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Autore: shimichan    08/05/2014    5 recensioni
Dedicato alle madri di One Piece, il giorno della loro festa.
L’orgoglio [Bellmere] È morta com’è vissuta, Bellmere, con il sorriso sulle labbra e la certezza di fare la cosa giusta.
Il sorriso [Banchina] La vita di suo figlio è la migliore storia che lui si sia mai inventato.
La speranza [Nico Olvia] La colpa ti segue ovunque, cambia solo nome. Diventa rimorso.
L’amore [Portgas D. Rouge] Il giorno della sua morte era stato paradossalmente il più bello della sua vita, la conclusione di un estremo atto d’amore.
La promessa [Otohime] Un sorriso aveva cancellato il dolore, una promessa aveva alimentato la speranza di cambiare.
La forza [Scarlet] Il suo ultimo pensiero l’aveva rivolto ad una mela, caduta nel fango: Rebecca non avrebbe potuto mangiarla.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Banchina, Bellemer, Nico Olvia, Portuguese D. Rouge, Scarlet
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“…l’ho visto attraverso i tuoi occhi…”
(Minato Naminaze, Naruto, Ch. 440)
 
 
Non hanno ancora capito come funzioni quel luogo.
Lì concetti come il tempo, la fame, il dolore non esistono, se non nelle sensazioni rievocate dai ricordi di quando erano vive. Già vive.
Ora sono pura essenza, spiriti, ombre, esseri inconsistenti trapassati in una vita che non prevede corpo. Impossibilitate a tornare indietro, ostacolate nel proseguire, condannate a osservare impotenti gli amabili resti cresciuti intorno alla loro assenza.
 
 
L’orgoglio [Bellmere]
 
È morta com’è vissuta, Bellmere, con il sorriso sulle labbra e la certezza di fare la cosa giusta.
Il rammarico è venuto dopo. L’ha conosciuto insieme alla frustrazione di non poter far nulla, se non guardare sua figlia crescere, rubare e venir derubata a sua volta di quel futuro per il quale aveva volentieri sacrificato la vita.
Non se n’è mai pentita. Nami non gliel’ha permesso, perché, anche se ha intrapreso una strada che un tempo le avrebbe viste nemiche, l’ha fatto seguendo il suo cuore e lui non sbaglia mai.
L’ha condotta in luoghi meravigliosi per accorciare le distanze con il suo sogno, l’ha spinta a non arrendersi, forte di quella testardaggine che le accomuna, sebbene non vi sia alcun legame di sangue a certificarlo, l’ha costretta a provare il sapore amaro della perdita, il senso inutile della sconfitta, la dolce attesa del ritorno.
È morta com’è vissuta, Bellmere, con la sigaretta tra i denti e lo sguardo orgoglioso di chi crede fermamente in ciò che dice.                               
“…per due bambine, le mie due figlie!”
 
 
 Il sorriso [Banchina]
 
Una madre non dovrebbe mai incoraggiare il proprio figlio a mentire, ma la malattia l’aveva logorata a tal punto che non riusciva a privarsi di quell’unico conforto.
Le sue erano solo bugie, l’ha sempre saputo. Eppure non gliel’ha mai confessato.
Le bastava vederlo entrare, allegro, in camera e fingere che quella felicità fosse vera, mentre ascoltava le sue storie. Aveva fantasia da vendere, suo figlio, si divertiva, ma anche allora era consapevole che le chiacchiere non sarebbero bastate a fargli affrontare la vita.
Purtroppo, però, non ha avuto il tempo di insegnarglielo.
Era il suo rimpianto più grande, mentre lo vedeva scacciato e deriso, umiliato.
Poi, un giorno, l’ha visto alzarsi e decidere che valeva la pena rischiare; l’ha visto dare ascolto al suo cuore, sbagliare, nascondere la vergogna dietro una maschera pur di non abbandonare i suoi compagni; l’ha visto minacciare mille volte la ritirata e restare, cercare di essere forte, nonostante le lacrime; l’ha visto lottare scacciando l’idea che fosse meglio arrendersi; l’ha visto perdere.
E ora che lo guarda ammaliare la ciurma con un’altra delle sue immaginarie imprese, riesce solo a sorridere.
La vita di suo figlio è la migliore storia che lui si sia mai inventato.
  

La speranza [Nico Olvia]
 
Dicevano che con la morte svaniva tutto, che il dolore abbisognava di un corpo e che quindi l’anima sarebbe stata libera. Invece non è vero.
La colpa ti segue ovunque, cambia solo nome.
Diventa rimorso, sentimento straziante per chi, come lei, ha dedicato la propria esistenza alla Storia, accorgendosi troppo tardi di quanto abbia trascurato il presente. Allora la sofferenza che si prova in vita appare insignificante in confronto a quella che si conosce nel vedere cosa si è lasciato.
E Olvia a sua figlia ha lasciato solo il peso dei propri errori.
Era stata incosciente a salpare, ma il richiamo di una verità che chiedeva di essere scoperta non si poteva ignorare.
Era stata ingenua a pensare che il governo non sapesse, ma credeva che fossero tutti al sicuro.
Era stata debole, ma il desiderio di poterla abbracciare aveva vinto il buon senso.
La morte a quel punto era apparsa un sacrificio inevitabile, un passo da compiere pur di salvarla. Ancora non sapeva, Olvia, cosa avrebbe comportato.
Ha condiviso le sue lacrime perché evitagliele le era impossibile, ha visto il suo sorriso, quell’innocente sorriso, affievolirsi fino a scomparire del tutto dietro un’infanzia perduta,
ha appoggiato ogni sua scelta, anche quando la vedeva commettere azioni che una madre dovrebbe disapprovare, perché l’inganno e il compromesso erano l’unica soluzione, e si è sentita morire di nuovo il giorno in cui aveva smesso di pensare alla possibilità che il destino potesse sorriderle. Invece è successo.
Il cuore di Robin ha trovato un motivo per continuare a battere, quello di Olvia per continuare a credere che le speranze di Ohara non si siano estinte tra le fiamme.
 
 
L’amore [Portgas D. Rouge]
 
Di quel giorno, Rouge, ricorda ogni particolare – il sole, le lenzuola, il profumo, le grida – e lo ricorda con il cuore colmo di gioia.
Il giorno della sua morte era stato paradossalmente il più bello della sua vita, la conclusione di un estremo atto d’amore, chiuso in un fagottino che si agitava tra le sue braccia.
Era Ace, alla fine. Il suo piccolo Ace.
L’aveva osservata con occhi spauriti, come se avesse già percepito il rancore del mondo.
Rouge sapeva che la vita cui stava volgendo fiducioso lo sguardo sarebbe stata difficile, ma non aveva trovato la forza di metterlo in guardia, preferendo sfruttare il poco tempo rimasto per creare un ricordo felice. E non ha mai rimpianto la sua scelta, neanche quando lo ha visto rinnegare suo padre, neanche se l’odio che provava, alla fine, gli si era ritorto contro.
Ma cercare una risposta comporta sempre qualche sbaglio, purtroppo, a volte, irrimediabile.
 
Lo vede accasciarsi. Non si rialzerà.
Lo vede versare parole e lacrime. Ha capito, durerà un attimo e deve sfruttarlo bene.
Lo vede spirare, sereno. Per Rouge inizia una nuova attesa. La più bella.
 
Non deve essere triste. Ha avuto il privilegio di amarlo per prima, di assistere ad ogni momento della sua breve esistenza.
Non può essere triste. Una vita è sprecata solo se non si ottiene ciò che si desidera, se un cuore resta vuoto. Ace è riuscito a riempire il suo.
Non è triste. Tra poco lo rivedrà. E stavolta avranno più tempo.
 

La promessa [Otohime]
 
Aveva lottato. Fino alla fine, fino a quella morte che era arrivata troppo presto. E aveva perso. Le firme vorticavano sopra di lei, ridotte a brandelli di cenere.
Sul petto la ferita si stava allargando, eppure a fare più male era il senso di fallimento al pensiero che tutti quegli anni di strenuo lavoro fossero stati inghiottiti dalle fiamme. Si era sforzata di non piangere però.
Perché i suoi figli erano lì a guardarla e non poteva permettere che compromettessero il loro futuro serbando rancore.
Un sorriso aveva cancellato il dolore, una promessa aveva alimentato la speranza di cambiare. Se n’era andata con la consapevolezza che il suo sogno non fosse stato infranto.
Da lì, ha visto i suoi ragazzi coltivarlo per lei, e la sua piccola Shirahoshi dimostrare, nella sua ingenuità, un coraggio infinito per custodire un segreto che avrebbe potuto porvi fine del tutto. È stata fiera di loro, lo è ancor di più quando li vede dar fiducia ad un umano ed affidargli le sorti dell’isola: non hanno solo mantenuto una promessa, i suoi figli sono diventati quella promessa. Liberi.
E adesso, Otohime, deve soltanto attendere il sorgere del sole.
 

La forza [Scarlet]
 
Scarlet aveva paura in quel clima teso, con la morte che si aggirava tra le strade, pronta a colpire, ma non aveva esitato nemmeno un secondo a recarsi in città.
Lo stesso tempo che le c’era voluto per capire che non sarebbe tornata, che sua figlia sarebbe rimasta ad attenderla invano. Quella consapevolezza le aveva procurato una fitta al cuore più aspra del proiettile che l’aveva attraversato. Ma doveva resistere ancora un po’, risparmiare il fiato anziché sprecarlo contro il suo assassino, pregare che qualcuno la notasse e supplicarlo di prendersi cura della sua bambina. Perché erano loro due sole.
Sotto la pioggia era apparso un soldatino di latta.
Urlava un nome, ma lei non capiva. C’era solo sua figlia cui pensare.
“…sta aspettando…è affamata…”
Poche parole, l’ultimo sguardo rivolto a una mela rotolata nel fango: Rebecca non avrebbe potuto mangiarla.
Ora conosce il segreto dell’isola, sa quale piaga celino musica e sorrisi, ricorda.
Il destino è stato crudele con loro, ma il futuro è già cambiato. Qualunque cosa succeda, Rebecca ha suo padre.
 
 
 
 
Il valore di un sentimento è la somma dei sacrifici che si è disposti a fare per esso.
Chi prova tristezza e non gioia nel compierli, non lo faccia, non ne è degno.
 
 
 
 





 
Angolo Autrice
Buongiorno a tutti e buona festa della mamma!!! XD
Non ho resistito alla tentazione e alla fine mi sono cimentata in questa fic! Che dire...queste mamme, anche se poco trattate, lasciano il segno, quindi credo sia giusto dare un pò di spazio anche a loro.
Lo so la fic è un po’ strana, ma volevo esprimere ciò che (secondo me) ciascuna ha provato osservando la vita del proprio figlio/a…spero di esserci riuscita!
A voi la sentenza!
 
besos


 
 
  
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