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Autore: darkronin    10/05/2014    0 recensioni
Era passato solo un anno e mezzo da quando il mondo era cambiato. Eppure, quasi non riusciva a ricordare come fosse la vita, prima.
Fantasmi impalpabili, ombre traslucide, angeli lattei, spie robotiche.
Loro erano ovunque, in ogni luogo. Erano un vero incubo. Almeno, per quelli come lei: la livrea dell'uomo che la seguiva ovunque andasse dimostrava questa sua diversità.
Non poteva sapere se lui (ammesso che non si trattasse di un'altra illusione) si scollegasse mai dal suo cervello, se fosse un programma informatico o che altro.
Solo, lo vedeva sempre.
Gli Akero erano figure che potevano mettere soggezione nelle menti più deboli, ispirando un senso di paura o di totale venerazione: postura marziale, assenza di mimica e gestualità corporea, sguardo fisso... Gli occhi... o meglio, una banda orizzontale riflettente che percorreva in tutta la larghezza quella che poteva essere definita la testa di un essere antropomorfo.
Forse il loro aspetto era solo uno stratagemma accuratamente studiato per interagire meglio con la popolazione.
Forse la rigidità ad esso associata era il dettaglio che trasmetteva maggiore inquietudine: nessuno sapeva cosa potesse nascondersi dietro quella maschera.
Non rivelavano mai la loro vera natura né le loro intenzioni.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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28. You drive
Me mad






Finita la sessione di guida, Azzurra venne trascinata da Han in una grotta adiacente, mentre il resto del gruppo si disperdeva per rientrare negli alloggi per la pausa di riposo. Nel nuovo ambiente era buio pesto e la ragazza fu costretta a dare la mano a quell'uomo odioso che la condusse per i cunicoli, impedendole di rovinare a terra. Con la mano libera tastava lo spazio attorno a sé, talvolta sfiorando delle superfici rocciose ruvide e umidicce.
Quando, finalmente, si fermarono e Han la lasciò andare, si sentì persa e abbandonata. Per un attimo la sua mente pensò che volesse sbarazzarsi di lei, anche se, come pensiero, non aveva poi molto senso. Una luce soffusa si diramò da un angolo lontano e cominciò a fluttuare in alto, verso il soffitto da cui pioveva una foresta di stalattiti di cui non aveva nemmeno immaginato l'esistenza.
“Sbrigati!” disse la voce ruvida di quell'uomo impossibile, comparendo nella penombra della grotta “Si spegnerà subito...”
Lei camminò a passo svelto verso di lui, facendo bene attenzione, però, a dove poggiava i piedi. Quando raggiunse il piccolo spiazzo da cui gli era giunta la sua voce si accorse che, in realtà, non distavano poi molto dall'imboccatura della grotta da cui erano entrati. Abbassò lo sguardo e lo vide buttato su un letto improvvisato, una coperta buttata addosso, un braccio sotto la testa e l'altro appoggiato sulla pancia. “Io dove mi metto?” domandò perplessa. Han alzò lo sguardo annoiato e vacuo e le indicò stancamente la nicchia appena sopra la sua spalla. “Non ho il pigiama...” cercò di protestare lei, arrampicandosi nel suo scarno giaciglio
“Dormi vestita...pensa che sia la siesta e non mi scocciare...”
Lei sbuffò sedendosi sul materasso tutto sommato morbido e avvolgente “Però non ho sonno...” replicò quando la luce cominciava a scemare
“Sapevo che l'avresti detto!” replicò lui. Lo vide frugarsi nelle tasche e allungare il braccio verso l'alto. Sbatté la mano con poca grazia sullo spigolo del lungo gradino dove lei stava appollaiata e le rifilò uno strano rettangolo nero, che occupava tutto il palmo, a cui era attaccato un cordino di gomma rattoppato in diversi punti con del nastro isolante che, alla fine, si biforcava di due appendici grandi come bottoni.
“Che cos'è?” domandò lei osservando lo strano oggetto: la scritta sbiadita, una specie di molletta sul retro, una serie di quattro pulsanti di cui uno più grande degli altri, la finestrella da cui si intravedeva una ruota dentata.
“E' un Walkman, un residuato bellico. Tienilo da conto.” disse tirandosi a sedere per spiegarle come funzionava “Questi...” disse indicando i bottoni che si fondevano coi fili “..li infili dentro l'orecchio...”
“Dentro?” replicò lei scettica
Han roteò gli occhi esasperato. Prese il cavo in mano, si alzò e le si avvicinò. Studiò con attenzione ogni sua reazione mentre cercava di infilarle le auricolari senza spaventarla o farle male. “Io dormivo sempre col le cuffie addosso. Di un lettore mp3. Ma non cambia poi molto. Anzi...forse è meglio...”
“Cos'è un lettore mp3?”
“Te lo spiego un'altra volta...” replicò lui prendendo il mattone nero e porgendoglielo “Se premi questo, fai partire il meccanismo. Questi due servono a mandare indietro o a mandare avanti. Nel caso ti piaccia o meno. Questo ferma tutto. Nel caso volessi spegnere nel dormiveglia”
Ferma tutto, cosa?” domandò ancora, sentendosi asfissiante nel continuare a porre domande
Lui la guardò divertito ma non rispose “Se non ti viene sonno, avrai compagnia, almeno... ho scelto la cosa più tranquilla che potessi trovare... secondo i miei gusti, che non ti agitasse e che magari potesse aiutarti a dormire. Prima prendi i nostri ritmi, meglio è. Ah...” disse indicandole una rotella a lato dell'apparecchio “Questo è il volume. Troppo alto o troppo basso. C'è l'autoreverse, così, quando finisce la cassetta, ricomincia da zero senza che tu debba far nulla e alla fine diventa un surrogato della ninnananna” Azzurra continuava a fissarlo con sguardo smarrito mentre lui si allontanava. “Ora buttati giù....o devo raccontarti anche la fiaba della buonanotte?”
“Che?” replicò lei sistemandosi meglio gli auricolari e cercando di accoccolarsi. Ma lui non le rispose. Il leggero bagliore si era ormai spento del tutto e ad Azzurra non restò altro da fare che far partire quello strano marchingegno.
Musica. Era una piccola trappola che conteneva la musica... ingegnoso...
E la musica che aveva scelto per lei era... ipnotica.
Non sapeva nemmeno dire se si trattava di una chitarra pizzicata, di un pianoforte o di una leggera pioggerellina primaverile.
Nell'oscurità, restò ad ascoltarla rapita, immaginandosi la natura verdeggiante fuori della grotta e i suoi invisibili abitanti animali. Immaginò di essere piccolissima e di incontrare altre persone come lei, rimpicciolite e vestite di fiori e bacche che, a quel punto, le coprivano totalmente. E la loro casa non era una grotta nascosta alla luce, ma un maestoso castello medievale.
Senza rendersene conto, scivolò rapidamente nell'incoscienza.



Dopo le consuete ore di riposo, Han si svegliò prima ancora che la sveglia cominciasse a pigolare. Rotolò sul posto fino ad arrivare a poggiare i piedi per terra. Si tirò su inarcando la schiena per svegliarsi del tutto. Dopo pochi istanti si ricordò dove, perché e con chi fosse. Si voltò, cercando di individuarla in quella fitta oscurità. Prima che gli occhi riuscissero a focalizzarla, percepì il suo respiro lento e pesante che, a intervalli regolari, copriva il tappeto musicale che continuava a dipanarsi leggero dagli auricolari. Stringeva il walkman tra le mani come un tesoro prezioso. Gli scappò un sorriso, colpito da quella tenerezza. Peccato che non la sopportasse. Non che le avesse fatto nulla di male. A parte urtare la sua pazienza con quell'assurdo taglio di capelli: un giorno l'avrebbe rapata a zero nel sonno. Sarebbe stato uno scherzo carino. E lui si sarebbe fatto odiare da tutti. Un altro sorriso gli increspò le labbra all'assurdità del pensiero: sarebbe stata una fortuna. Tutti lo ammiravano per il suo carisma e la sua indifferenza. Nessuno provava seriamente a mettere in discussione la sua figura. Solo Kemal aveva cominciato ad alzare la cresta. E solo negli ultimi cicli. Chissà perché... sogghignò fissando la sua ospite. Il ragazzino doveva mangiarne di pagnotte prima di riuscire a tenergli testa.
Si chinò a spegnere il mangianastri ma come provò a sfilarglielo dalle mani, Azzurra si raggomitolò su stessa, quasi a proteggerlo. Han inarcò un sopracciglio, infastidito.
“Ehi!” disse picchiandole due dita tese sulla spalla “Avanti, in piedi!” La sua voce aveva disturbato l'abitante della grotta che si illuminò indispettito e svolacchiò sul soffitto in segno di protesta. Lei mugugnò qualcosa di inarticolato e si voltò per dargli le spalle. Han la fissò allibito. Le strappò le coperte di dosso “E dire che nemmeno volevi dormire!”
“Che modi!” protestò lei stropicciandosi gli occhi e mettendosi a sedere. “Visto che sei così genio, allungami i miei vestiti che stavano sulla coperta che tu hai prontamente levato con la grazia di un bulldozer.”
Han la fissò un attimo, spaesato. In effetti, c'era qualcosa che non andava e ora che glielo aveva detto, l'aveva notato: si era spogliata di tutto, eccezion fatta per la biancheria. Piantò le mani sui fianchi, costringendola ad arrangiarsi a ritrovare le sue cose. Così imparava, visto che lui le aveva detto di dormire vestita! “Sei proprio una bambina...” Pur nell'oscurità la vide arrossire. E dire che sembrava così disinibita, abituata com'era al controllo totale da quello strano essere che la seguiva come un'ombra.
Ad ogni modo, non voleva essere un commento cattivo sul suo corpo (comunque sottosviluppato anche se non ai livelli dell'aliena) ma la constatazione di come fosse abituata a stare nella bambagia. Come pretendeva di ribellarsi seriamente se si spogliava anche per dormire? L'avrebbe costretta alle marce e alle guardie che aveva fatto lui, dormendo armato di tutto punto, con gli anfibi sempre addosso, pronto a ogni evenienza, sotto piogge torrenziali, protetto solo da una tendina che non proteggeva né dal freddo né dal vento. “Si può sapere perché ti sei tolta tutto?” le sbraitò contro.
“Se qui non avete una seria distinzione tra pisolino e sonno...” cominciò lei rivestendosi rapidamente “... finisce che si dorme sempre vestiti, giusto?” prima che lui rispondesse, lei continuò “Beh, come fai a riposarti davvero? E poi non è igienico dormire con gli abiti sporchi”
“Tutte cagate!” replicò lui senza voltarsi, tanto per darle ancora più fastidio non concedendole un minimo di privacy “Sì, certo, è più comodo. Ma non è mai morto nessuno. E ora cammina...”
“Tu dormi sempre vestito?” domandò lei trottandogli dietro quando lui cominciò a muoversi e afferrandolo per la maglia per non inciampare da qualche parte
“Sì, devo essere sempre pronto. Io... Dormo anche con le cuffie, collegate al computer, fai un po' tu...”
“Una vita sociale molto intensa...” replicò lei con sarcasmo.
“No, ho grandi responsabilità. E se non avessi una vita sociale sarei anche più contento. E' solo una rogna avere gente appresso”
“E allora perché sei qui? Potevi restartene isolato nel mondo di sopra.” domandò lei, curiosa
“E tu cosa ci fai qui?” replicò lui, infastidito “Scommetto che non volevi ti frugassero nel cervello ogni due secondi... guarda un po'! È quello che vogliamo tutti!” Quando sbucarono nella radura, la luce sembrava essersi fatta più grigia e meno satura dei suoi colori radiosi. “Mmm”
Azzurra seguì lo sguardo di Han, cercando di capire cosa avesse visto di speciale da renderlo pensieroso “Mmm che?” domandò alla fine, non essendo riuscita a venire a capo della cosa
“Tra poco diluvierà. Dobbiamo affrettarci. Rischiamo di prendercela tutta...” Disse allungando subito il passo “E non voglio bagnare gli interni!” replicò prima che lei ponesse qualche altra domanda stupida. Tipo: ma è pioggia acida? Hai paura di farti una doccia? Da quando gli interni di un edificio temono l'acqua?
Non la sopportava, lei e la sua petulante parlantina.
Arrivato per primo al capanno, si mise d'impegno per smuovere la paratia che faticava a scorrere sul binario. Si appuntò, mentalmente, di doverla oliare. Azzurra, giunta solo quando ormai il varco era aperto, trottò dentro tranquillamente, gli scarponi che sollevavano piccole nuvole di polvere dalla terra battuta della rimessa. Gli si avvicinò incuriosita dalla serie di scatoline che stava maneggiando indeciso.
Han la guardò da sopra la spalla, seccato. “Toh” le disse, con la bocca piena, sbolognandole un sacchetto di carta stropicciato.
Azzurra aprì il cartoccio e vi trovò un paio di panini all'uvetta e una spremuta d'arancia in una confezione di un materiale che sembrava plastica. Stava per renderglielo, sostenendo che aveva mangiato a sufficienza solo sei ore prima, quando nel suo stomaco si aprì, improvvisamente, una voragine apparentemente insaziabile rimasta nascosta fino a quel momento. Trangugiò tutto con gratitudine. Han faceva lo stesso mentre si aggirava per la rimessa spoglia.
Trovava molto strano il fatto che tutte quelle macchine fossero scomparse in poche ore. Dove potevano averle spostate se quello era il loro ricovero? Dando un'occhiata all'ingresso si assicurò della sua intuizione: la vegetazione all'esterno non mostrava segni del passaggio di neanche un mezzo.
L'uomo accanto a sé prese una lunga sorsata emettendo strani versi compiaciuti. Afferrò quella che a lei sembrava solo una macchina in miniatura, lunga quanto un unghia, andò a depositarla al centro dello spazio deserto e si allontanò soddisfatto sotto lo sguardo perplesso della ragazza. Tornato al tavolo, premette qualche pulsante su una speciale tastiera mezza distrutta. In un batter d'occhio l'auto assunse le dimensioni di un comune veicolo.
Azzurra si accigliò: doveva ricordarselo, la prossima volta che avesse avuto un dubbio simile. I ribelli potevano miniaturizzare qualunque cosa.
“Cammina!” le impose Han, salendo dal lato passeggero.
Lei alzò gli occhi al cielo e si impose di fare del suo meglio, nel tentativo di sbrigare quella scocciatura nel minor tempo possibile. Ma lui le fece morire ogni speranza “Mediamente servono una decina di guide. Ai più bravi ne bastano una mezza dozzina. Tu sei praticamente digiuna, quindi partiremo dall'ABC. Infila il casco!” disse calzando il suo. Azzurra lo imitò e si ritrovò al centro di un largo spiazzo alberato. Il cielo splendeva sereno e sulla strada che scorreva poco lontano c'erano solo poche macchine che si avvicendavano a ritmo costante.
Han cominciò la lezione teorica restando seduto al suo posto e indicandole, di volta in volta, i vari congegni: i pedali, la chiave, gli specchietti, il contachilometri, il cambio...
Erano tutti accessori che Azzurra non aveva mai avuto il piacere di affrontare e che le suonavano inutili e mostruosi al tempo stesso.
Le impose di allacciarsi la cintura e di controllare la distanza del sedile, spiegandole come dovesse regolarlo (a costo di doverlo sollevare ogni volta per avvicinare il torso, non la voleva vedere aggrappata come una vecchia nonna rincoglionita sul disco di gomma e radica). Tutto perché quella era la posizione ottimale per manovrare e la più comoda per agire con prontezza. Azzurra sapeva solo che, dopo cinque minuti in quella scomoda posizione innaturale, le dolevano già tutte le articolazioni.
Le spiegò come mettere in moto e come ingranare la prima marcia. Contrariamente a ogni aspettativa, fu molto paziente, nonostante la ragazza riuscisse a far morire la macchina a ogni accensione e la vettura non si muovesse che di pochi metri per volta.
“Devi prenderci mano. Solo l'esercizio te lo renderà istintivo...” la rassicurava ogni volta che la macchina si spegneva, sobbalzando convulsamente e borbottando sommessamente.
Dopo mezzora di estenuanti, frustranti e umilianti tentativi, Azzurra riuscì a far muovere la macchina per un tempo sufficientemente lungo da far dire al suo istruttore di passare alla seconda. Non avendo la più pallida idea di cosa dovesse fare e vedendo il limite dello spiazzo avvicinarsi, si annodò le gambe sui pedali fino a far spegnere nuovamente la macchina.
“La seconda...” disse lui poggiandole la mano sul cambio mentre premeva la frizione di riserva sul lato passeggero. Solo allora Azzurra si accorse dei doppi pedali. “Prima. Seconda. Tira verso di te in entrambi i casi per non sbagliare. Non è semplicissimo e spesso si sbaglia. Le prime volte...” ridacchiò divertito e per nulla imbarazzato “Io partivo in terza senza capire perché l'auto non volesse saperne di prendere il via.” Quindi riportò l'attenzione al cambio “Terza. Quarta. Poi c'è anche la quinta. Ma non credo le sfrutteremo. Non ora. In ogni caso, dovrai spingere verso di me. Ah! Quello che vedi, sotto la quinta è la retromarcia. Non è una vera e propria marcia. Devi sollevare questo disco che si trova sotto il cambio e spingere indietro. Metti in moto. Ti mostro come funziona...” Azzurra, ubbidiente, si aggrappò al volante e girò la chiave nel quadro, premendo la frizione. “Lascia i pedali...” disse pigiando sui suoi e mostrandole come ingranare la marcia “Può capitare che gratti, come in questo caso. Come passando da prima a seconda, non spaventarti. Per evitare, se ti accorgi che il passaggio è ostruito ed è difficile ingranare, metti la prima, vai avanti di pochi centimetri, e ingrani di nuovo la retro. O viceversa nel caso della prima. Senti...?” le disse zittendosi e facendole ascoltare i diversi suoni prodotti dal cambio “Semplice.” quindi arpionò il sedile di lei per voltarsi verso il lunotto e con la mano libera guidò appena il volante, lasciando che la vettura schizzasse indietro nel lungo parcheggio deserto
“Perché succede? Questa cosa che gratta...” domandò lei curiosa.
Sulle labbra di Han vide comparire un sorriso compiaciuto “Potresti pensare che siano i denti degli ingranaggi. Invece sono quelli del manicotto e della corona dell'ingranaggio...” il sorriso si spense subito: forse aveva notato come tenesse la bocca spalancata, non capendo un accidenti di quello che le stava dicendo “Ne riparleremo alla lezione teorica. Sono cose che devi sapere!”
Azzurra non replicò che mai, in vita sua, soprattutto ora che viveva nelle viscere della terra, quelle nozioni le sarebbero tornate utili. Ma tacque per non innervosirlo ulteriormente.
Ripartirono con i passaggi tra prima e seconda e in breve tempo si trovarono nuovamente alla fine dello spiazzo “Ora gira il volante... piano, non serve che inclini le ruote a novanta gradi...” Lei ubbidì e vide, sotto di sé, come il paesaggio cambiasse aspetto, indirizzandosi in una nuova prospettiva. Era a dir poco raggiante di quel suo piccolo successo. Ma anche quel momento durò poco e Han la riportò a terra ordinandole di fare lo slalom tra gli alberi presenti nel parcheggio, posizionati a circa sei metri gli uni dagli altri. Fuori dalla vettura sarebbe sembrato uno spazio enorme, ma ora che doveva comandare quella piccola bestia metallica si sentiva un elefante in una cristalliera.
Dopo i primi goffi tentativi, in cui era salita sui marciapiedi protettivi o aveva rischiato di cozzare direttamente contro la pianta, lui le aveva regalato un piccolo trucco “Non inclinare troppo il volante. Va piano. Pensa di essere un'onda...così...” e con mano ferma condusse la vettura tra gli alberi senza incertezze. “Vuoi provare un giro in strada o per oggi basta così?” domandò accennando alla strada che scorreva in lontananza con un cenno del capo.
“Basta così, ti prego!”
“Va bene” concordò lui, spiegandole quale fosse la procedura corretta per spegnere l'auto e uscirne “Allora andiamo...abbiamo ancora un paio d'ore da impiegare.” disse sfilandosi il casco, uscendo dal veicolo.
Azzurra esitò al suo posto: le mani, lo notava solo ora, le tremavano vistosamente e il ginocchio le doleva per lo sforzo continuo di pigiare quel dannato pedale. Su una cosa doveva concordare con lui: stava scoprendo muscoli che non sapeva di avere e stava anche imparando effettivamente a padroneggiare il proprio corpo, compiendo due azioni diverse con diverse parti del corpo nello stesso momento. Rimosse il casco e si accorse che Han la aspettava, pazientemente, fuori dall'abitacolo. Tirò il freno a mano, sganciò la cintura e rimosse la chiave per porgerla all'uomo.
“Cosa ne dici di imparare anche ad andare in moto?” domandò, serio, lui ritirando la vettura
“Moto? Ma sei impazzito?”
“Beh... direi che il caso di battere il ferro finché è caldo: la tua coordinazione ha fatto passi da giganti in una sola seduta.”
“Io su quell'aggeggio infernale non ci salgo!” replicò lei incrociando le braccia al petto
“Oh sì, che lo farai! Dopo essere passata per la bicicletta” sghignazzò l'altro “Ma non importa... ne abbiamo di cose da fare...”
“Ad esempio? Posso almeno sapere in cosa sono tanto carente e come pensi di riuscire in un impresa tanto colossale?”
“Vediamo... anche se mi pareva ti fosse già stato detto...” fece lui con fare falsamente assorto “Coordinazione pari a zero. Soluzione: guida, ballo, sport e videogame. Dovresti essere contenta. Un tempo i ragazzini avrebbero pagato oro per avere un menù come il tuo. Poi c'è da irrobustire un po' questo fisico denutrito. Quindi ti aspetta un bel po' di lavoro in biblioteca e nell'orto. Oltre che un po' di ginnastica mirata per darti fiato e resistenza. Ancora, in realtà dubito tu sia un esperta di bricolage o di lavoretti femminili. Il ché implica che non hai alcuna capacità manuale. Un po' alla volta imparerai a cucire, ricamare, sferruzzare, piantare chiodi, riparare semplici congegni e via dicendo. In cucina immagino tu te la cavi. Almeno. Da quello che mi hanno detto quei tre squinternati, sei riuscita a sfamarli senza avvelenarli. Quindi si passa oltre. Devi imparare un bel po' sulla medicina e la chirurgia come di ingegneria e architettura. Tutte cose che torneranno utili, non temere...”
“Ma se neanche una persona normale riesce a star dietro solo a una cosa come ingegneria!” protestò lei, allibita
“Nella società che hanno costruito quelli là...” disse lui indicando col pollice il soffitto “Atrofizzano la gente negli stessi lavori ripetitivi, facendoli diventare delle macchine. In realtà l'essere umano può benissimo imparare moltissime cose. Non solo i geni e non solo chi ama lo studio. Ma la lista è ancora lunga. Ovviamente ci sono le lingue. Se pensi di cavartela con italiano e un inglese stentato, hai capito male. Come minimo ti aspettano tedesco, cinese, russo e arabo. Poi, essendo di lingua neo latina, puoi imparare francese e spagnolo, dando per scontato tu sappia il latino. Anche il portoghese. E se ti impegni puoi arrivare a capire anche lingue come le nordiche ed est europee.”
“E' uno scherzo...” allibì lei “Non sono minimamente in grado di immagazzinare tutte queste informazioni. E sicuramente farò casino tra le diverse lingue”
“Nessuno ha detto che sarà una passeggiata. Avevo amici a Bruxelles che parlavano correntemente italiano, francese e inglese di base, che avevano un'infarinatura di tedesco dal liceo. E, vista la posizione geografica, avevano imparato anche il fiammingo. Il cervello è molto più potente di quanto tu non creda. Va solo allenato. E poi dovresti ringraziarci: stiamo prevenendo il tuo Alzheimer e la tua demenza senile.” ridacchiò facendole l'occhiolino, mentre chiudeva il capanno e si avviava nella giungla umida di pioggia “Fammi pensare se ho dimenticato qualcosa. Oh, certo, per conto tuo dovrai approfondire gli altri campi del sapere come la filosofia e di conseguenza la teologia e le scienze sociali. In realtà è tutto concatenato. Non puoi studiare realmente una cosa senza toccare anche tutte le altre. Poi, visto che sai già cavalcare, dovrai imparare qualcos'altro. Tipo a sciare. Non c'è nulla di difficile in tutto questo. Dimenticavo. Dovrai anche farti un po' di cultura e sarai autorizzata a guardarti vecchi film. Con moderazione. Un paio d'ore ogni quattro cicli puoi chiuderti in biblioteca. E non pensare di fregarmi: gli ingressi sono registrati.” disse folgorandola con lo sguardo. Si accorse solo in un secondo momento di averla terrorizzata più di quanto non avessero già fatto i suoi propositi. Sbuffò e le spiegò quell'ultima parte “Ci sono stati tempi in cui la gente viveva appiccicata a quella scatola, fottendosi gli occhi e smettendo di ragionare: la televisione pensava per loro e questi si prendevano i pensieri preconfezionati per loro da altri. Un po' di svago fa bene, ma troppo ti lobotomizza.”
Si stavano avvicinando a uno spiazzo nel terreno coperto solo da un semplice telo grezzo, sostenuto da una palizzata. Nell'insieme ricordava un cono rovesciato. Al di sotto di esso, una piccola folla si muoveva in sincrono in una coreografia semplice che però ebbe la forza di ipnotizzarla.




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Salve a tutti coloro che, a dispetto della mia prolungata assenza, sono rimasti attaccati a questa storia.

Vi chiedo scusa ma dopo l'aggiornamento di fine febbraio sono partita improvvisamente per l'Irlanda per un corso intensivo di inglese. A parte il fatto di non aver avuto materialmente il tempo per aggiornare (ho finito l'altra fanfiction solo per inerzia e solo perché mancavano 2 capitoli) quello che volevo evitare era vanificare gli sforzi fatti per la lingua, continuando a ragionare in Italiano.
Il vantaggio è che - a parte questi capitoli un pò rognosi che in realtà mi hanno bloccata a lungo, facendomi ora passare la voglia, ora perdere di vista l'obiettivo finale (insomma, capitoli di cui non sono per niente fiera e che spero di riuscire a riarrangiare ancora una volta ma che, se provo a modificare i personaggi si schierano ed è impossibile toccarli...)- ho visto la luce in fondo al tunnel.
O meglio. Mi si è sbloccata la mente, quasi avessi individuato un eventuale sequel alla storia dopo quello che io consideravo la fine. Invece non sarà la fine ma solo un punto di passaggio.
Lasciamo perdere i miei deliri. Capirete quando ci arriveremo.
Dunque
Per far passare sti due capitoli che odio io per prima, penso proprio che posterò il prossimo tra due settimane così potremo arrivare più rapidamente alla fase successiva. (io voglio il sangue, l'azione...e penso anche voi)
Chiudo con una nota per i curiosi.
La canzone che Han ha fatto ascoltare ad Azzurra è questa e questa sono diverse versioni della famosissima Scarborough Fair, dei soliti Simon & Garfunkel.
Ora torno al lavoro (sì, perché rientrata in Italia mi sono trovata in una situazione un pò spinosa...si risolverà tutto tra poche settimane...)
A presto. E grazie a tutti, come sempre.
   
 
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