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Autore: hellosunshjne    09/05/2014    1 recensioni
Honey un nome completamente contradditorio per la persona che lo portava.
Honey si era posta degli obiettivi.
Honey aveva incentrato la sua vita in quella della sua creatura.
Honey non sapeva cosa volesse dire la parola amare, o meglio aveva preferito rimuoverlo.
Honey non era più Honey dopo aver incrociato i suoi occhi con quelli della persona che gli avrebbe stravolto la vita, senza chiederle il permesso.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Hai preso le medicine?»
«Cavolo le medicine!» ironizzai mentre infilavo il beauty case nella valigia.
«Non prendermi in giro, voglio solo che tu ti porti tutto!» pronunciò mia madre quelle parole per la decima volta nel giro di una settimana.
«Mamma sto andando in America, non in un’isola deserta. Se dimenticherò qualcosa lo comprerò, sta’ tranquilla.»
«Ecco mamma..» disse Beck, anche se di lei vedevo poco dato che i giochi che aveva in mano erano troppi.
«Beck non possiamo portarli tutti, scegline uno, al massimo due!»
«Ma come..tre!» mi chiese.
«No, due.»
«Sei cattiva.» disse andandosene via dalla camera.
Quante volte una madre doveva ascoltare quella frase? Fino a che erano sciocchezze andava tutto bene. L’indomani avremmo preso l’aereo per Los Angeles e i due bagagli erano quasi pronti. Avevo lasciato un bigliettino a mia madre con tutti i recapiti telefonici a cui poteva fare riferimento nel caso ce ne fosse bisogno, una piccola mappa sugli spostamenti che avremmo effettuato e una foto di Rebecca.
«Portami qualcosa di figo!» disse mia sorella mentre infilava il pigiama alla piccola.
«Mi hai fatto una lista, non credo che ti porterò qualcosa che tu non voglia Gin. Tu mi raccomando, non far disperare la mamma!»
«Si e tu fai tante foto! E inviamene qualcuna dei ragazzi, soprattutto senza maglietta!»
«Gin, non pensi di avere seri problemi?!»
Lei scoppiò a ridere, di conseguenza anche io. Mia madre entrò in camera con due tazze di camomilla.
«Mamma ma io non la voglio.»
«Lo so, sono entrambe per me!»
Io dovevo partire, fare un volo di 10 ore e lei beveva due tazze di camomilla, logico no?
«Mamma stai tranquilla, mi farò sentire più di quanto tu possa immaginare.» la rassicurai abbracciandola.
«Oh, scusa..-disse asciugandosi una lacrima- è che sono cambiate così tante cose in così poco tempo. Guardati, tre mesi fa non sapevi neanche cosa cenarti e ora parti per l’America con tua figlia.»
L’abbracciai ancora più forte, aveva ragione.
«Sono felice mamma.»

«Avvisiamo i signori passeggeri di riallacciare le cinture, stiamo per atterrare. Benvenuti a Los Angeles.»
Controllai per l’ennesima volta la cintura di mia figlia che guardava un cartone sui piccoli tablet che offriva l’aereo. Guardai fuori dal finestrino e vidi una meraviglia. Quante volte avevo sentito parlare di quanto fosse bella l’America? Avevano esattamente ragione. Sorrisi a 32 denti, strinsi forte il telefono tra le mani.
Stringevo così forte Beck che potevo toglierle il respiro, ma la gente era tanta ed avevo paura. Mi affrettai a recuperare la valigia, aggiustai meglio il bagaglio a tracolla e mi avviai verso l’uscita.
Dovevo cercare un uomo alto, robusto, che incuteva paura con sopra scritto Honey.
Le porte scorrevoli si aprirono e guardai frettolosamente tra la gente cercando l’uomo dell’identikit.
«Harry!» urlò Beck indicando un punto davanti a sé.
Mi girai di conseguenza in quella direzione, ed eccolo lì, l’uomo che amavo.
Sgranai gli occhi e velocizzai il passo, lui mi venne incontro, lasciai la valigia e lo abbracciai con tutta la forza e l’amore che avevo. Harry ci strinse entrambe, baciò prima me sulla guancia e poi la piccola tra i capelli.
«Tutto bene? Il viaggio è andato bene?» ci chiese tenendoci ancora strette.
«Si, lei ha dormito per la maggior parte del tempo e io ho letto e visto qualche film. Ma non avevi detto che non potevi venire a prenderci? Che sarebbero nati pettegolezzi e cose varie?» gli chiesi guardando un uomo prendere la mia valigia, era lo stesso che era venuto con Harry l’altra volta.
«C’ho ripensato. Non sei contenta?» mi chiese appoggiando il braccio sulla mia spalla.
Mi girai nella sua direzione e gli sorrisi, mostrandogli davvero quanto in realtà lo fossi.
Uscimmo fuori dall’aeroporto, la guardia del corpo di Harry come se stesse sollevando una piuma, mise le valige nel cofano e ci sedemmo tutti e tre sui sedili posteriori mentre lui guidava.
«Comunque piacere, io sono Honey!» mi presentai all’improvviso, l’uomo che ancora non aveva un nome si girò verso di me e sorrise.
«E io sono David, la vostra guardia del corpo.»
«Figo!»
Harry scoppiò a ridere ed io lo seguii a ruota. Spiegammo a Beck che avrebbe dovuto obbedire anche a David da quel momento in poi e che dove stare sempre vicino a uno dei due, soprattutto vicino a me.
Dopo una mezz’oretta di macchina, l’auto fece il giro dell’hotel in cui i ragazzi alloggiavano. Entrò all’interno del garage ma nonostante i vetri scuri della macchina, dall’interno si vedevano le centinaia di fan che si erano appostate sotto ai balconi.
«Quante persone!» esclamò Beck eccitata.
Quando me ne resi conto anche io, l’ansia prevalse su di me. Era stata la scelta giusta? Era un vero pericolo, per Rebecca. Harry sembrò accorgersene di tutti quei pensieri che mi stavano frullando nella testa perché poggiò la sua mano calda sulla mia.
«Andrà tutto bene, te lo assicuro.»

Quando aprii gli occhi, mi spaventai, dimenticandomi di aver cambiato residenza per un paio di settimane. Le lenzuola di seta erano così morbide che non m’invogliavano ad uscirne fuori. Allungai la mano verso destra e toccai la pelle del mio ragazzo. Ebbene si, ero una camera d’albergo, in America con Harry. Ancora non riuscivo a crederci. Mi misi a sedere, Beck stava in una culla ai nostri piedi, dormiva anche lei beatamente, ma io non avevo più sonno. Guardai l’orario, erano le tre di notte. Zayn me l’aveva detto che il jet-lag mi avrebbe giocato brutti scherzi. Con delicatezza scivolai dal letto, la moquette fece il solletico alla pianta del mio piede, saltando prima con un piede e poi con l’altro. Presi la bottiglia d’acqua sul tavolino e bevvi un sorso d’acqua, per poi avvicinarmi alla finestra. Scostai le tende e vidi delle ragazze che dormivano nei loro sacchi a pelo. Sgranai gli occhi, cercando di mettere a fuoco l’immagine.
«E’ normale..» sussurrò Harry alle mie spalle.
Mi girai verso il letto e un sorriso spontaneamente comparve sul mio volto. Mi avvicinai a lui e mi sedetti sulla parte di spazio che mi aveva appena fatto.
«Scusa, ti ho svegliato.» lo baciai a fior di labbra. Quanto mi era mancato quel sapore, quella voglia di baciarlo ogni ora, ogni minuto della mia vita.
«Vieni qui.» alzò il lenzuolo e m’intrufolai dentro, sentendomi accolta tra le sue braccia. Chiusi gli occhi, assaporando ogni attimo di quel momento.
«Mi sei mancato, tanto.» sussurrai sulle sue labbra.
«Mmh» fu la sua risposta.
Per quella notte non ci furono più parole, solo baci e carezze. I nostri corpi nudi imperlati di sudore l’uno sull’altro, baci che soffocavano i gemiti nascosti per non svegliare la piccola. Quella distanza aveva aumentato ancora di più in noi la voglia di essere una sola cosa. Quando incrociai il suo sguardo e vidi la perdita di lucidità nei suoi occhi, ed ero io la causa, ogni dubbio svanì, tornando ad appropriarmi delle sue labbra.
Quando sentii un boato assurdo provenire dalla stanza, scattai all’istante, controllando Rebecca. Dormiva. Scostai Harry e capii in quel momento che nella camera non stava succedendo nulla, ma era da fuori che proveniva tutto quel casino. Vidi Harry buttarsi il cuscino sulla testa ed imprecare sul lenzuolo. Ridacchiai e dopo aver indossato una sua maglietta, mi avvicinai alla finestra, vedendo Ben Winston, il loro produttore e direttore, riprendere le fan. Feci scrocchiare il mio collo e iniziai a svegliare la piccola.
Allungò le braccia verso di me e la cullai sul letto per farle riprendere conoscenza, senza stordirla troppo.
«Non si possono spegnere?!» chiesi, dopo un’ora di urla. Il picco si era raggiunto quando Niall era uscito sul balcone e aveva iniziato a giocare con loro. Sembrava di avere una casa piena di tante Gin.
Harry si alzò svogliatamente dal letto e si trascinò nella doccia. Bussarono alla porta e non sapevo se aprire o meno. Sentii la voce di Liam chiamare Harry, così andai ad aprire con il sorriso sul volto.
«Buongiorno Payne!»
«Hey, buongiorno a voi. Non credo di avervi svegliato, giusto?» alludendo alla sveglia che avevamo avuto tutti quanti stamattina.
«Giusto! Vieni entra, Harry è sotto la doccia. Io stavo per preparare la colazione a Rebecca.»
«Al piano di sotto c’è una cucina che ti prepara di tutto.»
«E’ allergica ad alcune sostanza del latte, così gliel’ho portato da casa e ci siamo fatti prestare un fornelletto.»
Spezzettai i biscotti e ne diedi un paio a Liam, mentre intratteneva Beck facendola dondolare sulle sue gambe.
«Avete piani per oggi?»
«No nessuno, avete idee?» rispose Harry, uscendo dal bagno con un asciugamano alla vita e un'altra tra i capelli.
«Troppi capelli, eh?» ironizzai indicando il turbante vuoto sulla sua testa. Ricevetti una linguaccia come risposta.
«Pensavamo di andare al luna park, ci siamo già informati.»
«Sii! Io ci voglio andare!» urlò Beck sbucando da dietro la schiena di Liam.
«E Luna Park sia!»

Quanto fa pena questo 
capitolo? Tanto!
Chiedo scusa per aver postato con così tanto ritardo e soprattutto con un capitolo del genere ma non ho più ispirazone. In questi giorni decido cosa fare di questa FF!
Intanto vi saluto, e vi lascio con questa gif :*

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