Non sarei mai stato pronto, pensai…
Raggiunsi la cella e il fiato si
fermò nella mia gola per un
attimo, mozzandomi il respiro e facendomi indietreggiare verso il muro.
Due aguzzini nerboruti stavano
marchiando a ferro e fuoco
quelle povere persone che urlavano e si dimenavano.
Il mio sguardo si
concentrò sul fanciullo, portava meno
marchi sul corpo rispetto agli altri prigionieri, aveva gli occhi
ricolmi di
lacrime, i capelli lungi e neri sparsi sul pavimento. Solo le stille
d’acque
che uscivano dalle sue iridi chiare mi assicuravano che fosse ancora
vivo, il
resto del corpo era immobile come se fosse caduto in uno stato
catalettico.
Sentì un altro grido e non
potei guardare oltre. Scappai.
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