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Autore: Dark Of The Moon97    08/05/2014    0 recensioni
"Dicono che nel momento in cui stai per morire, ti passa davanti agli occhi tutta la vita. Come un bagliore, un flash, che innesca nella tua mente una serie di ricordi sconnessi, come in un sogno, dove tutto non ha un senso, dove tutto è scomposto, surreale, ma stranamente vero."
Questa è una storia di una ragazzo qualunque, con una famiglia difficile, un grande sogno: trasferirsi in America. Questo sogno nasce da un viaggio, ma ben presto scoprirà che la vita non è un sogno, ma qualcosa che è reale, per quanto triste e faticosa possa essere.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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COSI', SEMPLICEMENTE
                                                                
 
Come un lampo. Non li vide. Se ne accorse. Poi più nulla.
 
Dicono che nel momento in cui stai per morire, ti passa davanti agli occhi tutta la vita. Come un bagliore, un flash, che innesca nella tua mente una serie di ricordi sconnessi, come in un sogno, dove tutto non ha un senso, dove tutto è scomposto, surreale, ma stranamente vero.
Ritornano le immagini di quei ricordi che forse per un estraneo potrebbero sembrare stupidi, insignificanti, come per esempio i pochi momenti che ho avuto, fino all'età di cinque anni dove vedevo ancora tutto rosa, con un padre in pratica assente. Ogni tanto ci veniva a trovare come fossimo dei vecchietti abbondonati e dimenticati in un ospizio. Portava regalini a me e a mia sorella, Ilaria, pensando che bastassero per renderci felici e per colmare quel vuoto e quel silenzio che sempre c'era quando, innocentemente chiedevamo alla mamma “dov'è papà?” o “perché papà non dorme con te nel lettone, come nelle famiglie dei miei amici?”....  Col passare del tempo capii, anzi fui costretto a capire, giusto che ormai ci aveva praticamente rimpiazzato e definiva quello che era successo con la mamma come un capriccio adolescenziale ( a quel tempo entrambi sedicenni) da lasciarsi alle spalle come una brutta fantasia notturna. 
Il primo ricordo che ho con lui è quello di quando avevo cinque anni. Arrivò aprendo la porta di casa nostra con le chiavi e, come se fosse una cosa abituale che ripeteva ogni giorno, appese il cappotto all'appendi-abiti dell'entrata affianco alla porta; noi lo guardavamo a bocca aperta, perché raramente veniva farci visita e sempre con un preavviso, mentre mia madre lo guardava diffidente e sospirò quando vide due pacchi che consegno rispettivamente a me e a Ilaria: una macchinina radiocomandata e una barbie molto bella, dedussi.
Poi le labbra di mia madre formarono una linea dura (non ci feci caso) quando lui annunciò di volerci portare al parco e più tardi allo zoo per una giornata padre e figli.
 Bianco.
Ora eccomi sull'altalena, com'era divertente, e si ridevo ridevo a non finire; poi lo scivolo, mia sorella che piangeva perché era caduta, dopo lo zoo con tutte quelle bestioline curiose che non avevo mai visto e che mia sembravano la fine del mondo. Eppure lo sentivo; non sapevo bene cosa, un distaccamento, uno spazio, una linea, come quelle biacche della strada che dividono il percorso in due corsie, tra me e mio padre, come se era lì e allo stesso tempo in un altro posto...
 
E questo?... Ah si me lo ricordo era quando a scuola ero stato convocato dal preside... Ero molto preoccupato pensando di essere stato scoperto per tutti i gessetti spariti dagli armadietti dell'amministrazione scolastica; nell'ufficio, dalle pareti bianche macchiate da foto del preside con personaggi a quanto pare illustri, avevo invece scoperto che il mio buon rendimento scolastico (dopo tutto) era arrivato anche ai piani alti e il direttore mi aveva offerto di passare qualche mese all'estero, in una scuola americana.
 L’America è sempre stata un canto di sirena sin dai primi del novecento, momento di grandi migrazioni da parte dell'Italia in cerca di lavoro e fortuna.
Ero tornato diverso, non avevo più voglia di andare a scuola né agli allenamenti di basket e continuavo a dire che dovevamo anche noi spostarci in una città che avesse più sogni da inseguire, come New York per l'appunto. Quindi anche a me, come agli italiani degli ani novanta quel posto mi era sembrato affascinante tanto  che quei quattro mesi li trascorsi  erano bastati per perdere la testa ; mi sembrava infatti come se stando li mi fossi liberato di tutte le preoccupazioni della famiglia, in quanto ero l'unico uomo di casa (mia madre era sull'orlo di una crisi di nervi perché mia sorella stava frequentando compagnie poco raccomandabili e non eravamo ancora riusciti a trovare un modo per farla ragionare).
Questo fu l'inizio della fine.
Non ero più utile alla famiglia anzi aggravavo solo i crucci della mamma, tanto che aveva pronunciato diverse volte frasi del tipo “c'hai bej che diciot'ann poi te ne vai fora!!”, usando forti inflessioni dialettali che Anna non usava, che solitamente associavo alla nonna ( per la cronaca non è una di quelle amabili vecchiette intente a cucire a maglia un cappellino per i nipoti cullandosi  sulla sedia a dondolo); oppure “ proprio come quello!”  (quello era mio padre che non chiamava mia per nome come se fosse una parolaccia o un insulto).
Un giorno m’invitarono a una festa, chi non so di preciso. Ero felicissimo, ci sarebbe andata tutta la scuola, non potevo perdermi quell'occasione, ma la mamma, preoccupata per Ilaria, che non era tornata da questa mattina dopo la scuola quando aveva annunciato di passare qualche ora con la sua fantomatica amica del cuore, non era d'accordo sul da farsi.
Nel momento in cui arrivò una telefonata della ragazza che chiedeva alla mamma con insistenza di venirla a prendere, decisi che quello era il momento di mettere in atto il piano “va comunque alla festa senza il permesso di tua madre  anche se conosci benissimo le conseguenze”.
Così uscii di soppiatto, saltai sul motorino con un' unica cosa in testa: divertirmi il più possibile in modo da  dimenticare per un po' tutto il resto, ma non pensavo che sarebbe andato così...
La casa era bellissima, a tre piani, con persone appostate in ogni spazio libero come se non riuscissero a stare in piedi, musica ad alto volume tanto da non riuscire a sentire una singola parola di quello che stavano dicendo dei ragazzi poco più in là. La musica mi stava dando alla testa, ma non mi bastava. Fui attirata da una boule da cocktail da cui scendeva del ghiaccio secco, sembrava acqua vaporosa... pensai.
Ne presi un bicchiere, me lo avvicinai e sentii che aveva un odore forte, probabilmente era stato corretto... la mia concentrazione fu attirata da delle urla... sembrava una ragazza che discuteva animatamente con una donna più grande, intorno a loro si era radunata un po' di gente che rideva divertita o faceva commenti. Mi avvicinai al tumulto e vidi mia madre e mia sorella che discutevano animatamente: Anna con il viso paonazzo per il troppo urlare e per la rabbia, suppongo, Ilaria, con il viso da bambina ma un vestito che diceva tutt'altro, aveva uno sguardo perso ,come, come....come se avesse bevuto e anche parecchio.....
A un certo punto mi cominciò a girare la testa capii, che  l’acqua vaporosa stava facendo effetto, e proprio in quel momento mia mamma si girò e mi vide.
Il suo sguardo ebbe uno scatto come se si stesse girando per caso e mi avesse visto accorgendosi solo in quel momento che io fossi lì a guardarla. Il suo volto diventò da disperato e arrabbiato, a stupita, desolata, e di nuovo disperata, come se le si spezzasse il cuore... Poi come se quel vuoto fosse rimpiazzato da qualcos'altro, la sua espressione si indurì, mi si avvicinò, ebbi l'istinto di tirarmi indietro, ma lei fu più veloce mi prese per un braccio, e anche se era una trentunenne piccolina di una testa più bassa di me, mi trascinò con una forza disumana che avrebbe potuto anche sollevarmi se avesse voluto.
Così si trascinò verso l'uscita con tutti gli occhi addosso, con una mano mi teneva il braccio e mi tirava con foga, mentre dall'altra teneva mia sorella con altrettanta foga, ma non le stava urlando niente, ma stava urlando a me tutto il male della sua vita, a me, di me si fidava non si sarebbe mai aspettata tutto questo. Da lei si ...da me no....
Io ero stordito, non la sentivo e per poco non inciampai sui gradini della casa.
All'improvviso mosso da una rabbia feroce, mi sciolsi dalla sua presa e gli urlai tutta la mia rabbia repressa da anni scaricandomi, di cui lei non ne aveva colpa.
Quando finii di parlare, vidi che mia madre era impallidita. Mi pentii subito di quanto detto, ma di porre rimedio, presi le chiavi del motorino scassato, appoggiato con incuranza contro marciapiede, lo misi in moto e partii sprovveduto di casco.
Con il vento che mi sferzava i capelli, imboccai una strada a caso, non sapevo dove andare né cosa fare, non pensavo a niente, non mi importava più di niente, avevo buttato via tutta la mia vita, avevo contribuito al crollo della mia famiglia........mi fischiavano le orecchie per la musica troppo alta...la vista offuscata dall'alcol... andavo così pensando, che non vedevo più niente.....una forte luce mi abbagliò, poi mi sentii sbalzato in aria, credo, ma non ne sono sicuro...dopo, così semplicemente, tutto bianco, poi più niente....
 
          

Fatemi sapere che ne pensate :). E' la mia prima storia :3

  
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