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Autore: Hono    08/05/2014    2 recensioni
Non sorrideva più come prima da molto, ormai. C’erano solo dei rari momenti in cui la speranza ritornava prorompente, spiazzandola, colpendola come un vento impetuoso. E se tutto ciò accadeva era riconducibile ad una sola persona: Harry James Potter. Lui sembrava essere l’unico a farla sorridere come un tempo, ad aiutarla a non ricordare. Lui era l’unico capace di placare le sue urla quando, di notte, arrivavano all'improvviso. L’unico che riusciva a non farla sentire sola.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Thomas, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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I'd stay forever

 

Hermione non aveva mai amato particolarmente festeggiare i compleanni, benché meno il suo. Non le interessava ricevere regali o partecipare a feste sontuose. Lei preferiva una serata passata a guardare un film sul divano con i suoi migliori amici, accoccolata sulla spalla di questi a mangiare del gelato al cioccolato. A lei bastava un “buon compleanno” sussurrato, un fiore lasciato sulla sua scrivania, un’allegra cartolina di auguri. Non aveva mai preteso nulla e pensava che i compleanni non fossero che giorni perfettamente uguali agli altri. Come quel 19 settembre che, per Hermione, era un giorno perfettamente normale, con la sola differenza che era invecchiata di un anno.

E, come l’anno precedente, Hermione aveva deciso di starsene da sola. Ginny le aveva infinite volte chiesto se volesse organizzare qualcosa, anche una piccola cena in famiglia magari, tutti insieme alla Tana. Ma lei aveva categoricamente rifiutato. Aveva inventato una scusa, ringraziando l’amica e spiegandole che preferiva restare a lavorare su delle pratiche molto importanti. Certo, una parte di verità c’era poiché la Granger era rimasta sul serio in ufficio a lavorare su alcune pratiche riguardanti i diritti degli Elfi domestici, o, più semplicemente, si stava occupando di alcune faccende del suo tanto amato C.R.E.P.A. (Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbrutiti), essendone la presidentessa e fondatrice.

In quel momento, però, la sua mente errava completamente altrove. China sul plico di fogli, aveva in mano una piuma ferma su un punto, la cui punta bagnata d'inchiostro aveva formato un pallino di un nero scuro. Gli occhi lucidi e contornati di occhiaie sbiadite erano fissi su quel puntino, assenti.

Era stanca Hermione. Non chiudeva occhio da giorni e, nonostante stesse ricevendo molte soddisfazioni in campo lavorativo, c’era qualcosa che non andava. Dentro era tutto un casino, per Hermione. Quattro anni erano davvero pochi per cercare di ricominciare a vivere. Gli incubi non la lasciavano mai e nella sua testa continuava a rivivere i momenti peggiori di quell’orribile guerra che aveva sconvolto tutti. Le cicatrici, visibili e non, pulsavano ancora dolorosamente, forse anche di più. Il vuoto che aveva le impediva di riuscire a vivere come avrebbe voluto.

Non sorrideva più come prima da molto, ormai. C’erano solo dei rari momenti in cui la speranza ritornava prorompente, spiazzandola, colpendola come un vento impetuoso. E se tutto ciò accadeva era riconducibile ad una sola persona: Harry James Potter. Lui sembrava essere l’unico a farla sorridere come un tempo, ad aiutarla a non ricordare. Lui era l’unico capace di placare le sue urla quando, di notte, arrivavano all’improvviso. L’unico che riusciva a non farla sentire sola.

Un mezzo sorriso increspò le sue labbra rosee ma poi quando ricordò che cosa stava succedendo, quello sparì subito mentre i quesiti che l’assillavano da giorni ritornavano a farle visita. Quelle domande che continuavano a bussare incessantemente nella sua testa, chiedendo e pretendendo con disperazione una risposta sensata e sufficientemente soddisfacente.

Perché colui che doveva essere considerato il suo migliore amico, negli ultimi tempi, a stento le rivolgeva un saluto? Perché continuava ad evitarla? Perché quando lo sorprendeva a fissarla con una strana espressione, voltava subito la faccia? Perché sfuggiva al suo sguardo? Perché, proprio quel giorno, non le aveva nemmeno fatto gli auguri quando persino Blaise Zabini,  incontrandola quella mattina in ascensore al Ministero, si era preso la briga di augurarle un buon compleanno? Perché Harry aveva cominciato ad essere sfuggente? Più del solito, insomma, e con lei che, insieme a Ron, era la persona con cui passava la maggior parte del suo tempo? Perché proprio con lei, la sua migliore amica, quando, non prima di dieci giorni fa, l’aspettava ore intere per tornare a casa insieme? Cos’era cambiato così all’improvviso?

Continuava a porsi quelle domande, senza nemmeno utilizzare più la scusa del lavoro. Lasciò cadere la piuma accanto al plico di fogli, sconcertata, mentre posava la guancia sulla superfice liscia e fredda della scrivania di mogano lucido. Chi avrebbe voluto prendere in giro? Si sentiva sola e, certamente, una festa non avrebbe che giovato al suo umore. Ma il comportamento di Harry l’aveva completamente spiazzata, inibendo la sua volontà di fare qualsiasi cosa.

Si era ripetuta più e più volte dei futili motivi, tentando di giustificare il suo rifiuto di festeggiare alla Tana, dopo aver scoperto di aver offeso e fatto arrabbiare Ron. Ma la realtà era diversa e lei stessa era l’unica a saperlo. Fu così costretta ad ammettere il vero motivo poiché la sua coscienza non faceva che tormentarla.

Non c’entravano il lavoro o il suo animo poco festaiolo. Il vero problema, la fonte del suo malumore non era altri che Harry. Harry Potter, eroe del mondo magico, suo migliore amico da quando avevano 11 anni, la persona che la conosceva meglio di chiunque altro s’era dimenticato del suo compleanno e, da giorni, la stava evitando come se fosse affetta da una forma cronica di spruzzolosi.

Hermione era una ragazza e non poteva non ammettere di essere irritata, ferita e confusa da quella dimenticanza e da quello strano comportamento. Non riusciva a capacitarsi del fatto che una delle persone più importanti della sua vita, forse la più importante, l’avesse dimenticata, che facesse di tutto per starle lontano.

La scusa che si era detta per placare quel senso di paura e dolore non reggeva più già da un po’. Anzi, se proprio voleva essere sincera, quella cazzata non aveva retto neanche un minuto. La strega più brillante della sua età non si perdeva affatto in certi banali “tranelli”. Andava alla ricerca della verità, Hermione, di qualsiasi cosa si trattasse, nonostante facesse male. Perché, per quanto questa potesse essere devastante, era sempre più nobile e migliore del mentire.

Un leggero bussare alla porta la fece sobbalzare, immersa com’era delle sue solite congetture mentali. Si schiarì la gola, raddrizzandosi, curiosa di sapere chi fosse alla porta, speranzosa di vedere Harry che la stringeva, le augurava un buon compleanno scusandosi e spiegandole il motivo di quel suo strano comportamento.

- Ehi, Hermione, volevo farti gli auguri. Scusa se non te li ho fatti prima ma sono stato rinchiuso tutto il giorno in ufficio e…adesso ho visto la luce accesa e ho pensato di passare. - la voce chiara e matura di Dean Thomas le arrivò alle orecchie, smontando la sua speranza e sostituendola con una piccola rabbia cieca che, traditrice, stava cominciando a pervaderla.

- Oh, ti ringrazio Dean. - finse un sorriso stanco la riccia, alzandosi per poi passare una mano sulla gonna blu abbinata al tailleur che indossava.

- Non dovresti startene a marcire qui, sai? E’ il tuo compleanno, no? E poi, è sabato. - continuò tranquillo il giovane ex Grifondoro. - persino Harry, che si solito fa sempre tardi, è tornato a casa prima.

A quel nome la rabbia di Hermione non fu più così tanto cieca. Afferrò con malagrazia la sua borsa mentre con un colpo di bacchetta riordinava le carte sulla sua scrivania e le faceva lievitare nel solito cassetto a destra, sopra a quello in cui teneva ordinatamente le boccette d’inchiostro e le piume.

- Mi sa che hai ragione, Dean. - iniziò lei, uscendo dal suo ufficio e chiudendolo a chiave con Dean che la precedeva. - Grazie ancora per gli auguri.

Sorrise scostandosi un riccio dal viso e s’avviò senza attendere una risposta, lasciando Dean con un cipiglio confuso sul viso.

- Non c’è di che. - soffiò lui, quando ormai lei non poteva più udirlo. Scrollò le spalle e dopo essersi passato una mano sul viso assonnato, con l’espressione più annoiata che potesse sfoggiare, ritornò sconsolato nel suo di ufficio, ove un lavoro da concludere lo aspettava.

Hermione intanto aveva ben pensato di prendersela con assoluta comodità. Era ritornata a casa - nel suo appartamentino nella Londra babbana - si era fatta una bella doccia e aveva indossato degli abiti puliti. Aveva spiluccato qualche biscotto e poi si era data da fare per prepararsi una bella cena, data la fame che sentiva. La voglia di strozzare il suo migliore amico s’era quasi attenuata. Quasi non aveva più la voglia di correre da lui per vomitargli addosso tutto…beh, il ripensarci l’aveva solo fatta infuriare di più.

Così mentre stava sbattendo energicamente un paio di uova in una ciotola udì chiaramente il sonoro CLAP caratteristico della Materializzazione. E non vi fu bisogno nemmeno di preoccuparsi e armarsi di bacchetta. Le uniche due persone che avevano “il permesso” di Materializzarsi direttamente a casa sua, oltre a lei, erano solo ed esclusivamente Harry e Ron. Per cui, nel silenzio che circondava l’appartamento, Hermione continuò tranquillamente nella preparazione della cena, dando le spalle alla porta aperta, ignorando bellamente la persona che la stava guardando dalla soglia della cucina.

- Ciao.

Harry mormorò appena quel saluto con un insolito nervosismo, stringendo in mano un pacco bianco e quadrato, su cui vi era legato un fiocco di un rosso vivo. Hermione, che riconobbe all’istante quella voce, dovette fare violenza su sé stessa per continuare ad ignorarlo mentre mischiava le uova sbattute a delle zucchine tagliate minuziosamente grazie all’ausilio della magia.

- Buon compleanno. - continuò lui, a bassa voce, poggiando il pacco sul tavolo della cucina e facendo un piccolo passo all’indietro.

- Grazie. - sussurrò la strega che, agitando lievemente la bacchetta, ordinò agli utensili di preparare la cena per lei. Incrociò le braccia al petto e si voltò, guardando dritto negli occhi l’amico e mostrando tutta la rabbia che sentiva dentro.  La  barba incolta e scura, i soliti vecchi occhiali, dei segni violacei intorno agli occhi, la massa di capelli un po' più lunga del solito, la magrezza eccessiva ora sostituita da una massa muscolare possente - frutto degli allenamenti a cui si sottoponeva per il lavoro di Auror - la cicatrice chiara che s'ammirava da uno spacco della frangia non più lunga come prima, un viso più maturo e deciso e gli occhi, i suoi familiari e verdissimi occhi, erano rimasti quelli di un tempo. Vacillò per qualche istante, Hermione, ma si riprese subito. 

- Hermione lo so bene perché sei arrabbiata. -  a queste parole, lei emise uno sbuffo involontario, mentre il suo piede cominciò a picchiettare velocemente sul pavimento, come a voler sedare quel nervosismo, quell’ira e quella confusione di cui era preda. - però vorrei che mi ascoltassi prima di schiantarmi, okay?

La riccia sospirò, imponendosi di restare calma. Harry l’osservò con studiata attenzione, attendendo qualche attimo prima di cominciare a spiegare cosa fosse accaduto. Ma nell’istante in cui provò a parlare, dalla sua bocca non uscì nulla. Non ci riusciva, Harry. Non poteva confessare alla sua migliore amica il vero motivo di quella situazione così maledettamente complicata. Non poteva dirle la verità. Avrebbe rovinato tutto, lo sapeva perfettamente. Soprattutto se ci si aggiungeva il fatto che, nonostante avesse pensato e ripensato ai suoi sentimenti, era ancora terribilmente confuso. Amava o non amava la sua migliore amica? Cos’era quell’elettricità che percorreva il suo corpo quando la sfiorava? Da dove diavolo veniva quel desiderio improvviso e prorompete di volersi impossessare di quelle labbra? Perché solo con lei riusciva a sentirsi vivo, a posto col mondo?

- Lo so che ti ho evitato in questi ultimi tempi, ma in realtà non so cosa mi stia succedendo. Avevo bisogno di riflettere. - spiegò il ragazzo, poggiando una mano sullo schienale della sedia più vicina a lui.

“Avevo bisogno di capire se posso starti lontano”  aggiunse mentalmente, cercando di non far trapelare niente dagli occhi o dall’espressione perché, lo sapeva, Hermione era l’unica che riuscisse a capirlo con una mezza occhiata.

- Non puoi usare questa stupida scusa, Harry. Io lo so che è difficile. Sono passati  quattro anni ma è come se non fosse passato nemmeno un giorno. Conosco i tuoi incubi e, entrambi, sappiamo bene quante notti insonni stiamo passando senza riuscire a ricominciare a vivere per davvero. Ma…per tutte le Mutande di Merlino, sai quanto sono stata in pensiero? Quanto ho sofferto perché non riuscivo a capire cosa diavolo avessi fatto? Ero arrivata a pensare che tu non mi volessi più bene, che…ti fossi dimenticato che io sono la tua migliore amica. Quindi, non credere di poterla passare liscia con delle cavolate del genere. - sputò con rabbia Hermione, avvicinandosi a lui per fronteggiarlo, gli occhi lucidi e la voce incrinata.

Ricominciare a vivere. Era questo uno dei nodi più ingarbugliati della questione. Harry non riusciva a sopportare di vedere l’amica in quello stato. Non voleva che la sua Hermione soffrisse ma non poteva dirle sul serio ciò che provava. Non poteva confessarle che solo lei riusciva a farlo sentire come prima, che solo con lei aveva ricominciato a vivere sul serio. Lei gli dava la forza, lei che era stata sempre della sua parte. E, nonostante fosse confuso, Harry non era uno stupido e sapeva bene che certe sensazioni, certi desideri, non potevano derivare da un semplice “voler bene”.

- Scusami, Hermione, davvero. Ma non credere che non abbia sofferto anch’io. Ma dovevo provarci, dovevo capire se…- si bloccò, incapace di continuare, di rivelare ciò che, da più di un anno, lo tormentava.

- Se? - lo incitò la riccia, desiderosa di sapere cosa succedesse.

Si morse il labbro inferiore con forza, nel tentativo di capire quel discorso insensato. Non sapeva cosa pensare e l’ansia le attanagliava sempre di più il petto, lo stomaco, il cuore. Perché le importasse così tanto non riusciva a comprenderlo ma, certamente, lei era consapevole che che non si trattava del fatto che fosse la sua migliore amica. Harry era sempre stato l’unico a capirla, a sostenerla. L’unico ad essere riuscito a domare i suoi incubi, l’unico a conoscerla meglio di chiunque altro, l’unico con cui aveva ricominciato a vivere, a sentire. E il timore che tutto quello potesse cambiare, il timore che l’amico non la volesse più, che si fosse dimenticato di lei, non riusciva ad abbandonarla.

I pensieri di entrambi stavano prendendo una piega troppo sbagliata, confusa, pericolosa. Avrebbero dovuto smetterla ma non ci riuscivano. Era più forte di loro, più forte di tutto.

- Cosa succederebbe se ti dicessi che , con molte probabilità, sono finito per innamorarmi di te? - le domandò Harry, terribilmente serio, guardandola davvero negli occhi per la prima volta da quando era arrivato.

Lei deglutì, la gola secca che cercava disperatamente dell’acqua, il cervello in tilt e un rossore eccessivo esploso sulle sue goti.

- I-io non lo so. - mormorò lei, nervosa, non sapendo esattamente cosa dire. Harry l’aveva spiazzata poiché non aveva mai pensato ad una eventualità del genere. Non era riuscita mai a ritagliarsi del tempo per esaminare e comprendere meglio i propri sentimenti. Quelli che provava per Harry, per Ron.

Fino a qualche giorno prima era convinta di amare Ron, da sempre. Ma quei pensieri che faceva da quando l’amico aveva cominciato ad evitarla, i tormenti con i quali non si era data pace neanche per un attimo, quelle parole, quegli occhi verdi che tanto amava così seri e determinati, confusi e spaventati avevano sgretolato tutte le poche certezza che, con grande fatica, era riuscita a racimolare dopo la guerra.

- Se ti dicessi davvero cosa mi è preso, rovinerei tutto. - disse lui con una certa amarezza nel tono e un’espressione che, lei, non gli aveva mai visto in volto.

- Ma se non lo dici, non potrai mai saperlo con certezza. - sussurrò Hermione, mentre dentro di lei lottavano sentimenti e sensazioni contrastanti. Da un lato avrebbe voluto sapere cosa Harry avesse da dirle. Avrebbe voluto essere abbracciata da lui, starsene raggomitolata tra le sue braccia e dormire un sonno senza incubi. Avrebbe voluto conoscere meglio il corpo dell'altro, esplorare il sapore di quelle labbra che non aveva mai pensato di poter desiderare. Dall’altro, invece, avrebbe voluto cancellare quella discussione e fare finta di niente.

- Ti ho portato questo. Non è niente, lo so, ma ho pensato che un compleanno senza torta non è un vero compleanno. - le disse Harry, cambiando bruscamente discorso, aprendole il pacco per mostrarle un muffin al cioccolato nel cui mezzo era posizionata un’unica candelina rossa che emanava una piccola fiamma. - cioè non è proprio una torta ma era l’ultima cosa rimasta.

Si scusò grattandosi il capo con fare imbarazzato, nascondendo tutto ciò che provava in realtà e facendo finta che, poco prima, non avesse rivelato niente di tutto quello. Hermione gli sorrise incerta, ringraziandolo sommessamente, contenta di quel pensiero e sollevata del cambio d’argomento poiché non sapeva se sarebbe riuscita sul serio a reggere un discorso del genere. Forse aveva già intuito dove Harry volesse andare a parare. E lei, decisamente, non era pronta. Non ancora. Quella meravigliosa speranza faceva troppa paura vista da quella prospettiva.

- E ora? Dovrei soffiare sulla candelina?

- Ricordati di esprimere il desiderio.

La strega si sporse verso il dolcetto, ad occhi chiusi, pensando intensamente ad un desiderio che era rimasto sepolto nei meandri della sua mente, per essere espresso nella giusta occasione, nella speranza che potesse essere realizzato. Soffiò con delicatezza Hermione, spegnendo la candelina e raddrizzandosi con lentezza. Si voltò verso l’amico e s’avvicinò, buttandogli le braccia al collo e abbracciandolo com’era solita fare da sempre.

- Grazie.

Harry la strinse più forte che poté, temendo che da un momento all’altro lei potesse sgretolarsi davanti ai suoi occhi. C’era stato male. Evitarla era stata la cosa più difficile, forse anche più di distruggere gli Horcrux. Gli era mancata l’aria e aveva capito che, senza di lei al suo fianco, lui non era niente. Si sentiva perso, vuoto e solo. Hermione era l’unica che riuscisse a colmare il vuoto di tutte quelle perdite, di quella solitudine a cui lui non s’era mai abituato.

- Ora è meglio che vada. - proruppe il mago, staccandosi leggermente e guardandola con una celata tristezza.

Hermione annuì anche se si ritrovò a stringere con forza la giacca scura da lui indossata, come se non volesse lasciarlo andar via. Perché era questa la verità. Non voleva passare l’ennesima notte da sola, con gli incubi a tormentarla. Voleva solo Harry. Non era sbagliato desiderare così ardentemente che il proprio migliore amico restasse con lei per un po', meglio se per sempre, nonostante si trovassero in una situazione diventata così scomoda a causa dei loro cuori. Nonostante qualche minuto prima stessero per affrontare una situazione troppo grande per chiunque. Certo, non avrebbero potuto rimandare all’infinito ma per la prima volta Hermione mandò al diavolo ogni cosa e assecondò il proprio istinto, senza pensare alle conseguenze che avrebbero potuto avere. Per la primissima volta in tutta la sua giovane vita, Hermione non pensò a niente.

- Resteresti per cena?

Ed Harry la guardò e, senza poterlo evitare, un piccolo sorriso si distese sulle sue labbra, stringendola nuovamente a sé mentre lei si beava di quell’aroma familiare. Sapeva di pino, Harry, e lei l’adorava.

- Resterei anche per sempre.

L'Angolo di Hono:
Sera a tutti! Sono tornata di nuovo con l'ennesima Harmony. Anche questa, come al solito, uscita assolutamente da non so dove. L'ho ambientata al compleanno di Hermione, non chiedetemi perchè tanto non lo so, e beh ho solo pensato che sarebbe stato carino mettere i difficoltà quei due con dei sentimenti mai provati. Perchè, diciamocelo, loro sono l'amore. Qualsiasi cosa facciano. Sempre. Aw. Okay, sclero a parte, spero davvero che anche questa one-shot vi piaccia e spero di non aver deluso nessuno di chi conosce già qualche mio precedente lavoro, e anche di chi, ovviamente, mi ritrova per la prima volta C: Con questo vi lascio, dicendo che al più presto pubblicherò il capitolo della long (problemi di internet vari mi costringono a ritardare. Dannata connessione, colpa di quell'aborto della natura che è la Umbridge. ), affidandomi umilmente al vostro giudizio e sperando che la mia shot vi sia "arrivata". Alla prossima, un saluto C:
Hono

  
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