita a passare e ora eccomi qui! È tardi e tu devi svegliarti presto, hai ragione, ma avevo così tanta vo…
- Non venire mai più, –  l’hai interrotta, incurante dell’espressione del suo volto.
- Cosa?
- Non voglio che tu venga qui mai più.
- Che dici? – si è morsa le labbra guardandoti come se fossi ammattito.
- Hai capito benissimo. Smettila di rendere le cose ancora più difficili, – hai pregato perché le tue parole suonassero sufficientemente brusche – Hai visto stamattina: abbiamo già scatenato abbastanza pettegolezzi, e la cosa non mi va. Ho un’attività da condurre, tu devi mantenere una certa reputazione… Non sta bene. Fermiamoci qui.
Belle ti fissava sconvolta.
- Mi stai dicendo che è stata tutta una bugia?
- No! – ti sei affrettato a smentire il timore che non avresti saputo tollerare. Anche mentre ti strappavi il sentimento dal cuore, non riuscivi a negare quel che c’era stato.
Che c’era.
Se l’avessi fatto sarebbe stato tutto più semplice; ma non avevi neppure il coraggio di essere codardo.
- Non ci sono state bugie, Belle, lo sai, e sai che se potessi non ti direi mai queste parole. Ma…
- E allora non dirle! Chi ti costringe a farlo? Se è vero che mi ami, chi ti impedisce di continuare a farlo?
Hai sospirato, provando a selezionare le parole più adatte a farle capire.
- Stare con me non è semplice, lo hai già scoperto, e ora che tutti lo sapranno sarà ancora più difficile. Non capiranno, non ci accetteranno, e se non mi importa di me, mi importa di quel che diranno di te! Stare con me non è semplice. Ti renderà un’esclusa.
- E tu pensi che me ne starò seduta a far nulla? – ha aggrottato le sopracciglia irata –
Che mi nasconderò, che accetterò le critiche senza fiatare? No, no: io mi alzerò e combatterò, dimostrerò a tutti che questo è vero amore e non mi lascerò spaventare dalle chiacchiere dei benpensanti, andrò avanti per la mia strada, perché io ti amo! E non smetterò mai di combattere per te! Mai!
Ti ha stretto con una forza insospettabile per una ragazza così minuta.
- Belle, ci faremo del male.
- Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo. Ma questa è la condizione stessa della vita. 1
Le vostre labbra si sono rincontrate e perse in quella fredda notte di marzo in cui ha raccolto i suoi sospiri per la prima volta.
Sei rimasto stretto a lei su quel letto troppo piccolo per tutti e due, a inspirare il profumo dei suoi capelli d’autunno, desiderando di rivivere quel momento all’infinito, racchiuderlo nel cuore e non lasciarlo scivolare nella calca del tempo tiranno.
Un’idea tanto assurda quanto meravigliosa si è fatta largo tra la passione e la tenerezza.
È follia, ti sei rimproverato. È troppo presto.
No, non era troppo presto, dopo quel che vi eravate detti. Non era troppo presto per chi si amava in quel modo pazzo e disperatissimo, per chi sapeva di essere legato da qualcosa di superiore, che non si poteva spiegare, ma solo vivere appieno.
Non era troppo presto.
- … Belle?
- Sì?
- Domani tuo padre è libero?
- Credo di sì, perché?
- Perché domani andrò a chiedergli la tua mano.
 
 
 
Vi siete sposati tre mesi dopo.
Eravate solo voi, l’officiante, Ruby e sua nonna, Jefferson e la sua bambina.
Di tanto in tanto, un drappello di curiosi faceva capolino, ma a voi importava ben poco.
Maurice aveva cacciato Belle di casa appena aveva capito che la figlia non aveva intenzione di cedere di un passo sulla relazione con un filatore di mezza età, povero in canna, con una storia familiare da mettersi le mani nei capelli e che, stando alle voci, l’aveva anche disonorata prima delle nozze.
O forse, per lui questo era già un motivo più che sufficiente per tagliare i ponti con la sua unica, amatissima figlia.
Belle aveva sofferto, non lo aveva mai negato; e tuttora non si rassegnava ai silenzi con cui l’uomo rispondeva ai suoi tentativi di riconciliazione, continuando a chiedersi come fosse possibile tutto ciò.
Ma il parere negativo del padre non l’aveva fatta vacillare nemmeno per un istante. Non le aveva impedito di vederti ancora, di uscire a testa alta per il villaggio, passando oltre quelle critiche immotivate che, come ogni volta, andavano a colpire entrambi, ma soprattutto lei.
- , – rispondeva quando le chiedevi se fosse convinta, se ne valesse la pena – Sto con te. Cosa mi importa del resto del mondo?
Quanto era bella il giorno del suo matrimonio. Era stata la vedova Lucas a cucirle il vestito e prestarle il velo, e si lamentava che fosse tanto semplice, quando Belle avrebbe meritato i pizzi più candidi e le sete più lucenti; ma a lei non importava, grata com’era per quel dono insperato - e a te, se possibile, importava ancor meno. Ai tuoi occhi, Belle sarebbe stata bellissima anche con uno straccio addosso; e quando l’hai vista avanzare verso te, con le margherite tra i capelli e il sorriso sulle labbra, ti sei chiesto se non fosse tutto un sogno.
Perché non ti sembrava vero essere lì con lei, a scambiarvi gli anelli e a giurarvi fedeltà eterna – ma la vera fedeltà la porti incisa nel cuore, non su una banda dorata –, a ricevere l’applauso dei presenti.
A iniziare una nuova pagina della vostra esistenza, una pagina in cui saresti stato, allora e per sempre, suo.
Svegliarvi ogni mattina l’uno accanto all’altra, ridere, parlare fino a notte fonda, fare l’amore, litigare: ogni momento insieme era una benedizione, una gioia insperata che era esplosa nel tuo cielo e che, nonostante tutto, temevi sempre potesse spegnersi all’improvviso.
Ti sei sempre chiesto cosa trovasse in te. Tanto più grande di lei, basso e mingherlino, con un naso che occupava metà della tua faccia e un lavoro che ti dava a stento di che vivere; e non che il tuo carattere fosse dei migliori, anzi. Tanto introverso da apparire scontroso, e questa tua personalità ha sempre fatto a pugni con la sua indole vivace e solare. Aveva ai piedi i giovani di mezza contea, persone certamente molto più adatte a lei, lo sai bene; eppure, perché ha scelto te?
Quando hai trovato l’ardire di chiederglielo, la sua risposta, così spontanea e immediata, ti ha commosso.
“Per me, l’amore ha tante facce. L’amore è un mistero da svelare. No, non avrei mai potuto dare il mio cuore a qualcuno tanto superficiale come i ragazzi che dicevano di essere pronti a morire per me poi si comportavano in modo opposto. No, tu non eri come gli altri. Tu eri – sei – il mio mistero, ciò per cui vale la pena combattere. E poi, ammettilo, all’inizio mi odiavi!”
Se pensavi di non poter conoscere ulteriore felicità ti sbagliavi; perché due anni dopo nella vostra vita è arrivata una novità, una novità dai capelli scuri scompigliati e dalle fossette che apparivano a ogni sorriso, di nome Baelfire.
Sei stato colto da un panico indicibile quando te l’ha detto. Con il genitore che ti ritrovavi, che era scappato pur di godersi la vita senza intralci, cos’avresti combinato tu? Quale esempio avresti seguito, quale avresti dato?
Avresti ripetuto i suoi errori, o anche peggio.
Un conto era stato sognare, un conto era affrontare la realtà.
Avresti voluto bene a quel bambino, avresti fatto fronte alle tue responsabilità, ma – ne eri certo – non eri nato per fare il padre.
Belle ha intuito tutto subito. Una sera di silenzio si è seduta accanto a te e ha iniziato a parlarti. Ti ha rassicurato – anche quando saresti dovuto essere tu a farlo –, ti ha ripetuto che il passato non contava, che non sempre le colpe dei padri ricadono sui figli, e lei era certa che ce l’avresti fatta, che avresti offerto tutto il tuo affetto e la tua pazienza a quel bambino.
È così è stato.
Piccola, lungimirante Belle.
Quando hai stretto tuo figlio tra le braccia per la prima volta, sei stato sommerso da un amore che le parole non possono esprimere, da una tenerezza che superava i confini della realtà e si trasfigurava in un istinto di protezione mai provato prima.
No, non avresti percorso la stessa strada di tuo padre: tu saresti rimasto accanto a tuo figlio – Baelfire, l’avete voluto chiamare, perché il coraggio fosse la stella polare della sua esistenza – e avresti potato la fiducia nel suo mondo, come lui e sua madre avevano portato la speranza nel tuo.
E l’avresti difeso. Non avresti permesso a nessuno di fargli del male, e se qualcuno avesse anche solo osato sfiorarlo,avrebbe conosciuto la tua furia.
Per lui saresti stato pronto a infrangere ogni promessa.
L’avresti difeso.
A ogni costo.
 
 
 
Ed è stato in un giorno di sole che le fondamenta del vostro mondo sono crollate.
La bella stagione era alle porte e avevate deciso di festeggiarla con una gita al fiume. Quelle ore erano volate in un lampo, con Baelfire che correva a rotta di collo a esplorare la natura e voi che gli stavate dietro fino ad avere il fiatone.
Il sole stava ormai tramontando quando vi siete messi sulla via del ritorno, tu con in braccio il piccolo, ormai addormentatosi dopo tante ore di gioco, e Belle accanto che ti raccontava del suo nuovo progetto, aprire una scuola per i bambini del villaggio.
Avete messo piede nel villaggio nell’istante in cui, dalla porta opposta, vi entravano i messi del Duca.
Mentre percorrevate le vie di Storybrooke, quell’elenco foriero di morte veniva srotolato.
Mentre tua moglie ti scoccava un bacio furtivo sulle labbra, pronunciavano il tuo nome.
Quando avete raggiunto la piazza affollata, avete capito subito che qualcosa non andava. Le parole tremule di un vecchio che si preparava a dire addio al suo unico figlio hanno ucciso ogni sogno.
È stato strano: nonostante il tumulto e il vociare, hai avuto l’impressione di essere avvolto in una bolla al cui interno c’era spazio solo per voi tre. Hai stretto la mano di Belle e ti sei stupito nel trovarla gelida. Come se la Morte l’avesse sfiorata e avesse strappato una parte di lei.
Hai cercato i suoi occhi e nelle acquemarine incastonate sul suo volto hai letto, per la prima volta dopo tanti anni, la paura.
Siete tornati a casa e avete riposto Bae nella culla che con tanto amore avevi costruito mentre lo attendevate. Gli hai rimboccato le coperte e sei rimasto ad ammirarlo per quella che sapevi essere l’ultima tua possibilità di compiere un gesto così bello e semplice, diritto di ogni genitore.
Dall’altra parte della stanza Belle preparava l’occorrente per la partenza e, di tanto in tanto, ti giungevano dei singhiozzi soffocati.
Saresti dovuto andare a consolarla, lo sai bene, e ti penti di non averlo fatto; ma la notizia ti aveva come paralizzato, tolto coscienza di quel che ti circondava.
Restavi a rimirare il volto del tuo bimbo addormentato, in attesa che qualcosa – qualsiasi cosa! – infrangesse lo schermo che si era frapposto tra te e il mondo; che si sarebbe frapposto tra te e Belle, se non foste stati la stessa cosa.
- Cosa farai?
La sua domanda ti ha colto di sorpresa. Ti sei voltato e l’hai vista a un passo da te, le dita intrecciate, lo sguardo attraversato da speranze senza nome.
- Il mio dovere, – hai risposto a bassa voce – Il mio dovere.
Lo ripetevi, quasi a convincerti di una verità troppo dura per essere accettata.
Belle si è gettata tra le tue braccia piangendo.
- Shhh, – hai mormorato mentre la cullavi piano – Non fare così, ti prego.
Non l’hai tranquillizzata; non le hai promesso di tornare.
Non le avevi mai mentito prima, e non avresti certo iniziato quella notte.
- Non piangere, ti prego. Sveglierai Bae.
Ha annuito appena, passandosi il dorso di una mano sulle guance e respirando a fondo.
- Vuoi davvero partire?
- No. Ma devo. Me lo hai insegnato tu, Belle. So che adesso ti sembra tutto nero, ma ce la farai, te lo dico io, – ti sei fermato prima di proseguire il tuo addio, cercando disperatamente di esprimere quel che si agitava nel tuo cuore – Perché tu sei un’eroina, Belle. Sei una donna bellissima, che ama un uomo che non la merita. E mi hai amato veramente, trovando i lati positivi di me e creandoli. Mi fai desiderare di tornare alla migliore parte di me, e questo non era mai successo prima. Mi hai insegnato a essere coraggioso, mi hai reso più forte. E io, io te ne sarò sempre grato.


 
 
La mattina seguente, hai svegliato tuo figlio sussurrandogli parole che nessun padre dovrebbe mai esser costretto a pronunciare.
- Doe 'ai? – ti ha chiesto ancora mezzo addormentato.
- Papà deve partire… Deve stare lontano per un po’.
- Tonni do'ani? – per lui “domani” era un tempo lontanissimo, qualcosa di misterioso e oscuro come la magia dei racconti che sua madre gli narrava sempre.
Non sei riuscito a rispondere a quella domanda. Ti sei ritrovato a boccheggiare, gli occhi che pungevano per le lacrime e nessuna parola a sostenerti.
Ancora una volta è stata Belle a salvarti.
- No, Baelfire, – è intervenuta – Papà non torna domani. Ma tornerà.
Nella sua voce era ricomparsa la tenacia che ti aveva conquistato, la fiducia in te che riusciva a non farti più arrendere alla prima difficoltà. Era una figura forte e splendente, un diamante, ben diversa dalla ragazza fragile di poche ore prime.
Era la Belle che amavi.
È stata l’unica ad accompagnare il proprio uomo oltre le porte del villaggio, indifferente agli sguardi dei tuoi commilitoni e alle loro battute caustiche su chi dei due fosse davvero diretto al fronte. Solo dopo un miglio o due si è fermata.
- Devo tornare… Bae… – ha pigolato mordendosi le labbra.
Ti sei limitato ad annuire.
Come si dice addio a se stessi?
- Belle… – hai provato a esordire.
Ti ha zittito prima di baciarti.
- No, – c’era furia nella sua voce. Ma c’era anche una speranza, una certezza che non meritava tradimenti – Il futuro non è mai come appare. Ti rivedrò ancora.
 
 
 
Da allora porti il sapore di quell’ultimo bacio.
Il ricordo di quell’ultimo gesto d’amore è ciò che ti ha permesso di andare avanti nelle ultime due settimane, insieme al desiderio feroce di riabbracciare Bae, tornare a giocare con lui, vederlo crescere sereno senza l’incubo dei campi di battaglia.
E al desiderio di rivedere lei e rendere realtà le ultime parole che ti ha dedicato.
“Ti rivedrò ancora.”
Sì, è per questo che ti sei battuto.
Fino a oggi.
 
 
 
Questa era la tua seconda battaglia. Durante la prima sei riuscito a difenderti, anche con un certo valore, bisogna riconoscerlo; ma nell’istante stesso in cui stamani all’alba hai visto i tuoi nemici, hai capito di star duellando col Destino.
E al Destino non si sfugge.
E ora, mentre giaci a terra, mentre il sangue continua a scorrere e le forze ti abbandonano, la tua mente torna alle uniche persone che porti scolpite nel cuore e che non rivedrai mai più.
Rivivi all’infinito gli istanti felici trascorsi assieme, i pensieri e le sensazioni: i riflessi di fuoco dei capelli di Belle quella notte di mezza estate.
La prima parola di vostro figlio.
Il sole che illuminava i loro sguardi, screziandoli di cristallo e ardesia.
Cosa non daresti per riabbracciarli ancora una volta, poter ripetere loro che li hai sempre amati e li amerai sempre.
Sono stati i sei anni più felici della tua vita, sei anni di gioia pura e, si sa, la gioia ha sempre un prezzo.
E ora lo state pagando tutto.
Ormai non resisti al torpore che s’impossessa della tua mente, delle tenebre che si fanno spazio tra i pensieri: non c’è più modo di vincerle, ogni altro sforzo sarebbe vano.
Ti lasci trascinare giù, sempre più giù, in un baratro la cui fine non esiste.
Ed è allora che un barlume ti abbaglia.
Immagini di un altro mondo ti saettano davanti, scene che non sai collocare e che pure sai essere vere. Un Baelfire ragazzino ti implora di non lasciarlo andare, un uomo ormai ti abbraccia consapevole della sofferenza; una Belle vestita d’oro stringe tra le mani una tazza sbeccata, un essere dai lunghi artigli la strattona via, un susseguirsi di baci e addii, di recriminazioni e perdoni impetuoso quanto il vorticare della ruota del tuo arcolaio.


Ed è allora che comprendi.

Ed è allora che ricordi.
 
Ed è allora che il mondo si fa buio.
 
 
 
 
 
 
 
 
1 Antoine de Saint-Exupéry
 
 
 
N. d. A. con possibili spoiler: Salve! ♥
Se siete arrivati fin qui, avete tutta la mia riconoscenza: star dietro a tante pagine di deliri euridiciani non è cosa semplice, e io ve ne sono grata. Badate bene che questa sarebbe dovuta essere una flashfic… Insomma, grafomania portami via!
Qualche tempo fa ho visto su Instagram una fanart dolcissima - che non ho più ritrovato - raffigurante i RumBelle versione FTL con prole al seguito. Al che mi sono chiesta cosa succederebbe a questa coppia se Zelena riuscisse a gettare la sua maledizione e riportasse tutti indietro nel tempo, creando una sorta di realtà alternativa. Magari Rumpel non diverrebbe mai l’Oscuro - Zelena vorrebbe tornare a un momento in cui lo è già, ma tralasciamo questo aspetto -, Belle non sarebbe una principessa, ma i due riuscirebbero a incontrarsi comunque, ad avere una storia e, magari, a ricordare qualcosa del loro “passato”… Ed ecco qui il risultato, in cui domina l’angst, tanto per cambiare. Si sa, sono sadica: se un personaggio mi piace, gli faccio passare le pene dell’inferno.
Ho chiaramente scritto queste note prima della 3x20, dopo la quale non so se esultare per la proposta - ♥ ♥ ♥ - o meno. Secondo me questo matrimonio - almeno per ora - non ci sarà. Era ovvio che Rumpel si sarebbe vendicato del figlio, e non lo biasimo certo per questo, anzi, ma la storia del falso pugnale e la bugia detta a Belle mi hanno delusa moltissimo. Quando si verrà a sapere scoppierà il finimondo!
Sparse qua e là ci sono frasi, spesso riadattate, tratte da OUAT, mentre il titolo della fanfiction viene da “My immortal” degli Evanescence e il sottotitolo dal pensiero di Nietzsche; “Lughnasadh” è una festività celtica del raccolto e del grano - http://www.ilcalderonemagico.it/ruotanno_Lughnasadh.html.
Ringrazio tutti coloro che leggeranno la storia e, magari, vorranno farmi sapere cosa ne pensano – due paroline mi farebbero contentissima! :)
A presto! ♥
Euridice100
 
 
   
 
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