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Autore: SakiJune    07/05/2014    0 recensioni
Ada Markham vive a Londra e NON è una ragazza come tutte le altre: è una fangirl del Dottore, proveniente da un’altra dimensione. Per un capriccio di Clara, delusa e scontenta dopo la rigenerazione del Dottore, Ada giunge a bordo della TARDIS e gli equilibri stagnanti tra i membri dell’equipaggio subiranno un serio scossone.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Da questo capitolo si alza il rating, signori. E si delinea l'intreccio sentimentale, anche se nulla è costruito e nulla è perduto.


Il mercato di Tiaanamat era gremito e vivace, una vera esplosione di colori, proprio come tutti e tre lo ricordavano. Ma per Ada c’era una differenza sostanziale: era lì per la prima volta in carne e ossa, e poteva sentire gli odori, i sapori, la terra sotto le scarpe, respirare l’aria vagamente sulfurea e provare il brivido di una costante vertigine.
Il pianeta Akhaten si era disintegrato, ma i suoi anelli avrebbero continuato a ruotare intorno a quel vuoto per forza d’inerzia, forse per altre decine di migliaia di anni. In realtà era più complicato di così, ma Ada aveva sempre avuto insufficienze in fisica e le era andata bene anche la spiegazione breve.
I frutti azzurri che a Clara, durante la sua prima visita, non erano piaciuti avevano la consistenza di gelatina e non sapevano di nulla. Però Ada ne divorò due, in uno slancio di competizione. L’altra alzò un sopracciglio e accettando la sfida immerse la faccia in una confezione nuova, come in una gara di mangia-torte. La fruttivendola, rotondetta e con la pelle color amaranto, iniziò a strepitare: era chiaro che voleva essere pagata. Ada si frugò le tasche e trovò un anello.
Com’era finito lì? Non lo trovava dal giorno della gara di cosplay. Separarsene le sarebbe costato parecchio in un altro contesto, ma l’aveva dato per perso da mesi… era solo un cosino da poche sterline, non un gadget ufficiale. E soprattutto il Dottore era lì, di fianco a lei, a sbocconcellare uno spiedino di verdure generosamente abbrustolito. Aveva gli stessi capelli brizzolati di quando era il Terzo, solo più corti, ed era bello in un modo che non si può spiegare con regole di simmetria o di estetica umana. Alla luce di quel sole alieno, iniziò a colorare le emozioni che da tempo accarezzava in sogno con la tinta più lucente della realtà.
- Può bastare? - chiese alla venditrice. Questa lo soppesò e sembrò sorridere. Le fece cenno di aspettare e tirò fuori dal grembiule un oggettino legato a una cordicella. Sembrava un pezzo di osso, ma ad un esame più attento si rivelò un dente. Probabilmente un dente da latte di uno dei suoi pargoletti, intuì.
- Prendilo - disse il Dottore. - Ti sta dando il resto. Quello che le hai dato ha un valore troppo grande. - Sembrava commosso, e mentre si allontanavano si voltò più volte verso la bancarella.
- Che cos’era? - chiese Clara, lavandosi il viso e le mani ad una fontanella. L’acqua sapeva di zolfo, ma sembrava potabile.
- Una riproduzione dell’anello che portavo quando ero molto, molto più giovane - rispose il Dottore. Aveva stampato sul viso un sorrisetto stranito. Clara pensò che sembrava quasi attraente, in quella luce, con quella espressione.
Quasi.
Un riflesso di sole.
Lo osservò di nascosto sul vetro di una teca. Dentro c’erano delle piantine dai fiori azzurri, simili a campanule.
Lui era sempre il suo Dottore. E Ada era la chiave per capirlo fino in fondo… di questo ne era sicura.

“Mi vuoi bene? Anche se non credevi che fossi reale, mi volevi bene?” rimuginava lui, nel frattempo, fissando Ada mentre cercava di decidere se comprare un cappello specificatamente creato per un essere a due teste. Lei scoppiò a ridere quando glielo vide indossare, e scosse la testa più volte finché lui non lo posò. - Cosa succede? Lo stavo solo provando, signorina Markham! - sbottò lui, nella sua migliore imitazione di Dorium.
Clara provò una fitta d’invidia. Non era gelosa di Ada: piuttosto avrebbe voluto avere i suoi occhi, per guardare il Dottore con lo stesso trasporto, la stessa profonda leggerezza d’animo.
Un carretto sbandò verso la bancarella del fioraio. Clara si aggrappò alla teca, ma la parte superiore di questa scivolò di lato: per fortuna il banco era ricoperto di muschio, cosicché il vetro non si ruppe. Lo spavento passò com’era venuto, mentre il profumo dei fiori azzurri iniziò a solleticarle le narici. Era delizioso. Il tizio dietro il banco, di aspetto umano ma di cui non riuscì a stabilire il sesso biologico, smise di inveire contro il guidatore del carretto e gesticolò per chiederle di avvicinarsi. Sembrava euforico. E anche lei si sentiva assolutamente nell’umore di conoscerlo meglio...
- Non respirare quella roba! - gridò il Dottore. Sottrasse Clara dalle grinfie del fioraio malizioso e quasi la gettò contro Ada. - Portala alla TARDIS, immediatamente. Presto, prima che salti addosso a qualcuno!
Le mormorò qualche parola all’orecchio e Ada ridacchiò, arrossendo, ma trascinò Clara con sé e la trattenne più volte dallo strusciarsi contro la gente che aveva la sventura di trovarsi sulla loro strada.

Il Dottore tirò fuori un fazzoletto prima di avvicinarsi al luogo del disastro: - Lei si vergogni! E chiuda quella roba sottochiave! - intimò al fioraio nella sua lingua, aggiustandosi il colletto della giacca, ma il tizio era ormai occupato a sfogare i suoi spiriti inquieti sotto al banco.
- Potevano capitarci i Dalek! Perché i fiorellini afrodisiaci, perché?
- Parla come qualcuno che ha viaggiato molto, signore - soggiunse una voce serafica. Il Dottore si accorse che il carretto rovesciato era in realtà una sorta di portantina e a terra, scrollandosi la polvere dalle vesti, stava accoccolato un anziano sacerdote.
- Molto davvero - annuì, porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi. Il portatore, un ragazzo evidentemente non molto sveglio, restò imbambolato a piagnucolare, e il sacerdote lo mandò via con un gesto seccato. Il Dottore colse l’occasione al volo. - Posso accompagnarvi?
La spiegazione che aveva dato alle ragazze riguardo la nuova configurazione del sistema solare era stata una banale menzogna. Non aveva nessuna idea di come gli anelli di asteroidi avessero mantenuto la loro orbita, proprio nessuna. La questione lo incuriosiva molto più del picco ormonale di Clara, e se qualcuno degli abitanti aveva trovato una parte della risposta, l’aveva senza dubbio abbellita di superstizione; ecco perché stava per investigare sul culto religioso che doveva aver sostituito i Cantori del Sole.

Tornò alla TARDIS verso sera, con un le idee più chiare e una nuova prospettiva delle cose. Entrò quasi di corsa, i lembi della giacca che svolazzavano, e a Vastra sembrò di ritrovare in lui la spensieratezza e l’energia dell’Undicesimo.
- Bentornato. Hai trovato qualcosa di grosso? Qualcosa che possa mangiare?
- Un portale! Non una crepa, non un forellino, un intero portale! Ma che dico, una vera e propria sovrapposizione dimensionale! Akhaten esiste ancora dall’altra parte, in una sua versione diciamo… innocua… e vi stiamo ancora vorticando attorno, perché il confine tra le due dimensioni è qualcosa di trascurabile. Wow. Ho detto, wow. Sai che significa?
- Ma certo, - rispose lei. - Significa che ci imbatteremo nel tuo pianeta prima di quanto pensassi.
- Non è una conseguenza diretta, ma proporzionalmente si può dire che… già. - Il Dottore si immobilizzò. Assaporò quel pensiero, ma sentì tutto l’amaro che c’era sotto, la possibilità concreta di una guerra, l’ultima follia di Rassilon…
Si passò le mani sul viso, e sentì nel profondo il significato del proprio cambiamento. Era come toccare un teschio ricoperto di pelle. L’essenziale, ossa e nervi, energia, volontà. Nulla di superfluo, nulla che indugiasse mollemente in una distrazione. Come il Guerriero era nato con il compito di fermare la Guerra del Tempo, lui aveva la missione di ritrovare Gallifrey. Niente più soste sui pianeti termali di moda, nessuna nostalgia dello sguardo che un tempo Clara gli aveva riservato.
- Uh, oh, giusto. Come stanno le ragazze?
Vastra tentò di mantenersi seria mentre accennava all’interno della nave e rispose, con una punta d’invidia nella voce: - Bene, ecco. Stanno… stanno insieme.


Ada aveva provato seriamente a non lasciarsi coinvolgere. Era una persona responsabile, dopotutto: quando si accorgeva che una sua compagna di università era davvero sbronza, le sfilava le chiavi dell’auto dalla tasca. Ma Clara non aveva voglia di guidare, aveva voglia di fare sesso, e lei non aveva certo il potere di sfilargliela via. Né di resistere a lungo alle sensazioni che quel corpo di ragazza, strofinato contro il suo mentre lei tentava di farla entrare nella TARDIS, le provocava.
Era sicura che Vastra avesse un antidoto per gli avvelenamenti di quel genere, ma la risposta era stata negativa:
- Gli effetti collaterali del rimedio sarebbero molto più spiacevoli rispetto al risultato in sé, non mi arrischio certo - aveva alzato le spalle la siluriana. - E poi non vedo quale sia il problema, è solo un po’ eccitata.
- Madame, con tutto il rispetto.. - implorò Ada, mentre l’amica le somministrava languide leccatine sul collo, inframmezzate da sussurri suadenti. Le pareva che avesse tre paia di mani, per come le usava. - Potrebbe ipnotizzarla! Ecco!
- Non ne vedo il motivo. L’unico pericolo che poteva presentarsi era fuori di qui; un malintenzionato avrebbe potuto approfittarne nel modo peggiore, ma ora è al sicuro. Mettila a letto, domani starà molto meglio.
Con un lamento che non era solo di frustrazione Ada spinse Clara giù per il corridoio e infine nella sua stanza. La irritava essere oggetto di quel tipo di attenzioni a causa di una droga: era abituata a non riceverne affatto, ma un minimo di dignità l’aveva! E attenzioni da lei, addirittura… se avesse lasciato che succedesse qualcosa, si sarebbe messa in guai seri. Non appena Clara fosse tornata lucida, l’avrebbe accusata di aver approfittato di lei come il peggiore dei maniaci sessuali, e le avrebbe detto che mai, mai avrebbe pensato a lei in quei termini...
- Come si chiama quella roba? Ne voglio ancora! - protestò Clara, mentre lei tentava di infilarle le gambe sotto le lenzuola.
- Un momento. Tu sai benissimo quello che ti è successo! E non stai facendo proprio niente per controllarti!
Clara rise, attirandola a sé sul letto: - Perché dovrei? Siamo due persone adulte. E avevamo un appuntamento in sospeso, ti ricordi? - biascicò, le mani sotto la sua maglietta.
Un punto di vista del genere ribaltava completamente la situazione. Premette le labbra sulle sue, che sapevano di frutti gelatinosi ed erano ancora più morbide di quanto avesse mai immaginato. Le posò una mano sul seno e sentì che dischiudeva la bocca, lasciando che la sua lingua la penetrasse. Era un bacio. Stava baciando Clara Oswald, ed era bellissimo. Sentì che lei armeggiava con la cerniera dei suoi pantaloni e la lasciò fare. Le sembrava di essere anche lei sotto l’effetto di qualche sostanza eccitante. Ma no, era soltanto Clara, erano le sue labbra, erano le sue carezze, erano le sue dita che stavano esplorando una zona molto, molto sensibile… molto…
Mugolò, cercando una soluzione che le permettesse di liberare entrambe dai vestiti nel più breve tempo possibile, senza che i loro corpi si staccassero l’uno dall’altro. Ma Clara fu più svelta e si tirò su a metà, così che ci fosse lo spazio per sfilare sia il suo vestito che la maglietta di Ada. In breve la stanza e la nave in generale risuonarono di strilli così acuti che Vastra, pur mantenendo un’espressione imperturbabile, fu costretta a mettere su un disco di Marc Almond.

- Allora, come si chiamano quei fiori?
- Non ne ho la minima idea - rispose Ada, con le guance in fiamme. Ne aveva sentito parlare in una fanfiction tradotta con Google, ma non era sicura che quel nome un po’ spinto fosse canon.
- Ma come! Tu sai tutto. Hai tutto lì, in quel cervellino. Tutto quello che c’è da sapere sul Dottore. E forse anche tutto quello che c’è da sapere su di me. Altrimenti non si spiega quello che sei riuscita a... fare.
- Il telefilm sul Dottore è una produzione adatta ai bambini! Non… non ci sono scene erotiche, proprio no! - si schermì lei, anche se le vennero in mente certi sguardi del capitano Jack e la scena tra l’Undicesimo e Tasha Lem. - E non avevo nessuna idea di come darti piacere, ho solo fatto quello che sarebbe piaciuto a me… ed eri particolarmente in vena, sarebbe andato bene tutto, credo.
- Tu hai autostima zero, ragazza - sentenziò Clara.
Ada fece spallucce. - Prendo quello che posso, ma tu non entravi proprio nell’orizzonte.
- E adesso cosa c’è nel tuo orizzonte? Un Ood? Un Vinvocci?
- Sei ancora troppo per me. - A lei sembrava di farle un complimento, non si rendeva proprio conto di ferirla. Si infilò la maglietta e tentò di sistemarsi i capelli arruffati davanti allo specchio, mentre Clara metteva il broncio:
- Diventi noiosa se fai così. Ma ti piaccio o no?
Ada sentì un allarme suonare, e non si trattava della Campana del Chiostro. Era un vero e proprio segnale di pericolo interiore, che le mostrava come la propria insicurezza stesse distruggendo le possibilità che la vita le stava regalando a piene mani. Provò a comportarsi in modo più naturale. Si avvicinò a Clara e la baciò, esattamente lì dove quando sorrideva si mostrava quella fossetta irresistibile.
- Se-secondo te il Dottore è già tornato?
- Che ore sono? Io mi vergogno un po’ a farmi rivedere di là.
- Ma se non ci facciamo vedere affatto, le chiacchiere aumenteranno in modo esponenziale. - Ada gesticolò, imitando i gradini di una scala. - I gossip che tendono all’infinito… che dici?
- Prima rompiamo il ghiaccio, meno ci scivoliamo su - fu la filosofica risposta di Clara, e scoppiarono a ridere insieme.

   
 
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