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Autore: Daeva    23/12/2004    0 recensioni
Un racconto abbastanza interessante su Rei III. Mi andava di approfondire i suoi comportamenti alla luce del finale originale della serie.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rei Ayanami
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Diluita

Adesso che sono sul pavimento, hanno perso tutta la sacralità che li pervadeva.
Stringerli tra le mani tentando di romperli? Fu sublime.
Avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa, tuttavia appena le sue dita furono a contatto con la dura montatura e le fredde lenti...
...Poteva essere un tentativo di abbracciarli.
Ma le mani, quasi come fossero guidate da una volontà estranea... Le mani strinsero più forte, e fu gradevole stringere con odio qualcosa, sentirlo rompere, mente i tuoi nervi sono tesi e concentrati verso quell'azione inaspettata, che forse neanche capisci, che forse neanche vuoi fare ma...
La fai.
E, dannazione, ti piace.
Anche se forse è fatta con fin troppa indifferenza e fin poca passione...

Rei aprì gli occhi.
Mattina, evidentemente.
Si accorse di essersi addormentata in quella posizione strana, supina con la testa poggiata sulle braccia.
Si alzò mettendosi seduta, le ossa della schiena indolenzite.
Si passò una mano tra i capelli.
Sensazione strana, il suo corpo non sembra il suo.
Abbassa lo sguardo sul pavimento: gli occhiali sono ancora lì.
Rotti, dissacrati.
Li guarda con la sufficienza con cui si guarda la spazzatura, mentre decide di alzarsi notando la sua uniforme stropicciata durante il sonno.
Si guarda intorno, riconoscendo la prigione in cui è stata chiusa da una volontà disarmante e categorica.
Ma non c'è tristezza in lei. Non c'è solitudine. Non c'è paura.
C'è qualcosa che non capisce, di cui non ricorda la parola.
Ma se non ricorda la parola, probabilmente non c'è.
Si guarda sulla superficie rovinata dello specchio.
Un viso che non capisce, dei lineamenti estranei.
"Sono io? Questa sono dunque io?"
Pensa che non si abituerà mai alla sua faccia.
Non si abituerà mai alla sua espressione.
Non le sembra un aspetto famigliare.
Ritorna a guardarsi intorno, con la luce asettica del mattino.
Non c'è dubbio. E' una prigione.
Una prigione tenuta in pessime condizioni.
E non si riferisce solo al luogo dove è stata rinchiusa.
Si riferisce anche al corpo in cui è stata rinchiusa.

****

-Buongiorno, Rei.-
-Buongiorno.-
Ed ecco la fonte della sua dannazione.
E' strano riconoscervi il suo aguzzino.
Lo ricorda perfettamente, il giorno precedente, la sua aria dura e determinata mentre lei piano piano prendeva coscienza di sè, apriva gli occhi in un mondo arancione e caldo.
Ricorda perfettamente che è stato lui a tirarla fuori da lì e rimetterla dentro, o rimetterla fuori, o viceversa... Non le è stato molto chiaro cosa le succedesse esattamente in quel momento.
Ma di una cosa era certa.
Non le era piaciuto.
Non avrebbe dovuto farlo.
E anche se qualcosa le diceva che non doveva avercela con quell'uomo, che forse ciò che le aveva fatto era stato un dono prezioso, beh, il pensiero più forte, il suo, il SUO, IL SUO, le  suggeriva che quell'uomo non avrebbe MAI dovuto farlo, non avrebbe mai dovuto farlo di nuovo.
Ma perchè?
Non lo sapeva.
Ma tanto non le importava affatto della risposta.
L'uomo si voltò dandole le spalle.
Automaticamente, forse neanche volendolo realmente, si portò al suo fianco e iniziò a seguirlo.
-Tra qualche giorno attueremo il Progetto. Capisci di cosa parlo?- iniziò lui.
-Non ricordo tutto molto bene...- ammise lei.
Lui le fece un sorriso.
Non le piacque quel sorriso. Sembrava ironico, sembrava la stesse prendendo in giro.
Perchè lui la stava solo prendendo in giro, no?
-E' normale che tu non possa ricordare tutto, Rei. Ma non preoccuparti. C'è ancora tempo. Ricorderai.-
Rei annuì, tornando con lo sguardo sulle pareti del corridoio, liberando la sua mente dal ricordo del suo viso.
"Non voglio ricordare il suo viso... Eppure ricordo solo quello...Non mi piace."
Rei spostò lo sguardo alla sua destra, esitando sulla spalla dell'uomo, una spalla fin troppo alta per lei.
Che strana sensazione. Le era famigliare.
Tuttavia, non riusciva a giustificarlo.
Non più.
Non poteva più sforzarsi di comprenderlo.
Per quale motivo avrebbe dovuto farlo?
Ma non le piacquero quei pensieri, non le piacque ciò che aveva pensato quel giorno.
Ma le dava una strana sensazione di piacere.
Improvvisamente sentì le sue palpebre, come sollevarsi, una seconda volta.
Vide i suoi piedi.
Sentì il contatto dei suoi piedi sul terreno.
Il peso del corpo. I movimenti delle sue ossa e dei suoi muscoli.
Un leggero affaticamento per seguirlo lungo i corridoi.
Le sue necessità. Una strada già percorsa, famigliare, conosciuta, anche se non correttamente messa a fuoco.
"La mia libertà è migliore. Migliore delle sue necessità."

Libertà.

Ma cos'è poi, la libertà?
Mille voci contrastanti, mille desideri che non riusciva ad afferrare correttamente.
Una voce, la più flebile, la più lontana: forse rideva, forse piangeva.
Un'altra voce, insinuante, spaventosa: "riprenditi tutto. Riprendi tutto ciò che è tuo. Non è lui a possedere te, sei tu a possedere tutto."
Una voce affascinante, ma che non le piaceva. Cercò di chiuderla dentro di sè, cercò di soffocarla.
Un terza voce, più nitida, più facile da ricordare: "torna al nulla. Torna al nulla. Ciò a cui appartieni, ciò a cui DEVI appartenere è il nulla. E non preoccuparti, loro non soffriranno per te, tu non soffrirai per loro. Tutto è niente."
Era un messaggio semplice.
Rei guardò la loro destinazione. Dummy System.
-Eccoci arrivati.-
Rei spostò lo sguardo su di lui -Sì.-
"La morte è piacevole. Dammi la mia."

****

Era gradevole galleggiare in quel caldo liquido.
Era una sostanza premurosa, che rendeva tutto ciò che c'era all'esterno ovattato e conciliante.
Ma le diede fastidio vedere quell'uomo di fronte a lei.
Quell'uomo di fronte a lei era un intruso.
Ecco.
Ecco come poteva considerarlo correttamente.
Un intruso.
Qualcuno che non faceva altro che ostacolarla per raggiungere la meta che aveva deciso di prefiggersi: il nulla.
Puro e semplice.
Che ci voleva? Era una richiesta modesta, la sua.
Avrebbe potuto accontentarla, se davvero gli stava a cuore, se davvero la sua felicità gli stava a cuore.
Ma lui era totalmente disinteressato alla sua felicità.
Non serviva molto per capirlo: ciò che gli stava realmente a cuore era solo la sua esistenza.
Gli stava a cuore proprio ciò che lei non voleva.
Chiuse gli occhi, per non vederlo più.
Il nero confortante del nulla.
Il tepore pregiato del riposo eterno.
Una grande pace, un grande silenzio cui ambiva.
-Rei, abbiamo finito. Puoi uscire.-
E un grande silenzio, che la sua voce puntualmente spezzava.
No, era decisamente stufa di essergli legata.
Stufa di essergli legata perchè lui voleva, perchè le serviva.
-Sì.-
Ma ancora... Qualcosa... La bloccava.
Ancora i tempi non erano maturi.
Il Progetto.
Sì, doveva essere paziente, perchè dopo il Progetto lui non avrebbe più avuto bisogno di lei.
Finalmente l'avrebbe lasciata in pace, non avrebbe più avuto obblighi di sopravvivenza verso quell'uomo.
"Bada, Comandante Ikari" pensò mentre veniva estratta con disappunto da quel caldo luogo che le piaceva "Quel giorno non ti permetterò più di portarmi indietro."

Doveva smetterla di considerarla come lui.
Doveva smetterla di considerarla un suo legittimo accessorio.
Doveva smetterla di diluirla con la sua volontà.



note: Ok. Una ffic dedicata esclusivamente a Rei III.
Non è una Rei che mi và molto a genio, tuttavia mi interessava analizzare il suo rapporto con Gendo... Ha quel connotato di "ribellione" che và molto di moda, ma in questa ribellione vedo, oltre a una palese rivendicazione di identità, il simpatico astio che si ha verso le persone che si considerano importanti.
Questo racconto è da inserirsi tra la conclusione dell'episodio 24 e il 25, col "Nel di Lei caso" della nostra Rei... Non a caso molte considerazioni che qui vengono fatte verranno poi smentite da Rei nel Completation.
...Cavolo, EoE proprio non mi piace ;P
   
 
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